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Autore: Jales    12/07/2013    3 recensioni
La spada le ferì lievemente la gola ed un rivolo di sangue le colò giù sulla pelle.
- Giuralo allora, sul tuo sangue e in nome dell'angelo. -
Clary non aveva vie d'uscita: era stata sciocca a dire quelle parole senza pensare. Ma d'altronde, se voleva vivere, non poteva far altrimenti.
- Lo giuro. -
- Giuri di perseguire la mia causa fino alla morte, senza indugio alcuno? -
- Lo giuro. -
Un attimo di pausa, poi le parole che l'avrebbero legata a quel giuramento in modo strettamente vincolante.
- In nome dell'Angelo? -
Clary respirò profondamente, prima di rispondere.
- In nome dell'Angelo. -
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Valentine Morgenstern
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Shadowhunters - The city of the broken mirror
Capitolo 7 - Sangue al fuoco
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Non doveva andare così.
Fenrir emise un ringhio basso e Clary poté sentire il lieve ticchettio degli artigli sull’asfalto mentre lui si muoveva in avanti.
Valentine rise.
- Che ci fate qui, Cacciatori? -
- Potremmo farti la stessa domanda, ma mi sembra abbastanza palese che tu non sia qui in una visita di piacere. -
- Mai dire mai, Lucian... Tuttavia temo che tu abbia ragione. -
Valentine avanzò fino a poggiare una mano sulla spalla di Clary.
- Credo che il tempo a mia disposizione da passare qui sia terminato, perciò penso sia proprio giunto il momento di salutarci. -
Clary sentì all’improvviso la voce del padre in un orecchio.
- Fermali. -
Poco più di un sussurro, solo una parola.
E Clary annuì, la mano che correva al pugnale, mentre distrattamente pensava che, forse, avrebbe dovuto sentirsi morire.

Il respirò accelerava, mentre i muscoli si tendevano e Clary si preparava a scattare.
Dietro di lei sentì Fenrir borbottare per poi ringhiare, probabilmente scocciato di quel piccolo incidente di percorso. I demoni minori di Valentine intanto dovevano aver cominciato a muoversi, a giudicare dalle fredde e sintetiche istruzioni che Luke impartiva agli Shadowhunters.
Jace non lo ascolterà.
Non ci volle poi molto prima che le due parti si scontrassero pochi metri davanti a lei, ma non si mosse.
Non ancora.
Nessuno venne a scontrarsi con lei. Pietà? No... Piuttosto, non la credevano un pericolo.
E come avrebbe potuto costituirne uno, quando il suo mondo era nero e lei aveva tenuto in mano solo i coltelli da cucina di sua madre?
- Clary. -
La ragazza sorrise appena, stringendo l’arma che aveva nel pugno.
Tacque.
- Clary, torniamo a casa. -
Non era quello il punto, pensava Clary con velato disprezzo. Era un gioco di volontà e possibilità, di volere e di potere, una bilancia mai in equilibrio e con la quale lei sapeva bene di aver giocato a lungo. Forse troppo.
Ascoltò il rumore dei suoi passi avvicinarsi, a tal punto che sentiva il suo respiro fra i capelli e il calore del suo corpo a pochi centimetri dal suo. Rimase ad ascoltare il proprio cuore battere regolare, il respiro divenire appena più lento e le dita serrarsi istintivamente al pugnale.
- Clary... -
La attraversò improvvisamente, come una scossa, la consapevolezza che non erano più come prima, né mai lo sarebbero potuti tornare. Doveva capirlo prima, forse, ma la cosa era stata talmente evidente che non se ne era mai davvero resa conto.
Fermali.
Sapeva bene cosa Valentine aveva sottinteso.
Ad ogni costo, a qualunque prezzo.
Chiuse gli occhi e semplicemente permise che i pensieri diventassero sfocati, lasciando il corpo libero di agire nella maniera più giusta. Quando ritrasse la mano, che non si era nemmeno accorta di aver mosso, le sue dita erano coperte di un liquido viscoso e nell’aria c’era leggero il sentore di ferro.
Clary indietreggiò, invocando il nome di Fenrir con voce piatta, e quando questi le fu accanto con un ringhio saltò in groppa al demone. Entrambi sapevano che per loro era ora di andare, che li avevano fermati.
Clary li aveva fermati.
E mentre l’aria provocata dalla corsa del demone-lupo le scompigliava i capelli, poté sentirlo ridere sotto di lei: - Caino avrebbe da imparare da te. - Lo udì sghignazzare facendo schioccare le fauci. - Bel colpo, ragazzina. -
- Non avrebbero mai creduto sarebbe andata così. - Mormorò, assente.
- Certo che no! - Fenrir sembrava sinceramente divertito: tutto sommato la scocciatura iniziale doveva averla sbollita nella sua zuffa.
Clary chiuse gli occhi.
Nemmeno io l’avrei mai pensato, alla fine.

Ethan era molto più silenzioso della sorella, aveva notato Clary, e non poteva che essergliene silenziosamente grata.
La schiena appoggiata alla parete, aspettava, consapevole della presenza dell’incubo pochi metri davanti a lei.
Fenrir l’aveva lasciata alla sua custodia appena sfuggiti agli Shadowhunters, per andare poi da Valentine: lei non era richiesta, aveva detto, ma questa volta nella sua voce non c’era il consueto velato disprezzo. Era bastata una sola coltellata per guadagnarsi il suo rispetto, aveva sghignazzato Mara non appena il demone-lupo era svanito dalla loro vista.
Maia era stata portata via, da qualche parte, e lei non sapeva dove. Non le interessava, constatava con una leggera sorpresa, o perlomeno non quanto avrebbe dovuto o creduto.
Aprì le palpebre, un residuo di una ormai passata abitudine, e espirò a fondo.
- Mi sembra che qualcosa ti turbi, piccola Morgenstern. -
Le labbra di lei si stirarono appena, sarcastiche.
- Tu dici? -
Ethan si era avvicinato, e adesso le stava a pochi centimetri di distanza.
- Dico che quantomeno la cosa è... bizzarra. Curiosa, sì. -
- E si può sapere per quale motivo? - Clary percepì l’irritazione nella sua stessa voce ed ebbe un moto di stizza della mano.
Lui aspettò qualche secondo prima di rispondere, quasi stesse soppesando le parole. Avrebbe giurato che lui la stesse guardando negli occhi.
- Nulla di cui preoccuparsi. O forse sì. -
Meno loquace di Mara, certo, ma la capacità di far saltare i nervi deve essere caratteristica di famiglia.
Sentì Ethan muovere le ali, sospirando.
Inarcò un sopracciglio, interrogativa, sapendo che la sua muta domanda non sarebbe passata inosservata.
-Ho bisogno di energia. Stanotte dovranno cercarti un altro custode, Morgenstern, nemmeno i demoni possono vivere senza nutrimento. -
- Assorbito da giovani donne sprofondate nel sonno? -
Lo sentì ridere, e l’aria mossa dalle sue ali le sfiorò il volto.
- Ad ognuno il suo, ragazza. -
Clary tacque, e fu Ethan ad intervenire, questa volta.
- Non mi chiedi che fine fanno, quelle donne? -
Lei fece una leggera smorfia, prima di rispondere.
- Non mi pare se la passi poi tanto bene dopo il vostro pasto. È fortunata a rimanere viva... E senza discendenza conseguente. -
Di nuovo, lui rise.
- Non tutte le leggende sono vere, sai? Solo gli incubi di livello più basso arrivano a tal punto. Sottovaluti il nostro potere e il nostro autocontrollo. - Fece una pausa. - Non abbiamo nemmeno cappelli conici in testa, per amor di verità. -
Il moto di curiosità di Clary fu istintivo, e alzò appena la mano dal suo appoggio sulla propria gamba.
Non appena se ne accorse fece per ritrarla, turbata da quel gesto, e furono le dita del demone ad afferrarle il polso, bloccandola.
Sapeva che Ethan stava sorridendo, e la cosa le dava fastidio.
- Lasciami. - Intimò secca.
La curiosità può uccidere, a volte. - Soffiò lui in risposta, divertito. - Sia se soddisfatta, che insoddisfatta. -
Clary, all'improvviso, provò l'impulso di sorridere.
E lo fece, seguendo quell'istinto irrazionale e assolutamente insensato.
- Mi piace giocare con il fuoco, mettiamola così. -
Ethan tacque per qualche secondo, forse pensieroso, poi ridacchiò lasciando la presa sul polso della ragazza.
- Chissà come, l'avevo intuito... -
Prima che potesse chiedergli una qualunque spiegazione riguardo alla sua enigmatica affermazione, lo sentì muoversi verso quella che doveva essere la porta.
Sentì questa aprirsi, e qualcuno parlare poco oltre la soglia: pochi secondi dopo, seppe di essere sola.
Sospirò.
E per un attimo si accorse, con un brivido, di avvertire la vaga sensazione di qualcosa di viscido colarle sulle dita, nonostante sapesse benissimo che la mano fosse asciutta.
Lo sapeva, come sapeva anche che quel qualcosa che le scorreva sulla pelle era sangue.
Sangue denso, viscoso, vermiglio.
Adesso, forse, cominciava a capire cosa voleva dire davvero giocare con il fuoco.
  
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