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Autore: NanaK    12/07/2013    3 recensioni
Mi chiamo Penelope e ora vi racconterò la mia storia. Preparatevi ad ascoltare qualcosa di tanto surreale che spesso mi chiedo se non sia stato tutto un sogno. Il Titanic era appunto chiamata la nave dei sogni, ma di certo mai avrei creduto che potessi salirci. Tutto cominciò una sera di aprile, il dieci aprile 2012..
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Dawson, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rosalinda Dewitt Bukater
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10 – Parte prima

 

Osservavo il tramonto appoggiata alla ringhiera della prua della nave, là dove si era girata la tanto famosa scena del bacio tra Rose e Jack. L’oceano era uno spettacolo meraviglioso, colorato dal caldo arancione del sole, ne sentivo l’odore pulito e fresco, regnava una pace assoluta. Quasi mi sembrava di sentire la canzone di Celine Dion, allora sarebbe stato tutto perfetto.

Risi tra me < Sono pazza > sussurrai con un mezzo sorriso.

< Ho un’insolita sensazione di deja-vu >. Il mio sorriso si allargò.

Se continua a dirlo, finirà per diventarlo davvero.

Eccolo, stava iniziando a mancarmi. Ci eravamo lasciati un quarto d’ora prima perché doveva metter pace tra Tommy e i due tipi che condividevano la cabina con lui. Evidentemente c’era stato qualche litigio e un po’ troppo alcool.

< Quanti giorni sono passati? >

< Quattro >

< Piuttosto un’eternità >. Mi abbracciò da dietro e posò il mento sulla mia spalla.

< Vuoi dirmi cosa pensi? >

< A proposito di cosa esattamente? >

< Sai bene a cosa mi riferisco >

Jack.. Non dobbiamo più parlarci. Fa finta che noi due non ci siamo mai incontrati. Mai parlati. Mai sorrisi. Mai avuti.

< Penso che dovrò tornare a casa Jack. Non possiamo stare insieme, quello che mi è successo è innaturale, è.. impossibile >. Dissi, ingoiando il dolore che mi provocava dirlo ad alta voce. Non mi guardò, ma scrutava il legno, come se fosse in difficoltà, in tensione con se stesso. Poi mi fissò, risoluto.

< Vengo con te >. Sgranai gli occhi, ma non mi lasciò il tempo di rispondere < Non ci trovo nulla di innaturale o ingiusto in quello che provo per te. Né è qualcosa di impossibile dal momento che è gia accaduto. Quello che voglio dire è che non so perché o come tu sia arrivata qui, ma mi fido ciecamente di te, di quello che dici, di quello che provi. I tuoi occhi non mentono. E staremo insieme qualsiasi cosa accada, è questo che devi pensare, non ad altro, non all’impossibile o all’innaturale. Capito Pen? >. Mi prese il mento con le dita e mi costrinse a guardarlo < Capito? >

Era evidente che Jack avesse qualcosa di magico, lo circondava, lo avvolgeva. E in quel momento stava mi trasmettendo la sua magia, perché mi sentii inondata da tutte le sue speranze, tutte le sue certezze, che alla fine erano le mie stesse. Doveva solo tirarle fuori e solo lui poteva farlo. Così, animata da una calma e una serenità che mi erano nuove, intrecciai la mia mano alla sua.

< Si Jack, ho capito >.

 

 

< Pen, che ore sono? >. Il sole era calato ormai e tutti erano a cena. Si sentiva la musica dei violini che suonavano nella sala ristoro della prima classe. Non avevo mangiato nulla dopo la colazione di quella mattina e sinceramente non avevo per nulla fame. Avevo un sasso difficile da digerire sullo stomaco e di certo non sarebbe stato facile farlo sparire.

< Come faccio a saperlo! Chiedi a quel signore lì > e indicai un uomo che fumava la pipa seduto su una sdraio. Era la stessa su cui ero apparsa per la prima volta?

< Scusate, potete dirmi l’ora per piacere? >. Questi guardò il piccolo orologio da taschino e ci guardò con aria di sufficienza.

< Le nove e mezzo signori >

< Vi ringrazio > e riprendemmo a camminare.

< Sembra che il tempo non passi mai. Cosa possiamo fare? > chiesi inquieta.

< Nulla, se non aspettare. Stai calma >

< Ma come faccio ad essere calma?! Non ho fatto abbastanza, moriranno moltissime persone! >. In quel momento vidi il Capitano Edward Smith che si dirigeva verso la timoneria e, guidata solo dall’impulso, corsi verso di lui.

< Capitano, si fermi un secondo. Mi ascolti, la prego >. Lui si fermò come gli avevo chiesto e mi guardò perplesso.

< Mi dica signorina, c’è qualche problema? >. Aveva una luce buona negli occhi e in quel momento provai vera disperazione. Sarebbe morto, sarebbero morti tutti.

< No, ma veda, il mare è così tranquillo, piatto come una tavola, non vi è la luce della luna, ci sono molti più rischi di non avvistare in tempo un iceberg e scontrarvisi e.. >

< Signorina si calmi, è tutto sotto controllo >

< Non ne dubito, ma non sarebbe meglio diminuire la velocità? Insomma per prevenire ogni rischio >.

< Faremo il possibile, come abbiamo sempre fatto > mi rispose con un sorriso benevolo < Con permesso > e mi superò, lasciandomi lì a torcermi le mani.

Jack, che era rimasto poco distante ad ascoltare, mi raggiunse.

< Adesso hai fatto tutto quello che potevi fare senza destare sospetti o metterti nei guai Penelope. Andrà tutto bene, sta tranquilla >

< Sono sicura che non mi abbia presa sul serio >. Avevo un brutto, bruttissimo presentimento. E il tempo, il tempo non passava mai.

 

22.00

< Cosa pensi succederà Jack? >

< Andrà tutto bene >

< E’ la millesima volta che lo dici >

< Perché è la verità >.

Silenzio.

< Di cosa hai paura Penelope? >

< Del futuro. Di vedere tanta gente morire. Di veder morire te. Di morire io stessa >

Silenzio.

Il tempo non passava mai.

 

22.30

< Non so quasi nulla di te Jack >

< Abbiamo tanto tempo >

< E se cosi non fosse? >

< Ne abbiamo già parlato.. >

< Baciami, ti prego >.

Il tempo non passava mai.

 

23.15

Mancavano venticinque minuti e le risate e le chiacchiere delle persone a bordo mi trapanavano il cervello. Nella mente avevo però le loro urla agghiaccianti. Iniziava a salirmi la nausea.

< Jack. Non mi sento bene >

< Cos’hai? >. Non gli risposi, ma corsi verso il parapetto e vomitai. Avevo sempre odiato quella sensazione di voltastomaco, tutto mi vorticava attorno e tremavo. Dopo alcuni secondi realizzai che Jack mi teneva per la vita scostandomi i capelli dal viso con dolcezza.

< Non hai i nervi in buono stato. Ti avevo detto di stare calma > mi disse, ma io non avevo forze per rispondergli. < Ti vado a prendere dell’acqua. E anche qualcosa da mangiare. Siediti qui e aspettami >.

Feci come mi aveva detto senza protestare e mi abbandonai sulla sedia pieghevole. Quando Jack tornò indietro mangiai due tramezzini ripieni di funghi, insalata e pomodori e bevvi due lunghi sorsi d’acqua. In effetti mi accorsi di avere una fame incredibile solo quando misi in bocca il cibo. Mi sentii subito meglio e mi tirai su.

< Grazie >

< Di niente. Hai anche ripreso un po’ di colore in viso, sembravi un fantasma >.

Gli rivolsi un mezzo sorriso, accarezzandogli una guancia. Prese la mia mano e se la portò alle labbra, facendomi chiudere gli occhi per sentire meglio quel contatto.

 

23.35

Tre gong.

< Iceberg dritto a prua!!! Iceberg dritto a prua!! >

Ebbi un tuffo al cuore e immediatamente riaprii gli occhi.

< Merda >. Jack non mi lasciò la mano e senza dirci nulla, iniziammo a correre verso la timoneria per guardare. Ed eccolo, l’iceberg, dritto davanti a noi, quasi trasparente, che si accordava perfettamente con l’atmosfera di quella notte fredda e stellata.

< Oh no.. > mormorai, non accorgendomi di quanto forte stessi stringendo la sua mano. Lo guardai e vidi che continuava a tenere gli occhi su quel grosso pezzo di ghiaccio.

< Virerà in tempo vedrai > mi disse, senza aspettarsi una mia risposta. Eravamo proprio all’estremità della prua e lì rimanemmo, in un’asfissiante attesa. Ci avvicinavamo sempre di più e il cuore mi batteva all’impazzata. La nave iniziò a girare verso sinistra impercettibilmente e io trattenni il respiro.

E’ troppo tardi. Dio mio, salvaci.

Eravamo così vicini all’iceberg che se mi fossi sporta l’avrei toccato con le dita.

< Ci schianteremo! Spostatevi di li, voi due! > ci gridò un uomo, ma non lo ascoltammo e due secondi dopo avvertimmo un forte colpo sul fianco della nave e rischiai quasi di cadere nell’oceano. Per fortuna avevo un buon senso dell’equilibrio. Fu come se un pezzo di stoffa venisse lacerato ed io mi sentii morire dentro. Avevo fallito, non ero riuscita a fare niente e tutti, me compresa, rischiavamo la morte. Sotto i nostri piedi il pavimento della nave iniziò a tremare e sul ponte piovvero pezzi di ghiaccio, rotolando come se fossero biglie.

< Gli uomini.. Gli uomini che lavorano nelle caldaie.. > singhiozzai e Jack mi prese tra le braccia, muto, come se stesse perdendo la fiducia in tutto quello che aveva creduto fino ad allora. Tutto ciò che avevo predetto si era avverato, nonostante avessi cercato in tutti i modi di evitarlo: forse esisteva davvero il destino. Alcune persone avevano cominciato a giocare con un pezzo di iceberg e sentivo ancora le loro dannate risate che si trasformavano in grida di aiuto.

< Ascoltami Pen, non devi lasciarti prendere dal panico o dalla disperazione. Vieni muoviamoci! >. Stretta alla sua mano mi lasciai guidare e capii che si dirigeva verso la cabina. Incrociamo il Capitano ed altri signori, tra cui il signor Andrews e ne sentimmo un pezzo del discorso.

< .. e la stiva postale è ridotta ancora peggio. >

< Riuscite a puntellare? >

< No, a meno che le pompe non lavorino più veloci >.

Jack si fermò < Dannazione, è gravissimo >

< Lo so. Si allagheranno cinque compartimenti. La nave potrebbe sopportarne quattro allagati e rimanere a galla, ma non cinque. Mentre affonda a prua l’acqua salirà sul ponte arrivando fino a poppa e non c’è alcun modo di impedirlo >. Gli ripetei con angoscia le parole che sicuramente il signor Andrews stava pronunciando nel suo ufficio.

< In quanto tempo affonderà? > mi chiese con tono preoccupato.

< Un’ora, due al massimo >. In quel momento ci imbattemmo in Fabrizio e Tommy che cercavano di salire sul ponte preceduti da un bel po’ di topi. Dietro di loro altra gente che scappava dall’acqua che stava già iniziando a dilagare.

< Ragazzi, siete qui! Non so che diavolo sta succedendo, abbiamo trovato acqua nella cabina e ora stiamo seguendo i topi >

Jack allora si rivolse a me < Penelope. Dicci dove dobbiamo andare >

Tommy mi guardò < Cosa può saperne lei? >

< Non c’è tempo per le spiegazioni Tom >. Io inspirai profondamente.

Se qualcosa sarebbe andato storto, dovevo comunque essere sicura che Jack non sarebbe morto.

Un’improvvisa determinazione mi venne in soccorso.

< Su. Andiamo sul ponte >.


Buonasera. Come vedete non ci ho messo quattro mesi per aggiornare e nonostante questo sono molto soddisfatta del capitolo! Il decimo però era uscito troppo lungo, così ho deciso di dividerlo in due parti, la seconda la posterò tra una settimana, così ho il tempo di riguardare bene tutto. Spero che percepiate tutta la passione che ho messo in questa storia! Ringrazio vivamente i lettori e in particolare chi recensisce, sono loro che mi danno la carica per fare un buon lavoro.

Vi voglio bene

Hime02

   
 
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