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Autore: Lelahel    12/07/2013    5 recensioni
Chicago, 1923
"La Leonessa"
È con questo nome che la giovanissima cantante April Ford è conosciuta nella città di Chicago.
"L'Ibrido"
È con questo nome che è conosciuto il temuto e potente vampiro Niklaus.
Due persone completamente diverse, nella loro natura e nella loro personalità, ma le cui vite saranno destinate a incrociarsi proprio in una notte di fine estate, nella città di Chicago.
Il fuoco e il ghiaccio davvero non hanno nulla in comune?
[Dalla storia]
"Possibile che dove la notte è più buia ci sia tu?"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katherine, Pierce, Klaus, Nuovo, personaggio, Rebekah, Mikaelson, Stefan, Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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-Capitolo 4: Never been told about something that beautiful; will bring me up to let me down-

Even when you're around
Still I'm out of sight, out of sound
In your world I'm out of place
(Carry Me Over by Avantasia)

Sto bene. Sto bene. Sto bene.” April sorrideva, ripetendo diverse volte quelle parole allo specchio.

Stava rivolgendole a Violet, ma in realtà, inconsciamente, stava dicendole anche a se stessa.

Stava di fatto che, comunque, non valsero a nulla: né Violet e né tanto meno la stessa April credettero a quelle parole.

Quest'ultima era stata svenuta per minuti che erano parsi un'eternità.

Quando si era svegliata aveva tossito più e più volte, di nuovo oppressa dalla sensazione di avere i polmoni ostruiti tanto da impedir loro di accogliere l'ossigeno di cui necessitava per vivere.

Ma poi si era ripresa, tornando pimpante e sorridente come al solito.

Aveva troppe cose da fare per potersi lasciare abbattere da un momentaneo attimo di debolezza. La cosa che le pesò di più fu, però, il fatto di aver fatto una brutta figura davanti a tutto il suo pubblico.

Di fronte a lui che sicuramente, incurante, l'aveva fissata cadere al suolo senza la benché minima preoccupazione.

Ne sei sicura? Penso che tu debba rimandare.” Violet, la dolce e sempre positiva Violet, parlò come farebbe una madre apprensiva nei confronti della figlia malata che voleva uscire a tutti i costi uscire con le amiche.

La stava aiutando a mettersi il bellissimo vestito rosso che aveva scelto d'indossare per la cena organizzata con Christopher dopo il suo numero. La cerniera, come sempre, diede problemi e April iniziò a preoccuparsi del fatto che fosse ingrassata. Quell'assurdo e banale pensiero le permise di distogliere l'attenzione dai residui di malessere di poco prima.

Sì, Violet!” esclamò poi, quando la ragazza tirò su la cerniera con tutta la forza, privandola dell'ossigeno per qualche secondo. Serrò le labbra, evitandosi così un'imprecazione non voluta. “Rimandare la cena con Christopher è fuori discussione! È da tanto che l'abbiamo organizzata e non ci tengo a deluderlo.”

Violet sbuffò; riprese a sistemarle i capelli sotto la cuffia in pailettes rosse, mentre la ragazza si colorava le labbra di un rosso scarlatto.

Ebbe un altro lieve capogiro, ma niente che la preoccupò: le bastò chiudere gli occhi per riprendersi.

La sua amica, invece, sembrava più che angosciata: era pallida, smunta, e pareva stesse faticosamente tenendo nascosto qualcosa che April doveva sapere. I suoi occhi verdi, ogni tanto, slittavano verso il volto della ragazza, quasi attendesse che lei la pregasse di tirarle le parole fuori di bocca.

April spalancò le braccia. “Violet, sono svenuta perché lavoro tutte le sere e sono sotto stress. Smettila di farmi da mamma stasera, non lo sopporto!” ridacchiò, mascherando il dolore che la parola mamma le procurò.

Sei stata molto male, April.” Violet scosse la testa poco convinta, tenendo lo sguardo basso e muovendo qualche passo all'indietro, mentre la collega era troppo intenta a rifinire gli ultimi ritocchi al suo aspetto. “Ed è normale che io mi preoccupi, visto che tu persegui le tue ambizioni invece che riposare un poco.”

Riposerò stasera, con un bel bicchiere di champagne e una sana dormita nel letto di Christopher.” April si ritenne particolarmente sboccata nel parlare in quel modo, ma l'apprensione di Violet stava mettendola seriamente alle strette. Quel suo modo di parlare, così soffice e carico di preoccupazione, non era tipico dell'amica e quel cambiamento rischiava seriamente di farla cambiare l'umore, già di per sé alquanto turbato.

Si sistemò i capelli un'ultima volta e fece scorrere lo sguardo lungo la silhouette della propria figura. Violet, intanto, parve essersi rassegnata all'ostinazione di April e fece per dirigersi verso la porta del camerino. “Va bene, ci vediamo domani.” le disse, sempre però poco convinta.

Il sorriso che April le lanciò si rifletté sullo specchio. “A domani, mia cara.”

Violet scostò delicatamente la tendina, guardando in direzione di April per un'ultima volta.

Parve prendere fiato per aggiungere qualcos'altro, ma l'attenzione che April riprese a porre sulle proprie labbra la fece desistere da quell'intento.

April tornò a guardare in direzione della sua amica, solamente nell'istante in cui questa abbandonò completamente il camerino, lasciandola sola con i propri pensieri.

In quel momento il rossetto che strinse nella mano non fu più così importante. Lo adagiò sulla superficie della toletta e abbassò lo sguardo, priva del desiderio di continuare a rimirarsi.

Non voleva ammetterlo, ma allo specchio non vedeva più la bellezza ch'ella era: era pallida sotto il fard, gli occhi erano lucidi sotto l'ombretto e la matita scura che li truccavano, le labbra quasi violacee sotto il rossetto.

Doveva davvero lavorare troppo per ridursi a quello stato. Pensò che, dopo essere riuscita a convincere Christopher a sposarla, si sarebbe presa un bel periodo di pausa, abbandonandosi ai piaceri del denaro e dell'alcool e cantando per puro diletto.

Un rumore alle sue spalle, lieve ma inaspettato, la destò da quei pensieri e April si ritrovò costretta ad alzare lo sguardo sullo specchio, convinta di rivedere Violet sbucare dalla soglia della porta.

Restò di stucco.

Non fu la sua amica ad entrare.

Fu quel Niklaus.

La ragazza si voltò lentamente, fissando incredula e basita il bellissimo e freddo volto di quel giovane che era entrato dentro il camerino senza che lei nemmeno potesse accorgersene. Egli se ne stava in piedi, immobile, a pochi passi da lei, con le braccia adagiate lungo i fianchi e gli occhi fissi su di lei.

April trattenne il fiato, ritenendosi infastidita nel constatare che lui non ostentò alcuna meraviglia nel vederla agghindata a quella maniera. Anzi, non faceva altro che guardarla dritto negli occhi, quasi tutto il resto, nascosto dietro un trucco e un bel vestito, non gli importasse. Un modo come un altro per farla sentire più straccio di quanto già non si sentisse.

Ma perché era venuto da lei?

Se volete un autografo, ora non ho tempo.” gli disse freddamente, tornando poi a voltarsi verso la toletta per prendere la sua borsetta rossa.

Nel riflesso si accorse che Niklaus si era irrigidito a quella frase, come innervosito dal suo tono di voce.

Non so che farmene del tuo autografo, dolcezza.” disse e quell'ultima parola la fece rabbrividire.

April si decise di dargli anch'essa del tu, visto che quell'uomo non conosceva l'educazione per potersi rivolgere a una donna che non conosceva.

Mi confermi di nuovo che sei l'uomo più gentile della città.” lo provocò, portandosi una mano sul fianco e inarcando le sottili sopracciglia scure.

Sembrava che lui stesse divorando tutto l'ossigeno presente nella stanza. April non era mai stata afflitta dal problema di non sapersi come comportare con qualcuno prima di incontrare quel ragazzo. E inoltre i suoi occhi chiarissimi la penetravano, come se volessero scoprire tutto quello che lei stava faticosamente nascondendo dentro di sé.

April distolse lo sguardo, schiarendosi la voce e proseguendo verso lui. Visto che lui sembrò non voler aggiungere nient'altro a quella stramba conversazione, la ragazza decise giustamente di darci un taglio. “Con permesso.” disse educatamente, muovendosi a grandi falcate verso la soglia del camerino.

Una volta oltrepassato il corpo del ragazzo, April contò i passi che le erano rimasti affinché avesse potuto riprendere a respirare.

Cosa ti è successo poco fa sul palco?”

April si fermò di colpo.

Abbassò lo sguardo stupita e credendo ci fosse una terza persona in quella stanza che avesse pronunciato quella parole. Il Niklaus che stava iniziando a conoscere non aveva quella voce, non così profonda e calda, quasi si preoccupasse per la sua salute.

Era sempre stato freddo, come un cielo d'ottobre.

Lo guardò e lui fece lo stesso.

La ragazza fu quasi tentata dal rispondergli educatamente, colpita dal modo in cui gli occhi di lui sembravano la stessero scrutando.

Ma scosse poi la testa; non voleva essere cortese con qualcuno che non lo era stato affatto con lei. Il suo eccessivo orgoglio femminile parlò per lei.

Come disse qualcuno tempo fa....fatti gli affari tuoi.” disse.

Non ebbe nemmeno il tempo di sentirsi in colpa, poiché l'espressione sul volto di Niklaus mutò nuovamente, tornando l'odiosa maschera d'inespressività che lei aveva imparato a detestare in un solo giorno.

Sorrise, provocatoria come le piaceva essere. “Buona serata.” gli augurò falsamente.

Fece per allontanarsi, quando qualcosa glielo impedì: una mano, la sua mano, le avvolse con forza il polso e la costrinse a voltarsi. Il gesto fu così improvviso e brutale, che la ragazza non comprese subito ciò che stava succedendo.

Stammi a sentire, ragazzina.” Niklaus parlò a denti stretti, incutendole così maggior timore mentre le respirava in volto.

Ma come aveva fatto ad avvicinarsi a lei con quella velocità?

April deglutì, sentendo un brivido correrle lungo la schiena mentre quegli occhi così profondi sembravano trafiggerla.

Questa è già la seconda volta che osi mancarmi di rispetto. Alla terza potrei diventare molto cattivo, fidati di me.”

Ma per favore!” April riprese subito padronanza di se stessa e della paura che la stava pervadendo. Ritirò il polso dalle sue mani, ma fu certa di esserci riuscita solo perché lui le aveva permesso di farlo. Aveva riposto una forza e una decisione tale in quel gesto, che April era certa di non poter riuscire a liberarsi con quella facilità. “Sono dell'Alabama, lì di tipi antipatici e bastardi come te ce ne sono a bizzeffe e so come occuparmene. Perciò stammi lontano, se non vuoi ritrovarti la punta del mio tacco dritto nei testicoli .”

April lo minacciò, ma lui parve non mostrare alcuna paura di fronte a quella parole. Anzi, quasi parve riderne. La cosa la infastidì particolarmente; il modo in cui lei lo aveva minacciato non era di gran lunga paragonabile al modo in cui lui aveva minacciato lei. Si sentì ridicola e a dir poco patetica.

Questa è la terza, April.” le disse, accostandosi di più a lei. La ragazza fu costretta a distogliere lo sguardo, sentendo il proprio cuore battere al ritmo della paura.

Trattenne il fiato, per tutto il tempo che il ragazzo impiegò per allontanarsi da lei e uscire dal camerino. Nel battito di un secondo, le punte dei loro nasi arrivarono a sfiorarsi e le guance quasi si accarezzarono, nel momento in cui Niklaus si mosse in direzione dell'uscita.

April, finalmente, riprese a respirare e tirò un sospiro di sollievo. Era rimasto ancora il profumo del ragazzo a inebriare l'aria, ma almeno era tornato ad esistere l'ossigeno che le serviva per respirare.

Ma cosa voleva quel pazzo da lei? Si poteva stare così antipatici ad una persona?

Speriamo almeno che la serata sia destinata a finire meglio di come è iniziata.” disse a se stessa, prima di accingersi ad uscire dal camerino.

* * * * *

Facciamo un gioco, Klaus.”

Stefan Salvatore, il vampiro di cui diffidava qualche giorno prima, si rivelò, invece, essere la sua unica valvola di sfogo per sfuggire alla noia di quell'interminabile serata.

L'alcool non gli fu di alcun comfort; lo drogava, facendogli credere di poter cancellare l'errore che aveva commesso pochi attimi prima, quando invece non faceva altro che infierire su di lui e continuare a dargli dello stupido.

Preoccuparsi per quella ragazzina odiosa? Ma che diavolo gli aveva preso?

Per secoli e secoli era passato sopra a cadaveri di ragazze persino più giovani e belle di lei, invece quella umana gli aveva fatto provare del senso di...protezione? Una cosa davvero ridicola e assurda.

Bevve un altro, lunghissimo sorso, voltandosi poi verso il suo compagno di bevute che sembrava un terzo sobrio di quanto lo era lui.

Spero per te che sia divertente.” gli rispose.

Stefan sorrise, piegò la testa da un lato e tenne il bicchierino di vetro in una mano. “Da quel poco che so di te, penso che ti piacerà.” disse. “Consiste in una scommessa: scegliamo due ragazze, una per me e una per te...e le uccidiamo. Chi lo fa nella maniera più teatrale possibile vince la scommessa.”

Klaus inarcò le sopracciglia. “Tu lo sai...che vincerò certamente io, no?” gli rammentò.

Era assurdo che quella gente fosse diventata improvvisamente folle tutta insieme e si fosse messa a sfidarlo. Ed era altrettanto assurdo che nessuna testa era ancora rotolata al suolo.

Mandò giù un ultimo sorso, assaporando il sapore dal retro gusto amaro del suo liquore e sospirò, attendendo la risposta del Salvatore.

Beh, in effetti questa sfida potrebbe risultare persa in partenza ma....mi diverto di più ad uccidere se c'è in ballo un gioco in cui devo riporre tutte le mie forze per poterlo vincere.” rispose il ragazzo, inarcando le folte sopracciglia e lanciando un sorriso verso il suo compagno di bevute.

Klaus si sentì quasi sminuito, quando vide la totale mancanza di umanità negli occhi verdi del ragazzo. Prima di quella April, della sua maledetta voce e dei suoi maledettissimi occhi, anche lui si sentiva totalmente privo di freni.

Felice.

Era quella la sua felicità. E quell'umana gliel'aveva strappata via in soli pochi giorni, senza che lui potesse fare nulla per combatterla. “Ho un....appuntamento diciamo con una bella fanciulla. Sarà lei la mia ragazza.” ridacchiò Stefan, pronunciando la parola “ragazza” con la stessa emotività con cui si pronuncerebbe il nome del nulla.

Klaus ne rise.

Ora sta a te scegliere.” continuò Stefan. Egli fece scorrere lo sguardo lungo le persone che li stavano circondando. Puntò gli occhi su una giovane bionda, poi su una mora, su una rossa e ricominciò il giro. Klaus fissava un punto davanti a sé, sul bancone, come se in esso vedesse già la vittima designata per quel gioco fatale.

La mia sarà April Ford.” disse e lanciò un'occhiata complice verso la mancanza di umanità nell'uomo accanto a lui.

Sentiva che stava tornando ad essere il vampiro sanguinario che si era smarrito in quei tre giorni.

E si sarebbe liberato di quell'anima che lo aveva distratto dal suo vero essere.

Ciò rendeva il gioco più interessante.

* * * * *

Christopher era un uomo di quasi trentasei anni, alto, con lunghi capelli biondo cenere e occhi piccoli e verdi. Non vestiva mai in maniera che non fosse elegante; era sempre galante e cortese con lei e la riempiva sempre di doni.

Come quella sera, in cui si fece trovare al tavolo del ristorante vicino casa della ragazza con un mazzo di rose e una collana di diamanti che doveva valere davvero molto.

Le faceva mille regali sempre e non le chiedeva mai come stava e il che rendeva il tutto estremamente più facile per lei. Christopher le aveva detto di amarla una volta ma April aveva sempre dubitato che quelle parole fossero veritiere, proprio perché l'uomo era più solito comprarla che adularla, quando voleva dimostrare un poco di affetto. E da quel poco che sapeva sull'amore era che quello non era mai materialista.

Per un solo istante tutto quel cinismo la turbò e si chiese perché entrambi si stessero abbassando ad una tale meschinità, o almeno perché non provavano ad instaurare alcuna complicità.

Lei voleva il suo portafoglio.

Lui, probabilmente, solamente compiacersi con altri uomini d'alto rango di avere accanto una donna bella e adorata.

Dio, da quanto le importava delle loro immoralità?

Non doveva curarsi di nulla di tutta quella faccenda, poiché non cercava amicizia e né tanto meno amore in quell'uomo, ma solo un futuro garantito e sicuro, quello di cui lei aveva bisogno.

Perché di quello aveva bisogno, se ne convinse di nuovo quando le sue convinzioni per un attimo vacillarono.

Doveva essere tutta colpa di quel Niklaus se era così nervosa, solo colpa sua. Tanto, se aveva i nervi a fior di pelle ultimamente, era sempre colpa sua.

Restò con un sorriso stampato sulle labbra, mentre Cristopher ordinava il piatto per sé e anche per lei. Tutto questo rimproverando il giovane cameriere per averlo involontariamente urtato con la mano quando aveva ritirato i loro menù.

La ragazza deglutì sonoramente, guardando con mascherato dispiacere il volto abbattuto del giovane ragazzo. Anche lei, tempo addietro, era stata una cameriera. Si chiese come avrebbe reagito Christopher se mai l'avesse saputo.

Si grattò la fronte e tenne le mani posate sulle ginocchia, sforzandosi di ricordare il galateo da mantenere a tavola.

Allora...cosa hai fatto di bello oggi?” April si portò una mano sotto al mento e guardò curiosa in direzione del volto di Christopher.

Quest'ultimo le sorrise, garbato e affascinante come al solito. “Niente. Lavoro e lavoro.” le rispose. “E tu? È andato bene lo spettacolo di stasera?”

April trattenne per un attimo il fiato. Aveva deciso di non rivelargli nulla riguardo il mancamento avvenuto poche ore prima, perché non voleva rovinare la serata con inutili e vane preoccupazioni.

Ma lui si sarebbe davvero preoccupato per lei? April ne dubitò.

Anzi, forse aveva sempre avuto quel dubbio, ma solo in quel momento se ne sentì quasi offesa.

Annuì distrattamente, nel momento stesso in cui vennero loro portate i primi piatti; la musica jazz e il vociare delle persone aristocratiche sedute ai tavoli attorno a loro facevano da sottofondo a quella discussione ormai vuota fin dalla partenza.

Sappi che, molto presto, sarai una vera cantante. Ti esibirai in locali di prestigio e non in quel buco dove canti attualmente! Grazie a me, diventerai una stella nel firmamento della musica.”

Chistopher esagerava, lei lo sapeva, ma non le importava. La promessa di farla diventare ricca e anche famosa le era bastato per accettare la sua corte, anche se non le era mai stato chiaro il vero motivo per cui lui si fosse interessato così tanto a lei.

Era davvero solo per la sua bellezza?

O per il suo corpo?

O almeno da parte sua poteva esserci una sorta di sentimento nei suoi confronti?

Se lo chiese solo in quel momento, quando vibrava tutta per un nervosismo che non sapeva spiegarsi.

Lei non amava Christopher e non le importava dei suoi sentimenti; l'unica cosa che un po' la faceva riflettere, era che lei, però, non lasciava mai trasparire alcuna emozione nei suoi confronti.

Prese forchetta e coltello, stringendole in entrambe le mani, e guardò il piatto ancora immacolato. “Vi ringrazio molto per la vostra gentilezza nei miei riguardi, siete l'unico uomo che, nella mia vita, mi abbia trattata come una principessa.” disse.

Lui le sorrise, un sorriso lievemente marcato di malizia che la fece rabbrividire. “Perché te lo meriti, April.”

Davvero? Perché pensi una cosa simile?”

April stava per colpirsi da sola con un pugno, quando formulò quella domanda senza pensarci. Si morse le labbra, chiuse le palpebre e cercò di non dare peso allo sguardo interrogativo dell'uomo di fronte a sé. Volse lo sguardo verso la vetrata che affacciava sul cielo scuro di Chicago.

Perché cosa, April?” chiese Christopher, confuso da quella replica senza senso per lui.

April scosse la testa. “Perché....niente. Lasciate stare, farnetico per la stanchezza.” ridacchiò la ragazza, accorgendosi poi che stava quasi parlando a bocca piena. Posò coltello e forchetta sul pezzo di carne nel suo piatto e tagliò lentamente, cercando di tornare a comportarsi come aveva sempre fatto prima. Christopher allungò la mano verso lei, sfiorandole con lentezza il palmo e sorridendole, in una maniera che lei aveva sempre trovato piuttosto inquietante.

Ma mai le era seriamente importato.

Sei sicura di stare bene? Mi sembri un po' pallida.” disse.

Forse perché sono svenuta su un palco e tu nemmeno lo sai, pensò la ragazza.

Scosse nuovamente la testa, un ciuffo scuro danzò sulla sua fronte.

No, tutto a posto.” mentì. “Anzi, volevo chiedervi una cosa.”

April trovò subito il modo di rompere il silenzio e di allontanare la mano dell'uomo dalle sue. Si voltò verso lo schienale della sedia e prese la sua borsetta, gli mostrò il volantino di una mostra artistica che si sarebbe tenuta la settimana successiva in città e ampliò il suo sorriso, al pensiero che lui ce l'avrebbe portata. “Vi va di venirci insieme a me? Ci saranno quadri bellissimi all'interno e....”

Christopher le rise in faccia, tanto che lei si sentì come pugnalare da quella risata. Ritirò le mani che aveva allungato nella sua direzione e deglutì.

Arte? April, ma davvero apprezzi una cosa inutile come questa?” domandò e lei si sentì quasi ferita. Anche lei considerava inutile la sua passione per il gioco d'azzardo e per l'eccessivo ricorso all'alcool, visto che erano pericolosi e spillavano solo un mucchio di soldi, ma non si era mai permessa di dirglielo così apertamente. Detestava quella capacità che Christopher possedeva nel sminuire qualsiasi cosa egli non concepisse.

Ci saranno delle fedeli copie dei quadri di Klimt.” April lo disse, come se quella cosa potesse far ricredere l'uomo su ciò che aveva detto. Ma non si sarebbe stupita se lui avesse creduto che Klimt fosse il nome di qualche industria che fabbricava tabacco.

Infatti, lui la guardò come se volesse capire per quale motivo quel Klimt avesse dovuto spingerlo ad accettare di andare con lei a quella mostra.

April annuì. “Va bene. Ci andrò con Violet; non ci sono problemi.”

Cercò di mettere a posto il volantino, quando lui allungò la mano nella sua direzione, stringendole delicatamente il polso. Quel movimento le rammentò lo scontro avuto quella sera con Niklaus e un brivido le corse lungo la schiena.

No, April. Se per te è importante, verrò con te.” disse e le sorrise in maniera viscida.

Non ci aveva mai fatto caso, a quanto viscido fosse in certi frangenti.

Guardando i suoi occhi verdi, si sforzò di regalargli un sorriso di circostanza e in quel frangente ottenne la risposta che cercava.

Lei ammetteva a se stessa che voleva solo i suoi soldi e il suo denaro.

Lui, invece, dispensava dolci parole quando voleva solo portarsela a letto.

* * * * *

In realtà, quando i fasti delle serate di Chicago finivano, April si ritrovava sola e forse lì si sentiva davvero libera di essere se stessa.

Viveva da sola in un appartamento in centro, pagato con i pochi soldi che era riuscita a racimolare dai risparmi che sua madre aveva messo da parte prima di morire.

Ogni sera attraversava una strada buia ed isolata per poterlo raggiungere, ma quella notte era più fredda del solito e rendeva quel cammino particolarmente inquietante.

Un venticello ghiacciato si era levato, attraversandole i tessuti del leggero vestito rosso che aveva indosso. Si strinse le braccia al petto e proseguì, cercando di affrontare il gelo di quella notte a viso duro.

Un rumore alle sue spalle la fece sobbalzare.

Si voltò di scatto, cercando nell'oscurità l'ombra che era certa si sarebbe ritrovata dietro di sé, ma non vide nulla, se non delle foglie che si innalzavano nell'aria a causa del vento e delle luci dei lampioni che illuminavano i marciapiedi.

Il cuore prese a martellarle nel petto furiosamente, nel momento esatto in cui l'evidenza di essere sola non la fece sentire comunque più tranquilla.

Sospirò, rimpiangendo il fatto di non essersi fatta accompagnare da Christopher, e cercò di voltarsi di nuovo.

Quasi gridò, quando davanti a sé si ritrovò il volto freddo di Niklaus.

Il fatto che lo conoscesse avrebbe dovuto calmarla, ma in realtà non fu così.

Lui aveva uno sguardo di ghiaccio, di quelli che avrebbero potuto accompagnare i suoi sogni verso il baratro più profondo dell'incubo. Si ritrovò ad arretrare, con il respiro soffocato in gola e gli occhi che improvvisamente si erano fatti offuscati dal panico.

Pensò di dire qualcosa, di fargli una delle solite battutine o provocazioni che avevano segnato l'inizio di quella sottospecie di rapporto che vi era tra loro, ma sentì che ogni parte del suo corpo era pietrificata.

Eccetto le gambe; quelle sembravano pronte a poter scattare da un momento all'altro.

C-che cosa ci fai qui?” April continuò ad arretrare, chiedendosi cosa le stesse impedendo di correre via a gambe levate di fronte a quegli occhi.

Niklaus le sorrise, anche se più che un sorriso sembrava una smorfia di assoluta insensibilità nei confronti della paura della ragazza. Continuò a procedere verso lei, ogni passo avanti corrispondeva ad uno indietro della giovane. Capendo che non ci sarebbe stata risposta alcuna, April trovò la forza di provare a correre via, il più lontano possibile da quel ragazzo.

Lanciò un grido, quando se lo ritrovò di fronte. Come un corvo nella notte, si era mosso indisturbato nell'oscurità e le aveva tagliato la strada.

Ma come era possibile? Un momento prima le era di fronte, e quello dopo....

Che cosa vuoi da me?” esclamò spaventata, ritraendosi un po' indietro.

Lui continuò a sorriderle, inclinando la testa e affilando lo sguardo in una maniera che April trovò troppo inquietante. In un rapido scatto, lui la spinse violentemente contro la parete alle sue spalle.

Lei non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di come lui le aveva stretto i polsi e spinti contro il muro alle sue spalle. Ogni lotta fu vana; lui era più forte e l'aveva colta talmente tanto di sorpresa che la ragazza si ritrovò senza forza alcuna per poterlo combattere.

Lasciami!” gridò spaventata, provando a divincolarsi ma le mani di Niklaus stringevano con estrema decisione sulla sua pelle.

Il ragazzo non si fece intimorire, nemmeno quando lei iniziò a chiamare aiuto a squarciagola. Si lasciò prendere dalla fame, non appena i suoi occhi scesero sul collo della ragazza; malgrado il buio, lui riusciva a scorgere sotto la pelle diafana la vena scura da cui si sarebbe potuto cibare.

Del suo sangue.

Di lei.

Non prenderla sul personale, sweetie.” le disse, divertito dall'espressione terrorizzata sul viso della giovane. “Ho solo una scommessa da vincere.”

Il tutto successe in pochi secondi: April notò le venuzze scure che si erano create ai lati degli occhi di Niklaus, i canini appuntiti che accarezzarono quelle labbra e che poi affondarono nella carne del suo collo.

La ragazza gridò, quando un dolore intenso si impadronì di lei: lo sentiva, sentiva il sangue scorrerle lungo la pelle, mentre quell'essere si nutriva voracemente di lei.

Non vi era dolcezza, non vi era razionalità, non vi era nemmeno violenza in quel gesto.

Non c'era nulla che potesse essere controllato, solo la fame del vampiro che aumentava sempre più ad ogni goccia di sangue che abbandonava quel corpo, ad ogni battito cardiaco che accelerava....

Klaus si fermò.

Sentì il respiro pesante scuotergli il corpo, mentre il sangue di April gli bagnava le labbra. Sentiva ancora il suo sapore sul palato, le ultime gocce scorrergli lungo la gola e riconobbe che quel sapore aveva un che di particolare.

Tu...” disse, alzò lo sguardo su April e la vide sofferente.

Le palpebre di lei erano sul punto di chiudersi da un momento all'altro, il volto era divenuto improvvisamente più pallido e tremava, come una foglia in balia del vento. Boccheggiava, nel tentativo di dire qualcosa, ma perse i sensi prima di farlo.

Klaus si mosse rapidamente e l'accolse tra le sue braccia, prima che cadesse a terra in un tonfo. La strinse forte al suo petto, sentendo l'odore del suo sangue che continuava a scorrere fuori dalla ferita.

Il suo sangue.

Aveva sentito in poche e altre rare occasioni un sapore simile e lo avrebbe riconosciuto tra mille.

Eppure, tutte le altre volte, non aveva provato l'istinto di fermarsi.

Con lei, invece, sì.

Perché?

Si guardò attorno, pensando cosa farsene di April. C'erano solo loro in quello stretto vicolo; poteva portare a termine l'opera senza che nessuno li vedesse e si sarebbe così lavato la coscienza umanamente sporca.

Ma non lo voleva fare.

Dannazione, non voleva farlo.

E va bene.” sussurrò alla voce della propria coscienza, la tirò su e prese l'unica decisione razionale che non sarebbe entrata in conflitto con la sua mente e i suoi pensieri.

Non l'avrebbe lasciata lì.


Buonasera a tutti, splendori! *.*

Grazie per essere giunti fino a qui, questo vuol dire che non vi siete addormentati sulla tastiera del computer per la troppa noia.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che io sia riuscita a farvi capire quello che volevo realmente trasmettervi: sia April che Klaus stanno andando incontro a dei cambiamenti dopo il loro incontro.

Klaus ha pensieri “umani” nei confronti della ragazza, ma la sua ostinazione da vampiro continua però a frenarlo, portandolo ad assumere atteggiamenti avversi e a compiere azioni poco delicate.

April, d'altro canto, sta iniziando, anche se non troppo palesemente, a rivalutare la sua relazione con Christopher e la sua ambizione di diventare ricca e famosa.

Per quanto concerne il personaggio di Chris, lui potrà sembrare un personaggio passivo inizialmente ma che avrà un ruolo fondamentale verso gli ultimi capitoli della storia.

Visto che mi sono fatta prendere dalla mania di dare dei volti ai personaggi, vi presento proprio Christopher.

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E la stupenda Violet.

http://24.media.tumblr.com/tumblr_m0dl6dsWT61r3601po1_500.jpg

Ringrazio moltissimo coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e chi lo ha letto silenziosamente.

Ringrazio anche di cuore coloro che hanno inserito la mia storia nella varie cartelle.

Vi devo davvero molto, grazie! :D

Alla prossima e vi auguro di passare un buon fine settimana!

Un bacio


ps: Ultima cosa, ma non meno importante, ringrazio la bravissima Elyforgotten per l'immagine a inizio capitolo! Ti lowo da morì :3

   
 
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