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Autore: mori    12/07/2013    0 recensioni
Solo un pezzo di carta stropicciata, anche troppo scarno per tributare qualcosa oltre le righe.
A volte la musica di un walkman non basta a lenire una ferita e no, non guarisce.
Una flash che non pretende, uno sfogo bidimensionale imprigionato in un passato indefinito.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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377 parole

 

 

You made this night too long

 

 

 

 

 

Avevamo diciassette anni, tutti quanti, la mia generazione di scapestrati vagabondi con un walkman acceso.
Non lasciatevi ingannare: abbiamo tatuaggi, piercing, possiamo tingerci atteggiandoci a duri e bere liquori inquinati filosofeggiando stronzate ma quando il dolore colpisce... colpisce.

 

Di quel che ho provato quel giorno ricordo solo sprazzi confusi.
Fluttuano laggiù, ai margini della mia memoria, pronti a riemergere come il villaggio di Combray dalla tazza di Proust. Raccontano.
Quella giornata, la nostra prima dopo la vacanza in Europa con quei coglioni dei miei amici, è un dettaglio tra quelli.
Era prima che i manifesti dei bambini spariti comparissero sui cartoni del latte ma dopo che i mariti rubati fossero sostituiti da quelli scomparsi nei discorsi delle vecchie giù al paese del fiume.

Era, semplicemente, prima che lei la investisse.

 

Indosso Dr Martens scuciti e borchie. Non sono il tipo che faresti uscire con la tua bimba, mammina. Ma cambia davvero qualcosa?

 

«Palla!»
Uno scatto ancora veloce, appena rallentato dall'ansimo pesante.
«Non sei più un bocciolo di rosa, eh tesoro?»
Risi forte. Se non avessi riso? Sì, ci facciamo tutti domande simili.
Lei stava arrivando nella splendente automobile nuova- neanche un anno, quanto n'era orgogliosa-, irritata per la ginnastica saltata, la cena rimandata e la pila di cd metal ammucchiati sui pavimenti.
È stata anche colpa mia, in fondo. Se fosse stata... se avessi... se se se.
Un botto, una frenata, e la voce appena irritata di Bertha in quel «Spostati!» in ritardo. Se c'è una cosa che a distanza di anni posso affermare: la voce è sempre in ritardo.
Veloce, zac!, ma che cazzo è successo? Chi sta gemendo?
Quando i neuroni fanno la sinapsi, è tardi. E mentre correvo, troppo inebetito per sentire alcunchè, sai, sarebbe stato d'obbligo scusarsi o piangere.

Anche se non ero stato io, ma Bertha. Mia madre.

Scusami.

 

 

L'avevo promesso, ne avrei parlato e te l'avevo detto. La vita è piena di calci in culo, ma questo, davanti alla terra fiorita sopra di te, è più forte degli altri.
Dieci anni li abbiamo avuti, tesoro. Sarebbero finiti comunque.

 

Con affetto.

 

 

 

Ah! Sì. C'è solo una cosa che fa più male. La consapevolezza che, secondo loro, non provava vero dolore.
Per loro era solo un cane qualunque.

 

 

 

Note di fine testo.

Ah, non pubblicavo da secoli e, ovviamente, la mia prima originale doveva essere piena di velati riferimenti ovunque ma, ehi, così va il mondo.
Sì, è una situazione vera, mia, dunque non pretendo che questa flash pescata e modificata in mezz'ora abbia un senso compiuto. Spero solo sia leggibile.

 

E, cara Bertha reale... no, non ho parole.

  
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