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Autore: Friedrike    13/07/2013    1 recensioni
Ludwig Beilschmidt e Felicia Vargas (rispettivamente Germania e Fem!Italia del Nord), in un contesto AU, quello della Seconda Guerra Mondiale. Non più Nazioni, bensì un uomo ed una donna che s'innamorano l'uno dell'altra. Si conoscono ad un ballo in Italia ed è subito amore. Ma la guerra li separa e quando il soldato della Wehramcht ritornerà dal fronte niente sarà più come prima.
Genere: Angst, Fluff, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dovunque sarai, ti amerò per sempre.'
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Il ragazzo stringe i denti e gli occhi, portando la nuca indietro. 
Sente male ovunque. Si ritrova a torturare con le mani la brandina malferma sulla quale è disteso, deve concentrarsi su qualcosa, se non vuole pensare troppo al dolore.
In più, l'atmosfera è tesissima all'ospedale da campo. Si sentono urla, grida, pianti, qualcuno invoca i santi dal Paradiso e dall'Inferno, per disperazione. Qualcuno ascolterà le loro preghiere? Voglio solo che tutto cessi. Magari con la morte, si sono rassegnati, quei poveri ragazzi di venti e trent'anni. Molti stanno vomitando. Il dolore arriva fino al cervello e lo fa implodere.
-Non c'è niente da fare... dobbiamo tagliarla- mormora il medico, chino su Ludwig. 
Sono entrambi sporchi del sangue del biondo, il quale, sentendo quella frase non ha alcuna reazione. Non riesce a metabolizzare nulla e pur di non sentir più male, accetterebbe qualsiasi cosa; l'emorragia alla gamba non si ferma, ed il taglio è profondo, così profondo che quasi s'intravede l'osso tra la carne lacerata. 
Il dottore sospira, sistemandosi la mascherina sul viso -che poco fa, in realtà.
-E' già il quinto oggi...- commenta tra sé. Non ha di certo strumenti adeguati ed il massimo che può fare è dargli qualcosa da mordere mentre la sega fa il resto. 
Ma Ludwig soffre così tanto che, forse, non potrebbe sentirne altro. 
Cerca di sopportare in silenzio, eppure non riesce a sopprime gemiti di dolore. Sente caldo, non c'è aria lì dentro, vuole solo respirare un po' d'aria pulita, ma come potrebbe camminare in quelle condizioni? 
Il medico, un uomo sulla trentina, coi capelli e gli occhi scuri, ma un valido certificato da Ariano, sta per avvicinare lo strumento di tortura al ragazzo, il quale inizia a concepire l'atrocità della guerra, solo in quel momento, quando essa lo ha ormai avvolto con le sue ali nere. 
Non potrà mai giocare con Mathias... corrergli dietro, prenderlo in braccio, fare il bagno con lui al mare. Non potrà andare in giro con cagnolone che ha sempre voluto ed il bambino accanto, accompagnare il piccolo a comprare un gelato, accompagnarlo a scuola... La sua vita gli passa svelta davanti. Non potrà più fare nulla, senza una gamba.
Ma ecco che qualcosa lo salva.
Lui ha gli occhi chiusi, non può sapere.
-Non ci provare. Ci serve, lui- esclama una voce maschile, d'età intorno ai quaranta, che però il biondo non riconosce. Troppi sono i pensieri nella sua mente.
Il medico scuote la testa. -C'è poco da fare, signore. Bisogna amputare.-
-Il soldato Beilschmidt è uno de migliori ch'io conosca. Se gli taglia quella cazzo di gamba, non potrà più parare il culo a molta gente. Fa qualsiasi cosa, trattalo come fosse un ufficiale, perché da questo momento lo è.- 
Ludwig è sempre stato un ottimo soldato. Non è un soldato semplice ormai da un po' di tempo. Poco a poco, potrà sperare di arrivare ad un buon grado, la fatica è tanta, ma il coraggio non gli manca. 
Adesso è Obergefretier, ovverosia caporale maggiore. 
Ricorda ancora quando gli hanno dato la promozione... fu un orgoglio immenso per lui e per la sua famiglia. Stava già con Felicia, se lo ricorda bene. 
 
 
Si avvicina lentamente a lei. L'abbraccia da dietro e le bacia il collo. 
La ragazza si spaventa, non se l'aspettava quella visita, ma è felice di averlo accanto. Appoggia una mano sulla sua guancia. -Tesoro...- sussurra.
Lui accenna uno dei suoi più bei sorrisi. -Mi hanno promosso, mein schatz- le spiega puntando gli occhi azzurri sui suoi.
Lei ha sempre ripudiato la guerra. Ma come smorzare il suo entusiasmo? Esercitandosi nel ruolo di moglie, essendo però ancora solo la sua fidanzata, spalanca gli occhi e gli circonda il collo con le braccia. -E'... fantastico!- esclama. 
-Nein, non lo pensi- risponde lui, chiudendo gli occhi. Appoggia le labbra alle sue, il sorriso non si spegne. -Ma così mi fai felice.- 
Felicia ricambia il bacio, carezzandogli i capelli biondi. 
 
Il biondo sente una fitta più dolorosa delle altre, perciò urla. Vorrebbe pregarli di fare qualcosa, ma un soldato attende in silenzio la sua ora.
L'uomo che ha parlato è un ufficiale. Lo stesso che il ragazzo aveva protetto e curato esattamente... no, non si ricorda che giorno sia. Non sa quanto abbia dormito, forse ore, forse giorni. Il suo salvatore -che non fa altro che ricambiargli la cortesia- si chiama Adriaen Krüger. Non si sa molto sul suo conto; si dice che avesse una bella moglie, dolce, affettuosa, il genere di donna che tutti i militari vorrebbero accanto a sé. Però, fragile. In seguito ad un brutto incidente nel quale perse il bambino che portava in grembo, lei si tolse la vita. Lui s'arruolò subito dopo.
Punta gli occhi verdi su quelli azzurri del giovane. 
-Te la caverai... sergente- gli dice con tono fiero, è sempre così orgoglioso quando uno degli uomini che lui stesso ha addestrato diventano ufficiali, perché quegl'uomini sono un po' come i suoi figli, adesso. Bambini da educare. Fa dietrofront, ma qualcosa gli tiene stretto il polso, troppo forte perché possa ignorarlo.
-He...Herr... Kommandant...- sussurra il biondo, col volto imperlato di sudore. -Danke.-
Adriaen Krüger accenna un sorriso. -Riprenditi, Beilschmidt. Ci servi in campo.- 
Con un ultimo cenno, s'allontana da lì, premendo la mano sul proprio stomaco. 
 




 
 
Diario di un pilota.
 
Cado Diario. 
Cioè, caro diario. Stanno arrivando. Proprio adesso. Nein, non è che arriveranno a giorni, li sento parlare con mia madre. Lei li sta distraendo, ma che uomo sarei se mi lasciassi coprire da una donna? Ti scrivo ora perché poi non potrò più farlo. 
Io non voglio morire. Ma il Reich ha ragione: i malati non servono a nessuno. Ed io accetterò le mie torture da vero uomo. Devo farglielo capire, che essere Ariani non è avere solo gli occhi azzurri ed i capelli biondi, che essere forte non dipende dai tratti somatici.
Io posso farcela, Diario! Il Magnifico Me affronterà le sue pene con onore! 
Un'ultima cosa: 
Ludwig, se mai leggerai queste mie memorie, sappi che sono orgoglioso di ciò che sei diventato, che sono fiero di avere un fratello tanto figo; sono inoltre contento della decisione che hai preso per Felicia, ti fa molto onore. Io continuerò a vegliare su di te, qualsiasi cosa accada non perdere mai la fiducia in te stesso! 
Ti voglio bene, fratellino.
Addio.
 
Magnificamente, 
Tuo fratello Gilbert.
 

 
 
L'albino si asciuga una lacrima con l'indice. 
Prende il diario e lo nasconde sotto il cuscino. Si guarda allo specchio. Sistema sulla nuca il cappello della Luftwaffe, la sua divisa ed esce dalla sua camera con sguardo alto e fiero, richiudendosi la porta alle spalle. Percorre il lungo corridoio con calma, ma con passo deciso, il ticchettio degli stivali risuona tra le pareti. 
Giunge in salone.
La donna, Karline, abbassa lo sguardo mortificata.
-Avevate detto che non era in casa, Frau Beilschmidt. Una donna di classe come voi, come può mentire alle autorità del Reich?- mormora un uomo avvicinandosi a lei, con un sorriso beffardo sul volto. Occhi verdi e capelli biondo cenere, lentiggini vicino al naso. Erich. Il fratellino di Joachim. Chissà se conosce la sorte toccata al maggiore? 
-Le ho chiesto io di farlo. Volevo avere il tempo di fare un'ultima cosa- ribatte il figlio maggiore, avvicinandosi a lui. Si frappone tra la madre ed l'SS, con sguardo severo. Mente, ma non può permettere che la madre venga umiliata ancora.
-Ora, sono pronto- conclude.
-Ma bene- concorda lui, con un cenno del capo in direzione della porta. -Gilbert Beilschmidt, deve dunque seguirci.-
Il ragazzo con gli occhi vermigli annuisce appena socchiudendoli. Si volta verso la madre. La sua occhiata è molto eloquente.
Lei non piange, ha imparato a non farlo davanti chi porta una divisa, di qualsiasi tipo. I suoi tre uomini -marito e figli- non devono vederla piangere. E neppure le domestiche devono farlo. Così lei, si ritrova sempre sola, in lacrime silenziose che sfogano un po' del suo dolore solitario.
Sospira lievemente, di certo sconfortata, e sfiora appena la mano del figlio con le dita, per dargli un po' di sicurezza. "Vai, figlio mio" pensa tra sé e gli dice con un'occhiata. 
Gilbert esce di casa, senza chinare il capo neppure per un istante. Non si guarda neppure indietro. 
 
 
 
 
Sono due notti che l'italiana non chiude gli occhi. 
Tiene il figlioletto stretto a sé, non vuole più lasciarlo tra le braccia degli altri, perché nessuno le sembra degno di tenerlo. Oltretutto, ha paura. Non vuole che le portino via anche lui. 
Quel giorno però, malgrado le occhiaie ed il viso pallido, si reca in Chiesa senza Mathias, rimasto col nonno, unico individuo degno della sua fiducia. 
Entrata nella casa di Dio, si fa svelta il segno della croce, avvicinandosi poi ad una panchina. Si inginocchia e congiunge le mani i preghiera.
"Signore Dio mio... Ho commesso peccato. Ho desiderato avvicinarmi a Te, morire, non tenendo conto della vita che ho ogni sera tra le braccia. Ho molto peccato, ma Ti prego, non punirmi ancora! Non potrei sopportarlo. Mi hai già tolto mio fratello... ed io, senza di lui, non so che cosa fare! Mi ha dato la forza così tante volte... Madonnina mia, Tu sei una donna, sai quanto sia ingiusto questo mondo, quanto male c'è. Sai che noi donne siamo così fragili... Ti prego, dammi un po' della Tua forza, ch'io da sola non riesco ad andare avanti. Non so più che fare. Tu sei Madre e puoi capire quanto si stia in pena per i propri bambini, per i propri cari. Ti supplico, riporta Ludwig da suo figlio! Ha bisogno di entrambi i suoi genitori per crescere... E io ora prego Te, Madonnanina mia, di occuparti di mio fratello Romano. E' stato testardo, così tanto in vita sua!, ma non ha mai fatto male a nessuno. E'... era un bravo ragazzo. Ha solo protetto la sua terra e la sua famiglia. Accoglilo in Paradiso! Non lasciarmi da sola ad affrontare tutto questo, Madonnina, te ne prego. 
Amen."
La ragazza si concede un piccolo sospiro e fa il segno della croce. Non apre ancora gli occhi, continuando con le sue preghiere. Recita in latino -così le è stato insegnato- il Padre Nostro, l'Ave Maria ed il Salve Regina. Lei ha un'immensa devozione per la figura della Madonna. 
Madre di tutte le madri, Maria è più vicina al mondo terreno e dunque Felicia la vede come miglior punto di riferimento. E' stata una donna che ha dovuto affrontare tante prove dolorose, tuttavia è sempre andata avanti con coraggio e forza d'animo. L'italiana l'ammira moltissimo. Vorrebbe avere un po' della Sua forza di spirito. Ha sempre pregato per Lei, si rivolgeva più spesso a Lei e più raramente a Dio. 
Con l'ultimo segno del Padre, Figlio e Spirito Santo, si alza  e si avvicina alla statua della Madonna. Bacia la propria mano e poi accarezza i piedi freddo di marmo, facendo un lievissimo inchino in segno di rispetto. 
Esce dunque dalla casa di Dio.
 
 
Ludwig guarda il cielo.
La gamba è stata fasciata da poco e gli fa ancora molto male. Ma si sta poco a poco abituando al dolore. Non riesce ancora a muoversi, però. 
Osserva una stella con aria melanconica.
"Dio... Tsk... come se Tu esistessi, dopo quello che hai lasciato che facessimo. Sei soddisfatto del Tuo operato? Sei contento di vedere come siamo ridotti? Lo so che non è colpa Tua. Ma se Ci lasci sbagliare, se Ci lasci fare questo, che diritto hai poi di giudicarci, una volta che moriamo? Vuoi averci con te? Bene, prendici ora. Non vedi come i miei compagni stanno soffrendo? Quanti stanno abbandonando questa terra? Quanti uomini abbiamo ammazzato, quante famiglie distrutto... Se il Paradiso è lì in Cielo, quaggiù c'è l'Inferno. Dev'essere questo che devo dirti quando Ti vedrò. Solo... un altro soldato a rapporto. Che ha visto l'Inferno, Satana, Morte, Distruzione, Fame, Violenza. Perché hai lasciato che quel bastardo toccasse Felicia? Lei è così pura, così dolce, così bella... Warum? Perché hai fatto in modo che quel figlio di puttana s'avvicinasse a quella bambina? Sì, sono arrivato io. Ma potevo arrivare tardi. E non credo proprio di essere arrivato per Tuo volere divino, no: io non ci credo più. Qua c'è l'Inferno peggiore di tutti. Nessuno mai potrà capirlo. Nessuno mai. Lo si vive, non si racconta. Non si raccontano i sentimenti... Dio, io ormai lo so: Tu non esisti."
Si lascia andare in un ultimo sospiro. 
Accanto a lui c'è un ragazzo coi capelli rossi, lentigginoso. Ha detto di aver ventidue anni. Hanno parlato un po' per distrarsi, solo scambiato qualche parola. Ludwig non ricorda neppure come si chiamasse. Adesso si volta. Lui è ancora lì. Ma il suo petto non si alza ed abbassa più a ritmo regolare. Non si muove. Le sue labbra sono diventate blu, il corpo ha perso ogni tonalità di colore.
"Tu non esisti" ripete tra sé il giovane. Chiude gli occhi. Non vuole vedere più niente. 
 
 
Non sapevano come catalogarlo.
Omosessuale... no. Comunista... no. Prigioniero politico... no. Asociale? Mmh.
Ed intanto lui aspetta lì la sua morte, sperando che essa giunga presto. Alza gli occhi rossi al cielo, è terso, ma c'è una spessa nuvola di fumo grigio scuro che lo sporca. Una nuvola accompagnata da un odore nauseante di bruciato.
"Non voglio volare su questo cielo. Volerò su un cielo diverso" si dice. 
Socchiude appena gli occhi. Gli manca così tanto il suo fratellino... chissà se sta bene. 
Alla fine hanno trovato una decisione. 
C'è una vasta scelta di triangoli, a dire il vero.
Il triangolo di colore rosso identifica i prigionieri politici;
Un triangolo verde identifica i criminali comuni; 
Un triangolo di colore nero identifica gli "asociali"; 
Per i Testimoni di Geova il colore è viola;
Un triangolo di colore rosa è invece attribuito agli omosessuali; 
Un triangolo di colore marrone etichetta gli "zingari."
Poi ci sono altri tipi di identificazione. 
Una lettera "E" prima del numero di matricola identifica i detenuti Erziehungshäftling, ovvero "da educare."
Una stella a sei punte di colore giallo identifica i prigionieri ebrei.
Un cerchietto di colore rosso recante la sigla IL (Im Lager, nel campo) veniva cucito sulle casacche sporche e luride dei prigionieri ritenuti pericolosi o sospetti di tentare la fuga; 
Infine, un cerchietto di colore nero per i prigionieri della "compagnia penale".
Gilbert non sa ancora cosa gli verrà dato, ma già rimpiange la sua uniforme.
Gli è stata praticamente strappata di dosso, sostituita da una divisa lercia, sporca, che gli da prurito solo a guardarla. Eppure, ha dovuto indossarla. A completare l'opera, pesanti zoccoli di legno da portare ai piedi. 
E' stato fatto accomodare sgarbatamente su uno sgabello a tre piedi ed i suo cappello da pilota è stato umiliato per terra, gettato via, perché lui -non è degno di portarlo.- 
Senza dire una parola, l'albino rimane fermo sul suo posto. Non si scompone neppur quando un uomo gli rasa i capelli. Ciocche bianche cadono per terra e sulle sue spalle, la sua nuca sanguina ed il liquido rosso è subito visibile sulla sua pelle chiara, diafana. Ma lui non apre gli occhi né ribatte. Ubbidiente, si lascia maltrattare. L'obbedienza è il primo dovere del soldato. 
Ma lui non è più un militare al servizio del Reich; adesso è solo un uomo nei campi, come molti altri. Non verrà ben visto né dagli altri internato nè dalle SS che li sorvegliano. E' una specie di ibrido: troppo impura per parlare con gli Ariani, troppo sporco per stare con gli altri prigionieri. Ha servito il Reich... fa parte della sua stessa feccia.
Segue gli altri nelle "docce", genti d'acqua prima bollente poi gelata li ripuliscono. Il Reich vuole evitare il rischio di epidemie. 
Adesso, la registrazione. "Stupidi... Registrazione, dati personali, indirizzo dei parenti più prossimi; sono ridicoli!" pensa tra sé con un piccolo sospiro.
Ma prima di compilare la scheda, il tatuaggio.
Non si ribella ancora. Ma non riuscirà a stare zitto per sempre, ne è consapevole. Deve meditare sulla situazione. 
Seduto di nuovo su una sedia, porge il braccio sinistro scoprendo l'avambraccio. Si guarda intorno. Un uomo, un ebreo, sta urlando. La sua religione vieta qualsiaasi tipo di tatuaggi. Cos'è questa, allora, se non l'ennesima forma di violenza e tortura escogitata dai nazisti? Tutto quel catalogare le persone come se non avessero nulla di umano, tutto quell'ordine, quella disciplina. 
L'albino abbassa su di sé lo sguardo. Ha un triangolo nero al petto. L'hanno etichettato come asociale. Chissà perché poi... Osserva i numeri venir stampati con marchi permanente sulla sua pelle delicata, non sussulta né ha altra razione quando l'ebreo si ritrova esanime sul pavimento, con un buco sulla fronte. Qualcuno invece urla. Lui conosce bene la morte e non la teme. 
Si alza quando il tatuaggio è stato completato. 
Si avvicina ad un altro banco e compila il modulo di registrazione. 
Gilbert Beilschmidt, nato a Berlino, il 18 Gennaio 1915. Stato civile: Celibe. Bambini: 0. 
Occhi: Rossi. Capelli: Bianchi. Altezza: 1.77 cm. Religione: Ateo.
E va avanti fino a riempire tutto il questionario. 
Un uomo in divisa lo osserva mai. -Nato allo scoppiar della Grande Guerra. A Berlino. Interessante.- 
-Fino a due giorni fa, servivo il Reich come aviatore. Volavo con uno Junkers Ju88A-14- risponde lui in tono pacato. L'avrebbe imparato presto, solo che ancora non lo sa. Lì non si risponde. 
L'altro, ringhiando, gli ordina di stare zitto, ché non ha il permesso di parlare, lui. Lo picchia violentemente sul viso, ma Gilbert non si lascia scoraggiare. Sputa, e sputa sangue, ma si rialza. E' ancora abbastanza in forze per farlo. Non si lascerà sottomettere.
Lo guarda, con odio, però in silenzio.
Avrebbe mai imparato a tener a freno lingua ed occhi?
 



 
 
  
  
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