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Autore: Ruth Spencer    13/07/2013    6 recensioni
Attesi una sua reazione, ma tutto mi aspettavo, tranne che scoppiasse a ridere.
Smisi di torturarmi i riccioli e gli rifilai un'occhiataccia. -Cosa c'é di tanto divertente?- lo apostrofai. Stavo perdendo la pazienza.
Ero nei guai fino al collo. E tutto per una stupida e-mail.
Avrei volentieri sbattuto la testa al muro per la disperazione. Purtroppo per me, la testa mi serviva eccome in quel momento.
-Allora?- lo incalzai.
Finalmente Louis si decise a parlare. –Mi stai dicendo che ti sei innamorato di una corrispondente anonima per e-mail e che solo ora hai scoperto che si tratta della tua più acerrima rivale a lavoro?-.
Lo guardai confuso.-Più o meno- borbottai.
Louis annuì piano e mi diede una pacca su una spalla con aria afflitta. –Condoglianze, amico-.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                                 Non avrei potuto essere
                                                                                                più disperatamente cieca 

                                                                                                se fossi stata innamorata. 
                                                                                                Ma è stata la vanità, 
                                                                                                non l'amore, che mi ha perduta.
                                                                                              (Jane Austen, Orgoglio e Pregiudizio)
          
 

Capitolo 19
 
 

 
                                                                                                                                                                         Harry;
 
 
Scrutavo l’articolo sul Primo Ministro da almeno mezz’ora. Lo posavo sul tavolo della cucina, misuravo ad ampi passi il perimetro della stanza con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni, lanciavo un’occhiata distratta dalla porta, poi lo afferravo di nuovo per rileggerlo. E questo da ben trenta minuti. Vi era qualcosa che stonava terribilmente in ciò che stavo per fare: avrei dovuto semplicemente ignorare Carol, invece di vendicarmi.
Dave intanto stava schiacciando i lime per preparare lo sciroppo di zucchero, con la precisione di un chimico nel suo laboratorio. Teneva la lingua intrappolata tra i denti e la fronte leggermente aggrottata per la concentrazione.
-Così hai intenzione di dichiarare guerra aperta a Carol? Non è vero?- se ne uscì ad un certo punto.
Smisi di fissare i fogli stampati che stringevo in mano. –Non stavi cucinando, tu?-.
-Harry, questo tuo comportamento non condurrà da nessuna parte.- mi fece presente lui. –Sei arrivato da poco e Anne Reed ti ha già nelle sue grazie: sai quante occasioni si ripresenteranno per te? Quanto a Carol, è più di un anno che aspettava questo momento e non puoi rovinarle la carriera per un futile capriccio-.
-Ora stai esagerando.- lo ripresi mettendo finalmente da parte l’articolo per inchiodarlo con lo sguardo. –E’ lei quella che si è comportata da stronza.- preferii puntualizzare alla sua occhiata di fuoco.
-Carol è fatta così: non sa mai ciò che vuole…-.
-Non è una giustificazione.- ribattei afferrando la giacca appoggiata sulla spalliera di una sedia e sorpassandolo. Dave si voltò verso di me con una mano sullo stipite della porta. Parve sul punto di dirmi qualcosa, ma poi tacque.
-Io vado. Ci vediamo in redazione-. Gli rivolsi un cenno di saluto con la mano, prima di sparire oltre la soglia. Camminare mi avrebbe aiutato a riflettere sul da farsi. Ma, il destino sembrava ordire un complotto contro di me: il tragitto dall’appartamento di Dave sino in redazione, mi parve straordinariamente breve rispetto al solito.
Lanciai un’imprecazione quando nei pressi del parcheggio ancora vuoto, ad eccezione di un paio di macchine, la tracolla nera mi scivolò dalla spalla per crollare con un tonfo sordo sull’asfalto. La sollevai sbuffando e aprii la porta a vetri del palazzo con una spallata. Appena entrato mi precipitai nell’ascensore per salire in ufficio, ma all’uscita quasi mi scontrai con McGregor.
-Devi essere Styles.- mi salutò smagliante come al solito. Annuii lentamente come se temessi che da un momento all’altro la testa sarebbe rotolata giù dal mio collo.
Strinsi la mano che mi porgeva, senza nascondere un’espressione perplessa.
-Anne mi ha detto che hai talento per essere così giovane-.
-Allora devo ricordarmi di ringraziarla.- sorrisi sornione in risposta.
Emily era già seduta dietro la scrivania, con gli occhialetti dalla montatura squadrata in perfetto equilibrio sul naso ossuto. –Buongiorno, Harry-.
Ricambiai. –La direttrice è già arrivata?-.
-Non dovresti domandarmelo. Lei è sempre in anticipo.- mi redarguì scherzosamente la mia collega. –Hai ragione!- feci con una scrollata di spalle.
A dirla tutta, anche il tragitto dall’ufficio di Emily a quello di Anne Reed mi parve troppo breve. A poche spanne dalla porta, mi bloccai come in pausa, pensando freneticamente alle due possibilità che avevo di fronte: tornarmene da dove ero venuto, limitandomi ad ignorare Carol Hatton per il resto dei miei giorni, oppure scegliere la via per l’inferno. Mi venne in mente il giorno in cui avevamo lavorato assieme per la prima volta: lei aveva scritto l’articolo in camera sua, io invece in cucina; avevamo espresso opinioni diverse, le nostre personalità e gli ideali in cui credevamo si erano scontrati senza doppi fini,  in un gioco puramente dialettico.
 Non importa che tu dica la verità. Importa che tu la dica bene…Poi cominci a farci l’abitudine e non ti meravigli neanche più se le cazzate che scrivi vengono apprezzate, perché è così che gira il mondo…
Le sue parole mi rimbombarono nella testa come l’eco lontano di una tempesta: le ricordavo perfettamente e nonostante sopra la scritta “Direzione” sembrasse alleggiare un cattivo presagio, optai per la vendetta.
Un passo e mi ritrovai con la mano chiusa a pugno sulla porta.
-Avanti-.
Presi un respiro profondo, prima di abbassare la maniglia e sbirciare dentro. Riuscivo a malapena ad intravedere Anne Reed, sommersa da una pila di giornali e riviste.
-Oh, Harry. Prego, entra-. Si sfilò gli occhiali da vista e con un gesto della mano mi indicò la sedia più vicina.
Seguii il suo invito, accomodandomi proprio di fronte a lei. Trascorsero alcuni istanti di silenzio, interrotti solo dal leggero ticchettio della penna stilografica che la direttrice lasciava rimbalzare distrattamente sul piano di legno.
-Ho scritto il mio articolo.- annunciai porgendole i fogli.
-Di già? Pensavo che avresti dedicato maggior tempo ad un pezzo del genere-.
-L’ispirazione non è tardata ad arrivare. –spiegai, e mentre lei chinava lo sguardo sullo scritto che molto probabilmente avrebbe segnato il mio avvenire, giocherellai con i bottoni della giacca indeciso se osservarla per decifrare la sua espressione o limitarmi a pregare in attesa del verdetto finale.
In preda a mille, improvvisi e altrettanto insensati dubbi, torturai con i denti il mio labbro inferiore fino a farlo sanguinare. Forse avrei potuto scrivere di meglio…
Dopo un tempo che mi parve infinito, Anne Reed mi restituì un’occhiata indecifrabile. Allontanò da sé i fogli e rilassò le spalle contro la poltrona di pelle nera. –Quanto hai impiegato per scriverlo?-.
-Tutta la notte.- risposi con franchezza.
-E’ un bell’articolo.- disse infine. Per un attimo smisi di respirare, sbattei più volte le palpebre sbigottito quasi a volermi accertare che non stessi ancora dormendo.  -Come, scusi?-.
-Hai fatto un buon lavoro, Styles-.
 
 
 
Camminavo sicuro per il corridoio che correva parallelo agli uffici dei dipendenti, con le mani immerse tra i miei riccioli e lo sguardo che saettava da una parte all’altra in cerca di Carol.
Giunto in cima alle scale, incrociai Dave. –Dove vai?-. Gli lanciai una breve occhiata prima di rispondere:-Sto cercando Carol-.
-L’ho incontrata ai distributori automatici.- mi riferì senza celare una traccia di sospetto nella voce. Lo ringraziai con un cenno del capo e, ignorando volutamente il suo sguardo indagatore, mi precipitai  al piano di sotto.
Dave aveva ragione: Carol era proprio lì, di fronte ad un caffè fumante. Ma, non era sola.
 
 
 
 
                                                                                                                                                                Carol;
 


La giornata, almeno per quanto mi riguardava, era iniziata in modo pessimo ed era destinata a concludersi anche peggio. Avevo lavorato ore intere sull’articolo da scrivere, senza sosta; era terminata l’ultima confezione di caffé in polvere senza poterla sostituire con una nuova e la lavatrice era guasta come al solito; il motorino era andato ed Alyson non poteva rinunciare alla sua Volvo per recarsi alla Galleria d’Arte di Marcus Bernstein in Cork Street. Così, mi ero armata di pazienza e avevo deciso di prendere l’autobus, ma per soli quattro minuti avevo perso quello delle sette e trenta. Dunque ero stata costretta ad aspettare un quarto d’ora, prima di avvistare il successivo. Tanto era il sonno però che mi ero addormentata su uno dei sedili duri e scomodi del mezzo pubblico, dimenticandomi di scendere alla fermata giusta.
Per fortuna, poco dopo i singhiozzi di un bambino alle prese con un capriccio mi avevano destata del tutto e così ero scelta due fermate dopo, per poi percorrere il resto del tragitto a piedi.
Nonostante fossi in ritardo, avevo deciso di sostare alcuni minuti davanti ai distributori automatici per bere un bicchiere di caffè, ma arrivata sul posto, avevo scoperto con orrore di non conservare più spiccioli nel portafoglio.
E proprio quando ero stata sul punto di imprecare ad alta voce, Ewan McGregor era comparso dal nulla.
-Ci sono problemi?- mi aveva domandato con un tono tanto garbato da indurmi a restare calma.
-Nulla. Non si preoccupi-.
-Scommetto che non hai i soldi per una sana tazza di caffè.- aveva azzardato invece senza desistere.
Così mi ero lasciata convincere a farmi offrire il caffè e in pochi minuti avevamo iniziato a fare conoscenza.
-Scozzese?- gli chiesi ad un certo punto.
-Da cosa l’hai capito?-. Il suo accento appena accennato poteva sfuggire a chiunque.
-Dal modo in cui pronuncia la R e se devo dirla tutta…dal cognome.- rivelai con un mezzo sorriso.
-Già, dimenticavo-.
-Spero si troverà bene qui, al Daily Mirror.- dissi sistemandomi la borsa nuova sulla spalla.
-Lo spero anch’io. – ammise. Poi, consultando l’orologio, soggiunse:-Ora, devo proprio scappare: Anne pretende il mio parere su un pezzo-.
-A dopo…e grazie per il caffè!- dissi in un soffio. Lo seguii con lo sguardo, sorseggiando la bevanda calda, mentre procedeva a passo spedito verso le scale. Il caffè scese lungo la gola, scaldandomi il petto e aumentando la frequenza cardiaca. In pochi minuti era entrato in circolo, stimolando le mie cellule nervose: mi sentivo già meglio.
-Allora avevano ragione quelli del Times: McGregor ha già fatto colpo.- mi sbeffeggiò una voce familiare alle mie spalle. Roca, ammaliante, accento strascicato del Cheshire. Harry.
-Ma, figurati!- replicai seccata, senza degnarlo di uno sguardo.
-Si, certo. Come no…-. E aggiunse fingendo un fare civettuolo:-A dopo…e grazie per il caffè!-.
-Non ho affatto usato quel tono.- ribattei irritata. Feci dietro front con il bicchiere di plastica ancora stretto tra le dita, sentendo i suoi passi dietro di me.–E ora che ci penso: da quanto eri nascosto lì dietro ad origliare?-.
-Io non origliavo!- obbiettò Harry sulla difensiva. -Si, certo. Come no…- lo imitai. Mi scoccò un’occhiata gelida, prima di osservare:-Hatton, ancora non mi hai chiesto che cosa pensano i giornalisti del Times sul tuo nuovo ammiratore-.
-Cosa pensano quelli del Times sul nostro nuovo collega?- domandai infastidita, ponendo l’accento sull’ultima parola.
Fece un passo verso di me, guardandosi intorno con aria teatralmente circospetta; poi si chinò sul mio viso per rivelarmi chissà quale atroce verità. I suoi respiri si mescolarono ai miei, procurandomi i brividi. -Voci di corridoio dicono che sia un instancabile sciupa femmine-.
Sollevai di scatto lo sguardo sul suo volto, restituendogli un’occhiata irriverente:-Un po’ come te-.
-Cosa?!- sbottò lui oltraggiato. Schioccai la lingua contro il palato. -Mi hai baciata subito dopo aver lasciato Rachel.- gli ricordai con asprezza.
-E tu stai flirtando con un uomo di dieci anni più vecchio di te, nonostante io ti abbia baciata qualche giorno fa-.
-Non stavo assolutamente flirtando. E poi tu stesso mi hai detto di aver avuto una storia con una donna molto più grande di te a soli diciassette anni-.
-Mi spieghi cosa c’entra questo con noi due?-.
-Non ti permetto di criticarmi. Ieri mi hai mandata al diavolo e oggi ti ingelosisci?-.
-Ho detto di essere geloso per caso?- replicò con una faccia da impunito, mentre continuavamo a camminare. –Non sono geloso. Tutto tranne che geloso. Si tratta di pura e semplice coerenza-.
-Non importa. Lasciamo perdere.- lo congedai allora, saltando gli ultimi tre gradini della rampa di scale.
Appena raggiunsi la mia scrivania, gettai il bicchiere vuoto nel cestino lì accanto. Avrei tanto voluto fare la stessa cosa con Styles.
 
 
 
Quando entrai nella sala delle riunioni, i miei colleghi si erano già accomodati ai loro posti, attorno al tavolo rettangolare. Mi sedetti tra Emily e James, avvertendo una strana sensazione all’altezza dello stomaco.
Anne Reed ci raggiunse poco dopo, chiudendosi la porta alle spalle. –Buongiorno a tutti-.
Posò alcune cartelle e porta documenti sul piano e ci dedicò uno sorriso spregiudicato. –Avete qualche proposta interessante per il prossimo numero?-.
Si alzarono alcune mani per avere la parola, qualcuno espresse il proprio parere, poi Anne ed Ewan cominciarono ad assegnare gli argomenti.
-Carol, hai già concluso l’articolo sul Primo Ministro?- si informò la direttrice, scoccando una rapida occhiata anche ad Harry, seduto al lato opposto al mio.
Me ne domandai il motivo, mentre senza scompormi annuivo e prendevo a frugare tra le mie carte.
Purtroppo non dovetti attendere molto per capirlo. Infatti ero arrivata all’ultimo foglio della mia cartella senza trovare traccia dell’articolo. Controllai di nuovo da cima a fondo per assicurarmi di non essermi sbagliata e con orrore realizzai di averlo dimenticato a casa nella fretta di uscire. Mi abbandonai sullo schienale della sedia ancora incredula.
-Temo di averlo dimenticato nel mio appartamento stamattina.- mormorai desolata.
Anne Reed mi fissò con una luce di rimprovero negli occhi, prima di spostare lo sguardo su Harry:-Allora, non c’è alcun dubbio. Pubblicheremo l’articolo di Styles-.
Mi girai verso di lui, confusa e sul suo viso compiaciuto, rivolto di fronte a sé, trovai conferma delle parole della direttrice.
-Aspetti, posso portarlo domani!- obbiettai alzando la voce per l’urgenza della mia richiesta, mentre le persone attorno a me si alzavano per lasciare rapidamente la sala.
-Mi dispiace, Carol. Ci tengo a pubblicarlo nella prossima uscita.- rifiutò il mio capo in tono perentorio. Attraversò la stanza e scomparve oltre la porta ed io rimasi sola a sprofondare nella mia stessa ira.
Strinsi le mani a pugno, affondando le unghie nei palmi, fino a far sbiancare le nocche. Mi alzai lentamente, radunai le mie cose e uscii. -Andrà meglio la prossima volta.- mi rassicurò con un occhiolino Ewan. Mi sforzai di sorridere ed annuii prima di tornare al mio lavoro.
Il resto della giornata scivolò via nell’apatia più totale. Mentre all’ora di pranzo, mi preparavo ad uscire, intravidi una chioma di ricci a metà del corridoio che dava sulla vetrata interna e allungai il passo per raggiungerlo.
Quando gli fui dietro, gli strattonai malamente il braccio per costringerlo a voltarsi.
-Come hai fatto ad ottenere il mio articolo?- lo aggredii senza preamboli. Mi restituì uno sguardo neutro e primo di qualsiasi emozione, ma non mi era affatto sfuggita l’iniziale sorpresa nell’avermi riconosciuta.
-Ho parlato con Reed, dopo la riunione di ieri e le ho chiesto di concedermi una pari opportunità.- spiegò pacato e assolutamente sicuro di sé. –Quell’articolo non era una tua proprietà esclusiva: sono stato semplicemente più bravo-.
-Più bravo a giocare sporco!- lo corressi astiosa. –Avevo ragione sin dall’inizio a considerarti uno sleale! Tutti quelli che hanno cercato di dissuadermi, avevano torto-.
Lui, per tutta risposta, trattenne a stento una risata sarcastica. –Almeno ti ho fornito una scusa valida per non voler uscire con me-.
Assottigliai gli occhi fulminandolo con lo sguardo. –Allora è questo il vero motivo: sei stato ferito nel tuo orgoglio maschile e hai pensato bene di vendicarti in modo meschino!-.
Le porte dell’ascensore si aprirono  scivolando silenziosamente sui cardini e noi entrammo, senza smettere di discutere. –Tu, invece? Non sei stata altrettanto sleale nei miei confronti? Avrei potuto accettarlo se non fossi stata così stronza-.
-Con le persone si dialoga!-.
-Il nostro non è un dialogo, è un duello. Ed io sono stanco.- ribatté Harry, alzando la voce per la prima volta.
-Sei il più grosso ipocrita che io abbia mai conosciuto. Prima mi fai la predica da giovane moralista e poi reagisci cosi?-. L’ascensore arrivò al piano terra e si aprì di nuovo. Uscii trafelata, seguita da Harry. Cominciò a ridere.
-Cosa diavolo c’è da ridere?-.
-Sei furiosa-.
-Potrei ucciderti!- urlai, appena superate le porte a vetri.
-Non ne dubito-.
-Bastardo!-. E cominciai a tempestarlo di pugni e schiaffi. Mi afferrò i polsi e me li tenne fermi, ma proprio allora misi il piede su una lastra di ghiaccio del marciapiede e barcollai. Prima che potessi rovinare a terra, mi strinse per la collottola. Riacquistato l’equilibrio necessario per stare in piedi da sola, mi divincolai dalla sua presa con un ringhio rabbioso. –Va al diavolo, Harry.- dissi piano e fu quasi un sussurro che vagò a mezz’aria tra di noi prima di dissolversi col vento. Mi fissò, leggermente stupito. Girai sui tacchi e mi incamminai verso la fermata dell’autobus più vicina, sentendomi il suo sguardo addosso per tutto il tempo.
 
 
 
 

 
Ho passato ieri notte a chiedermi come avrei potuto aprire questo My space. Sono desolata per non aver potuto aggiornare prima, ma fra vacanze organizzate all’ultimo secondo, l’ispirazione calata a picco, il caldo atroce e il pc che si impallava ogni due secondi…non so quale sia stata la distrazione maggiore! In più ci si mettono le altre tre storie che sto scrivendo contemporaneamente a Penfriends e Tomboy e la sceneggiatura di un cortometraggio per una mia amica.
Ma, ora eccomi qui. Ho già scritto una parte del prossimo capitolo (che è quello dell’appuntamento) e quindi non tarderò più nell’aggiornare. Mi siete mancate tantissimo, sappiatelo, e tra me e me spero di esservi mancata un pochino anch’io :D
Devo fare un enorme ringraziamento a chi recensisce/preferisce/segue e ricorda questa storia; chi mi tiene tra i suoi autori preferiti, chi ogni tanto pubblicizza e ovviamente tutti i lettori - passatemi il termine-"silenziosi". Grazie, grazie, grazie. Mi riempite il cuore di gioia!
Non vedo l’ora di sapere che ne pensate e soprattutto cosa vi aspettate riguardo all’appuntamento. Ah, e per qualsiasi cosa ora mi trovate su ask. Fatevi sentire, mi raccomando: http://ask.fm/RuthSpencer 
 

A presto, GIURO
Ruth <3
 
 
 
 
  

   
 
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