Aggiornamento settimanale...siamo al penultimo capitolo! Non vi anticipo niente...non per cattiveria, ma preferisco lasciarvi un pò nel dubbio! Ringrazio di cuore tutti i lettori/lettrici e le mie insostituibili commentatrici: BlackPearl, Michi88, Moon, Summer89! Buona lettura!
La convalescenza di Victoria procedeva bene e senza particolari
intoppi. Il quadro generale era buono e Susan ormai andava solo la
mattina, a giorni alterni, a farle delle iniezioni di ricostituenti,
per farle riprendere più velocemente. Vicky aveva ripreso a
fare le scale, così poteva pranzare e cenare coi ragazzi e
stare con loro in salotto. Del resto si occupava Orlando: durante la
mattina, mentre i figli erano a scuola, stava a casa con lei; nel
pomeriggio, invece, approfittando della presenza dei ragazzi, passava
in studio e si fermava per un paio d’ore. Rientrava per cena
con qualcosa di pronto oppure cucinava lui.
Victoria si divertiva a guardarlo cucinare: lo faceva spesso appena
sposati, poi le cose erano cambiate, gli impegni di lavoro si erano
moltiplicati, ma non aveva comunque perso la sua abilità,
soprattutto coi primi piatti. Lei restava tranquillamente seduta ad
osservarlo, mentre Emma e Joel gli stavano intorno, pronti ad aiutarlo.
Lui, con tanto di grembiule, si muoveva con disinvoltura fra pentolame
ed ingredienti vari e chiedeva a ragazzi di passargli verdure o aromi,
con la stessa concentrazione di un chirurgo in sala operatoria.
Quella sera aveva preparato del risotto ai funghi e gli era riuscito
piuttosto bene, tant’è che Joy fece addirittura il
bis.
“Papà, è proprio buono il tuo
riso…”- gli disse soddisfatto.
“Lo faceva sempre così anche la
nonna…voi purtroppo non l’avete conosciuta, ma era
un asso tra i fornelli…”- rispose.
“Anche nonno Colin è bravo…”-
gli fece notare il bambino.
“Si, se la cava bene…”-
“Per fortuna il papà e il nonno sono
bravi…perché io e la nonna Josie non siamo
proprio cuoche provette…”- intervenne Vicky.
“Non è vero…mi ricordo ancora
l’arrosto che hai fatto l’ultimo
Natale…era squisito…”- le
ricordò lui.
“A proposito di Natale”- intervenne Emma-
“Cosa facciamo quest’anno? Stiamo tutti insieme
o…stiamo una settimana con te e una con la mamma?”-
Vicky ed Orlando rimasero spiazzati da quella domanda. In effetti
mancava meno di un mese a Natale, anche se con tutto quello che era
successo se lo stavano quasi scordando.
“Veramente il papà ed io non ne abbiamo ancora
parlato…Ma potremmo anche festeggiarlo tutti insieme, in
famiglia…con i nonni e gli zii..”-
abbozzò incerta lei.
“Vedremo…non so ancora come sarò
messo…ho un sacco di arretrati in
studio…”- tagliò corto lui.
Continuarono a parlare del più e del meno, poi, dopo cena i
ragazzi si prepararono per andare a dormire. Fu Victoria ad
accompagnarli a letto, mentre Orlando era rimasto giù in
cucina a sparecchiare.
Tornata al piano di sotto, lei lo raggiunse. Era rimasta un
po’ male per come lui aveva liquidato il discorso del Natale;
era così bello riaverlo per casa, che sperava che non se ne
sarebbe più andato. Fece per togliere gli ultimi piatti da
tavola, ma lui la fermò subito.
“Cosa credi di fare? Molla
l’osso…siediti dai, ci penso io”- le
disse premuroso.
Gli sorrise, mentre lui armeggiava per caricare la lavastoviglie e
distribuire al meglio piatti e bicchieri nel cestello.
“Mi sei sembrato a disagio prima…”- si
decise infine a dirgli.
Lui si voltò di scatto, dopo aver chiuso lo sportello
dell’elettrodomestico, e la fissò con aria
interrogativa.
“A disagio?”-
“Si…quando Emma ti ha chiesto dove saresti stato a
Natale…pensavo che ti avrebbe fatto piacere stare
qui…”- ammise.
Tolse la tovaglia da tavola e si mise a sedere vicino a lei.
“Siamo separati…e tu ora stai molto
meglio…non hai più bisogno di me…anzi,
la settimana prossima pensavo di tornare al lavoro…Come
dicevo prima ho un sacco di arretrati e probabilmente dovrò
stare fuori per alcuni giorni…”- le disse.
Inutile dire quanto Vicky fosse delusa da quelle parole. Sperava che
anche per lui quella vicinanza avesse cambiato qualcosa, che
l’avesse riavvicinato a lei; ma evidentemente si sbagliava,
forse era stato così premuroso solo perché era la
madre dei suoi figli.
“Ah..capisco…Spero di non averti fatto perdere
troppo tempo”- e fece per alzarsi, ma lui la prese
delicatamente ma fermamente per un braccio, obbligandola a fermarsi ed
a sedersi nuovamente.
“Non fare così…”- aggiunse
poi.
“Così come?”- gli rispose, fingendo di
non capire.
“Non avercela con me…forse mi sono espresso
male…Non è che non voglia stare con
voi…Sono stato benissimo in queste settimane, ma adesso
è meglio che vada via…”- le
spiegò.
“E se io non volessi che tu te ne vada? Se ti chiedessi di
rimanere?”- rilanciò.
Orlando non rispose, e non riusciva nemmeno a guardarla negli occhi.
Erano vicinissimi e lei d’istinto gli carezzò un
braccio, attirando la sua attenzione. Finalmente incontrò i
suoi occhioni nocciola; si fissarono per alcuni istanti e poi si
baciarono. Fu un bacio dolce e delicato, che racchiudeva in
sé le emozioni più differenti, come succede a chi
sta insieme da sempre e si conosce alla perfezione.
Lei si staccò da lui e si alzò in piedi,
tendendogli la mano perché la seguisse. Insieme salirono le
scale e si ritrovarono nella loro camera da letto. Orlando
c’era già tornato diverse volte in quelle
settimane, ma era come se la rivedesse per la prima volta. Ogni cosa,
ogni mobile era associato ad un ricordo: l’armadio scelto
insieme, la scrivania di legno bianco che le aveva regalato per la
laurea, la cassettiera scovata da un antiquario, e quel letto enorme
che li aveva visti complici amanti ed affettuosi genitori, quando uno
dei figli si svegliava nel cuore della notte e voleva dormire con loro.
Lei percepì il suo smarrimento e gli si avvicinò,
carezzandogli lievemente una guancia; poi lo guardò negli
occhi, prima di baciarlo nuovamente, ma stavolta lui la
fermò.
“Vic…forse non dovremmo…sei ancora
debole…non credo sia il caso…”-
“Sto benissimo…smettila di preoccuparti per
me…”- gli rispose amorevolmente.
Lo baciò, con tutto il desiderio e l’amore che si
era ostinata a reprimere in quei mesi. E lui la stringeva a
sé, ricambiando con altrettanto trasporto ed accarezzandola
piano, lentamente, temendo di poterle fare male. La fece stendere sul
letto ed iniziò a spogliarla piano e con attenzione, mentre
lei gli sfilava via il maglione. Una parte di lui gli suggeriva di
fermarsi finché era in tempo, di non lasciarsi guidare
dall’impulso, ma l’altra parte più
istintiva aveva preso il controllo. Voleva stare con lei e farci
l’amore, come se non fosse successo niente, come se quei mesi
d’inferno, di litigi ed incomprensioni fossero stati solo un
incubo. Voleva sentirsi nuovamente sicuro stretto a lei, amato e
coccolato. La baciò a lungo, con passione e disarmante
tenerezza, toccandola sapientemente, senza stringerla troppo, per paura
di farle male alle costole; si muoveva sicuro sul suo corpo, quel corpo
che conosceva bene, mentre lei assecondava i suoi movimenti e non
smetteva di cercare le sue labbra.
Fare l’amore con lui era assolutamente coinvolgente e
totalizzante, ed era stato così fin dalla prima volta; da
subito avevano saputo creare un’intesa perfetta, avevano
raggiunto un’intimità profonda, che non si
misurava solo col sesso, ma che andava oltre, e che era fatta di
sguardi, gesti, parole appena accennate.
Dopo quella dolce lotta, rimasero entrambi senza fiato, distesi
l’uno vicino all’altra. I loro stati
d’animo, però, erano ben diversi: mentre Vicky era
al settimo cielo, convinta che finalmente le cose fossero tornate a
posto, lui, invece, sembrava assente. Non era stato assolutamente
meccanico come quell’ultima volta in montagna, anzi,
l’aveva sentito reattivo ed appassionato, ma pareva quasi a
disagio ora.
Tuttavia, non volle guastare quel momento di ritrovata quiete,
preferendo tenere quell’impressione per sé. Si
accoccolò meglio contro di lui e si addormentò
profondamente.
Poi, però, nel cuore della notte, si svegliò,
allungò un braccio sul suo cuscino ma non lo
trovò; si girò di scatto e lo sorprese mentre
tentava di andarsene.
“Orlando…dove stai andando?”- gli chiese
stupita.
Lui si voltò, con l’espressione tipica del ladro
colto in flagrante.
“Io...stavo tornando nella mia stanza…Torna a
dormire, è tardi…”- riuscì
solo a dire.
“Come sarebbe a dire torna a dormire?”-
osservò lei, mettendosi a sedere meglio sul letto.
A quel punto Orlando richiuse la porta, per evitare che i ragazzi li
sentissero e si avvicinò a lei.
“Senti, ne riparliamo domani…ora è
tardi”- tentò di convincerla.
“E no…ne parliamo adesso”-
sbottò, cercando però di non alzare la voce-
“Abbiamo fatto l’amore…credevo lo
volessi anche tu…e poi ti trovo a sgattaiolare fuori dal
letto come se fossimo due clandestini”-
Lui allargò le braccia.
“E infatti lo volevo…ed è stato
bellissimo…Ma non basta questo per risolvere
tutto…Mi spiace Vic, io non sono ancora
pronto…”- ammise sinceramente.
“Allora è così…non vuoi
più stare qui…con me…”-
osservò lei.
“Certo che vorrei tornare a casa…ma non
così…Adesso ti senti fragile e
vulnerabile…ma fra qualche mese ti accorgeresti che io non
sono cambiato…che sono fermo allo stesso punto di
prima…e ti pentiresti di avermi ripreso…Sto solo
cercando di proteggere i ragazzi…e anche
te…”-
“Ma smettila, per favore…questi discorsi non hanno
senso…La verità e che non sai nemmeno tu cosa
vuoi…Torni qui, ti comporti da marito
perfetto…vieni a letto con me e poi ti tiri
indietro…”-
“Sto facendo del mio meglio…Prima del tuo
incidente ci parlavamo a malapena, tu stavi con David…poi
torno qui e sembra che non sia mai successo niente….Mi
spiace, ma non riesco ad andare così in
fretta….”- le rispose seccamente.
“Va bene, ho sbagliato io, ho fatto tutto da
sola…Allora vattene…non c’è
bisogno che aspetti un’altra settimana, puoi andartene anche
domani stesso se vuoi…”- gli disse infine.
“Andiamo…non dici davvero…”-
“Invece si…Credevo che volessi riavere la tua
famiglia, ma mi sbagliavo…e non voglio correre il rischio di
fraintendere ancora i tuoi comportamenti…”-
concluse.
Orlando avrebbe voluto ribattere, dirle che si sbagliava, che voleva
solo fare con calma ma, ancora una volta, le parole gli si bloccarono
in gola e non fu capace di aggiungere altro. Se ne andò
amareggiato nella stanza degli ospiti, si girò e
rigirò nel letto, riuscendo a dormire solo un paio
d’ore.
Verso le sette Victoria scese in cucina per preparare lei stessa la
colazione ai ragazzi. Anche Orlando li raggiunse, con in mano il
borsone con le sue cose.
“Papà…dove vai?”- gli chiese
Emma preoccupata.
Lui la guardò, poi spostò lo sguardo su Vicky
che, pur evitando di incrociare i suoi occhi, gli venne in soccorso.
“Papà ha un impegno urgente di
lavoro….”- le rispose.
“Perché non ce l’ hai detto?”-
aggiunse Joy.
“L’ ho saputo ieri sera tardi…e voi
già dormivate …Starò fuori qualche
giorno…ma ci sentiamo per telefono, ok?”- lo
rassicurò, scompigliandogli i capelli.
“Almeno fa colazione con noi…”- gli
suggerì Emma.
Guardò nuovamente Vicky: sembrava avercela ancora con lui. E
forse non aveva proprio tutti i torti.
“No tesoro, non posso…Devo andare…Voi
fate i bravi e non fate stancare troppo la mamma, intesi? Ci sentiamo
più tardi…”- e dopo averli abbracciati
se ne andò.