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Autore: bebe    26/01/2008    4 recensioni
Li abbiamo lasciati neo genitori ed in procinto di sposarsi. Li ritroviamo sposati ed alle prese con un incidente che ha cambiato le loro vite, rischiando di allontanarli definitavamente.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan, Orlando Bloom
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Aggiornamento settimanale...siamo al penultimo capitolo! Non vi anticipo niente...non per cattiveria, ma preferisco lasciarvi un pò nel dubbio! Ringrazio di cuore tutti i lettori/lettrici e le mie insostituibili commentatrici: BlackPearl, Michi88, Moon, Summer89! Buona lettura!

La convalescenza di Victoria procedeva bene e senza particolari intoppi. Il quadro generale era buono e Susan ormai andava solo la mattina, a giorni alterni, a farle delle iniezioni di ricostituenti, per farle riprendere più velocemente. Vicky aveva ripreso a fare le scale, così poteva pranzare e cenare coi ragazzi e stare con loro in salotto. Del resto si occupava Orlando: durante la mattina, mentre i figli erano a scuola, stava a casa con lei; nel pomeriggio, invece, approfittando della presenza dei ragazzi, passava in studio e si fermava per un paio d’ore. Rientrava per cena con qualcosa di pronto oppure cucinava lui.
Victoria si divertiva a guardarlo cucinare: lo faceva spesso appena sposati, poi le cose erano cambiate, gli impegni di lavoro si erano moltiplicati, ma non aveva comunque perso la sua abilità, soprattutto coi primi piatti. Lei restava tranquillamente seduta ad osservarlo, mentre Emma e Joel gli stavano intorno, pronti ad aiutarlo. Lui, con tanto di grembiule, si muoveva con disinvoltura fra pentolame ed ingredienti vari e chiedeva a ragazzi di passargli verdure o aromi, con la stessa concentrazione di un chirurgo in sala operatoria.
Quella sera aveva preparato del risotto ai funghi e gli era riuscito piuttosto bene, tant’è che Joy fece addirittura il bis.
“Papà, è proprio buono il tuo riso…”- gli disse soddisfatto.
“Lo faceva sempre così anche la nonna…voi purtroppo non l’avete conosciuta, ma era un asso tra i fornelli…”- rispose.
“Anche nonno Colin è bravo…”- gli fece notare il bambino.
“Si, se la cava bene…”-
“Per fortuna il papà e il nonno sono bravi…perché io e la nonna Josie non siamo proprio cuoche provette…”- intervenne Vicky.
“Non è vero…mi ricordo ancora l’arrosto che hai fatto l’ultimo Natale…era squisito…”- le ricordò lui.
“A proposito di Natale”- intervenne Emma- “Cosa facciamo quest’anno? Stiamo tutti insieme o…stiamo una settimana con te e una con la mamma?”-
Vicky ed Orlando rimasero spiazzati da quella domanda. In effetti mancava meno di un mese a Natale, anche se con tutto quello che era successo se lo stavano quasi scordando.
“Veramente il papà ed io non ne abbiamo ancora parlato…Ma potremmo anche festeggiarlo tutti insieme, in famiglia…con i nonni e gli zii..”- abbozzò incerta lei.
“Vedremo…non so ancora come sarò messo…ho un sacco di arretrati in studio…”- tagliò corto lui.
Continuarono a parlare del più e del meno, poi, dopo cena i ragazzi si prepararono per andare a dormire. Fu Victoria ad accompagnarli a letto, mentre Orlando era rimasto giù in cucina a sparecchiare.
Tornata al piano di sotto, lei lo raggiunse. Era rimasta un po’ male per come lui aveva liquidato il discorso del Natale; era così bello riaverlo per casa, che sperava che non se ne sarebbe più andato. Fece per togliere gli ultimi piatti da tavola, ma lui la fermò subito.
“Cosa credi di fare? Molla l’osso…siediti dai, ci penso io”- le disse premuroso.
Gli sorrise, mentre lui armeggiava per caricare la lavastoviglie e distribuire al meglio piatti e bicchieri nel cestello.
“Mi sei sembrato a disagio prima…”- si decise infine a dirgli.
Lui si voltò di scatto, dopo aver chiuso lo sportello dell’elettrodomestico, e la fissò con aria interrogativa.
“A disagio?”-
“Si…quando Emma ti ha chiesto dove saresti stato a Natale…pensavo che ti avrebbe fatto piacere stare qui…”- ammise.
Tolse la tovaglia da tavola e si mise a sedere vicino a lei.
“Siamo separati…e tu ora stai molto meglio…non hai più bisogno di me…anzi, la settimana prossima pensavo di tornare al lavoro…Come dicevo prima ho un sacco di arretrati e probabilmente dovrò stare fuori per alcuni giorni…”- le disse.
Inutile dire quanto Vicky fosse delusa da quelle parole. Sperava che anche per lui quella vicinanza avesse cambiato qualcosa, che l’avesse riavvicinato a lei; ma evidentemente si sbagliava, forse era stato così premuroso solo perché era la madre dei suoi figli.
“Ah..capisco…Spero di non averti fatto perdere troppo tempo”- e fece per alzarsi, ma lui la prese delicatamente ma fermamente per un braccio, obbligandola a fermarsi ed a sedersi nuovamente.
“Non fare così…”- aggiunse poi.
“Così come?”- gli rispose, fingendo di non capire.
“Non avercela con me…forse mi sono espresso male…Non è che non voglia stare con voi…Sono stato benissimo in queste settimane, ma adesso è meglio che vada via…”- le spiegò.
“E se io non volessi che tu te ne vada? Se ti chiedessi di rimanere?”- rilanciò.
Orlando non rispose, e non riusciva nemmeno a guardarla negli occhi.
Erano vicinissimi e lei d’istinto gli carezzò un braccio, attirando la sua attenzione. Finalmente incontrò i suoi occhioni nocciola; si fissarono per alcuni istanti e poi si baciarono. Fu un bacio dolce e delicato, che racchiudeva in sé le emozioni più differenti, come succede a chi sta insieme da sempre e si conosce alla perfezione.
Lei si staccò da lui e si alzò in piedi, tendendogli la mano perché la seguisse. Insieme salirono le scale e si ritrovarono nella loro camera da letto. Orlando c’era già tornato diverse volte in quelle settimane, ma era come se la rivedesse per la prima volta. Ogni cosa, ogni mobile era associato ad un ricordo: l’armadio scelto insieme, la scrivania di legno bianco che le aveva regalato per la laurea, la cassettiera scovata da un antiquario, e quel letto enorme che li aveva visti complici amanti ed affettuosi genitori, quando uno dei figli si svegliava nel cuore della notte e voleva dormire con loro.
Lei percepì il suo smarrimento e gli si avvicinò, carezzandogli lievemente una guancia; poi lo guardò negli occhi, prima di baciarlo nuovamente, ma stavolta lui la fermò.
“Vic…forse non dovremmo…sei ancora debole…non credo sia il caso…”-
“Sto benissimo…smettila di preoccuparti per me…”- gli rispose amorevolmente.
Lo baciò, con tutto il desiderio e l’amore che si era ostinata a reprimere in quei mesi. E lui la stringeva a sé, ricambiando con altrettanto trasporto ed accarezzandola piano, lentamente, temendo di poterle fare male. La fece stendere sul letto ed iniziò a spogliarla piano e con attenzione, mentre lei gli sfilava via il maglione. Una parte di lui gli suggeriva di fermarsi finché era in tempo, di non lasciarsi guidare dall’impulso, ma l’altra parte più istintiva aveva preso il controllo. Voleva stare con lei e farci l’amore, come se non fosse successo niente, come se quei mesi d’inferno, di litigi ed incomprensioni fossero stati solo un incubo. Voleva sentirsi nuovamente sicuro stretto a lei, amato e coccolato. La baciò a lungo, con passione e disarmante tenerezza, toccandola sapientemente, senza stringerla troppo, per paura di farle male alle costole; si muoveva sicuro sul suo corpo, quel corpo che conosceva bene, mentre lei assecondava i suoi movimenti e non smetteva di cercare le sue labbra.
Fare l’amore con lui era assolutamente coinvolgente e totalizzante, ed era stato così fin dalla prima volta; da subito avevano saputo creare un’intesa perfetta, avevano raggiunto un’intimità profonda, che non si misurava solo col sesso, ma che andava oltre, e che era fatta di sguardi, gesti, parole appena accennate.
Dopo quella dolce lotta, rimasero entrambi senza fiato, distesi l’uno vicino all’altra. I loro stati d’animo, però, erano ben diversi: mentre Vicky era al settimo cielo, convinta che finalmente le cose fossero tornate a posto, lui, invece, sembrava assente. Non era stato assolutamente meccanico come quell’ultima volta in montagna, anzi, l’aveva sentito reattivo ed appassionato, ma pareva quasi a disagio ora.
Tuttavia, non volle guastare quel momento di ritrovata quiete, preferendo tenere quell’impressione per sé. Si accoccolò meglio contro di lui e si addormentò profondamente.
Poi, però, nel cuore della notte, si svegliò, allungò un braccio sul suo cuscino ma non lo trovò; si girò di scatto e lo sorprese mentre tentava di andarsene.
“Orlando…dove stai andando?”- gli chiese stupita.
Lui si voltò, con l’espressione tipica del ladro colto in flagrante.
“Io...stavo tornando nella mia stanza…Torna a dormire, è tardi…”- riuscì solo a dire.
“Come sarebbe a dire torna a dormire?”- osservò lei, mettendosi a sedere meglio sul letto.
A quel punto Orlando richiuse la porta, per evitare che i ragazzi li sentissero e si avvicinò a lei.
“Senti, ne riparliamo domani…ora è tardi”- tentò di convincerla.
“E no…ne parliamo adesso”- sbottò, cercando però di non alzare la voce- “Abbiamo fatto l’amore…credevo lo volessi anche tu…e poi ti trovo a sgattaiolare fuori dal letto come se fossimo due clandestini”-
Lui allargò le braccia.
“E infatti lo volevo…ed è stato bellissimo…Ma non basta questo per risolvere tutto…Mi spiace Vic, io non sono ancora pronto…”- ammise sinceramente.
“Allora è così…non vuoi più stare qui…con me…”- osservò lei.
“Certo che vorrei tornare a casa…ma non così…Adesso ti senti fragile e vulnerabile…ma fra qualche mese ti accorgeresti che io non sono cambiato…che sono fermo allo stesso punto di prima…e ti pentiresti di avermi ripreso…Sto solo cercando di proteggere i ragazzi…e anche te…”-
“Ma smettila, per favore…questi discorsi non hanno senso…La verità e che non sai nemmeno tu cosa vuoi…Torni qui, ti comporti da marito perfetto…vieni a letto con me e poi ti tiri indietro…”-
“Sto facendo del mio meglio…Prima del tuo incidente ci parlavamo a malapena, tu stavi con David…poi torno qui e sembra che non sia mai successo niente….Mi spiace, ma non riesco ad andare così in fretta….”- le rispose seccamente.
“Va bene, ho sbagliato io, ho fatto tutto da sola…Allora vattene…non c’è bisogno che aspetti un’altra settimana, puoi andartene anche domani stesso se vuoi…”- gli disse infine.
“Andiamo…non dici davvero…”-
“Invece si…Credevo che volessi riavere la tua famiglia, ma mi sbagliavo…e non voglio correre il rischio di fraintendere ancora i tuoi comportamenti…”- concluse.
Orlando avrebbe voluto ribattere, dirle che si sbagliava, che voleva solo fare con calma ma, ancora una volta, le parole gli si bloccarono in gola e non fu capace di aggiungere altro. Se ne andò amareggiato nella stanza degli ospiti, si girò e rigirò nel letto, riuscendo a dormire solo un paio d’ore.
Verso le sette Victoria scese in cucina per preparare lei stessa la colazione ai ragazzi. Anche Orlando li raggiunse, con in mano il borsone con le sue cose.
“Papà…dove vai?”- gli chiese Emma preoccupata.
Lui la guardò, poi spostò lo sguardo su Vicky che, pur evitando di incrociare i suoi occhi, gli venne in soccorso.
“Papà ha un impegno urgente di lavoro….”- le rispose.
“Perché non ce l’ hai detto?”- aggiunse Joy.
“L’ ho saputo ieri sera tardi…e voi già dormivate …Starò fuori qualche giorno…ma ci sentiamo per telefono, ok?”- lo rassicurò, scompigliandogli i capelli.
“Almeno fa colazione con noi…”- gli suggerì Emma.
Guardò nuovamente Vicky: sembrava avercela ancora con lui. E forse non aveva proprio tutti i torti.
“No tesoro, non posso…Devo andare…Voi fate i bravi e non fate stancare troppo la mamma, intesi? Ci sentiamo più tardi…”- e dopo averli abbracciati se ne andò.



  
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