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Autore: R e d_V a m p i r e     13/07/2013    3 recensioni
«Vuoi per caso una mano a pulire, Mello?»
Alleluja, il criceto in prognosi riservata ha ripreso conoscenza!
«No, tesoro... continua pure a farti i cazzi tuoi, posso tranquillamente spaccarmi il culo da solo»
«Ah, ok»
[Pillole di Vita Matt/Mello] [Sequel di "Roomates"]
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Life Bites
-La strana coppia-
Break 1.  «La proposta perfetta»
...o quasi.







Se c'è una cosa che detesto, questa è fare le pulizie. Chiariamoci, le ho sempre fatte e adoro l'ordine e la pulizia; ma un conto è mettersi di buona lena a pulire un appartamento grande quanto una stanza (che chiamare monolocale è un'offesa ai monolocali), tutto un altro è doverlo fare con una villetta di trecento metri quadri, su due piani, più giardino.
Sia chiaro, adoro quella che da più di due anni è diventata la nostra casa. E' un sogno poter vivere affacciati alle verdi colline inglesi, potendo sentire l'odore salmastro del mare che si infrange sulle scogliere. Ma dover mettermi a fare la brava donnina di casa, scusatemi tanto, mi indispone. Soprattutto quando il mio pseudo ragazzo è bellamente sbracato sul divano del salotto a giocare alla psp, tranquillo e beato. Eccerto. Tanto mica deve pulire lui.
«...voglio una donna delle pulizie»
Il capo rosso che sporge oltre il bracciolo di pelle nera ha un rapido scatto, segno che mi ha sentito.
«Eh?»
Ma che, evidentemente, non ha compreso le mie parole. O sta facendo il finto tonto.
Un sorrisetto irritato mi piega le labbra, mentre valuto tutti i modi possibili per poter usare la scopa che stringo nella mancina. Niente di molto piacevole per lui, in ogni caso.
«Una donna delle pulizie, Matt. Una fottuta domestica. Quello che, si dà il caso, non sono io»
Quasi ci spero che colga la frecciatina. Ma quello che ottengo è solo un laconico 'humhum' e la musichetta di SuperMario che mi informa di un passaggio di livello.
Decido saggiamente di appoggiare la scopa contro la parete, prima di spezzarne il bastone - ovviamente in testa al mio convivente. Chissà se non si aggiusti, ritrovando una sanità che è andata fottendosi insieme all'aumentare dei level up dell'idraulico baffuto. Eppure questo coso qui dovrebbe essere un fisico. Un fisico!, ci credete? Io no. Cioè, non quando me l'ha detto. Ho dovuto prima vedere la laurea - presa con il massimo dei voti, tra l'altro - ed assicurarmi che non fosse un falso, prima di rassegnarmi all'evidenza: i geni arrivati ad un certo punto rincoglioniscono. Io sono fortunatamente esente a questa regola generale, ovviamente.
«Avresti almeno la decenza di far finta di ascoltarmi?»
Mi informo, incrociando le braccia al petto e tamburellando nervosamente con il piede destro sul pavimento. Ah, dannazione! certi tic non riesco proprio a togliermeli.
Finalmente vengo degnato di uno sguardo fin troppo verde che sbuca oltre il bracciolo, segno che l'altro si è teso per poter guardarmi. Mi fissa per qualche secondo, corrucciando le sopracciglia, prima di sbattere le palpebre.
«Vuoi per caso una mano a pulire, Mello?»
Alleluja, il criceto in prognosi riservata ha ripreso conoscenza!
«No, tesoro... continua pure a farti i cazzi tuoi, posso tranquillamente spaccarmi il culo da solo»
«Ah, ok»
No, rettifico. Calma piatta. Non dà alcun segno di vita. Lo abbiamo perso.
Il sorriso sul mio viso si apre su un sogghigno mefistotelico... o forse è meglio dire da pazzo psicopatico? Niente che possa piacere al mio adorabile ragazzo, in ogni caso. Ancor meno dopo che mi avvicino al divano bradendo la scopa.
«...Mel-? AHIA


*****


Inizio a pensare che abbiamo un po' troppe cianfrusaglie. Senza contare ovviamente le innumerevoli custodie degli altrettanto innumerevoli videogiochi del rosso, disseminate un po' per tutta la casa. Il mio ragazzo è tutto meno che ordinato, non lo era nella nostra vecchia casa, figurarsi se lo sarebbe stato in una nuova. Può cambiare stato, possono passare gli anni, ma Matt rimane Matt. In un certo senso è una cosa consolante, per altri versi mi porta di sovente ad avere crisi isteriche da casalinga disperata.
In ogni caso, devo ancora capire cosa dovremmo farci con un giradischi quando abbiamo un impianto stereo degno del miglior dj ed altrettanto rumoroso. Non fa che accumulare polvere e costringere me ad armarmi di straccio per pulire l'ennesima superficie. Arriccio il naso, trattenendo uno starnuto. Porca puttana, ci manca solo che sviluppi un'allergia tardiva a questa minchia di polvere.
«Mello»
La voce del mio convivente mi fa alzare il viso, scoccandogli un'occhiataccia che sembra farlo trasalire ed indietreggiare appena, oltre il cornicione della porta, come se stesse ripensando alla semplice idea di entrare in stanza. Ha un buffo cerotto sulla fronte, dove il manico della scopa l'ha colpito un po' troppo forte - o è stato il posacenere?
«Che vuoi?»
Non riesco a modulare la voce in modo che appaia meno scazzata e ringhiante di quanto sia, mi dispiace. Ma sono ancora parecchio incazzato con lui.
Questo non sembra aiutarlo a decidersi ad avvicinarsi, comunque, poiché saetta lo sguardo verde ovunque, nella stanza, impedendo che esso si soffermi  troppo su di me.
E' fastidioso, lo ammetto. Odio questo suo atteggiamento. Voglio che le persone mi guardino negli occhi, quando mi parlano. E Matt anche quando non mi sta parlando.
Si gratta piano con l'indice della mancina la guancia, muovendo poi coraggiosamente un paio di passi verso di me, anche se l'espressione sul suo viso rimane esitante.
Che voglia chiedermi scusa e far la pace? So bene che non gli piace proprio per nulla quando gli tengo il broncio, come lo chiama lui - quindi circa diciotto ore su ventiquattro - e smania sempre per poter tornare alla tranquillità della nostra vita.
Qualcosa mi ha fatto più volte pensare, nel nostro periodo insieme, che covi la morbosa paura di essere abbandonato. Credo che sia tipica degli orfani, in ogni caso. La provo anch'io, malgrado non la ostenti tanto quanto lui.
Anche Matt ha perso i genitori da piccolo, ma a differenza mia dopo qualche tempo in orfanotrofio è stato raccattato da non so che zio che l'ha fatto crescere insieme alla moglie e i suoi innumerevoli figli come se fosse anche lui suo.  Pur essendo stato per molti versi più fortunato di me, il suo terrore rimane comunque molto più grande, sull'argomento.
Inarco un sopracciglio, trovandomelo davanti ed aspettando che parli. Certo che è diventato più alto, anche se io sono seduto su una poltrona, in questo momento. Troneggia sopra di me, alto ed allampanato, sembra quasi non sappia che farsene di tutti quei centimetri e ha costantemente una posa disordinata che ormai ho imparato a conoscere. Ed è una delle tante piccole cose che amo di lui, anche se non lo ammetterò mai ad alta voce. Piuttosto preferisco l'allergia.
«Allora?»
Anche se posso sembrare insofferente, smanio anch'io per sentire quelle paroline e poter finalmente smetterla di fare l'offeso con lui. E' divertente, ma fino ad un certo punto.
Matt si morde il labbro inferiore, stringendolo piano fra i denti come fa sempre quand'è nervoso, giocherellando con il laccio degli assurdi occhialoni da pilota che sembra indossare sempre. Poi prende un bel respiro e la sua espressione stranamente seria mi fa per un attimo temere il peggio.
Che voglia lasciarmi, alla fine? Altrimenti non capisco proprio perchè debba guardarmi in quel modo. Non sono affatto abituato a vederlo così serio.
Mi agito sul divano, smaniando per alzarmi e sapere cosa c'è ed, al contempo, reprimendo la voglia di attaccarlo per primo, per non essere ferito, probabilmente.
«Matt t-»
«Mello, per piacere, stai zitto e mi fai parlare una volta tanto?»
Mi zittisce con un'occhiata che mi fa rabbrividire, accasciandomi contro la poltrona, torturando nervosamente il vecchio straccio che ho fra le mani.
Mi limito ad annuire, rendendomi conto d'aver improvvisamente perso l'uso della parola, deglutendo lentamente.
Lui annuisce, incrociando le braccia al petto e guardando di lato, salvo poi tornare velocemente su di me, ricordandosi quanto mi irriti non avere un contatto visivo.
«Ecco, pensavo...»
Lo scattare del mio sopracciglio in una palese espressione scettica gli fa sbattere un paio di volte le palpebre, guardandomi male.
Ok, niente battute.
«Dicevo, pensavo. Sono ormai tre anni che stiamo insieme. E... e stiamo bene, giusto? Voglio dire, ci siamo trasferiti in Inghilterra, abitiamo in questa casa... siamo felici, no?»
Mi sta confondendo.
«Certo... credo. Tu non lo sei?»
Sa bene quanto per me sia difficile parlare di certe cose, soprattutto esprimere i miei sentimenti. Ma non riesco proprio a comprendere dove voglia andare a parare.
Il rosso trasale, il verde dei suoi occhi che sembra farsi appena più chiaro.
«Certo! Certo che lo sono, che domande. E' tutto quello che, beh, che ho sempre desiderato»
«E allora?»
No, non capisco dove stia il problema. Sempre se, a questo punto, ci sia un problema.
«Quello che voglio dire... è  che... insomma, noi due... vorrei... mi piacerebbe, sì, insomma...»
«Matt, ti vuoi decidere a dirmi che vuoi o devo tirarti un altro posacenere?»
La minaccia sembra sortire il suo effetto, perchè si china su di me, appoggiando una mano sul bordo della spalliera. Posso sentire il suo alito sulle mia labbra, con il leggero sentore di nicotina che lo contraddistingue.
«Mihael Keehl... vorresti sposarmi
Apnea. Avete presente? Credo di essere andato in apnea. E credo anche che la mia mano si sia mossa da sola, afferrando una sorta di strana statuina della dea Kalì che stava vicino al grammofono - orrendo regalo di Evangeline - e scagliandolo senza nemmeno riflettere su quello che sto facendo contro il mio ragazzo. La mano si è mossa da sola, d'istinto, scollegata dal cervello.
«AHIA
So di essere arrossito, in ogni caso.
«Tu... tu... SEI UN IDIOTA!»
E lo lascio a terra, a massaggiarsi la fronte dall'ennesimo bernoccolo subìto, scappando letteralmente via dalla stanza.


*****


So di non avergli risposto. Ma in realtà non ho nessunissima intenzione di farlo, ecco.
Lo sguardo si perde oltre il panorama che posso vedere da lì, accucciato contro lo stipite della portafinestra che dà sul balconcino della nostra camera da letto.
Insomma... è una cazzata colossale! Sposarlo? E perchè mai?! Siamo due uomini, cazzo, e io non sono una ragazzina che sogna il principe azzurro e l'abito bianco!
In ogni caso no. E' troppo, persino per lui. Forse l'ho colpito troppo forte. Sì, deve essere assolutamente questo il motivo, non c'è altra spiegazione. Matt deve aver subìto un trauma cranico che lo ha portato a straparlare, ecco il perché di quella, quella-
...non riesco nemmeno a pensarne il nome. Provo a pronunciarlo, ma mi esce un verso strozzato dalle labbra. Dio, ho voglia di sbattere la testa a muro.
«Proposta di matrimonio, Mello»
E quasi non la sbatto davvero, scattando come se fossi stato colto con le mani in fallo, guardando il ragazzo seduto sul materasso. Quando cazzo è entrato? E come ho fatto a non accorgermene? E poi ero convinto di aver chiuso la porta a chiave, e...e...e...
«Cielo... non credevo avresti reagito così. Non lo trovi esagerato?»
Esagerato?!
«Di un po', ti sei fumato il cervello?»
Credo sia l'unica opzione plausibile, arrivati a questo punto.
Il meccanico mi guarda con quella che sembra velata tristezza, nello sguardo. E rassegnazione.
«Cosa c'è di sbagliato nel volerti sposare? Ti amo, tu mi ami. Viviamo già insieme. Siamo felici - più o meno. Sarebbe... sarebbe soltanto un modo per ufficializzare»
«Siamo due uomini
La voce mi esce strozzata e torno a rannicchiarmi nel mio angolino. Ok, sono gay. Ok, non ho alcun problema ad esserlo, altrimenti non mi sarei innamorato di quell'idiota e non avrei fatto tante cose che hanno portato alla situazione in cui siamo adesso.
Ma sono anche un fervente cattolico, e reputo l'unione fra due uomini... Mettiamo le cose in chiaro. Per quanto ci possiamo amare non siamo e non saremo mai una famiglia. Non una famiglia convenzionale, almeno. Perché sposarci, dunque?
Proprio non capisco.
Però le mie parole devono averlo ferito. Oltre il suo sguardo, lo suggerisce la piega delle sue labbra.
«Non t'è mai importato prima, no? Quando facciamo sesso-»
«Amore»
Borbotto, e lo vedo sollevare le sopracciglia. Dio, vorrei scomparire.
«Non... non è sesso. Noi due facciamo l'amore, cretino»
Non riesco a sostenere quel sorriso vittorioso e felice, per quanto mi piaccia vederlo splendere sul suo viso. E' stato troppo per me ammettere una cosa del genere. Ma credevo che lo sapesse già, diamine!
Sono tentato di indietreggiare nel vederlo scivolare al mio fianco, inginocchiandosi per terra e prendendomi le mani fra le sue, guardandomi fiducioso.
«Allora se è amore, perchè non possiamo dimostrarlo al mondo intero? Non me ne fotte niente della cerimonia, o dell'anello. Mi interessa il significato, Mello. Mi interessa che tutti sappiano che ci apparteniamo e che... se mai succedesse qualcosa...»
Non lo sopporto quando parte con le probabilità catastrofiche. Socchiudo gli occhi, sforzandomi di non sottrarmi alla stretta delle sue mani.
Sono ancora confuso, ma lui è troppo vicino.
«Lo... vuoi. Lo vuoi davvero così tanto?»
E' un mormorio, ma il suo viso ormai è ad un soffio dal mio e lo ha sentito perfettamente. Schiudo le labbra sotto il tocco delle sue, sentendolo lasciarmi i polsi e posare le sue mani grandi e rovinate dal lavoro sul viso. Non posso farci niente, quando mi tocca o mi bacia vado in tilt.
«Sì, più di ogni altra cosa»
E non posso resistere nemmeno a quella voce, chiudendo gli occhi ed inarcandomi leggermente contro di lui, aggrappato alle sue spalle ampie.
«Va bene»
Mi arrendo in un soffio. E spero per lui che il sussurro basti e che non aggiunga altro, o mi ritroverò vedovo prima ancora di averlo realmente sposato.
Ma il suo sorriso basta a farmi credere che, forse... non c'è davvero niente di sbagliato, in tutto quello.



«Sia chiara una cosa, io non mi farò mai chiamare signor Jeevas»
«EEEh? Ma Mello!»
«Fottiti, ci ho ripensato, non ti sposo...»
«Sei... sei crudele»
«Stupido»
«Non mi sposi davvero?»
«...hm, dipende. Rimani con me, non andare a lavoro oggi e vediamo se ne possiamo riparlare...»


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Angolino Rosso
Alla fine non ce l'ho fatta, ho dovuto scrivere, capite?!
Questi due mi chiamano e non posso fare a meno di scrivere su di loro, sgrunt. Quindi, ecco qui quello che può essere considerato il seguito di "Roomates - La strana coppia", per chi approdasse per la prima volta su questa raccolta e non abbia letto la storia principale, consiglio di farlo giusto per capire qualche cosetta.
Questa sarà dunque una raccolta, parlerà dei vari momenti in Inghilterra, magari anche in ordine sparso, chissà. Non conto di aggiornare regolarmente (ah-ah, che battuta, quando mai l'ho fatt- coff) ma ci rivedremo presto, spero.
Che altro dire? Ringrazio chi leggerà, chi ha seguito Roomates e chi pur facendolo vuole seguire anche questo spin off (che più che altro, appunto, è un sequel anche se a capitoli slegati) che dedico a Uni, che m'ha seguita e m'ha sopport-supportata, con la precedente fanfiction. Spero che nemmeno questo ti deluda.
See ya!






   
 
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