3°
CAPITOLO
SIL
Mi ridestai che fuori albeggiava e la
mano sinistra mi
bruciava, girai il palmo e mi stupii di cosa trovai “Quello
è il gedwëy ignasia
segna il vostro legame” “Legame??
Vuoi
dire che…” “Sì” non
mi lasciò finire, lo guardai sorrideva e spostava lo
sguardo da me al cucciolo che si trovava sopra il mio stomaco;
accoccolato
chiuso a cerchio con la coda sotto la testa, allungai la mano per
accarezzargli
il piccolo collo, “Ma… io non volevo diventare un
cavaliere” “Non è una cosa
che puoi decidere, ma adesso non si piò più
tornare indietro” “E chi vuole
tornare indietro? Sono felice che lui o lei si sia schiuso
d’avanti a me” “è un
maschio”; il dialogo aveva risvegliato il draghetto che si
stiracchiava le
zampe e sbadigliava buttando indietro la testa, “Dovrai
dargli un nome” ci
riflettei su guardando il mio piccolo compagno: osservavo ogni
centimetro del
suo corpicino, allora lui si voltò verso di me guardandomi
con i suoi occhi
bianchissimi; faceva quasi paura perdersi dentro di essi. Spectro
decisi era un
nome che gli si addiceva in pieno “Spectro?” Eragon
mi guardò severamente “Gli
spettri sono creature orride e malvage, non dovresti dargli questo
nome” il mio
piccolo compagno emise un gridolino: un principio di ruggito verso
Eragon, “A
lui sembra piacere” “Sei tu a dover
scegliere” con questa affermazione chiuse
il discorso, poco dopo aggiunse:” Dovresti riposare
ancora” e uscì dalla tenda
senza lasciarmi replicare; come potevo riposare? Dopo tutto quello che
era
successo dormire era l’ultimo dei miei pensieri, allungai la
mano
spontaneamente verso il draghetto che era sceso prima che mi mettessi
seduta
sul letto con le gambe a penzoloni e ora mi stava di fianco. Indossai
un paio
di braghe, una camicia lunga con uno scollo a V chiuso da un laccio di
cuoio e
una giacchetta di pelle, più corta (finiva poco prima della
cassa toracica) e
aderente della camicia che usciva ricadendo candida fino ai fianchi, il
giacchetto aveva i lacci che partivano dal fianco destro proseguendo in
diagonale
fino alla spalla sinistra, completai il tutto con un paio di stivali
marroncini; tutto l’abbigliamento era stato lasciato in un
primo momento da
Eragon quando era venuto a trovarmi. Cambiati i miei vecchi e usurati
abiti mi
sentivo rinata e d in effetti era
così,
la mia vita non sarebbe mai stata più la stessa; porsi il
braccio destro verso
il draghetto che mi guardava dal letto, la mano aperta aveva il palmo
rivolto
verso l’alto, Spectro con un piccolo balzo salì
sulla mia mano e si arrampicò
sul braccio fino ad appollaiarsi sulla spalla sinistra quindi mi avviai
all’uscita. Fuori dalla tenda v’era un viavai
caotico, tutti erano già al
lavoro, la metà si occupava di costruire una specie di casa:
cantavano agli
alberi infondendo nelle parole la magia per plasmare gli alberi a
crescere in
determinate forme, “La prima casa sarà completa
fra due ore” a parlarmi era
stata l’unica elfa: “Io mi chiamo Nadja tu sei Sil
naturalmente,
congratulazioni nuovo cavaliere” fece un piccolo inchino e io
ricambiai con un
timido sorriso, “Come l’hai chiamato?”
“Spectro” fece una piccola pausa per
valutare cosa rispondere poi aggiunse: “Il nome …
è giusto per chi crede alle
leggende popolari che dicono che gli spettri sono bianchi, anche Eragon
ammazzaspettri non
è esattamente uno dei
nomi migliori che avresti potuto scegliere”
“so che non tutti potranno capire ma
è quello che io ho scelto” calcai
sull’ultima parola per far capire che non intendevo cambiare
idea, “Ora devo
andare” fece un altro inchino e si allontanò.
Mi avviai verso il mare e mentre
passavo chi mi incontrava
si inchinava e sorrideva, quando finalmente arrivai al mare mi misi a
sedere
con le gambe incrociate e iniziai a espandere la mia mente meglio che
potevo,
non l’avevo mai fatto prima e lasciare le barriere sicure
dove risedevano i
miei pensieri e unirli a quello di Spectro mi fece rabbrividire nel
sentire
quello che anche lui provava: gioia, meraviglia, stupore e paura.
Infusi in lui
tutto quello che avevo fatto e tutto quello che mi ricordavo ogni cosa,
alle
immagini di cose aggiunsi la parola corrispondente, andai avanti
così fino
all’ora di pranzo e non mi sarei fermata se Eragon non fosse
venuto a
chiamarmi.
ERAGON
Era sulla spiaggia a gambe incrociate
e il draghetto
appollaiato sulla spalla, lui si avvicinò a passo svelto
aveva fame me prima
doveva chiamarla anche lei e Spectro dovevano mangiare; era stato con
Saphira
tutto il giorno a esplorare dall’alto la foresta, essa finiva
poche miglia da
dove erano accampati loro con l’iniziare di una catena
montuosa mentre
proseguiva lungo la costa fino a perdita d’occhio, le uniche
creature che
avevano scorto esistevano anche ad Alagaesia e non c’era
traccia di insediamenti
di nani, elfi o umani né di costruzioni. La ragazza non si
era nemmeno accorta
che lui si era fermato dietro di lei e la osservava comunicare con la
mente a
Spectro, ci era riuscita bene per non averlo mai fatto anche se le sue
difese
mentali erano scarse, cosa a cui avrebbe dovuto provvedere lui come
avrebbe
dovuto provvedere a tutte le sue lacune a partire dalla lingua fino
all’uso
delle armi e della magia così come nel volo. Il ragazzo le
posò una mano sulla
spalla non occupata dal draghetto, lei si girò con un
cipiglio concentrato e
lui sorrise ne vedere la sua espressione ma poi si riscosse e le
rivolse la
parola: “Vieni devi pranzare e poi inizieremo le nostre
lezioni” “Lezioni? Su
quale argomento”, nemmeno Eragon aveva ancora le idee chiare
su questo ma
rispose comunque restando vago: “Ti valuterò sulle
discipline di base su cui si
fondano i cavalieri” lei non volle indagare ulteriormente
quindi si alzò e lo
seguii verso il centro dell’accampamento dove consumarono un
pasto veloce per
poi dirigersi verso un lato secondario del campo adibito ad armeria con
un
piccolo spazio usato come arena; Eragon aveva deciso di iniziare con la
spada
cosa che le sarebbe tornata utile. Lui iniziò con spiegarle
le basi per poi
mostrarle qualche affondo, “Tieni prendi questa” e
le porse una spada normale,
corta e spessa per vedere come poteva cavarsela con quel tipo
d’arma “Come la
senti? Dovrebbe essere come i prolungamento del tuo arto, prova qualche
affondo”; Sil sapeva tirare di scherma si vedeva dai suoi
movimenti, erano solo
parate e affondi ad un avversario immaginario ma facevano risaltare il
poco che
sapeva su quella disciplina, “Sono più brava con
l’arco e le frecce” si scusò
con un sorriso imbarazzato, “Il problema non è
solo la poca pratica ma quella spada
non è adatta a te, è meglio per i tuoi movimenti
una più lunga e sottile” prese
un’altra spada da una rastrelliera che conteneva diversi tipi
di armi e la
porse alla ragazza che la prese restituendo l’altra, andarono
avanti con parate
e stoccate seguita dai complimenti o dai rimproveri di Eragon; era da
un po’
che lavoravano su una tecnica che non riusciva alla ragazza, dopo
l’ennesima
spiegazione su come svolgere l’esercizio lui
rinfoderò la spada e
si avvicinò a Sil prendendole la mano e
accompagnando i suoi movimenti per correggerle gli errori di postura,
quando
finirono il sole stava tramontando e loro erano fradici di sudore,
avevano
lavorato molto e con soddisfazione di Eragon la ragazza migliorava
velocemente,
“Va a lavarti c’è un insenatura poco
più in là dove nessuno più vederti,
Nadja ti
ci accompagnerà” mandando un cenno con la testa
all’elfa per poi aggiungere:
“dopo cena passeremo allo studio dell’antica
lingua”. Il ragazzo aspettò che le
due si fossero allontanate ed entrò nel piccolo capanno che
si trovava dietro
alla rastrelliera, si
chiuse dentro e
ammirò lo spettacolo che quel luogo conservava poi si
sedette con la schiena
appoggiata alla porta e raccontò a Saphira gli avvenimenti
del pomeriggio, con
un leggero tono fiero nell’affermare che come primo giorno da
maestro era stato
bravo.
SIL
La conca dove avevo appena fatto il
bagno era ricavata su un
lato di uno sperone di roccia vicino al loro accampamento ma sul lato
non
esposto ad esso, mi ero vestita con abiti simili a quelli di prima, coi
capelli
bagnati uscì dalla piccola grotta ritrovandomi
d’avanti Nadja che mi aspettava
seduta su una roccia, con lei mi avviai in silenzio verso la capanna di
Eragon
che la notte prima avevo usato io, lì mi aspettava Eragon
con due ciotole di
zuppa fumanti e vari libri aperti sul piccolo tavolo; Nadja si
congedò con un
lieve inchino, Eragon mi fece cenno di sedermi e io lo feci; mangiammo
in pochi
minuti senza proferire parola, poi dopo che Eragon ebbe spostato le
ciotole dal
tavolo al pavimento iniziò a parlare: “Come
già saprai i cavalieri dei draghi
sanno usare la magia proveniente dagli stessi draghi e per potere fare
questo
bisogna conoscere l’antica lingua e questi libri sono
l’inizio” e mi porse due
enormi tomi alla vista dei quali Spectro che mi sedeva sulle gambe
mugolò,
“Comincia subito dovrai finire entro due giorni”,
sospirai rassegnata e mi misi
a leggere il primo libro: un insieme di novelle con traduzione a fianco, passate
tre ore ero arrivata a un
quarto del libro e
le parole di una lingua mi si confondevano con quelle
dell’altra; era come se
la mia testa si fosse allargata per consentirmi
di imparare tutto più in fretta; ogni parola
che leggevo mi si imprimeva
nella memoria senza volersene andare. Mentre io leggevo quel libro
Eragon leggeva
un libro di magia (o almeno credevo che la parola sul titolo
significasse
magia), ma mi stavo addormentando sul libro allora Eragon si rivolse a
me
dicendo: “Ora vai a dormire, domani
ti
sveglierai all’alba abbiamo una lezione”. Quando
uscii per andare alla mia
capanna fuori non c’era nessuno e la luna splendeva piena in
celo riflettendosi
sul mare, mi avvicinai ad esso per ammirarlo meglio con Spectro che mi
trotterellava dietro divertito, andai a sedermi sull’altura
che nascondeva la
piccola grotta dove avevo fatto il bagno; con le gambe a penzoloni nel
vuoto
guardavo quell’immenso spettacolo condividendo con Spectro i
miei sentimenti e
lui faceva altrettanto con me; mi addormentai lì con il
nostro legame ancora
intatto e sognai il mio volto addormentato che veniva illuminato solo
dalla
luce della luna e una voce nella mia testa che diceva il mio nome
“Sil”, solo
quando vidi una zampetta
bianca che sembrava possedere al corpo da cui stavo guardando capii che
era
Spectro che mi trasmetteva le immagini che lui vedeva ancora sveglio.
NOTE
DELL’AUTRICE: Salve
ancora ecco il terzo capitolo allora un chiarimento Spectro non
è un errore ma
è spettro in latino, detto questo volevo ringraziare UraniaSloanus
che
ha messo la storia nelle seguite quindi grazie, pregherei che chi segue
la mia
storia mi lasciasse una recensione così non mi sentire
così sola :< e per
sapere se vi piace (spero di sì :>)