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Autore: Jane The Angel    13/07/2013    1 recensioni
Kurt e Blaine si incontrano per la prima volta sulle scale della Dalton, come tutti sappiamo. Ma se quello fosse il primo incontro solo per Kurt? Se Blaine avesse già posato gli occhi su quel ragazzo che gli ricorda un angelo caduto?
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Saturday July 13th: Two Extremes: Angst or Fluff

There are two types of people. Those who like angst and those who like fluff. (Or those who love both). So whether the tears come from Blaine or their Newborn, there is something to make everyone happy. Pick an extreme and run with it. 

 

Titolo: I’ll fight for you

Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel,

Klaine week – giorno 6

Riassunto: Kurt e Blaine si incontrano per la prima volta sulle scale della Dalton, come tutti sappiamo. Ma se quello fosse il primo incontro solo per Kurt? Se Blaine avesse già posato gli occhi su quel ragazzo che gli ricorda un angelo caduto?

Avvertimento: Probabilmente i due avvenimenti che ho usato nel flashback non coincidono a livello temporale, nella serie tv. Ma tanto l’età di Blaine è come le scale di Hogwarts, gli piace cambiare: quindi se può essere al terzo anno nella seconda serie ed essere di nuovo magicamente al terzo anno nella serie successiva, chi sono io per farmi scrupoli?

 

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-Scusa, posso farti una domanda? Sono nuovo di qui.-

Blaine si voltò d’istinto. Non era sicuro che quella voce cristallina si fosse rivolta a lui, ma qualcosa lo spinse a fermarsi e fu allora che lo vide.

Vide quegli occhi chiari e se li ricordò arrossati e lucidi.

Vide quei capelli morbidi e se li ricordò scomposti e sfatti.

Vide quel volto dai tratti leggeri e lo ricordò rigato di lacrime.

 

***

 

Blaine aprì gli occhi e con un mugolio attese che si abituassero alle luci fredde della stanza. Rimase immobile fissando il soffitto bianco, poi si arrischiò a voltarsi ignorando il dolore al collo. Le sedie scure accanto al letto erano vuote e non riuscì a trattenere un esile verso di protesta.

Non che si fosse aspettato nulla di diverso, certo. Cooper era passato il primo giorno di ricovero, suo padre a quell’ora doveva essere a una qualche colazione di lavoro e sua madre… forse lei sarebbe passata in serata, se proprio non fosse riuscita a trovare una scusa per stare lontano da quel figlio vergognoso che era riuscito a farsi mandare in ospedale perché non abbastanza uomo da portare una ragazza al ballo.

Sentì le lacrime bruciare negli occhi e decise che non avrebbe passato tutta la mattina chiuso in quella stanza a fissare il soffitto. Era il terzo giorno che passava in ospedale e, ora che il dolore del braccio rotto e delle altre contusioni si era affievolito, non pensare iniziava a diventare troppo difficile. Non voleva pensare alla sera del ballo, agli insulti che gli avevano gridato. Non voleva soffermarsi sui genitori di Mark, che l’avrebbero fatto trasferire a Los Angeles dalla zia perché stesse lontano dalle compagnie pericolose. Non voleva affrontare il fatto che avesse paura, paura da morire, perché una volta guarito sarebbe dovuto tornare a scuola e non riusciva nemmeno a immaginare di avvicinarsi di nuovo a quel posto.

Alzarsi fu meno doloroso del previsto. Aveva imparato a usare solo il braccio illeso e riuscì a non appoggiare il peso sulla gamba destra, più dolorante, ma a bilanciarsi sulla sinistra. Prese la stampella poggiata sul letto e uscì nel corridoio.

Nella stanza di fronte un ragazzo era allungato su un letto identico al suo. Due colorati mazzi di fiori e un peluche a forma di orso ornavano il comodino e accanto a lui un uomo gli stava leggendo qualcosa da un quotidiano mentre una donna gli sistemava le coperte. Il paziente aveva una gamba ingessata, ma sul viso aleggiava un sorriso che Blaine non poté evitare di invidiare.

Se fosse successo solo un mese prima anche i suoi genitori sarebbero stati in ospedale, lo sapeva. La madre non aveva lasciato un secondo il suo capezzale quando l’anno precedente gli avevano tolto l’appendice e suo padre era andato a trovarlo due volte al giorno per tutta la degenza.

Un anno prima era ancora il loro dotato figlio di cui tessevano le lodi a chiunque volesse ascoltarli. Ora non era più così, adesso era il figlio che aveva deciso di metterli in imbarazzo con “quella sciocchezza dell’essere gay”.

Strinse la mano sana attorno alla stampella e si allontanò il più veloce possibile, ignorando il troppo peso che stava appoggiando alla gamba dolorante. Voleva solo allontanarsi da quella visione perfetta di cui, in quel momento, non poteva non dubitare. Cosa c’era nascosto dietro il sorriso del ragazzo con la gamba rotta? Aveva dei segreti che si teneva dentro per non deludere i suoi genitori, per far sì che continuassero ad amarlo?

Continuò a camminare finché un rumore violento non attirò la sua attenzione. Si affacciò su un corridoio secondario con cautela, attento a non farsi notare, e subito individuò la fonte di quei suoni: il corridoio era completamente vuoto tranne che per un ragazzo che se la stava prendendo con il distributore di bibite, colpendolo con il palmo aperto. Incerto, Blaine strinse a sé la stampella. Avrebbe dovuto chiamare qualcuno? Quel ragazzo avrebbe potuto fare qualche danno ma, soprattutto, avrebbe potuto farsi davvero male.

Ebbe a malapena il tempo di pensare alle possibilità che aveva che lo sconosciuto interrompe la sua aggressione alla macchinetta e si voltò, appoggiandovi la schiena con il fiato corto.

La prima cosa che attirò lo sguardo di Blaine furono gli occhi, quegli occhi azzurri o forse grigi, inondati di lacrime che inevitabilmente riempivano quelle pozze dal colore indefinito per poi sfuggire lungo gli zigomi, inumidendo quel viso contratto dal dolore eppure bellissimo.

Lo sconosciuto, scosso da sonori singhiozzi, si lasciò scivolare contro il distributore fino a sedersi sul pavimento freddo. Davanti a quella visione che gli spezzava il cuore Blaine sentì distintamente un altro brandello della sua fiducia nel mondo che si staccava, sgretolandosi. Come poteva pensare che il mondo fosse un buon posto per vivere se ad una creatura che sembrava così dolce era permesso di soffrire in quel modo?

Avrebbe voluto avvicinarsi, l’impulso di farlo era tanto forte che le sue gambe si erano già mosse dentro di lui quando una pulsazione della pelle del suo viso lo fermò. La mano si sollevò automaticamente, andando a sfiorare il suo occhio gonfio e livido, e fece un passo indietro tornando ad osservarlo da lontano.

Non poteva avvicinarsi a quell’angelo caduto, non così, non spezzato come si sentiva in quel momento. Avrebbe voluto abbracciarlo e fargli capire che le cose sarebbero andate per il verso giusto in qualche modo, ma non poteva, non con il corpo cosparso di ferite che gridavano a gran voce che il mondo faceva schifo, che le persone facevano schifo.

Così rimase lì finché, qualche istante o qualche ora dopo, una ragazza di colore non comparve avvicinandosi all’angelo e attirandolo in un abbraccio. Blaine la osservò con gratitudine e con una punta di gelosia mentre la ragazza accarezzava i capelli dell’angelo, che si era messo a singhiozzare sulla sua spalle.

-Ehi, tranquillo ok? Ora torniamo di là. Andrà tutto bene Kurt, tuo padre starà bene.- disse la ragazza mentre i due si alzavano. Blaine fece uno scatto indietro dopo aver lanciato un ultimo sguardo ai due sconosciuti, dopodiché si allontanò senza riuscire a smettere di pensare a quell’angelo di cui ora conosceva il nome.

 

***

 

Blaine sentì una morsa crudele avvolgergli il cuore quando vide il viso di Kurt adombrarsi e i suoi occhi riempirsi di lacrime a stento trattenute.

-Ragazzi, potreste lasciarci un attimo da soli?- domandò, notando che il ragazzo stava cercando di nascondere il suo cedimento mordendosi il labbro. I due Usignoli si alzarono e, dopo aver salutato Kurt, si avviarono verso l’uscita della caffetteria –Kurt? C’è qualcosa che non va nella tua scuola, vero?-

Di nuovo, come quel giorno all’ospedale, l’impulso di abbracciare Kurt quasi lo sopraffece mentre il ragazzo gli raccontava ciò che gli stava succedendo a scuola. Ma, di nuovo, si trattenne. Non voleva spaventarlo ma aiutarlo, rivedere il sorriso che aveva ammirato mentre cantava Teenage Dream. Kurt si era illuminato mentre lo guardava e avrebbe dato di tutto per provocare di nuovo quel sorriso.

-Kurt, posso… proporti una cosa?- domandò d’istinto. Il ragazzo, che ormai sembrava riuscire a stento a trattenere le lacrime, si limitò ad annuire –Potrei lasciarti il mio numero. E tu il tuo. Vorrei solo che tu non fossi… solo, contro tutto questo. Vorrei starti vicino.- spiegò Blaine senza prendere fiato tra una parola e l’altra, impedendosi di cambiare idea.

Il sorriso che nacque sul viso di Kurt gli scaldò il cuore come non accadeva da quando, un anno prima, si era risvegliato da solo in ospedale.

 

 

__________________L’angolino di Jane

Eeeeeed eccoci qui, al (mio) ultimo giorno di Klaine week. Perché? Perché sono folle e nonostante abbia cercato di trattenermi in tutti i modi la mia shot per l’ultimo giorno è diventata una long. Quindi arriverà solo quando l’avrò finita!

Beeeeh, che dire d’altro? Direi nulla, spero che la storia vi sia piaciuta!

Jane

  
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