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Autore: Crepa    14/07/2013    2 recensioni
[…] “Si fermò davanti a me, gli occhi sgranati dalla sorpresa, come se non riuscisse a credere a quello che stava vedendo.
-Annabeth…- Iniziò Talia, ma non riuscì ad aggiungere altro che la donna mi aveva già gettato le braccia al collo, con le lacrime agli occhi.
-Luke!- Strillò, seppellendo il viso nella mia spalla. Mi irrigidii di colpo. Insomma, vorrei vedere voi se un’estranea vi abbracciasse come se foste un figlio partito per il Vietnam e tornato intero per miracolo.
Per fortuna Talia si mise in mezzo e mi tolse la donna di dosso con uno scatto stizzito della mano.
-Annabeth, lui non è Luke.- Spiegò, afferrandola per le spalle e costringendola a guardarla. –Cioè lo è, ma non è il nostro Luke.-
Finalmente Annabeth le rivolse tutta la sua attenzione- Vuoi dire che…?-
-Sì, è la sua reincarnazione.-“
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Quasi tutti, Talia Grace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 N.d.A. Dopo due giorni di assenza che giustifico solo ringraziando la miracolosa impennata della mia vita sociale che in estate è una miseria, eccomi qui.
Non ho molto da dire sul capitolo, a parte che ha valore coordinante, diciamo, tra l’inizio della storia e l’inizio del suo sviluppo. Di conseguenza non è il massimo anche se ho provato a renderlo più piacevole con… be’, lo vedrete :)
Vi lascio alla lettura.

 

 
5- Di vestiti a fiori e grattatine
 
-Mmh.- Sussurrò Sophie mordendosi un labbro, il viso chino sopra il foglio spiegazzato dove Talia aveva riportato le parole della profezia. Ora che gli occhiali rossi le stavano appollaiati sul naso e non tenevano più indietro i capelli, i ricci biondi le ricadevano davanti al viso, illuminati dai raggi del sole  –Mmh, mmh.-
-L’unica cosa che sai dire è “mmh”?- Mormorò Dylan, prendendo un altro sorso del suo milk-shake alla fragola.
Talia lo fulminò con un’occhiata, ma Sophie sembrò non sentirlo, piegò il foglio e con tutta calma lo restituì alla Cacciatrice, poi finalmente alzò gli occhi.
-Non sembra esattamente una profezia rosea, eh?- Fece, con un sorrisetto.
-Certo che per essere la nipote di Atena non sei molto sveglia.- Rincarò Dylan, borbottando.
Sophie si voltò verso di lui, con un sopracciglio inarcato. –Che ti aspetti che ti dica? È ovvio che vi aiuterò ma nemmeno io posso interpretare una profezia.- Si spostò nuovamente gli occhiali sulla testa, a tirare indietro i capelli e aggiunse. –E per la cronaca, io non sono un figlio del dio dei ladri alto due metri che magari spera ancora di passare inosservato.-
Dylan non ebbe il coraggio di replicare. Colpito e affondato.
Non riuscivo a capire perché facesse tanto l’antipatico. Insomma, Sophie era una a posto.
Mentre scappavamo dall’accademia Miss Marple per giovani signorine e raggiungevamo Central Park, dove attualmente c’eravamo fermati per fare il punto della situazione, Sophie si era presentata e ci aveva raccontato di essere la figlia di Jackson e di una certa Annabeth Chase- una figlia di Atena- che, a sentir lei, era il più famoso architetto non solo del New England, ma anche il prediletto di Zeus in persona.
E ora eccoci lì, a Central Park, a prendere il sole e a rimuginare sulla profezia.
-Mi sembra ovvio che la prima cosa da fare sia scendere nell’Ade e farci dire da… qualcuno, chi sia questo non-morto.- Dissi, dopo qualche attimo per spezzare il silenzio.
Sophie annuì. –Sì, direi che è la cosa più sensata.-
-Giusto.- Approvò Angelica. –La profezia dice che tu, Sophie, ci mostrerai il percorso più corto, quindi… da dove si comincia?-
Sophie la guardò stranita per un attimo. –Come prego?-
-Sì, ehm…-Aggrottò le sopracciglia. –La profezia parla di…-
La ragazza le puntò gli occhi addosso, gelida. –Non sono un navigatore.-
Non era la prima volta, durante il poco tempo che avevamo passato insieme che trattava freddamente mia sorella. Angelica sembrò spiazzata e non disse nulla. Dylan, per tutta risposta, lanciò un’occhiataccia a Sophie che però non la colse.
Per qualche strano motivo sembrava che Sophie ce l’avesse con Angelica e che Dylan ce l’avesse con lei di conseguenza. Era come se marcasse il territorio e volesse lanciarle un messaggio tipo “ehi, questa è la mia sorellina e solo io posso trattarla male!”.
-Be’, ma se non sei un navigatore… noi il percorso come lo troviamo?- Chiesi.
Sophie mi guardò, sconsolata; con me non si comportava male. –Non ne ho idea. Voglio dire, io riesco a vedere i mostri, ma di percorsi strani per gli inferi non ho mai visto niente.-
-Be’, ma magari conosci un’entrata, qui a New York…-
-Oh, non fare lo stupido Luke.- Intervenne Talia roteando gli occhi, scocciata. –Sai meglio di me che gli Inferi sono a Los Angeles.-
Aggrottai le sopracciglia. –A dire il vero non lo sapevo. Sai, ti ricordo che sono il novellino, io. So di essere un semidio da due settimane.-
-So di essere un semidio da due settimane.- Mi fece il verso lei ed io roteai gli occhi. Di certo il nostro non poteva definirsi un gruppo affiatato.
-E quindi cosa facciamo?- Fece Angelica, apparentemente dimentica di come era stata trattata.
-Stando fermi a pensare non ci aiuta.- Disse Sophie, in tono pratico. –Troviamo un modo per arrivare a Los Angeles e se la profezia deve compiersi, si compirà.-
Annuii. –Io sto con la piccola Jackson.- Annunciai.
Lei mi sorrise e, come sempre, da Talia mi arrivò un’occhiataccia. Se non fossi stato certo che la Cacciatrice ce l’aveva con me qualsiasi cosa dicessi, pensassi o ascoltassi mi sarei chiesto cos’avessi detto di male quella volta.
-I mezzi da semidei sono esclusi, dato che abbiamo con noi miss Mortalità.- Disse Dylan. –Quindi… -
-Quindi prendiamo un aereo.- Lo interruppe Talia con un sogghigno. –Ad essere luogotenente di Artemide c’è da guadagnarci.-
 
-Alcune Cacciatrici erano mortali- Ci spiegò Talia, tra una manciata di noccioline e l’altra. – e si sentono più a loro agio su mezzi mortali. Così Artemide ci ha messo a disposizione questo, per le lunghe traversate quando non stiamo inseguendo nessuna preda.-
Annuii. –Certo, certo… ma tutto questo era così necessario?- Le chiesi, indicando l’orrendo vestito a fiori da donna che mi avevano fatto indossare.
-Certo che sì.- Rispose Talia, con il suo solito ghigno sulla faccia. –Questo è l’aereo privato di Artemide. Se volete sopravvivere alla traversata dovete… entrare in contatto con la parte più femminile di voi.-
Incrociai lo sguardo di Dylan. A lui era andata meglio che a me, dal momento che invece di un abito bianco, scollato e corto con dei grandi fiori rosa stampati, l’unica cosa tra gli oggetti smarriti dell’aeroporto che gli andasse bene era una gonna blu che gli aveva permesso, per lo meno, di tenersi addosso la maglietta del campo.
Sbuffai e presi una manciata di noccioline. L’aereo era una specie di piccolo jet argentato, semplice e raffinato, che all’interno sembrava un incrocio tra un lussuoso velivolo di prima classe e l’antro di un conciatore di pelli.
I comandi dovevano essere magici, dal momento che a Talia era bastato montare sull’aereo e dire ad alta voce dove volessimo arrivare che il mezzo si era alzato in volo senza nemmeno preoccuparsi di fare rifornimento di carburante. Comunque per il momento non ci eravamo sfracellati al suolo e intuii che l’aereo, così come il fatto che Dylan ed io stessimo “entrando in contatto con la parte più femminile di noi stessi” stesse funzionando.
Il viaggio sarebbe durato cinque ore, più o meno, e quindi ognuno di noi stava occupando il tempo come meglio poteva. Angelica e Dylan, seduti tre o quattro sedili dietro di noi sonnecchiavano. O, meglio, Angelica dormiva con la testa appoggiata al finestrino, mentre Dylan cercava di trovare una posizione comoda che riuscisse a tenere la gonna a posto.
Talia e Sophie, invece, stavano chiacchierando aggiornandosi sulle ultime novità. Io ero seduto nella fila di sedili accanto alla loro, così la cosa meno noiosa che mi venne in mente di fare fu ficcare il naso.
-… e dopo, sai, quello che è successo, mamma ha convinto papà a mandarmi a quella scuola per oche.- Stava dicendo Sophie.
Talia le mise una mano sulla spalla. –Mi spiace.- Sembrava sincera. Non avrei mai creduto che Talia potesse essere davvero in pena per una persona.
-Cos’hai combinato?- Chiesi curioso a Sophie. –Jacks…cioè, tuo padre ha accennato al fatto che frequentassi quella scuola per punizione.-
Talia non mancò di fulminarmi con un’occhiata:-Fatti gli affari tuoi, Luke!- Esclamò, ma Sophie la ignorò e mi sorrise.
-L’estate scorsa mio padre è partito come sempre per il suo lavoro al Campo Mezzosangue.- Mi spiegò.- Lui lavora l’estate e l’inverno si occupa di me, mentre mia madre fa il contrario. Ma l’estate scorsa avevo appena compiuto sedici anni e mamma non mi permetteva di combattere contro i mostri che venivano a farci visita a casa così sono scappata.-
Si arrotolò una ciocca bionda intorno ad un dito. –Pensavo che se fossi riuscita a raggiungere il campo avrei potuto mostrare quanto valevo e che, anche se sono una mortale posso combattere ma, ovviamente, i confini del campo non permettono ai mortali di passare così diciamo che sono rimasta chiusa fuori. Poi il drago si è accorto di me e abbiamo lottato finché Chirone e papà non si sono accorti di cosa stava succedendo, hanno salvato il drago e mi hanno rispedita a casa.-
-Oh, capisco.- Dissi, senza riuscire ad aggiungere altro. Guardai Sophie e lei mi sorrise. Non era difficile immaginarla mentre scappava di casa per far fuori qualche mostro e dimostrare di valere qualcosa. Sembrava una persona intelligente, accorta e calcolatrice, ma pensare che era capace di fare qualcosa di avventato la rendeva migliore, più umana credo.
Ricambiai il sorriso; quella ragazza mi piaceva sempre di più.
-Io non ce l’avrei fatta a fare una cosa simile.- Ammisi, con un leggero imbarazzo. –Non ho mai provato il desiderio di dimostrare il mio valore.-
Non so perché lo dissi, ma mi parve naturale farlo.
Sophie annuì dolcemente, mentre Talia scoppiò in una secca risata che fece trasalire Dylan, qualche fila più indietro.
-Stai raccontando balle, Luke.- Disse quella, puntandomi addosso i suoi occhi blu, ridotti a fessura. –Non è possibile che tu non abbia mai desiderato provare quanto vali.-
La guardai, per una volta ricambiando l’occhiata. Iniziavo ad arrabbiarmi sul serio. –Cosa ne sai?- Chiesi. –Cosa ne sai di me?-
Talia rise di nuovo. –So molto più di quanto pensi.-
Strinsi le dita attorno ai braccioli del sedile, affondando le dita nella pelliccia di orso. Questa volta toccò a me ridere, amaramente.  –Io non ti ho mai visto prima di pochi giorni fa, Talia. Quindi finiscila di trattarmi come se ti avessi fatto qualcosa di male perché non ti ho fatto assolutamente niente.-
Sophie mi guardava, stranita, mentre Talia sembrava sul punto di esplodere. Sentii un il rombo di un tuono e pensai che stessimo per precipitare, ma l’aereo rimase in posizione orizzontale. Ci guardammo in cagnesco per qualche secondo e infine fu Talia a scattare in piedi e ad andarsene verso il fondo della fila, con Angelica- che ancora dormiva- e Dylan, che aveva seguito la nostra litigata senza staccare le mani dall’orlo della gonna.
 
Quando scendemmo dall’autobus che ci aveva portato dall’aeroporto fino al centro di Los Angeles il clima tra noi non era ancora migliorato. Angelica, Dylan e Sophie avevano ripreso a litigare, al contrario di Talia e di me, che non ci parlavamo.
Erano le sette del pomeriggio, faceva caldo e quel giorno avevamo mangiato solo noccioline, così decidemmo di comune accordo che prima di intraprendere qualsiasi impresa eroica dovevamo mettere qualcosa sotto i denti.
Fu così che non appena trovammo un fast-food ordinammo gli hamburger più grandi e calorici che avevano e ci sedemmo sul bordo di un marciapiede a ingozzarci. Eravamo così felici di poter mettere qualcosa nello stomaco che nessuno trovò il coraggio di litigare, anzi, Talia tornò a rivolgermi la parola. In verità mi chiese semplicemente di passarle le patatine, ma la vidi comunque come una conquista.
Poi però il sacchetto delle patatine si svuotò e noi ci ritrovammo a dover fare il punto della situazione.
-“Cinque scenderanno nell’Ade per recuperare il non-morto.\\Solo la mortale che Vede può mostrare il percorso più corto.”- Recitò Angelica, una volta che Talia le diede il foglio dove aveva scritto la profezia.
 Guardai Sophie, che si abbracciava le ginocchia. Aveva le labbra rosso fuoco per via del peperoncino che aveva trovato nel “super-surprise buger”. –Tu davvero non hai idea di come scendere nell’Ade?-
-Papà, quando mi ha raccontato della sua prima impresa ha parlato di studi R.I.P.- Disse. –Ma non ho idea di dove trovarli, io.-
Quindi guardò Talia, come se si aspettasse che lei trovasse la soluzione alla cosa. –Io so dove sono, ma in quel caso la profezia…-
-Se deve compiersi, si compirà, no?- Disse Dylan. Aveva la bocca sporca di maionese, Angelica se ne accorse e gliela pulì con un angolo del tovagliolo.
-Oh, ehm… grazie, nanerottola.- Fece mio fratello, guardandola stranito. Angelica arrossì e fece per aprire bocca, per giustificare il gesto, forse, ma Sophie la interruppe:-Ecco, ci mancava solo l’incesto.-
Dovetti ammettere che in effetti quei due sembravano affiatati. Mi chiesi se fosse sempre stato così ed io non me ne fossi accorto.
Angelica puntò i suoi grandi occhi scuri su Sophie e, con il volto ancora rosso di imbarazzo le disse:- Fai un favore al mondo, quattrocchi, vai al Tartaro.-
Sophie aprì bocca per ribattere ma Talia le mise una mano sulla spalla per fermarla. –Andiamo agli studi.- Disse, aveva un tono così autoritario che nemmeno Sophie e Angelica riuscirono a disubbidirle e dopo qualche altro sguardo da mastini inferociti si alzarono, spazzolandosi i pantaloni, pronte alla partenza.
-Brave bambine.- Aggiunse Talia con un piccolo ghigno, quindi si alzò con loro. Dylan ed io le imitammo.
-Sono il capo di una mandria di adolescenti immortali. So come trattare i litigi.- Ci spiegò la Cacciatrice in tono pratico quando la affiancammo, lasciando che Sophie camminasse qualche metro davanti a noi e Angelica qualche metro indietro.
-Quello che non capisco è perché Sophie ce l’ha tanto con mia sorella.- Dissi, preoccupandomi di abbassare la voce e di avvicinarmi all’orecchio di Talia, che si scostò come se l’avessi minacciata con un coltello. Prima che potessi roteare gli occhi al cielo dicendole che non avevo esattamente intenzione di violentarla o chissà che altro e che non potevo farci nulla se lei era una zitella e io un maschio,  tornò sui suoi passi e scosse con naturalezza le spalle. –Non ne ho idea.- Disse semplicemente.
Dylan fece per ribattere, ma a quel punto travolse Sophie, che si era fermata di colpo.
-Ma che diamine…?- Borbottò .
Mi aspettavo che lo insultasse, come minimo, dati i trascorsi, ma lei si limitò ad allontanarlo leggermente, a fare segno di stare in silenzio e a indicare nel vicolo che avevamo sulla destra.
I miei compagni ed io ci affacciammo appena in tempo per vedere un grosso cane scodinzolante che frugava tra i rifiuti. Anche se dire grosso era riduttivo; quel cane era alto circa un metro in più di Dylan. Perfino io che ero un novellino capii che non era esattamente normale.
Lo osservammo per qualche secondo, scambiandoci occhiate nervose, indecisi sul da farsi. Quello era sì un mostro, ma non stava minacciando nessuno, né tantomeno cercava di attaccarci. Cosa avremmo dovuto fare?
Poi però il cane alzò la testa e annusò l’aria e, con un’altra testa si girò verso di noi, mentre la terza testa continuava a frugare.
Quando notai il piccolo particolare che il bestione aveva, appunto, tre teste, riuscii solo a spalancare la bocca e a farmi sfuggire un’imprecazione.
Al suono della mia voce le orecchie della testa rivolta verso di noi si alzarono, sull’attenti, mentre gli altri due capoccioni iniziavano lentamente a voltarsi.
-Siamo morti.- Squittii, cercando di indietreggiare. Tuttavia una mano mi tenne fermo, afferrandomi un braccio. Mi accorsi vagamente che era quella di Talia, solo perché sentii una leggera scossa partire dal punto in cui le dita mi stringevano.
Il cane era ormai davanti a noi, annusava l’aria e ci osservava curioso, come per scegliere quale semidio mangiare per primo.
-Non dovrebbe essere qui.- Disse Angelica, facendo capolino da dietro Dylan, che, mi accorsi solo in quel momento, stava cercando di fare di tutto per non lasciarla passare davanti a sé.
-C-che intendi?- Chiesi e lei mi indicò uno dei tre colli del cane, su cui era appeso un enorme collare nero borchiato con un ciondolo. Riuscii a leggere il nome del cane senza difficoltà solo perché era scritto in greco antico.
-Kerberos.- Lesse Sophie. -Se non ricordo male la traduzione è…-
-Cerbero.- Concluse per lei Talia. –Il guardiano dell’Ade.-
Guardai il grosso cagnone. Non sembrava aggressivo ma ci osservava in modo strano, come se cercasse di capire con chi avesse a che fare.
Quando finalmente Angelica riuscì a svicolare oltre Dylan guardò Cerbero e gli sorrise. –E tu che ci fai qui, cucciolotto?.- Disse.
Le tre teste puntarono su di lei, le orecchie alzate e l’aria curiosa.
-A-Angelica…?- La chiamai, pensando che sarebbe diventata l’antipasto del cagnone. Non si girò, così feci per chiamarla di nuovo ma Talia mi strinse più forte il braccio. Quando mi voltai verso di lei, stava scuotendo la testa come a dirmi di lasciarla fare.
-Sei scappato, non è vero?- Continuò Angelica, facendo un altro passo avanti. Cerbero la imitò ed io pensai che l’avrebbe ingoiata intera, anzi, probabilmente le tre teste se la sarebbero litigata fino a ridurla a monconi sanguinolenti. Il cane abbassò il testone di centro fino ad averlo ad un palmo dal naso di Angelica e lei gli sorride dolcemente, prima di allungare la mano e iniziare a grattare le orecchie del mostro.
Sorprendentemente, invece che inghiottirla, Cerbero crollò a terra di peso, incrociando gli occhi per il piacere, mentre mia sorella si affaccendava tra le varie teste cercando di grattarle tutte in contemporanea per non scontentarne nessuna.
-Ci sa fare la piccoletta.-  Disse Talia. Lasciò il mio braccio e portò la mano alla tasca, estraendone quello che sembrava un biglietto da visita argentato che, dopo essersi avvicinata, infilò in tasca a mia sorella.
Dylan ed io la imitammo e Sophie si avvicinò a una testa e iniziò a grattarla, quasi volesse dimostrare ad Angelica che non era la sola in grado di fare le grattatine a un cane gigante con tre teste.
-Ho fatto volontariato ad un canile, una volta.- Disse Angelica, con un mezzo sorriso.
-E ora cosa facciamo?- Chiese Dylan, ricambiando il gesto e guardando il cagnolone con la testa inclinata. –Lo riportiamo indietro?-
-Non essere sciocco.- Gli disse Sophie. –Se lo riportiamo indietro non potremmo passare, così invece abbiamo più…-
-Lo riportiamo indietro.- La corresse Angelica. –È la cosa giusta da fare, non possiamo lasciarlo qui.-
Sophie la guardò come se volesse incenerirla. –Così ci sbranerà quando proveremo a…-
-Non lo farà. Ormai si è affezionato.-
La ragazza guardò Talia, come in cerca d’aiuto. –Be’, - Disse lei. –se lo riportiamo indietro magari potremmo chiedere di lasciarci passare, in cambio.-
-Mi sembra una cosa sensata.- Annuii.
-Idem.- Rispose Dylan.
Sophie ci guardò tutti, incredula, poi alzò le mani, come a dire “fate come vi pare”, quindi tornò a grattare le orecchie della testa di sinistra, prima che si indispettisse troppo.
Fu così che ci lanciammo per Los Angeles con un cane a tre teste al seguito.
 
 

  
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