Fanfic su artisti musicali > Conor Maynard
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Autore: semideaa    14/07/2013    9 recensioni
Jem gira la maniglia, chiede permesso educatamente e apre la porta. Mi sussurra: quello al piano è Paul.
Il maestro è uscito, infatti lui ha smesso di suonare. Dallo sgabello dove sta seduto si alza e viene verso di noi. Alto, capelli castano-rosso, occhi chiari e un neo sotto l’occhio sinistro.
Un presentimento sbagliato, improvviso, impulsivo, mi grida: Ho già visto quel ragazzo, cavolo se l’ho già visto. Minchia, io so chi è.
Si ferma davanti a Jem e parla con la sua solita voce angelica che conosco troppo bene e che ho ascoltato troppe volte per credere che la stia ascoltando davvero, dal vivo.
“Cosa vuoi, Jem? E chi è lei?”
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Maynard, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Arte della composizione drammaturgica ed esistenziale
 
 
I momenti della giornata appena vissuta mi ritornano alla mente.
L’arrivo a Brighton, l’accademia che mi si para di fronte, Jem che mi presenta a Conor, io che incontro il mio idolo …
 
E poi mi assale un buio, un buio così grande e così immenso che incomincio a credere che sia stato solo, e niente di più, che un sogno.
 
Sogno ancora, dentro un letto con le coperte calde e un profumo che mi aleggia intorno. Un respiro così candido e soffice si spande per tutta la stanza, riempiendo le mie orecchie. Apro gli occhi, ancora cisposi per il sonno, butto le gambe giù dal letto e mi dirigo all’altro capo della stanza, dove, su un letto così simile al mio e in modo così simile a me, dorme Conor.
Sembro quasi un fantasma mentre cammino e la mia presenza non sembra proprio dar fastidio al ragazzo, che continua a riposare  placidamente. Mi siedo leggermente sul bordo del letto e lo osservo, con tutta me stessa, sapendo che non mi è concesso fare nient’altro. In fin dei conti, è solo un sogno, non sono io che gestisco le redini, ora.
Lo guardo con occhi oggettivi, come si guarda un oggetto raro in una collezione, un quadro prezioso in un museo. E lo vedo per la prima volta, in tutta la sua bellezza.
I capelli ramati gli ricadono sul cuscino e l’ombra pallida della luna fa capolino sulle onde del suo ciuffo creando illusioni di luci e ombre, che vanno dal nero fino al rosso.
La fronte ampia è rivolta verso di me, la curva dolce e morbida della guancia poggiata sul cuscino.
Le sopracciglia scure sono arcuate, leggere, nella loro stabile posizione di quiete.
Le palpebre degli occhi, tirate ma allo stesso tempo lisce e rosee, si chiudono dolcemente e delicatamente sulle iridi, coprendone interamente il colore.
Il neo sotto l’occhio sinistro quasi viene nascosto dalle curve sotto le palpebre e il naso scende giù diritto, allargandosi un po’ alla fine.
Infine, la bocca è quella che mi colpisce di più. Sottile e piccola, ma allo stesso tempo così piena che verrebbe la voglia a chiunque di lasciarglici impresso un bacio a stampo. Chiusa morbidamente, rosea nell’ombra della luna, con gli angoli appena accentuati all’insù, quasi in un dolce sorriso.
Il resto del corpo viene coperto dal bordo del lenzuolo, ma a me basta il suo viso per immergermi totalmente nella mia mente, nella mia fantasia.
 
Chiudo leggermente gli occhi e mi addormento sul suo bordo del letto, sapendo che la mattina dopo niente sarà successo e tutto tornerà come prima.
 
 
 
RITA’S POV
Sento appena un leggero trambusto intorno a me, tavoli che si spostano, finestre aperte, rumore di persone che scendono pesantemente le scale.
Apro appena gli occhi e mi accorgo di essere in precario equilibrio sul letto di Conor. Ma come diavolo ci sono arrivata li? Misteri della vita.
Mentre compio queste “intelligenti” osservazioni, perdo l’equilibrio e con un sonoro tonfo casco a terra col sedere.
Conor non sembra accorgersene e continua a dormire, nonostante ora il casino di sotto si sia fatto più forte.
Sento una lavatrice in moto, chiasso e pianti alla camera affianco, tavola e sedie spostate al pianterreno e una aspirapolvere che continua imperterrita nel suo cammino.
Decido che forse è meglio svegliare il maniaco, data l’ora.
- Conor! Diamine, Paul, sono le otto di mattina!-
Il ragazzo si alza leggermente sui gomiti, mi guarda come se fossi una svampita e si rimette a ronfare.
-Conor! Devi portarmi al College!-
D’un tratto sembra riprendere il lume della ragione e si alza come spinto da una forza a me sconosciuta.
Infine, mi guarda seccato e si dirige in bagno.
 
Incomincio a sbuffare come una foca in calore mentre rifaccio ordinatamente il mio letto, metto a posto la mia roba e pulisco il mio spazio vitale in quella camera.
Tralasciamo che Conor si è solamente vestito ed è sceso giù alla velocità di un fulmine, non prima di regalarmi un’altra delle sue “bellissime” occhiate sprezzanti. Secondo me è proprio così, quando lo si sveglia a prima mattina.
 
-Giusto, non hai niente da metterti-
-Certo che ce l’ho-
-Intendevo di “nuovo” da metterti. Non vorrai mica venire al college con i panni sudati e rovinati del viaggio?-
-Beh, grazie mille dell’osservazione, ma se hai qualcosa di meglio da proporre, fatti avanti!-
 
Lui si mette all’opera, come ha fatto la sera prima, si tuffa nell’armadio e comincia a gettare, prendere e posare roba che secondo me potrebbe benissimo essere buttata o venduta.
Alla fine l’armadio “infinito” di Paul si rivela essere d’aiuto. Compaiono finalmente nelle sue mani un pantalone di jeans, un po’ consumato, ma almeno della mia taglia e una maglia a maniche corte colorata con una scritta ironica sul davanti, forse un po’ troppo larga.
 
Mi svesto (certamente non davanti a lui) e mi infilo con molta cautela gli abiti di Conor, che profumano come la felpa della sera prima.
Quando esco il maniaco, stupidamente, si accorge che la t-shirt non è della mia taglia e dal suo outlet improvvisato tira fuori una felpa sul marrone - beige, con il davanti, il colletto e i polsini neri. La guardo con circospezione e più la osservo più penso che valga una fortuna, quella felpa.
Lui fa un giro intorno a me e me la infila, coprendo le maniche gigantesche della maglia.
 
-Ti va perfettamente- e gli occhi sembrano illuminarsi.
 
Capisco cosa vuole dire solo dopo che mi fa voltare in uno specchio e mi osservo. La felpa è davvero stupenda.
 
-Grazie mille, Conor. Prometto davvero di non sporcarla, non gettarla, non ..-
-Ehi, ho deciso che va molto meglio a te che a me- e mi sorride dolcemente.
-No, Conor. Non posso davvero accettare. Prima mi ospiti a casa tua, poi mi regali gli abiti … così sembro davvero un’approfittatrice!-
 
Lui tira un sospiro, quasi un fischio, come se avessi affermato che la Red Bull fa davvero volare gli asini e le persone che la bevono.
 
-Fel, Fel, Fel, Fel. Quando capirai che in questa casa hai solo portato bene e non fastidio?- poi distoglie timidamente lo sguardo.
 
Decido che per questa mattina può andare. Ma non lo permetterò ancora.
Entro in bagno giusto per mettere le mie converse nere, dopo aver vinto la battaglia su Paul che intendeva prestarmi anche un paio di scarpe da uomo, e per aggiustare i capelli. Li pettino e li lascio sciolti, tanto chissenefrega.
Dopo cinque secondi sono fuori e Conor mi guarda come se avesse visto un fantasma.
 
-Chi sei tu? Perché non hai il trucco? E perché ci hai messo solo cinque secondi per prepararti? Non sei forse una donna?-
-Paul, Paul, Paul, Paul. Quando capirai che io non mi comporterò mai da vera signora, e che sarò sempre diversa dalle altre, nel bene e nel male?-
Spero di aver imitato alla perfezione il suo tono di poco prima, infatti lui scoppia a ridere e cingendomi con un braccio dietro la schiena, mi fa strada fin giù al pianterreno.
 
 
La signora Maynard è affaccendata nel salone a pulire mentre Jack sta aiutando Anna a prepararsi. Io e Conor ci fiondiamo in cucina e prendiamo al volo un po’ di pane e una tazza di succo, poi, afferrate le nostre borse, corriamo a scuola.
 
 
-Ma la mattina con te si fa sempre tardi?-
-Si, il più spesso delle volte-
 
Conor è lì che guida, mentre sbadiglia assonnato. Prima non gli avevo chiesto l’età, ma lui ha qualche anno in più di me, quindi ha già la patente. Il solo pensiero che quest’anno debba prenderla anche io mi da i brividi. Ho sempre avuto paura di guidare, non so come Paul sia così calmo.
 
-Quindi non sarai nei miei stessi corsi?-
-No, io ormai sono all’ultimo anno, dovrei riuscire a prendere il diploma!-
-Spiegami meglio. Com’è strutturato questo college?-
-Praticamente ci sono cinque anni da completare, senza contare il sesto che è di preparazione ai diplomi. Tu sei al quarto e avrai corsi sistemati per sette ore tutti i giorni. Dovrai spostarti nelle aule apposite per seguire le lezioni e quindi cambierai spesso compagni. Ci sono anche alcuni corsi che si fanno insieme agli altri ragazzi di altri anni, di solito il quinto li fa con il terzo e il quarto con il sesto. Se sei fortunata, forse troverai qualche corso in cui ci sono anche io!-
Si gira verso di me e mi strizza l’occhiolino, ma io giro lo sguardo per non incrociare i suoi occhi. Non posso distrarmi, devo seguire la spiegazione.
Conor non sembra accorgersene e continua, mentre svolta in un angolo che da su una strada parallela a Long Avenue, presumo.
-In mezzo a questi corsi ci saranno pause, ma anche ore dedicate alla pratica degli strumenti-
Quando io lo guardo allibita, lui si spiega meglio.
-Si, al diploma devi arrivare con la pratica di almeno due strumenti. Io sono con chitarra e pianoforte, ma puoi sceglierne quanti ne vuoi tu. Certo, più corsi segui, più strumenti suoni e più punti e bonus guadagni, bonus che ti possono valere al diploma. Comunque, eccoci, siamo arrivati.-
 
Guardo spaesata l’immensa struttura che si para davanti ai miei occhi. Davanti ad un grande parcheggio, dove Conor lascia la macchina, si erge una struttura enorme, di almeno dieci piani, di un azzurro vivido che si staglia contro il cielo. Il portone principale è spalancato e una grande folla di studenti si accalca davanti, chi con strumenti in mano, chi con gli zaini in spalla. Qualcuno è nuovo, allibito come me, altri parlano in gruppi o altri ancora cercano ragazzi in giro per il cortile.
Passiamo davanti a tre ragazze vestite di blu e bianco, quasi come una divisa, che parlano fitto tra loro. Molti ragazzi, riconoscendo Conor, gli si parano davanti e gli buttano pacche sulla schiena o sulle spalle per salutarlo.
Nonostante gli amici che incontra, lui però non mi lascia nemmeno un secondo la mano, che mi ha stretto prima di allontanarci dal parcheggio.
Arriviamo finalmente davanti alle porte principali e la mia mano è quasi in fiamme, dopo la stretta salda di Paul.
 
Dentro, nell’atrio, la situazione non è dei migliori. Insegnanti e bidelli si mischiano al grande flusso di studenti che entra dentro, spingendo e facendosi largo.
 
Il primo piano è costituito da un immenso atrio dal pavimento bianco e le pareti rivestite da parati verdi a righe. Tutto intorno si estendono corridoi e sulle pareti risaltano poster e fotografie di musicisti e grandi artisti, che, grazie all’accademia, hanno fatto strada. Alle pareti sono appoggiate bacheche degli annunci, manifesti e volantini vari, attaccati dagli insegnanti e dagli alunni.
Ho giusto il tempo di gettare un’occhiata ai quadri che riconosco una ragazza. Ha i capelli del mio stesso colore, solo che ha gli occhi verdi e piccoli. Porta un paio di grandi occhiali neri ed è seduta ad una tastiera. La foto incorniciata è un ritaglio di giornale e sotto, a grossi titoli, appare la scritta:
“Promettente ragazza diciannovenne musicista in una band”
Sotto, in caratteri più piccoli, si parla della formazione di questa band e di come tutti i partecipanti si conoscessero da molto, non sapendo bene come. Comunque si vedeva che la ragazza veniva dall’accademia di Brighton. A lato dell’articolo, una nota che più evidenziata non si può parlava della sua istruzione.
Era scioccante vedere quel viso e non sapere minimamente a chi appartenesse. Assomigliava così tanto al mio che ci fu un momento in cui pensai che fosse una qualche mia lontana parente, ma guardando il cognome, Welby, non si diceva affatto.
Conor era rimasto ad aspettare e così gli rivolsi uno sguardo interrogativo, ma era logico che, anche se lui era lì da molto più tempo di me, non poteva sapere chi fosse quella donna. Eppure mi si avvicinò, come attratto dalla mia curiosità.
 
-Vuoi sapere chi è quella lì?-
-Tu la conosci?-
-Certo che la conosco! E fra poco la conoscerai anche tu!-
-Come? E’ ancora qui?-
-Ma certo! E’ la direttrice! Vieni-
 
La notizia, non so come, mi scioccò, ma allo stesso tempo mi fece paura. Come diavolo poteva essere vera tutta quella somiglianza?
Conor sembrò esprimere alla meglio i miei pensieri.
 
-Però! Vi somigliate molto!-
-Umhh..forse-
 
-Beh, ora andiamo, o faremo tardi-
 
Conor mi guida verso il corridoio centrale, sempre tenendomi per mano, e cominciamo a salire delle scale che ci portano al piano di sopra.
Lui mi si avvicina all’orecchio e piano, mi sussurra.
 
-Dobbiamo arrivare fin su all’ultimo piano, agli uffici della presidenza, tu tieni gli occhi aperti e stammi vicino-
 
Premettendo che non avevo nessuna intenzione di allontanarmi da lui, lo seguo in silenzio.


Il secondo piano è simile al primo, solo che il colore dei muri è giallo. Qui ci sono più stanze che corridoi e addirittura spuntano qua e là segnali per indicare agli studenti dove si trovano le aule. Nell’atrio c’è meno confusione, anche perché le lezioni non sono ancora iniziate. Non faccio nemmeno il tempo a pensarlo che suona una campanella, attaccata al muro dell’atrio. Subito una grande folla di studenti si riversa nei corridoi e Conor mi trascina su per una seconda rampa di scale.
 
-Al primo piano puoi trovare le stanze dei vari comitati, l’aula mensa, quella ricreativa, la palestra e le sale per gli esterni-
-Bene! E al secondo?-
-Al secondo piano ci sono le materie scientifiche, al terzo quelle umanistiche, al quarto le materie pratiche e motorie, al quinto quelle linguistiche, mentre al sesto le artistiche-
-E ai piani successivi?-
-Facile. Al sesto, insieme alle materie artistiche, c’è teoria generale della musica. Al settimo ci sono i corsi di piano, all’ottavo quelli degli strumenti a corda, al nono quelli a percussione e al decimo quelli a fiato. La presidenza si trova in cima, al dodicesimo piano, insieme agli altri uffici amministrativi. All’undicesimo invece c’è il salone dei ricevimenti e dei concerti, ma non ci è permesso entrare-
 
Mentre Conor mi spiegava tutta la scuola, avevamo attraversato tutti i piani, uno di un colore diverso dall’altro, ed eravamo arrivati davanti ad una porta enorme e chiusa all’undicesimo piano. Prendendo un’altra rampa di scale arriviamo finalmente all’ultimo piano. E’ inutile dire che sia io che lui abbiamo il fiatone.
 
************
-Grazie mille, davvero. Il programma mi sarà molto utile-
La segretaria al banco mi sorride, benevola e mi porge un foglietto, tutto squadrato, diviso per giorni, in cui sono appuntate i piani, le classi, gli orari e le lezioni a cui devo prendere parte.
Conor saluta educatamente e mi accompagna fino al sesto piano, spiegandomi che le lezioni di strumento di solito sono nel pomeriggio.
 
-Io ora avrei biologia, tu?-
 
Guardo pensierosa il mio orario e scruto il giorno. Bene, martedì. Facile, l’ho trovato. Perfetto, che ore sono ora? Guardo l’orologio sul muro. Le 10.35. Dove dovrei essere alle dieci e trentacinque? Questa faccenda sta diventando più complicata. Scorro la lista degli orari. 10.35 di martedì! Si! Oh, no. L’avrei dovuto capire che era troppo facile.
 
- Cos’è “Arte della composizione drammaturgica ed esistenziale”?-
-E’ uno dei corsi obbligatori più pallosi che possano esistere. E sono anche due ore alla settimana! Comunque è una specie di corso di “teatro”, ma non punta solo alla struttura dello spettacolo, ma anche alla rappresentazione di ciò che si fa nell’aula nella vita reale-
-Bene …. Cosa?-
-Lascia perdere, è meglio che vai o sennò la Shutz dovrebbe metterti un ritardo!-
-Si, ok. Ci vediamo?-
-Io a mezzogiorno ho la pausa pranzo fino alle due, tu?-
 
No, ti prego, non chiedermi di guardare di nuovo quest’intricata tabella. Vediamo …
 
-Io da mezzogiorno e mezza. Ci vediamo nell’aula ricreativa?-
-Si, perfetto. A dopo!-
 
Mi guarda sorridente e si avvia al secondo piano. Io vorrei gettarmi dalla finestra. Dove la pesco ora l’aula di Arte della composizione drammaturgica ed esistenziale?




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ECCOMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII TORNATA, BELLE!

No, sul serio, eccomi tornata dopo un mese di coma! ahahahhaahhaha
Premetto che non è stata colpa mia, perchè ho avuto un'operazione al tendine della gamba e ora ho un tutore che devo tenere per un mese e bla bla bla e bla bla bla ecc....

Coooooooooooooomunque, l'importante è che ora sono tornata con un altro capitolo di medda!
Non so come mi è venuta l'ispirazione per la "promettente musicista" simile a Rita ALIAS direttrice...ma boh, vedremo.
Scusatemi, SCUSATEMI TAAAANTO! per la schifezza che questo capitolo emana, ma è un capitolo di passaggio. Scusatemi anche per le lunghe descrizioni, ma mi servivano per "posizionare" la scuola nella storia. E se vi siete persi anche voi tra i piani del college, DON'T WORRY! Anche Rita non ci ha capito una mazza.
Scusatemi ancora, sostenitrici dei CONOR'S POV, (qualsiasi riferimento a @__mrsmalik__ è puramente casuale! ahahah) ma in questo capitolo non ne ho potuti mettere, dato che conor la conosceva la scuola, mentre fel (anekhuynr) no.

Bien, mi sono resa conto che ho scritto troppo. Ora mi dileguo.
Per chiunque si fosse chiesto: "diamine, ma quale sarà mai la felpa che conor ha regalato a Rita?" eccomi! Ho risolto il vostro dubbio, ma tanto so che a nessuno fregava e che nessuno se l'è chiesto, ANIWAY, eccola! :)
http://1.bp.blogspot.com/-UOy6J1MqaRA/UP5s2fBnjYI/AAAAAAAAP0A/jPiZLyQD1w0/s1600/photo%2B2-789443.JPG

 
SOLITO:
twitter: 
https://twitter.com/ehijcassie
ask: mi annoio di mettere il link! ahahahh comunque sono @xconah, vi prego fatemi delle domandine, anche sulla ff, accetto di tutto! ma non lasciatemi sola a marcire con il mio tutore! 

byby, continuo a 2 barra 3 recensioni! al prossimo capitolo!

 
 
  
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