Ero un naufrago in mezzo ad un immenso mare nella notte. L’acqua nera non mi permetteva di vedere cosa c’era sul fondo. “qualche pesce pericoloso, oh mio Dio no”. Non c’era nessun pesce pericoloso fortunatamente. Forse invece c’era ma gli avevo fatto così pena da lasciarmi stare. Le onde continuavano a fluttuare velocemente e con molta rabbia. Sembrava che mi dessero violenti schiaffi per un colpa che non riuscivo a capire. La marea mi buttava giù e poi mi faceva tornare su. Il contrasto tra il panico che provavo dentro me e la quieta della notte. Credevo che prima del mare mi avrebbe ucciso la quieta. Mi ricordai di tutti quei gridi di aiuto inascoltati. Pensai che forse la mia vita era capitata proprio nel periodo in cui l’umanità non faceva altro che ascoltare musica dall’mp3 e sentire la tv. Per questo non mi ascoltavano. Probabilmente neanche mi sentiva. Decisamente, però, mi vedevano. Cattiveria. Vidi per un paio di volte la luna che mi fissava, fissava tutto. La vedevo palesemente intristita per me. Si intristì così tanto che si mise a piangere. Alcuni pezzi lucenti della luna si sciolsero per il pianto e caddero nel mare. Utilizzando le mie ultime riserve di energie ne raggiunsi uno abbastanza grande. La luce era talmente forte che mi sentivo accecare. Appena la afferrai persi i sensi. Mi risvegliai sdraiato sui granelli di sabbia. Erano soffici, neanche li sentivo. Quando aprii gli occhi la prima cosa che vidi fu il mare, calmo. Bastardo, cosa mi hai fatto ieri? Eri tu o il tuo fratello cattivo? Ti eri lasciato con la ragazza? Imprecai altre folli frasi senza ottenere ovviamente risposta. Mi alzai, mi ridestai appoggiandomi ad una palma di nobili origini e mi diressi subito al bar. Mi sedetti sul primo sgabello difronte al barista. Il banco era molto lungo ma senza nessun oggetto.
-Buongiorno, cosa le porto?
-Whisky grazie.