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Autore: Lady Ligeia    27/01/2008    5 recensioni
Due studenti, un'interrogazione come tante. Uno dei momenti in cui il non detto conta più di ciò che viene detto.
E' un primo esperimento, aspetto commenti, anche negativi... grazie a tutti!
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non era la prima volta che accadeva: la classe era numerosa e l'insegnante di italiano finiva sempre con l’interrogare qualcuno degli studenti fuori orario. Generalmente, faceva in modo che si fermassero in due, dopo il suono dell'ultima campanella della mattinata, cosicché uno potesse fare da testimone alla valutazione dell'altro e viceversa.
Dato che le verifiche orali di italiano erano programmate per ordine alfabetico, era quasi inevitabile che gli alunni Bianchi e Biolcati venissero interrogati nello stesso giorno. Non dispiaceva a nessuno dei due, quando rimanevano oltre l'orario di lezione: amavano il silenzio dopo l'ultima campanella della mattinata, quando i compagni, con il loro coro di bisbigli e il loro fruscio di pagine sfogliate, erano già sciamati via, in una folata di zainetti, saltelli e "ti telefono oggi".
Erano i primi della classe, Bianchi e Biolcati, due ragazzi intelligenti e brillanti, sempre molto preparati, anche se Bianchi non era particolarmente portato per la letteratura italiana. In quel momento era appoggiato alla cattedra, su cui era aperta l'antologia, e commentava una lirica particolarmente lunga e difficile. Il volto della professoressa, di solito sorridente, era impenetrabile. La Biolcati, alta e snella, era in piedi, la schiena contro la lavagna, il libro di testo stretto contro la canottiera di cotone a quadretti che le fasciava il petto ossuto. I suoi occhi sembravano persi nel vuoto, ma in realtà erano fissi sull’antologia di Bianchi. Guardavano il libro, perchè non osavano guardare direttamente lui. La voce di Bianchi era pacata, monotona, non particolarmente armoniosa, a tratti si coloriva inseguendo immediate ispirazioni, a tratti ricadeva senza vita in un mormorio vicino al silenzio.
Il piano della cattedra era sporco di polvere di gesso; il sole delle tredici, che irrompeva dalla finestra, vi disegnava l’ombra del ragazzo. Dio, quanto era bello, Bianchi. Sembrava tutto d’oro, occhi capelli e pelle della stessa identica sfumatura ambrata. La Biolcati ne poteva osservare il profilo quando il ragazzo si volgeva verso la professoressa, per cercare di cogliere un impercettibile assenso alle sue parole nella maschera rosea del viso di lei. Il respiro gli gonfiava il petto e le spalle, a volte si passava le dita nei capelli corti e spettinati o aggrottava la fronte alta nello sforzo di ricordare, mentre uno strano bagliore liquido si riversava nei suoi occhi color zucchero bruciato, che alla Biolcati piacevano molto. In effetti, di Bianchi le piaceva quasi tutto.
Lui era riservato, freddo, taciturno, ma forte di carattere e fermo, quasi aggressivo, nei suoi principi. I compagni pensavano spesso che fosse troppo rigido e chiuso, eppure la Biolcati intuiva in lui la stessa sensibilità nuda e la stessa capacità di vibrare che leggeva nel profondo di se stessa. Riusciva a farlo perchè ne era innamorata. Da mesi, anni, anzi, forse da quando l'aveva conosciuto, all'inizio del liceo. Era una silenziosa marea di emozioni lasciata senza sbocco, perchè la ragazza era troppo insicura per permetterle di trasparire nei suoi imperturbabili atteggiamenti misurati e distanti.

- Tocca a te, Biolcati - disse l'insegnante.

Bianchi sospirò di sollievo e si scostò dalla cattedra. Passando, batté cameratescamente una mano sulla spalla seminuda della compagna di classe. Era più alta di lui. - In bocca al lupo, Biolcati - sussurrò. Per un istante, la Biolcati si perse in quegli occhi d’oro scuro e dimenticò chi era e perchè si trovava lì. Parlare. Occorreva poi tanto coraggio per bisbigliargli all'orecchio "Ti amo da sempre"? Immaginò l'espressione perplessa, forse irridente, che avrebbe trasformato il viso colorito di lui, in quell'attimo così cordiale e affettuoso. Agghiacciò all'istante e si incamminò verso la cattedra.
La professoressa le rivolse una domanda, sorridendo compiaciuta alla sua allieva preferita. La ragazza riordinò le idee e iniziò a parlare. Brillante e preparata come sempre, per lei era semplice esprimersi con precisione e proprietà di linguaggio. Parlò di romanzi e di poesie, di amore e di morte, di religione e di politica. Sciolse con grande disinvoltura gli intricati nodi di una versione in prosa, discusse e collegò tra loro varie opere, ricordò anche i minimi dettagli...
- Sei un mito! - dichiarò Bianchi, con ammirazione incontenibile, al termine dell’interrogazione.
- Bianchi, tu mi farai diventare matta – lo redarguì immediatamente la professoressa di italiano – potresti avere risultati eccellenti come la tua compagna, se solo ti fidassi un po’ più di te stesso! – Lui la fissò per un istante, confuso, mentre un insidioso rossore gli invadeva le guance ancora paffute, da ragazzino. Era difficile che qualcuno lo potesse trovare bello... qualcuno all’infuori della Biolcati, si intende. – Uno studente dotato come te non può permettersi di essere insicuro, capito? Ottimo lavoro, per te, Biolcati, brava, come sempre! –
Nessuna risposta. La Biolcati era rimasta immobile, il libro di testo stretto tra le braccia come avrebbe stretto un amante, lo sguardo fisso sull’ombra di Bianchi disegnata sul piano della cattedra, tra la polvere di gesso.
- Biolcati? Pronto?! – La ragazza sussultò. Non era realmente presente, si era persa nel filo dei propri pensieri. Soltanto nell'udire l'esclamazione convinta del compagno di classe, si era resa conto di quanto fosse rimasto affascinato da ciò che lei aveva detto. Parlando era riuscita a catturare completamente la sua attenzione, a conquistarlo, a tenerlo avvinto a sé e a quel suo tenue filo di parole. Disperata, pensò per un momento che quell'incantesimo di suoni si era perso, adesso che lei taceva di nuovo...voleva che lui continuasse ad apprezzarla, voleva essere davvero "un mito" per lui, e non soltanto per la sua intelligenza...

Pochi minuti più tardi, i voti annotati sui diari, gli zaini riempiti e appesi alle spalle, i due studenti uscirono dall'aula e si inoltrarono per corridoi e scale deserti. Lui accennò ai compiti per l’indomani, lei gli rispose con leggerezza, ma il suo segreto rimase chiuso nei recessi del silenzio.
- Come accidenti fai a essere così brava, Biolcati? – sbottò Bianchi a un certo punto, mentre varcavano il portone della scuola, la voce carica di adorante entusiasmo. - Studio un sacco anch’io, ma in italiano sono una frana… Tu a corto di parole non ci rimani mai, vero? Sapessi a me, quante volte succede… - e si voltò a guardarla, con l’anima negli occhi. Zucchero bruciato nel sole delle tredici e trenta, lo scintillio arancione di un tram che imboccava sferragliando il corso, il vento tiepido della tarda primavera che gli scompigliava i capelli.
- Prendi l’autobus con me? -
Secondi di silenzio totale, adesso. La voce della Biolcati giaceva annodata nel profondo della gola e non voleva più sgorgare. Dentro di lei ogni cosa era fresca e ordinata, il suo sentimento per lui era sempre zampillante e cristallino, ma le parole non le bastavano più. Se era riuscita a sostenere un'interrogazione così complessa e con un eccellente risultato, perchè non poteva rivelare a Bianchi che da tanto tempo sognava di poterlo amare? - No, credo che prenderò la metropolitana. Buon pomeriggio, Bianchi. Sei stato bravo, oggi. – E si voltò per andarsene, una lacrima all’angolo delle ciglia, col suo passo ingannevolmente sereno. I linguaggi che non si imparano sui libri, non li aveva mai appresi.
Bianchi rimase davanti al portone, immobile a guardarla finché non fu altro che una macchia confusa, lontana nel corso assolato. Non si sarebbero mai capiti.

  
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