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Autore: marrymezayn    15/07/2013    45 recensioni
«Keyra è stata qui!» Sentì dire il biondino.
Silenzio! Un silenzio che si percepiva fin troppo spesso quando si parlava di Keyra in quel gruppo. Era un discorso limit quando c'era Zayn. Lo videro cambiare espressione da bianco cadaverico a incazzato, fino al calmo e all'indifferente.
«L'arrampicatrice sociale è stata qui?» Si poteva ricevere una scoppiettata sul cuore così forte con una semplice frase?
[...]
«Se lei fosse qui di fronte a me, non so se riuscirei a trattenere la calma e vi assicuro che mi interesserebbe poco che è una donna!» Sbarrò gli occhi e, malgrado tutto, Niall la vide.
«Vuoi vedere come gliela do una seconda possibilità? Non si deve neanche avvicinare a me!» Zayn si alzò e andò nella stanza vicino dalla parte opposta da dove si trovava Keyra e sbatté la porta così forte da farla tremare nei cardini.
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Terza tranche di una serie. Si consiglia di leggere prima le altre due. (cliccando sul mio profilo le troverete.
Prima storia: The best is yet to come;
Seconda storia: From the moment I met you, everything changed)
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Se non ti perdi, non trovi strade nuove.'
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Quella mattina era, come raramente succedeva, una di quelle giornate che non voleva neanche alzarsi dal letto. La verità era che aveva semplicemente ansia di aprire gli occhi e capire che quel giorno Keyra sarebbe partita. Semplicemente, non voleva.
Si erano messi d’accordo che l’avrebbe accompagnata all’aeroporto e dopo tanti litigi lei aveva accettato, più per sfinimento che per farlo contento. Perché era diventato bravo a far arrivare allo sfinimento i litigi con Keyra. Aveva imparato a capirla da così poco e solo l’idea di non averla più tra i piedi come prima, lo logorava da dentro.
E come due anni prima, avevano dormito tutti insieme. O meglio, quella volta avevano dormito tutti a casa degli altri ragazzi, ma loro due si erano messi a dormire in una stanza a parte.. Provate ad immaginare perché.
Sembrava che le cose si ripetessero. Lei che non riusciva a dormire, lui che si era svegliato rendendosi conto che non c’era il corpo di Keyra al suo fianco e che l’aveva raggiunta in cucina, dove se ne stava seduta al tavolo con una tazza di tea. E dopo, erano tornati in camera loro, per fare l’amore. Un arrivederci.. O forse un addio!
Perché, anche se era stato qualcosa di unico, l’aveva percepita lontana da quella stanza, già proiettata mentalmente a New York, con chilometri che li dividevano. Aveva asciugato le sue lacrime con le labbra, l’aveva coccolata conciliandole il sonno. Ed era rimasto a guardarla dormire, lì tra le sue braccia. Si beò di ogni sua espressione, di ogni suo movimento, riuscendo ad addormentarsi solo verso le sei.
Allungò il braccio verso la parte dove dormiva Keyra, trovandolo vuoto. Un sospiro gli uscì dalle labbra con affanno. Si era già svegliata. Il sonno restauratore di Keyra non era durato molto, a quanto pareva. E da quando sentiva, si era alzata già da molto perché il letto era freddo. E aprì gli occhi, solcando con lo sguardo stanco e provato il vuoto nel letto che quando viveva lì era stato suo.
Doveva abituarsi a vederlo vuoto. Keyra non sarebbe più presente come in passato in quel letto e solo al pensiero gli vennero i lacrimoni. Ma non doveva pensarci, perché Keyra aveva detto che ci avrebbero provato.
Il che, da una parte, lo rassicurava.
Ma dall’altra, lo impauriva. Perché la sensazione che Keyra era più distante nell’ultimo mese, era sempre più viva in lui. Poteva sembrare totalmente normale agli occhi degli altri e anche ai suoi.. Ma si era accorto che si perdeva di più nei suoi pensieri, si allontanava nel sonno e quando facevano l’amore.. Non era mentalmente lì con lui.
Si mise seduto sul letto, abbassando la testa con stanchezza. Posò un piede per terra e per poco non gli prese un colpo. Aveva il piede bagnato e aprendo gli occhi notò che tutta la parte sotto del letto era piena di bicchieri pieni d’acqua.
«Ma che..»
Gattonò sul letto, e guardò intorno ad esso. Era pieno di bicchieri pieni di acqua, fino alla porta. E si ritrovò a sorridere, capendo che c’era lo zampino di Keyra. Un altro scherzo da parte della sua stronzissima ragazza. Bussò sul muro che divideva la vecchia stanza di Zayn con quella di Niall.
«Niall!» Urlò un paio di volte. Alla fine lo sentì imprecare per averlo svegliato anche chiamandolo sul cellulare. «Vieni di qua.»
E solo quando Niall aprì la porta, si rese conto della cazzata che stavano facendo. Perché Keyra aveva messo i bicchieri anche dietro la porta. Ma come cazzo ci era riuscita?
Poi ricordò che la sua porta finestra combaciava con quella di Niall, sul balcone di casa. Era furba la sua ragazza, decisamente. L’aveva bloccato a letto e stavano per lavare la sua stanza.
«NO!» Urlò provando a fermarlo, ma fu troppo tardi. Rovesciò alcuni bicchieri, facendo imprecare il moro che se ne stava seduto sul letto.
«Ma che cazzo..?»
«Ma che cazzo hai in faccia?»
«Che ho in faccia?»
Cominciò a rotolare dalle risate vedendo che anche Niall era stato preso di mira da uno scherzo di Keyra. E aveva pensato bene di dipingergli la faccia con sopracciglia incazzate, e tutta la faccia dipinta con i colori dell’Irlanda. Ma come cazzo ci era riuscita senza svegliarlo?
Niall se ne andò, lasciandolo lì come un coglione e senza poter scendere dal suo letto. Lo sentì bestemmiare in aramaico antico così forte da svegliare anche gli altri tre. Incazzati per quel risveglio, tutti scesero dal letto – quasi sicuramente – per uccidere Niall. E poco dopo sentì un tonfo che fece tremare casa e una bestemmia da parte di Louis che fece venire i capelli bianchi a Zayn. Solo Harry parve non aver ricevuto nessuno scherzo da parte di Keyra.
«IO L’AMMAZZO!» Urlò Louis, inviperito.
«Qualcuno mi viene a salvare?» Chiese urlando, richiamando a sé Liam che si massaggiava il fondoschiena e aveva una faccia stordita.
Keyra aveva fatto scherzi a tutti, a quanto pareva. «Che ti ha fatto?»
«La stronza mi ha messo il burro per terra. E io come un coglione sono scivolato!» Ammise il ragazzo, facendo ridacchiare Zayn. «Ma che cazzo.. ma come ha fatto?»
Sicuramente si riferiva al suo di scherzo e Zayn indicò la porta finestre. In silenzio Liam prese un secchio, cominciando a svuotare i bicchieri ancora sani e asciugando il casino fatto da Niall poco prima.
«QUELLA STRONZA HA USATO COLORI PERMANENTI!» urlò il biondino, con un tono di voce così tanto incazzato che Zayn pensò che quella volta l’aveva fatto veramente incazzare. Seduto lì sul letto, si rese conto che mancava qualcosa. O meglio, qualcuno.
 In tutto quello, dov’era Keyra? Perché non era andata a svegliarli con una bella padella e cucchiarella, così da metter paura ai ragazzi e farli svegliare di botto?
«Dov’è Keyra?» Chiese, sentendo il petto stringersi intorno ai polmoni. Perché aveva quell’impressione di abbandono che gli circolava nelle vene?
«Sarà di sotto a bere bastardamente il suo caffè in attesa che l’andiamo ad ammazzare.» Sussurrò Liam, del tutto tranquillo. Si guardarono a lungo, mentre lui cercava di lottare senza troppo successo verso la sensazione di abbandono. Non era da Keyra non partecipare agli scherzi. Lei era una di quelle che amava vedere le facce delle sue vittime, lo sapeva bene.
«LOUIS!» Urlò, richiamando il suo amico che arrivò di li a qualche minuto, incazzato come una biscia. «Portamela qui..»
Il ragazzo capì e l’andò a prendere, ghignandosela bellamente pronto a fargliela pagare con la sua stessa moneta. «A Louis ha attaccato lo scotch da una parte all’altra dello stipite della porta. Così ci è finito sopra, incollandosi allo scotch.» Stava raccontando Liam, per renderlo partecipe visto che era bloccato lì.
Ma dove le trovava quelle idee geniali? «E Harry?»
«Gli ha bagnato il letto, tanto è che pensava di essersi pisciato sotto!»

Rise con gusto, divertito dagli scherzi geniali della sua ragazza. Louis tornò lì poco dopo, con una faccia stranita.
«Non c’è.. Ma ho trovato questa.»
Il senso di oppressione tornò, facendogli cadere il mondo addosso quando vide una lettera tra le mani di Louis. Senza pensarci troppo, scese dal letto e fregandosene dei bicchieri pieni di acqua, la strappò dalle sue mani di Louis, rigirandosela tra le sue e cercando di capire.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, capì.
Era partita.
 
 
Buongiorno cuccioli. Avete avuto un buon risveglio?
Spero che non mi volete male perché vi ho fatto questi scherzi. Per fortuna avrò mesi per farvi passare l’incazzatura prima di rivedervi. Questo è il mio “arrivederci” personalizzato.
Se vi state domandando – ma davvero? – perché io non sia in casa, beh.. Sono partita. Lo so che sarete tutti e cinque incazzati, ma capitemi. Io e gli addii – o arrivederci che siano – non andiamo d’accordo. Non avevo intenzione di rivivere l’esperienza di impotenza nel vedervi lì, dalla parte opposta alla mia e dovervi salutare. E’ stato difficile una volta, una seconda per il mio piccolo e fragile cuore è troppo.
Così ho deciso di salutarvi con degli scherzi, per farvi ricordare sempre di me. Vi chiederei gentilmente di non venirmi a rincorrere, perché non sono così forte per dirvi addio. E sinceramente, non ne ho le forze. E ve lo chiedo a tutti, Zayn compreso.
Se prova ad uscire, per favore bloccatelo.  Tanto ci sentiamo presto, ma se voi vi presentate in stazione io so che non prenderò di nuovo quella decisione che mi ha caratterizzato due anni fa. Resterei, e non posso.
Ma vi prometto che ci sentiremo presto, appena avrò una connessione in stanza e potrò accendere Skype. Poi comunque quando sarete qui a New York ci vedremo e andiamo tutti a cena fuori, ok? Offro io, ovviamente.
Non fate cazzate, mi raccomando.
Liam: se mi stai leggendo, ti pregherei gentilmente di andare a casa e farti Maddison. Tra poco diventa di nuovo vergine se aspettate ancora. Non farla soffrire, mi raccomando. Siete due persone che mi stanno a cuore, voglio un bene dell’anima ad entrambi. Cercate di non far soffrire l’altro. Per il resto, stammi bene daddy! Ti voglio bene.
Niall: Cucciolo di foca.. L’idea di non poterti consolare in questo momento mi distrugge. Perché so che starai piangendo. Ma non farlo, perché questa volta ci vediamo davvero, te lo prometto. Non è un addio, ma solo un arrivederci. Ti ho lasciato un regalo nel tuo armadio. Stringilo al petto quando fa un temporale, ok? JTi adoro.
Louis: ti conferisco come due anni fa il mio lavoro di scassa maroni. Strappa sorrisi a questi quattro da parte mia, facendoli piangere per sfinimento se serve. E ovviamente voglio bene anche a te.
Harry: Lavati. Tvb. (Ti voglio bastonare.. che avevi sperato, eh? Ti voglio bene? Ma dai, credi che sia così sentimentale? ♥)
Zayn: A te, dico semplicemente grazie. Tutto ciò che ti devo dire, lo sai. Non ho bisogno di scriverti nulla di ciò che provo. Ci sentiamo appena arrivo. Ti amo.
Ps: Trattami bene Akira!
 
 
La casa era silenziosa. Non c’era nessun rumore se non lo sfrusciare dell’acqua della doccia che si stava facendo Maddison. Percepiva dei rumori che arrivavano dalla cucina, segno che Liam era uscito dalla stanza di Maddison.
L’idea che il castano aveva preso alla lettera le parole di Keyra lo fecero ridere. Perché insomma.. Liam era uno di quei ragazzi che rimuginavano tanto sulle cose, ma sembrava che, appena lui aveva detto che sarebbe andato a casa di Keyra – senza sapere bene perché, anche sapendo che lei non c’era – Liam l’aveva seguito. Niall con loro.
Entrambi si erano chiusi nelle rispettive stanze delle ragazze, a consolarle della partenza di Keyra. Perché non erano gli unici a stare male, ma anche le due lo erano. Quando erano arrivati a casa loro, le due piangevano senza vergognarsi, ferme sulla porta. Maddison lo aveva anche abbracciato teneramente, come se avessero perso entrambi una grande amica. Come si fa ad un funerale. Solo l’idea di Keyra morta, lo fece tremare. Sia in quel momento, che poche ore prima. Mentre Mary lo aveva guardato male. Da quello che poteva intuire, Mary era quella più incazzata con lui, per quello che aveva fatto. Loro potevano essere abituati alla non presenza di Keyra, ma Mary viveva in simbiosi con Keyra da quando andavano nell’High School. Ed era normale che fosse incazzata così con lui. Lo capiva.
Li avevano avvisati che Keyra era tornata a casa per salutarle, per poi salire su un taxi e non far più ritorno.
Si sentiva vuoto. Vuoto come una nocciolina senza buccia, come una lumaca senza guscio.
Sapeva che non poteva far nient’altro, visto che era colpa sua di quella decisione da parte di Keyra. Ma più pensava che era solo un anno più si sentiva uno schifo. Un lunghissimo anno con lei dall’altra parte del mondo. Non avevano chiarito, non avevano risolto nulla. Stavano ancora insieme? La storia tra loro sarebbe continuata? Non ne avevano discusso come al solito, lasciando fin troppe cose in sospeso.
Perché in fondo, anche se Keyra aveva detto che ci potevano provare, lui si sentiva così tremendamente vuoto senza vere risposte. Solo quella mattina si era reso conto che Keyra era tutto, tranne che decisa a continuare la loro storia.
Aveva imparato a conoscerla, aveva capito che aveva detto quel “possiamo provarci” ma che no, non ci avrebbero provato. E quelle parole su una lettera, non avevano aiutato a fargli cambiare idea. Sentiva ancora molto lontana Keyra da lui.
Keyra era stata arrabbiata con lui per molto tempo, e in fin dentro se stesso sentì che lo era ancora. Ma al tempo, quando aveva mandato quella lettera per richiedere l’iscrizione di Keyra all’università, aveva pensato di fare la cosa giusta.
Beh, sbagliava.
Il telefono squillò, ma non se ne accorse. Troppo perso nei suoi pensieri anche solo per rendersi conto che era in una stanza vuota, seduto sul letto della sua ragazza a guardarsi intorno. La stanza era vuota, era spoglia come in quel momento si sentiva anche lui.
Si alzò come un automa al terzo squillo e prese il cordless sul comodino di Keyra, rispondendo apatico.
«Pronto?»
«Salve qui è lo studio del Dottor Hearthed. Posso parlare con la signorina Smith?»
«E’ partita!»
           
«E quando torna?» Chiese la segretaria, monotona.
«Fra un anno!»
«Ah..»
Già. Ah!
«Magari posso lasciar detto qualcosa?» Perché quella volta sarebbe stato differente. L’avrebbe chiamata. Lui non aveva intenzione di perderla. E se lei non voleva continuare, avrebbe lottato con i denti e con gli artigli.
«Dovevo spostare la sua visita di gravidanza. Ma se torna tra un anno deduco che non sarà più seguita dal Dottor Hearthed, giusto?»
«G-Gravidanza?» Domandò Zayn, lasciando perdere la domanda della segretaria, incredulo per una sola parola. Gravidanza. «C-Credo che ci sia un errore. Keyra non è incinta!»
«Keyra Mary Smith, nata il 25 ottobre del 1993, a Firenze?»

Alzò gli occhi dal pavimento, riconoscendo i dati esatti di nascita di Keyra. E per un nano secondo il cuore gli si bloccò.
«Io qui ce l’ho segnata come visita di gravidanza. Non credo che ci sia un errore» Continuò la donna.
Zayn rimase inerme a quelle parole, totalmente incredulo da quella rivelazione. Non poteva essere come diceva quella donna. Keyra gliel’avrebbe detto, Keyra non poteva essere incinta. Insomma, prendeva la pillola. Sbatté le ciglia e guardò ancora il muro di fronte a lui, come se ci fosse una risposta. Solcò le mille foto appese sul muro, come se nel viso di Keyra potesse leggere le risposte alle mille domande che, ora, riempivano il suo cervello.
«Pronto?»
«Si.. Sono qui..» Ansimò guardando una foto sul muro dove c’era Keyra che se la rideva abbracciata a Maddison. L’avevano scattata pochi mesi prima, in un parco. E sembrava tutto, tranne che incinta. Non era preoccupata, era.. Serena, spensierata.
«Chi è?» Domandò Maddison entrando in camera di Keyra, solamente fasciata dall’asciugamano.
Si girò a guardarla e notò come lo stesse studiando.
Porse il telefono a Maddison, non sapendo bene cosa dire o pensare. La ragazza prese il telefono guardandolo negli occhi in modo strano, per poi rispondere.
«Pronto?» Attese, sicuramente la segretaria stava ripetendo il tutto. Quando la notizia arrivò anche a lei, alzò gli occhi in quelli di Zayn sbiancando totalmente.
«Sarah, posso richiamarti tra un po’?» La sentì salutare la donna mentre si sedeva ancora sul letto di Keyra, incredulo. Il tipico rumore di chiamata chiusa fece intendere a Zayn che Maddison ora era libera e si preparò a fare mille domande.
Ma con tante domande che voleva fare, aprì bocca e la richiuse poco dopo. Non sapeva bene cosa chiedere, da dove cominciare. Era vero? Era uno scherzo di qualche programma televisivo? O qualche scherzo di Keyra che aveva riservato solamente a lui? Keyra era in grado di scherzare su una cosa del genere? E se non lo era, perché non l’aveva avvisato?
«Mary!» Urlò per richiamare l’amica. Perso com’era nei suoi pensieri, saltò su come un petardo a quell’urlo.
«Cosa c’è?» Urlò dalla stanza di Mary, Niall.
«Mandami Mary..»
«Non è il momento Maddison.»
La ribeccò.
«E’ il momento Niall! Ora..» Lo disse così seria che alla fine, la porta della camera di Mary si aprì, rivelando una ragazza distrutta e al seguito il biondino. Sentiva tutto in modo ovattato, come se realmente non fosse lì in quella casa. Ma su un treno, quello stesso treno che avrebbe portato via Keyra da lui.
«Che succede?» Chiese la mora, asciugandosi gli occhioni verdi.
Maddison si mise seduta di fronte a lui, sorridendo in modo dispiaciuto. Ma non la vedeva realmente. Abbassò la testa, desolato. «Zayn.. parlami!»
Rialzò la testa, guardando i suoi lineamenti. «Cosa ti devo dire?»
«Hai ancora l’uso della parola, un buon passo avanti.»

«Mi spieghi cosa succede?» Domandò Mary, non capendo.
«Ha risposto al telefono. Era Sarah!»
La mora non vide niente di strano in quello. «E allora?»
«Doveva spostare l’appuntamento di Keyra.»

Crollò il silenzio, mentre Mary guardava sia Maddison che Zayn. E il moro scrutò Maddison, capendo che lei e Mary sapevano tutto. Era uno scherzo, vero? Le sue amiche erano parte dello scherzo, perché se fosse stato per Keyra.. Gliel’avrebbe detto. O no?
Insomma.. Lui aveva sempre ribadito che..
Deglutì.
E solo in quel momento si rese conto della cosa. E se non fosse stato uno scherzo? E se Keyra era davvero incinta di un figlio.. loro? Oh dio. Keyra era incinta di un piccolo Malik.
«Oh!»
Niall, come lui, in tutto quello non capiva cosa stesse succedendo. Perché lui, se da una parte era sicuro che fosse reale, dall’altra ancora pensava che lo stessero prendendo per il culo. Che Keyra aveva riservato un secondo scherzo per lui.
«Chi è Sarah?»
«La segretaria della nostra ginecologa.»
Spiegò Mary, guardando i due seduti sul letto. Si girò a guardare Maddison, che sorrise in modo dolce. Come una mamma verso un bambino.
Arricciò le sopracciglia, guardandola. Perché Keyra non l’aveva avvisato? Perché tenerlo all’oscuro se sapeva benissimo che non vedeva l’ora di avere un figlio suo? E se non l’aveva avvisato, era perché non lo desiderava? Keyra poteva non volere un bambino da lui?
Era così incazzata con lui da non voler un figlio? O forse aveva solo una gran paura di dire la verità perché avevano solo vent’anni?
Si prese la testa tra le mani, sentendola pulsare maledettamente nelle orecchie. Non ci stava capendo niente e sinceramente, non gli piaceva stare così. Ma non per la situazione, ma per quel mal di testa. Si immaginò Keyra dirgli del bambino, e immaginò una sua reazione. Come avrebbe reagito? Bene o male?
Voleva davvero condividere la sua vita con Keyra? Con quel caratterino indomabile che tanto lo esasperava? La voleva madre dei suoi figli?
Keyra era già madre.. Di suo figlio.. O di una piccola principessa.
E lui.. semplicemente.. Non lo sapeva.
«Sapete che l’idea che andate da un ginecologo mi fa rabbrividire?» Sentì dire Niall, del tutto ignaro della situazione. Maddison, strinse debolmente il suo braccio e lui si girò a guardarla con una semplice domanda negli occhi.
Perché?
Lei, capendolo, sorrise con una dolcezza unica che, sinceramente in quel momento, lo fece incazzare. Non aveva bisogno di sorrisi e dolcezze. Aveva bisogno di fottute risposte.
«Io vado a cercarla.»
Si alzò senza pensarci troppo, pretendendo delle risposte che sapeva, solo Keyra gli poteva dare. Si stirò i Jeans, sentendo le gambe flaccide tant’è che quasi non ricrollò sul letto della sua ragazza. Ma prese a sé tutte le forze di cui era padrone e rimase in piedi, facendo quei due passi che lo dividevano dalla porta.
«Zaynie.. Keyra ha detto che non vuole essere rincorsa!»
«E’ inutile che la rincorri..»
Tra Niall e Mary, decise di dar spago a Mary. In quello stesso momento, entrò Liam, fasciato solo dai Jeans.
«Avete fatto sesso?» Chiese vedendo la faccia sconvolta di Liam che lo caratterizzava dopo il sesso. E al rossore di Maddison, sorrise. Keyra.. Santa Keyra! Poi, ricordandosi della frase detta da Mary, si girò a guardarla nello stesso momento che Liam si metteva seduto dove era lui poco prima.
«Che vorresti dire?»
Mary gli lanciò uno sguardo freddo, algido. Era veramente avvelenata con lui, constatò. «Keyra ha abortito!»
«Cosa?» Tre persone fecero quella domanda allo stesso tempo, lui invece rimase in silenzio a guardarsi con Mary.
«Keyra è incinta?» Domandò Liam, con tono incredulo. Niall quasi non svenne all’istante quando realizzò la verità.
«Ragazzi, non vi ci mettete pure voi.. C’è già Zayn che sta nel pallone!» Spiegò Maddison, che si era alzata per sostenere Niall prima di cadere.
«C’è poco da stare nel pallone. Ha abortito, e con questo è tutto!» Se ne andò, con uno sventolio di capelli dalla stanza, lasciando quattro bombe ad orologeria. Tre però scoppiarono, una con l’altra.
«Che cosa vuol dire che Keyra è incinta? Da quanto? Perché non ce l’ha detto?» Cominciò una raffica di domande da parte di Liam, con quel suo fastidioso tono da papà perennemente incazzato e con il ciclo.
«Liam, per favore..» Lo bloccò Maddison che poi si alzò e si fermò di fronte a lui, sorridendo ancora in quel modo fastidioso. In quel momento, tutto gli stava dando sui nervi.
«Zayn..»
«Che devo fare?»
«Cosa vuoi fare tu?»
Gli chiese, dolcemente. Sospirò e si passò una mano nei capelli, cercando di riordinare i pensieri confusi.
«Bloccarla..»
«Ti chiamo un taxi!»

Sorrise. Perché in fondo sapeva che Maddison rivoleva a casa Keyra almeno quanto lui. Ma a differenza di Zayn, lei non poteva bloccarla. Solo lui ci poteva riuscire. E a costo di caricarsela in spalla, l’avrebbe riportata a casa.
 
 
Andò per sbaglio addosso ad una signora, investendola completamente. Si bloccò per non farla cadere e questa, dopo averlo guardare male, si lamentò andandosene. Si girò a guardarla, con un sorriso sulle labbra, divertito dalle parolacce che gli stava tirando dietro. Poi, come se si fosse accesa una lampadina nel suo cervello, si ricordò perché stava correndo. Si guardò intorno ancora, poi riprese a correre verso il cartellone delle partenze. Solcò con lo sguardo ogni treno in partenza, trovando quello che gli interessava.
Non era ancora partito.
Riprese a correre verso il binario, sentendo i polmoni stringersi incazzati da quella corsa. Forse era ora che smettesse di fumare, forse. Se lo ripromise mentre correva verso quel binario, ma sapeva che non l’avrebbe fatto. A lui piaceva troppo fumare per smettere.
Entrò nel primo vagone del treno, cominciando a camminare in esso velocemente, scrutando tutti i posti a sedere e cercando un solo viso, un solo sorriso.
Non trovò un sorriso, ma solo tante lacrime. Si fermò al secondo vagone, ancora scosso dal fiatone, proprio di fronte la sua ragazza che, con le cuffiette alle orecchie guardava fuori dal treno, piangendo come una disperata.
Si appoggiò al sedile, per riprendere fiato.
L’aveva trovata.
C’era seduto di fronte a lei un signore che la guardava dispiaciuto in quanto stava seriamente piangendo. Quando, sentendo Zayn arrivare si girò a guardarlo e capì che era lì per lei, fece un sorriso timido e di scuse.
Lo guardò e poi si mise seduto al fianco di Keyra, togliendo il suo zaino. Quando lei si rese conto del movimento, si girò a guardare chi fosse e asciugandosi gli occhioni castani, li sbarrò.
«Z-Zayn..» Balbettò, asciugandosi gli occhioni per non fargli vedere che stava piangendo. «Che diavolo..» continuò, rendendosi conto che era lì davvero. Le sorrise, inclinando leggermente il viso e guardandola. Era testarda e orgogliosa, ma era lì a farsi un pianto greco perché in fondo non voleva partire.
La vide guardarsi intorno, nel panico. Forse aveva paura solamente che il treno partisse oppure che con lui ci fossero tutti. L’aveva richiesto: niente addii struggenti.
«Dovresti scendere. Il treno sta per partire!»
«Che si fotta il treno. Io non scendo finché non chiariamo!»

La lasciò lì, a bocca aperta, a guardarlo con quegli occhioni lucidi di lacrime e un cipiglio incazzato che avrebbe fatto un baffo a tutti. Lei, la sua perenne incazzata!
«Ti prego Zayn!» Si lagnò, passandosi una mano nei capelli mezzi arruffati.
Scosse semplicemente la testa, accomodandosi meglio e vedendola con la coda dell’occhio fare una smorfia.
«Che dobbiamo chiarire, eh?» Domandò.
Si girò semplicemente a guardarla, a braccia incrociate. «Ad esempio che te ne sei andata via stamattina senza salutarmi!»
«Oh cristo!» Sbottò, alzando gli occhi al cielo. E istintivamente le diede un buffetto tra capo e collo, guardandola male per quell’alzata di occhi.
«Oh cristo? Sai che vuol dire alzarsi e non trovarti a letto? Sai che vuol dire sentirsi vuoti nel capire che sei partita lasciandomi con una lettera?» Sbottò, incazzato e ferito.
«Si!»
Si guardarono negli occhi, seri. Il momento della verità era arrivato, e pesava.
E anche tanto. Si scrutarono in silenzio, mentre lei assumeva quell’espressione adirata che tanto la caratterizzava. Poi, come se fosse stanca di portare con sé quella maschera, vide le sue spalle cedere sotto un peso invisibile e sospirò.
«Sai che non sarei partita se tu mi avessi accompagnato. Sai che non sarei partita se tu, questa mattina mi avessi svegliato con la colazione a letto come avevi detto. E non sarei partita neanche se tu mi avessi baciato, questa mattina!»
La guardò con dolcezza, sotto quella dichiarazione che pesava più di qualsiasi cosa.
«Basta un bacio per farti rimanere?» Domandò, sotto lo sguardo inquisitore del signore seduto di fronte a loro. La sentì sbuffare e dargli una gomitata, facendolo tornare a guardarla.
«Non giocare!»
«Chi è quella che ci ha fatto svegliare con degli scherzi? Niall ancora sta gridando!»
La sentì ridacchiare, con quella risata spensierata che gli piaceva tanto.
Come aveva potuto pensare di lasciarla andare? Come avrebbe potuto vivere senza quella presenza costante tra le palle, che lo faceva esasperare? Come aveva fatto per due lunghi anni senza di lei?
Capì, li dentro a quel treno, che lui non era così forte. Perché sapeva che se lei partiva, non sarebbe tornata.
La guardò ancora, perdersi nel panorama fuori da quel finestrino. «La segretaria della tua ginecologa ha chiamato.»
Le spalle tornarono rigide e lei, lentamente, tornò a guardarlo. Rimase in silenzio, a scrutare la sua espressione, cercando sicuramente di capire che cosa sapesse.
Vide il piccolo pomo d’Adamo alzarsi e abbassarsi, in ansia. «Ah si?»
«Già! Pensare che tu vada dalla ginecologa mi impressiona ancora. Ma ci siamo fatti una bella chiacchiera!»
Tornò a guardarla, trovandola a scrutarlo. Ancora.
Notò che stava irrigidendo la mascella, poi sorrise tristemente. «Quando pensavi di dirmelo?»
Non rispose a quella domanda, tornò solo a guardare fuori dal finestrino e piangere in modo silenzioso. Rimase lì, a guardarla e a scrutarla.
«Se richiamerà cosa devo dirle?»
Keyra tornò a guardarlo, arrossendo leggermente in zona guance, ma continuando a piangere in modo silenzioso. Odiava vederla piangere, ma non distolse lo sguardo dal suo. Notava quanto avesse paura in quel momento.
«Hai perso l’uso della parola?»
In quel momento passò il controllore, per controllare i biglietti. Odiava quella cosa che, pur essendo ancora fermi in stazione, i controllori già controllavano il biglietto.
«Biglietto prego!»
Scrutò attentamente Keyra dare il suo, poi impanicata guardò lui e si rivolse al controllore, con quel tono strascicato. «Lui scende prima che il treno parta.»
«Si muova, perché tra cinque minuti partiamo!»

«Quant’è che costa un biglietto fino all’aeroporto?» Chiese in direzione del controllore, accarezzandosi il viso ma guardando Keyra sbiancare.
«Oh no!» La sentì sussurrare, girandosi a guardarlo con gli occhi increduli.
«Se desidera farlo sul treno, verrà di più.»
«Quanto.. ho chiesto!»
«Dieci sterline più trenta di ‘multa’»

Alzò quel tanto il sedere per sfilare il portafogli dal jeans, sempre guardando Keyra che si muoveva innervosita al suo posto. Si stava agitando perché avrebbe dovuto parlare con lui per più di mezz’ora. Con la scusa che il treno stava partendo di lì a cinque minuti forse aveva sperato che la discussione fosse finita lì, ma se sperava che scendesse, sperava seriamente male.
«Zayn..» Ci provò a fermarlo, ma lui finalmente posò gli occhi sul controllore.
«Ha il resto?»
«Sicuro!»

Tirò fuori una banconota da cinquanta sterline e la diede all’uomo che si mise a scrivere qualcosa su un blocchetto. Tornò a guardare Keyra, che spostava lo sguardo dal controllore a lui, mordicchiandosi il labbro inferiore.
«Che pensi di fare?» Quasi lo ringhiò, guardandolo in tralice.
«Andare all’aeroporto!» Rispose del tutto tranquillo, tornando a guardare il controllore che strappò il foglio e glielo donò, dandogli anche il resto. «Arrivederci!» Disse in direzione dell’uomo, scrutando i suoi movimenti.
Quando lo ritenne noioso, posò di nuovo lo sguardo su Keyra che si mordeva il labbro inferiore.
«Che vuoi fare, decerebrato?»
Lo attaccò, come al solito quando si sentiva braccata, messa in un angolo.
«Andare all’aeroporto e prendere un volo.»
«Per dove?»
«Non lo so.. Tanto me lo posso permettere!»

Keyra, stanca di quella manfrina, tornò a guardare fuori dal finestrino, cercando sicuramente una tattica per farlo scendere dal treno. Oramai aveva imparato a conoscerla, sapeva cosa le passava per il cervello.
«Allora.. Cosa devo dire alla tua ginecologa se richiama?»
La sua ragazza neanche si girò, irrigidì solamente la mascella. Sapeva essere davvero molto fastidioso se voleva. E il fatto che lei irrigidisse la mascella significava che si stava innervosendo. Voleva proprio farla innervosire.
«Da quanto giri con soldi spicci? Non eri quello che si vantava di poter andare in giro con la carta di credito?»
«Sai che il cane del vicino oggi ha cagato nel mio giardino?
»
La scrutò girarsi a guardarlo, con le sopracciglia inarcate, forse domandandosi se era stupido o se ci faceva.
«Che cosa cazzo c’entra?»
«Ah scusa! Pensavo che si stavano trovando frasi a random per cambiare il discorso!»

Oh.
Quanto cazzo era divertente essere snervante? Di solito era lei che lo snervava, mentre quel giorno aveva il potere in mano. Si sentiva pieno di potere, di poter manipolare tutto. Lei era quella debole, quel giorno.
La vide sospirare e tornare a guardare fuori dal finestrino.
«Quando pensavi di dirmelo che eri rimasta incinta?»
Tornò a guardarlo, abbassando subito dopo lo sguardo quando si rese conto che il tono scherzoso era terminato e era cambiato in tono incazzato. Perché in fondo, lo era.
«O quando pensavi di dirmelo che hai abortito?»
Keyra rialzò per un nano secondo gli occhi nei suoi, poi tornò a torturarsi le mani e a piangere. Si sentiva uno stronzo, perché in fondo stava piangendo per il tono che aveva usato. Ma lei lo aveva tenuto ignaro di tutto, di essere rimasta incinta e che, purtroppo, aveva ucciso suo figlio. Senza chiedergli niente, senza decidere insieme, prendendo da sola la sua decisione.
A quel pensiero, si infervorò ancora di più, se possibile.
«Hai preso una decisione da sola, di nuovo. Senza chiedere prima a me, dannazione!»
«Dovevo!»
«Dovevi un cazzo!»
Sbraitò, facendo saltare sul posto il signore seduto di fronte a loro, e anche Keyra. Si girò a guardarlo incredula, di tutta quell’enfasi con cui aveva parlato. «Non siamo più i bambini di anni fa, Keyra! Cristo iddio, capisci che so decidere con la mia mente e che non ho bisogno della balia? Perché cristo non me l’hai detto?»
La mora rimase a guardarlo, un po’ ferita da tutta quella cattiveria e da quell’odio, un po’ impaurita forse, ma poco dopo riprese la sua forza.
«Perché si! Perché ancora non riesci ad accettare me al tuo fianco, pensa se riuscissi ad accettare un figlio.»
«Non sono cazzi tuoi di ciò che riuscirei ad accettare! Fatto sta che tu dovevi dirmelo. Era figlio mio!»
«Abbassa quel cazzo di tono, Zayn!»
Ringhiò, rizzando la schiena e facendosi forte come la conosceva. Eccola lì la sua Keyra, quella combattiva e non quella che si piangeva addosso. Ciò che, in fondo, aveva visto fino a quel momento. «Vuoi far sapere a tutto il cazzo di treno che ero rimasta incinta?»
«Me ne frego al cazzo, Keyra!»
Entrambi sapevano che quando usava il suo nome per intero era davvero incazzato. «Perché-non-me-l’hai-detto?» Scandì ogni parola lentamente, quasi ringhiando.
«Perché sei nel pieno della tua carriera. Perché un figlio avrebbe solamente rovinato il gruppo, perché sapevo che saresti rimasto a casa, lasciando quel gruppo. Sapevo che non te lo puoi permettere, perché avresti seguito il cuore e dopo te ne saresti pentito. Perché, a differenza tua, io penso anche al futuro. E tu, per quanto odi la popolarità, ami il tuo lavoro. Ami viaggiare, ami i tuoi amici, ami i One Direction, i tour, le fan. Quindi si, ho preso da sola una decisione perché in fondo, se non l’avessi fatto, tu avresti sbagliato!»
Strinse i denti, impedendo a quel moto di rabbia di rapirlo e ammazzarla di botte. Come osava pensare con il suo cervello?
La guardò respirare, riprendere fiato in quanto aveva parlato velocemente.
«Tu sei una perfetta idiota. Tu non hai fatto questo per me, ma per te! Ti stavi cagando in mano, ecco cosa!»
«E se anche fosse? Ho vent’anni Zayn!»
«Anche io, ma questo non significa che non dovevi mettermi al corrente che eri rimasta incinta di me, e che da brava egoista hai ucciso mio figlio senza chiedermi il permesso

Perse di nuovo la capacità di essere forte, che la caratterizzava, e si mise a singhiozzare appoggiata sulle sue ginocchia.
«Tu non me l’hai detto perché sapevi che ti avrei fermato. Ti fermerei in qualsiasi campo tu decida di allontanarti da me. Fai tanto la forte, ma in fondo hai ancora paura di noi, del nostro rapporto!»
Non rispose a quella frase, detta per metà con astio ma anche con tristezza. L’idea che lei avesse abortito perché aveva paura del loro rapporto, lo rattristava.
Sentirono entrambi il rumore del fischietto che annunciava la partenza del treno. Ma entrambi se ne fotterono.
«Da quanto lo sapevi?»
Keyra si girò quel poco a guardarlo, poi tornò a guardare le sue ginocchia, il pavimento. Tutto purché lui.
«Com’è successo?» Continuò con la raffica di domande che gli vorticavano nel cervello. Gli dispiaceva che stava insistendo, ma gli doveva delle spiegazioni.
«Le medicine che ho preso per l’operazione annullavano l’effetto della pillola!» Rispose, con tono che arrivava totalmente dall’oltre tomba.
«Lo sapevi?»
Si girò a guardarlo. «Certo che no, idiota. Se sapevo che annullava l’effetto della pillola e l’avessi fatto apposta, ti sembra che avrei abortito?»
Aveva ragione, in fondo. La guardò in tralice, rimanendo comodamente appoggiato al sedile sentendo il treno muoversi.
«E da quanto lo sapevi?»
«L’ho scoperto qualche giorno prima dell’arrivo della lettera.»
Si girò a guardarlo, pensierosa. Scrutando nei suoi occhi, deglutì e finalmente tutti i pezzi del puzzle andarono al proprio posto. Non avevano litigato per quello che aveva fatto, o almeno non solo per quello, ma anche per quella gravidanza.
«E non potevi dirmelo?»
«Come te lo dicevo? “Ehi Zayn, sono rimasta incinta! Creiamo la famiglia felice e contenta!” Ma dai!»
Sbottò, sospirando.
Si sentì gli occhi lucidi quando pensò ad un piccolo Malik che trotterellava in giro per casa. L’aveva sempre desiderato, lui era proprio portato per la vita casalinga, quella dove torni a casa e vieni investito dai tuoi figli, che ti danno il bentornato dopo una giornata faticosa. Quello che avrebbe letto le favole alla propria principessa prima di farla addormentare, magari raccontando come fiaba la storia di lui con la madre della bambina.
Solo l’idea che Keyra avesse ucciso ciò che era sangue dei loro sangue, lo fece tremare di rabbia. Perché lui non voleva figli di altre, ma di quella ragazza che stava seduta al suo fianco.
«E’ per questo che hai deciso di partire?»
La vide annuire distrattamente mentre giocava con un’unghia. «Si.»
«Perché sei una vigliacca e non avevi il coraggio di dirmi che hai abortito mio figlio, oppure perché l’idea di starmi al fianco nella menzogna di un parto non avvenuto ti avrebbe fatto sentire una merda?»

Come infilare il dito nella piaga, proprio.  Ma era seriamente avvelenato con lei. L’aveva  privato di suo figlio. Non aveva neanche potuto provare un moto di felicità o di panico alla notizia che era rimasta incinta. Semplicemente perché.. Non l’aveva avvisato.
La vide girarsi a guardarlo, con rabbia ma poi questa scemò, forse perché capiva che era davvero incazzato.
«Forse perché in realtà, non ti amo!»
Quelle parole lo trafissero con mille e mille aghi di ghiaccio, rimanendo lì a guardarla. La guardò e vide freddezza, ma semplicemente perché non lo stava guardando negli occhi.
Per un attimo tremò all’idea che non volesse più stare con lui, che non lo amasse, ma poi ricordò lei che piangeva meno di mezz’ora prima.
«Cazzate. Dimmelo guardandomi negli occhi, se è davvero così!»
Si girò a guardarlo, prima freddamente rimanendo a fissarlo. Aprì la bocca e per un nano secondo ebbe l’ansia che ci riuscisse, ma poi la richiuse, sconfitta. Gli occhi si velarono di altre lacrime, e l’unica cosa che riuscì a fare è piegarsi e darle un bacio. Perché era come un'ape lui. Non era in grado di resistere al nettare che erano le labbra di Keyra.. O Keyra stessa. Delicato, come un battito di ali.
E lei vi cedette. Completamente. Si lasciò andare tra le sue braccia, appoggiandosi a lui come un naufrago in cerca di aiuto. Come un uccellino in procinto di cadere dal nido. Perché si sa, quando un uccellino cade dal nido, la sua vita è già finita. «Non dirmi queste cazzate sperando che ci creda, Keyra. Potevo crederci due anni fa, ma oramai ti conosco. So che non parti perché non mi ami..»
«Sarebbe meglio se fosse così.»
«Vorresti che fosse quello il motivo?»

La vide annuire, mentre si nascondeva con il viso tra le mani, per nascondersi da lui, dal mondo intero e forse anche da se stessa. Perché non c’era cosa che l’impauriva di più.. Lottare con se stessa.
«Perché stai partendo?»
«E’ meglio così. Non sono in grado. Non sono in grado di essere perfetta. Non sono in grado di essere una fidanzata modello. Non sono in grado di essere la cognata o nuora che tua madre vorrebbe. Non sono in grado di essere una buona persona per te.»

Non la finiva di lamentarsi, di se stessa, dello schifo che lei credeva di essere. Continuava imperterrita a farsi le sue seghe mentali.
«Non sono in grado.. Di tutto Zayn! E tu dovresti capirlo, seriamente.»
«Non lo capirò mai.»
«Ho ucciso tuo figlio.»
Quella frase rimase in sospeso nell’aria, mentre Keyra rimaneva appoggiata alla sua spalla, consapevole che non sarebbe riuscita a fare un discorso del genere guardandolo negli occhi. Leggendovi la disperazione di quella verità. Perché in fondo, sapeva che alla fine sarebbe sceso da solo da quel treno. Sconfitto.
«Questo dovrebbe farti capire che non sono in grado di badare a nessun’altro che non è me. Per un minimo di secondo, quando ho scoperto che ero rimasta incinta, sono stata.. contenta. Ho sempre fantasticato su un figlio nostro,  su quanto ti avrei reso..» le parole le si bloccarono in gola, mentre tornava a singhiozzare. «..orgoglioso. Per una volta.. saresti stato orgoglioso anche di me..»
Pensava seriamente che non fosse orgoglioso di lei? Aveva fatto tanti di quei passi da gigante per essere quella ragazzina impaurita che era alle superiori. E lei non lo riusciva a credere. Lui era sempre stato orgoglioso di lei, perché a differenza sua, aveva messo da parte la paura per aiutarlo, anche essendo ferita da tutte le scoperte che aveva fatto su quei due anni. Aveva messo da parte la vergogna, e aveva permesso a lui di amarla, anche se per poco. Ma poi era ricaduta nel baratro di due anni prima. E solo quel giorno capì che purtroppo, Keyra, non avrebbe mai messo da parte quella paura.
«Ma poi, come ogni volta che non sono al tuo fianco, ho capito quanto fosse grossa questa cosa e.. ho ceduto. Non sono riuscita a trovare una, dico una cosa che..» Deglutì e finalmente uscì da quell’angolino di spazio che si era creata sul suo petto, per guardarlo.
«..potesse farmi vedere il buono in ciò che era successo. E ho preferito non dirti nulla perché, a differenza di ciò che pensi tu, io sono sicura di aver fatto la cosa giusta. Perché non sono.. in grado!»
Lo guardò per un secondo, dispiaciuta. Lo era davvero, si era messa a nudo dalla sua paura rendendolo partecipe di un qualcosa che non credeva esistesse in Keyra. La paura di essere importante per qualcuno. Quello lo capì in quel momento, su quel treno diretto all’aeroporto.
«Mi dispiace!»
Strinse la mascella, abbassando – quella volta – lo sguardo per primo, distrutto. Lo stava lasciando, di nuovo.  
Come aveva potuto pensare che sarebbero riusciti a creare qualcosa? Come poteva?
«Avevi promesso che ci avremmo provato.»
Non rispose subito a quello, ma con la coda dell’occhio la vide scuotere leggermente la testa, sconsolata.
«Non sono in grado Zayn. Perché non lo capisci che io sono sbagliata per essere la ragazza di qualcuno e.. la madre di qualcuno?»
«Perché a differenza tua vedo il buono che c’è in te.»
«Vedi male, perché io sono marcia. Te lo posso assicurare. Non sarei in grado di amarti come vorresti. Tu vuoi la storia perfetta, io ti posso dare un terzo di quello che qualunque altra donna ti darebbe. E un figlio mio, non avrebbe l’amore che meriterebbe perché..» Si girò a guardarla e, per un secondo si perse a guardare quel viso che scrutava il panorama fuori dal finestrino, che schizzava via velocemente. Non era lì con lui.. Pensava, pensava ad un futuro che.. Non li avrebbe visti insieme.
Come sperava lui. E come, forse, da una parte sperava lei.
«Io voglio solo il bene per te.» Se ne uscì, ad un tratto.
«E sei tu quel bene.»
Ancora scosse la testa, si girò a guardarlo e gli sorrise. Sorrise dolcemente come un’amica. Un’amica.
«Zayn.. Capisci che non sono in grado di amare? Non ho un concetto di famiglia. Ringrazierò per sempre la famiglia Smith, ma ho sempre pensato che io, in tutto quell’amore, stonavo. Sono nata da una storia finta come una banconota da una sterlina. Sono cresciuta con la consapevolezza che un genitore può non amare suo figlio, tanto da darlo via. Sono cresciuta in un finto amore familiare, nascondendo la gelosia.. la rabbia!» Tornò ad abbassare lo sguardo, aprendosi per l’ultima volta a lui.
Seriamente pensava quelle cose di se stessa? Della sua famiglia che tanto amava? Era riuscita a fingere così bene per vent’anni della sua vita?
«Ma che stai blaterando, Key?»
«La verità. Ecco chi sono realmente. Ecco cosa penso ogni sacrosanto giorno. Io sono circondata da pena, da finto affetto e finta familiarità. Non sarei in grado di dare amore ad un figlio tuo. Perché, al tuo fianco, stonerei. Io stono ovunque, Zayn!»

Cominciava a sentire un accenno di mal di testa. Tutte quelle informazione in poche ore lo stavano facendo sentire male.
«Tu saresti il genitore dolce e comprensivo, io la stronza dittatrice. Tu quello che gioca con i propri figli, io quella che li tiene a debita distanza per paura. Stonerei, capisci?»
La guardò, cercando di scrutare dentro quegli occhi che credeva di conoscere ma che in realtà, non conosceva affatto.
Davvero Keyra pensava quello di se stessa, di ciò che la circondava? Davvero Keyra era così.. marcia come diceva?
«Potrei insegnarti..» Se ne uscì, ad un tratto. Aggrappandosi a quel poco di corda che era rimasta, sentendo le mani sudate e il tessuto scivolare lentamente. Di li a poco avrebbe fatto un volo di sola andata nella disperazione.
«Puoi si, ma è difficile insegnare qualcosa a chi, in realtà, non vuole imparare. Perché posso provarci, ma non ci riuscirei.. Tornerei sempre a vedere quanto sono marcia. E tu, questo non te lo meriti..»
«Perché lo credi, perché credi che non sei ciò di cui ho bisogno?»
«Non vuoi capire allora, Zayn!»
Sbraitò, furibonda. Si girò a guardarlo e subito dopo uno sguardo incazzato, lo guardò con dolcezza. Gli prese la mano e, insieme, si deliziarono di quella tipica scossa di piacere che li attraversò.
«Prossima fermata..»
Quel treno non l’avrebbe portato all’aeroporto. Non avrebbe fatto fino al capolinea. O meglio, il suo capolinea era già arrivato. Lo capì subito.
«Quindi mi stai lasciando!»
«Quand’è che ci siamo messi insieme?»
«Nell’atrio di casa tua, me l’hai chiesto tu..»
Rispose con tono dall’oltre tomba, guardandola. Sembrava che, lì davanti a lui, ci fosse una straniera. Non sembrava che la conoscesse, si sentiva ansioso di averla davanti.
«E tu scemo che mi hai creduto. Dio Zayn, sei ancora così ingenuo.»
«Sono innamorato!»
Ammise, con tono dolce. Lei, lo guardò e sorrise dolcemente.
«Di una stronza marcia!»
Si morse il labbro inferiore mentre lei si alzava, tirandolo per il braccio e facendolo alzare. Mano nella mano lo condusse verso le porte del treno, dove sarebbe sceso di lì a poco. Lo stava conducendo verso l’oblio, con quelle carezze fatte con il pollice sul dorso della sua mano. Lo conduceva verso l’oblio fregandolo, donandogli una passeggiata più tenue, come se non volesse renderlo partecipe del male che fuori da quel treno, avrebbe provato.
Ferma di fronte alle porte, in attesa che il treno si fermasse, la guardò. Scrutò quel profilo che credeva di conoscere, che credeva di vedere per il resto della sua vita.
In quel momento non si sentiva Zayn malik dei One direction. In quel momento non si sentiva Zayn Malik, ventenne di Bradford e bullo.
Non si sentiva niente.
Il vuoto.
«Una domanda solo..»
Si girò a guardarlo, alzando un sopracciglio, poi annuì.
«Non mi hai mentito quando mi dicevi che ti piacevo, vero?»
La guardò scrutarlo, poi sorridere con tanta di quella dolcezza che si sentì il cuore battere nelle orecchie. Era di quel sorriso che si era innamorato. Era di quel sorriso dolce che pensava di svegliarsi ogni mattina. E invece sbagliava.
«Certo Zayn. Quella è stata l’unica cosa su cui non ho mai mentito. Ti amo, e sempre lo farò. Non sempre le persone che si amano debbano per forza stare insieme. A volte si fanno giri enormi, ci si incontra, ma ognuno ha la propria strada da seguire. Si può camminare al fianco per qualche tempo, ma poi ci sarà sicuramente un bivio. Tu credevi di amarmi, oggi hai scoperto la vera Keyra. La Keyra marcia. Eccolo il tuo bivio.»
Abbassò la testa, rendendosi conto che quelle parole erano vere. Aveva ragione, dannatamente ragione. Era in un bivio. La Keyra marcia o la vita senza Keyra. E lei lo conduceva verso la vita senza Keyra, con l’inganno. Piccole carezze, sorrisi, per poi buttarlo di sotto, spingendolo e dicendogli che andrà tutto bene.
Aveva ragione?
Il treno si fermò sempre più lentamente, insieme al suo cuore. Era un addio. Non l’avrebbe più vista.
Continuò ad accarezzargli la mano, delicatamente. E quando il treno si fermò, fece aprire la porta cliccando sul bottone. Un vento gelido lo colpì. Scese da solo, senza l’aiuto di Keyra. E lì, fermo su quel marciapiede, la guardò ferma sulla porta.
«Non te ne andare.»
«Devo.»
Scese quello scalino che la divideva dal suo mondo, cominciando a sentire il freddo gelido entrargli nelle ossa e la sensazione di essere da solo. La guardò e la vide sorridere, sempre con dolcezza.
«Mi raccomando non fare cazzate Zayn.»
«Non te ne andare.»
«Ti prego..»
Si piegò a sfiorargli le labbra, con delicatezza. Occhi negli occhi, un sorriso sulle labbra che lo traeva in inganno. Lo stava fregando, lo sentiva. «..Non posso. Devo andare!»
Lo sussurrò sulle sue labbra, continuando a guardarlo negli occhi. Tornò a drizzare la schiena, lentamente e senza staccare gli occhi dai suoi.
Si guardarono a lungo, come se il tempo si potesse fermare o.. semplicemente era una sensazione sua. Sapeva che quella era l’ultima volta che la vedeva. Almeno lui. Non aveva motivo di smettere di vedere il resto del gruppo, ma con lui ci sarebbe stato un troncamento definitivo.
Forse per salvarlo, forse per salvare se stessa. Fatto sta che non avrebbe più visto quel sorriso, quegli occhioni malandrini e non avrebbe più sentito i suoi sbuffi perché era stanca di sentirlo blaterare.
Gli salirono le lacrime agli occhi, sapendo che non aveva più voce in capitolo. Keyra non voleva essere salvata da quello che lei vedeva come un baratro senza fine.
«Non fare stronzate Zayn! Promettimelo.»
La guardò e annuì. Ma lei smise di sorridere in quel modo rassicurante, mentre il freddo di quel giorno lo invadeva.
«Promettimelo.»
«T-Te lo prometto!»

Tornò a sorridere, felice di averglielo sentito dire e gli accarezzò la guancia.
«Bravo cucciolo!» Si tirò indietro nello stesso momento in cui il tipico suono del treno preannunciava la chiusura delle porte. La guardò oltre quel vetro spesso, continuare a sorridere in modo dolce.
Parve risvegliarsi con gli occhi lucidi di Keyra. Di nuovo, stava per scoppiare a piangere e lui non poteva fare niente. Perché continuava a piangere se non voleva essere salvata? Perché sapeva che avrebbe pianto tutte le lacrime in quel treno?
Nessun saluto, nessun “ci sentiamo presto”. Niente di niente. Guardò andare via il treno con sopra quella che credeva essere la sua futura moglie. Anche sapendo che lei non si sarebbe voluta sposare, aveva sempre saputo che avrebbe avuto lei al fianco. Sposati o non, lei era quella destinata ad essere al suo fianco. E allora perché..
Era lì, da solo, su un vagone pieno di gente che camminava per arrivare in tempo a lavoro? Perché non c’era Keyra con lui, a stringergli la mano?
Solo.
Guardò il lato dei binari dove il treno di Keyra era sparito, sperando di vederlo tornare indietro. Ma non successe.
A differenza di due anni prima, non pianse. Forse perché era consapevole che era davvero arrivata la fine di loro, che non ci sarebbe stato nessun futuro per la loro coppia. Forse perché erano cresciuti e sapeva che Keyra, quando si metteva in testa una cosa, non tornava indietro. Quello che aveva fatto due anni prima, ma a differenza di due anni prima.. Quella volta ce l’aveva portata lui sulla strada del lasciarlo.
Perché era un coglione, perché pensava che fosse tutto sbagliato. E lei lo aveva seguito, dandogli man forte in quella cosa sbagliata, che sapevano entrambi avrebbe portato  al dividersi. Per sempre.
A volte aveva pensato che alcune persone non erano destinate a stare insieme, a essere nella sua vita. Una persona normale l’avrebbe accettato, ma lui era testardo. E le avrebbe provate tutte, per poter far funzionare quella cosa.
Semplicemente però, su quel binario, capì che la strada che aveva intrapreso con Keyra si era andata a dividere. Lui aveva preso un imbocco della strada sbagliato e diverso da quello di Keyra. Invece Keyra aveva seguito il consiglio dei cartelli, continuando sulla strada principale. E quei cartelli era stato semplicemente lui a metterceli.
Perché se non fosse stato per il suo stupido gesto, Keyra non avrebbe mai seguito quella strada. Lei era una libertina, quella che seguiva i sentieri non asfaltati e andava avanti per la propria strada.
Ma nel trovarsi ad un bivio, aveva deciso che forse, prendere quella era l’unica cosa buona che poteva fare. Per salvare entrambi. O forse solo se stessa.
Era pronto a lasciarla andare? Era pronto a impedirle di credere che potessero essere di più che due semplici ragazzi che si erano incontrati a scuola?
Potevano superare gli ostacoli creati da se stessi, per andare avanti insieme, mano nella mano?
Lui era disposto. Ma lei?
No.
Perché era salita su quel treno, avrebbe ripreso un altro aereo che l’avrebbe portata via da lui, di nuovo. Seguiva il consiglio del suo cervello.
Che bastardo la conduceva verso una strada che Keyra era sicura di conoscere. Quella delle cose marce. Lei si sentiva marcia e da marcia doveva rimanere sola. Era il suo cervello a farglielo credere, ma lui sapeva che non era così.
Sapeva che poteva amare, ce l’aveva fatto sentire per due anni, in quei tre mesi. Si era sentito la persona più amata in quel mondo, senza rendersene conto.
In un modo tutto suo Keyra era riuscito ad amarlo come nessun’altro ci era mai riuscito. Era riuscita a fargli toccare la pace dei sensi, la pace interiore. Perché in fondo, anche lui era un dannato.
Lei però, lo pensava ogni giorno, mentre Zayn solamente quando non era insieme a lei. Anche lui si sentiva fuori luogo, ovunque. Non si sentiva adatto a fare il ragazzo, l’amico perfetto. Ma lo era, in qualche modo chi gli stava al fianco sapeva che, quando voleva, poteva essere un amico perfetto. I suoi quattro amici l’avevano capito, e l’avevano accettato.
Sentì la suoneria del suo cellulare ma proprio come quella mattina, non rispose subito. Lasciò passare il tempo, sempre guardando quei binari che avevano portato via Keyra. Il cellulare smise di suonare, ma poi ricominciò. Una seconda chiamata.
Perché la gente non capiva che, se non rispondeva, c’era un cristo di motivo? Fece scivolare via il cellulare dalla tasca e vide la foto di Niall.
«Cosa c’è?» Rispose, senza staccare gli occhi dai binari, sperando con tutto il cuore che quel treno tornasse indietro, riportandogliela nella sua vita. Ma più lo sperava e più sembrava che quel treno non sarebbe tornato. Era tutto finito.
Ascoltò Niall parlare velocemente, poi finalmente staccò gli occhi dai binari e guardò il binario.
Sentì un qualcosa salirgli nelle vene, una consapevolezza. La consapevolezza.
Attaccò il cellulare prima di far finire di parlare Niall. «L’ammazzo!» Disse solo quello. Ed era sicuro che Niall potesse capire a chi si riferisse.
Chiusa la chiamata, chiamò un solo numero mentre si dirigeva verso l’uscita.
Il passo sostenuto, che poteva sembrare frettoloso o semplicemente un passo veloce. Solo lui sapeva che quelle gambe non vedevano l’ora di trovare un taxi, che l’avrebbe portato da una sola parte.
Ad un aeroporto.
«Paul.» La loro guardia del corpo rispose incredulo a quella chiamata. «Ho bisogno di un aereo!»
Si diresse verso la fermata dei taxi e salì sul primo che trovò libero. Guardò l’uomo seduto al posto del guidatore.
«Per favore, mi può portare a Gatwick?»
L’uomo panciuto annuì in silenzio e mise in moto il taxi, per poi fare un’inversione a u che avrebbe fatto piangere chiunque.
«Paul, non hai capito. Ne ho bisogno! Adesso
 
I want you, nothing else, just you!
 
Note dell'autrice: 
Salve bella gente. Eccovi il penultimo capitolo. Stiamo per arrivare alla fine di questa storia e di questa serie. 
Il capitolo non è lungo come al solito, ma non vi preoccupate che l'ultimo capitolo è molto più lungo. E per questo vi chiedo più tempo del previsto per scriverlo. Alcuni pezzi dell'ultimo sono già scritti da mesi, ma bisogna sistemarli e aggiungerne altri, quindi mi servirà più tempo.
Per voi, Zayn riesce a fermarla oppure no? Come avete preso la storia della gravidanza? 
So che può sembrare il finale scontato, ma continuo a dirvi di non dare le conclusioni subito, perché.. (: Non ve lo dico perché. Ho lasciato così la fine di questo capitolo perché mi piace. Lasciarvi nel dubbio mi piace. Zayn riuscirà a far cambiare idea a Keyra? E.. non lo so, sapete?
Vi ho lasciato un capitolo solo descritto da Zayn. Perché è lui quello che non è pronto a lasciarla. Infatti non smette di pensare che loro sono fatti per stare insieme e fa di tutto per farle cambiare idea. E' frustrato, non riesce neanche a credere che si siano lasciati. Quindi parte senza pensarci due volte, per un ultimo tentativo.  
Vabbeh, spero che il capitolo sia di vostro gradimento. Se non lo è, me lo fate sapere? Vi ringrazerei infinitivamente. 
A me ovviamente il capitolo non mi entusiasma. Cioè, da una parte si, dall'altra no! Per me descrivere Zayn è sempre stato difficile, è molto più enigmatico di Keyra. Anche se la mora non scherza. Però volevo rendervi partecipe di ciò che gli passava per il cervello (e cioè il nulla) mentre si lasciavano.
Ok, bando alle ciance.
Fatemi sapere se è di vostro gradimento. E se non lo è, mi dispiace! Seriamente. ♥ Vi amo tutte/i. (perché si, ho anche lettori maschi. Mi sento una figa, ahahahaha no, scherzo)

 
   
 
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