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Autore: Jules_Black    15/07/2013    7 recensioni
Ottawa.
Radio Voice ha trovato un nuovo spocchioso conduttore che, in poco tempo, è divenuto la star radiofonica del momento: Duncan Rogers.
Allo stesso tempo, Mr. Holmes ha deciso di andare in pensione e di lasciare la sua società legale multimilionaria nelle mani di due avvocati di successo: Courtney Adair e Matt Jones.
Le vite dei tre si incontrano a causa di una denuncia del signor Smith, anzianotto, molestato dai rumori che il suo vicino di casa, Duncan Rogers, produce ogni notte a causa dei numerosi amplessi.
A tutto ciò si aggiungono un maniaco che sembra conoscere le opere di Shakespeare a menadito, fastidiosi fantasmi che sono riemersi dal passato e attrazioni quasi fatali.
Perché, come ci insegna Courtney, non ha molto senso aspettare ciò che non si vuole.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Nuovo Personaggio | Coppie: Duncan/Courtney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Voice.
Capitolo uno: “Letters from somewhere.”

 

When you see my face, hope it gives you hell,
hope it gives you hell.
When you walk my way, hope it gives you hell,
hope it gives you hell.
[The All-American Rejects, Gives you Hell]

 
 

Bzzzz.
“Buongiorno, Ottawa. Anche oggi,
direttamente dalla sede centrale della
Radio Voice, sono pronto a rallegrare
il vostro altrimenti noioso lunedì mattina.
Chi è che parla? Duncan Rogers, naturalmente.
E sono pronto per darvi la carica con un bran-…”
 
Courtney Adair spense la radio, sbuffando pesantemente. Non aveva ancora imparato a evitare il frequenza 133.2, là dove Radio Voice permetteva a quello stupido di Duncan di condurre un programma radiofonico tutto suo, ogni singola mattina della sua triste vita. E lei – lei che ancora stentava nel trovare un lavoro alla sua altezza – era costretta a osservare, impotente, la sua crescente popolarità, con quel brutto muso che spiccava a ogni angolo, complice la campagna pubblicitaria di Radio Voice. Quello sguardo azzurro slavato la fissava quando era in coda alla casa del supermercato, quanto sostava in attesa che il semaforo divenisse verde, quando si recava nella sede amministrativa della società legale per cui lavorava. Era ovunque.
E ciò che le arrecava maggior fastidio era il fatto che i direttori pubblicitari della Radio Voice avevano deciso persino di tappezzare le strade con il suo brutto muso da scimmione, essendo Duncan la star radiofonica del momento.
Non c’era persona a Ottawa che non seguisse con affetto e devozione le sue due trasmissioni radiofoniche, quella delle otto e quella delle ventidue. In particolar, le fan – donne, ovvio – più accanite amavano il momento della “Duncan’s lovable midnight”, un siparietto notturno in cui l’anima profondamente esibizionista del ragazzo emergeva: leggeva una poesia d’amore per la fan del giorno, che egli appositamente sceglieva tra tutte quelle che gli inviano mail, messaggi, video e foto.
Courtney guardò con astio la radio, sospirando rumorosamente. Non c’era giorno in cui, quando ancora aveva la bocca impastata e gli occhi gonfi, a salutarla per primo non fosse lui. Resistette alla tentazione di rovesciare il caffè lungo direttamente sull’apparecchio radiofonico e con astio crescente si diresse verso la cabina armadio, dove una serie di completi rigorosamente beige mostravano al mondo quanto la sua esistenza fosse triste e grigiastra. Ne prese uno a caso e si chiuse in bagno, sperando che il nervosismo sparisse dopo una doccia fresca. Un’assurda seduta in tribunale l’aspettava e ancora non aveva ben capito chi dovesse esattamente difendere.
***
– Adair, a rapporto!
Il suo capo la chiamò, strillando come un ossesso. La sventurata Courtney si alzò dalla sua scrivania ingombra e straripante e si diresse verso l’ufficio di Mr. Holmes, un vecchio bacucco inglese che sfoggiava vari titoli nobiliari.
– Cosa succede, Mr. Holmes? – sospirò la giovane, avvicinandosi alla scrivania del capo.
– Succede che sei una scellerata… Hai preparato le carte per il processo di oggi?
– Una per una, in doppia copia.
– L’orario della seduta?
– Le sedici, signore.
– Linea di difesa?
– Il nostro cliente è completamente all’oscuro dei danni arrecati al signor Smith dalla sua popolarità.
In verità, Courtney non aveva nemmeno controllato il nome del cliente: la sua segretaria le aveva riferito che si trattava di una specie di celebrità e che il caso era dei più semplici: il vicino di casa si lamentava semplicemente del rumore che le performances sessuali della star generavano. Il povero signor Smith era costretto a dormire con i tappi per le orecchie.
­– Bene, signorina Adair, molto bene – replicò Mr. Holmes, giungendo le mani sotto al mento e squadrandola da capo a piedi. Courtney arrossì vagamente.
– E per questo – proseguì il vecchio con tono pomposo – potrei iniziare a valutare la sua promozione.
Courtney per poco non svenne dallo spavento. La parola “promozione” in bocca a Mr. Holmes assumeva un significato ancora più profondo di quello originale: nessuno era mai stato “promosso” da Mr. Holmes, se non Matt Jones, l’affascinante avvocato che lavorava nell’ufficio accanto.
– Credo che tu e il signor Jones potreste essere una bella squadra… Senza contare che io sto malamente invecchiando e ho bisogno di lasciare a questa società dei degni eredi.
Gli occhi di Courtney lanciavano fiamme; strinse i pugni per contenere l’eccitazione.
– Mr. Holmes, è un’opportunità incredibile – boccheggiò la donna.
– Dice bene, signorina Adair… Dice bene! Ora la prego, pensi al processo di questo pomeriggio. Avremmo tempo per concordare tutti i dettagli – la congedò l’uomo, con un sorriso benevolo. Courtney lo ringraziò di nuovo. Mentre chiudeva la porta, una vampata di calore la investì in pieno. Lavorare al fianco di Matt Jones in qualità di amministratore della società. Aveva un che di epico.
– Court, ci sei?
La sua segretaria, Amanda, le stava – da circa trentotto secondi, poi – sventolando una mano davanti al naso. Courtney si ridestò con un sobbalzo.
– Uh, Amanda. Dimmi!
– Sono arrivate due lettere per te – le spiegò, porgendole due buste, la prima ricoperta di timbri, la seconda completamente bianca.
– Uhm, saranno ulteriori documenti per il processo di oggi! – ipotizzò la donna, sedendosi alla sua scrivania. Strappò l’involucro della prima. Lesse poche righe e poi la posò.
– Allora? – domandò, avida, Amanda.
– Nulla, solo non so che richiesta del signor Smith… Vuole denunciare il tizio per atti osceni in luogo pubblico. Peccato che la star ha avuto la decenza di darsi da fare in casa sua.
– La seconda?
Courtney prese la seconda busta e la aprì. All’interno, solo un biglietto. Lo prese, con uno strano presentimento.

 

“Se, per baciarti, dovessi andare all’inferno, lo farei.”

 
Courtney rimase sconcertata. Non c’era una firma, non c’era un indirizzo, un qualsivoglia tipo di recapito. Solo quella frase battuta al computer, una frase di Shakespeare, tra l’altro. Alzò gli occhi dal misterioso biglietto e trovò solo il viso di Amanda, eccitato, a guardarla.
­–  Che roba è? – le chiese la pettegola segretaria, pronta a strappare dalle sue mani il rettangolo di carta.
– Un… Promemoria – rispose sbrigativamente Courtney, atteggiamento che fece insospettire ancora di più la donna.
– Uhm, io torno di là.  Se hai bisogno di qualcosa, chiama. Ti vedo pallida.
Così dicendo, la donna sparì oltre la porta.
***
 C’era qualcosa di surreale nell’aria e Courtney Adair riusciva a percepirlo chiaramente mentre guidava verso il terzo dipartimento del tribunale. Aveva ignorato bellamente il viale tappezzato dalle foto di Duncan e ora si godeva la brezza primaverile che, filtrando dal finestrino, le scompigliava appena i capelli. Per la prima volta in tutta la sua vita si sentiva “calma”. In pace con se stessa e con il mondo, in pace con ogni essere che respirasse. In pace persino con Gwen. C’era qualcosa di mistico nella maniera in cui il karma aveva deciso di attivarsi e mettere fine a una serie di sfortunate giornate: la promozione imminente, il bigliettino d’amore, la prospettiva di vincere sicuramente il processo che tra poco sarebbe iniziato.
Con un gesto genuino si ravvivò i capelli e sospirò, contenta. Forse avrebbe persino iniziato un corso di yoga. A dimostrazione della perfezione sublime della giornata, vi fu il reperimento quasi istantaneo di un posto dove parcheggiare l’automobile costosa. Entrò nell’edificio che ospitava il tribunale con una certa fierezza e un con uno scintillio quasi perverso che le accendeva lo sguardo. Scarpe costose e abito che, seppur beige, valeva più di due stipendi. Sorriso luminoso. Capelli setosi. La sua pelle esprimeva da tutti i pori una sola parola: “vittoria”. Si passò la punta della lingua sulle labbra e si avvicinò alla porta della sala d’attesa, là dove avrebbe incontrato il suo cliente.
Aprì la porta, carica di aspettativa. Se il mondo aveva davvero deciso di farle un favore, avrebbe trovato ad aspettarla un ricco produttore televisivo incredibilmente bello, con muscoli da urlo e occhi che l’avrebbero spogliata non appena avesse messo piede lì dentro. Con le viscere che le ribollivano di aspettativa, aprì la porta.
E, in quell’unico, odioso, malefico istante, tutte le sue aspettative si sbriciolarono.
Ad aspettarla, con un sorrisetto ironico e uno sguardo divertito – l’aveva davvero spogliata con gli occhi! – c’era Duncan Rogers.
– Come sempre sei in perfetto orario, Principessa.
***
Se avesse in quel momento avuto un infarto o un possente aneurisma cerebrale, certo non sarebbero stati pari allo shock provato quando si dipinse davanti ai suoi occhi il volto serafico di Duncan – per non parlare del “Principessa” con cui l’aveva salutata e che aveva, per un millisecondo, fatto riemergere vecchie (e piacevoli, per quanto detestasse l’idea di ammetterlo) sensazioni.
Boccheggiò.
– S-sei tu la star che devo… D-difendere?
– Vuoi dire il toro da monta che ha danneggiato l’apparato uditivo del signor Smith?
– Datti tutti gli appellativi che vuoi, troglodita.
Duncan ridacchiò e poi le fece cenno di sedersi accanto a lui, sul divano di pelle bianca.
–  Nemmeno morta. Il mio completo Chanel potrebbe risentire della tua vicinanza – sibilò, a denti stretti, con l’istinto che le diceva di fuggire via a gambe levate e di scappare da quella stanzetta profumata.
–  Il tuo completo Chanel farebbe meglio a disintegrarsi – sussurrò lui, perverso e quasi eccitante; Courtney rimase ferma, immobile, tratteneva persino il respiro.
Perché una parte del suo cervello, quella razionale, quella ancora non appannata, le diceva di correre via a gambe levate.
Ma l’altra – e quello era il vero problema – le diceva solamente di spogliarsi e gettarsi tra le braccia dell’uomo che per anni aveva continuato a ferirla e che, dopo tre anni, ricompariva nella sua vita, proprio quando tutto stava andando per il verso giusto.
Con un fremito, deglutì.
–  Le tue proposte indecenti mi danno la nausea – sibilò, con voce metallica e concitata. Duncan sorrise, sardonico.
–  La verità, Principessa, è che sei diventata talmente algida che difficilmente ti farei anche una sola proposta indecente – rispose lui, sprezzante, con un tono che non ammetteva repliche.
Courtney strinse le palpebre e non reagì.
–  E poi, parliamoci chiaro… Posso avere tutte le donne che desidero. Dovrei accontentarmi di un avvocato scialbo e frigido?
–  Il problema è che stai facendo i conti senza calcolatrice, mio caro. Io non acconsentirei mai ad avere un qualsiasi rapporto con te, di qualunque tipo. La nostra stentata “collaborazione” finirà alle diciassette in punto, quando io avrò vinto il processo e tu sarai libero di proseguire nella tua attività di inseminatore di star rifatte.
–  Stai morendo dalla voglia di baciarmi da quando sei entrata, Principessa.
Courtney per poco non scoppiò a ridere nervosamente.
–  Tu lo stai facendo, caro.
Il battibecco venne interrotto dall’arrivo di un ospite inatteso. Matt Jones fece capolino e osservò la strana scena con una sorta di astio e curiosità evidenti.
–  Interrompo qualcosa?
–  No, Matt – si affrettò a rispondere Courtney, allontanandosi da Duncan (quando si erano avvicinati così tanto, poi?).
–  Comunque il processo sta per iniziare, Court. E, comunque, grande bel completo. Chanel?
Courtney annuì, soddisfatta. Matt Jones era una sottospecie di icona di stile, con i suoi completi creati su misura e il sorriso affascinante e il filo di barba tanto virile. Duncan mormorò qualcosa di troppo villico in sottofondo.
– È questo… L’accusato? – domandò Matt, osservando con una sorta di disgusto il crestino verde e la maglia bucherellata di Duncan. Il suo sguardo scivolò poi sulle scarpe da basket rosse.
– Intendi dire il porco che non sa nemmeno moderarsi durante un atto sessuale? – sbottò Courtney, riservando a Duncan un’occhiata di puro disgusto.
– Andateci piano con i complimenti. Potrei arrossire – replicò il suddetto “porco” con un tono di puro sarcasmo. Courtney gli riservò un’altra occhiata gelida.
– Come mai il signor Holmes ha deciso di prendere sotto la sua ala questa sottospecie di star radiofonica? – domandò a bassa voce Matt alla donna che gli stava accanto. Courtney fece spallucce, come a voler far capire che lei fosse totalmente estranea alla deplorevole vicenda.
– E poi – proseguì Matt, tutto infervorato – noi non difendiamo solo clienti con il portafoglio come minimo strabordante?
Courtney fu costretta a sospirare in maniera piuttosto evidente per poi proseguire la spiegazione a bassa voce.
– Lo so che la maglietta fa molto “barbone”, tuttavia, e non sai quanto mi costa ammetterlo, il tipo guadagna più di noi due insieme – spiegò, come se stesse rivelando la dinamica del delitto perfetto. Matt boccheggiò qualcosa di inconsulto, prima di scuotere ampiamente la testa e lasciare la stanza che nel mentre sembrava essere divenuta soffocante.
– Il tuo amico ha qualche problema di autostima, Principessa? – mormorò Duncan, non appena Matt fu uscito.
– Sta’ zitto, miserabile – replicò lei, guardando l’orologio con una certa ansia. Duncan approfittò del fatto che fosse momentaneamente distratta per avvicinarsi a lei.
– Allontanati.
– Non hai un briciolo di autocontrollo quando sono nei paraggi, Principessa – soffiò Duncan sul suo collo, facendole venire brividi a fior di pelle. Courtney si allontanò di scatto.
– Per favore. Eliditi.
– Principessa? – la chiamò lui, con un sorriso sornione e malizioso – Non sarebbe bello se questa sera festeggiassimo la tua ennesima vittoria in aula… Alla vecchia maniera?
– Taci.
Duncan si avvicinò ancora di più, pericolosamente.
– Ciò che rimane di noi è solo questo? Astio, paura, pericolo? Disprezzo, veleno? – sussurrò Duncan, ipnotico. Era talmente vicino che Courtney poteva sentire l’odore del suo alito, così caldo e avvolgente. Quasi inebriata, si sporse automaticamente verso di lui. Poteva immaginare il sapore del suo bacio, la sensazione delle labbra di Duncan che si muovevano in sincrono sulle sue, e le sue mani che l’avrebbero sfiorata e poi spogliata e sarebbe stato il Paradiso, il Nirvana, o qualsiasi altro posto di estasi mistica.
– Vuoi baciarmi? – sibilò lui, e si passò la lingua sulle labbra. Tornarono a galla, nella mente di Courtney, immagini e sensazioni così vecchie che forse non credeva nemmeno di poter ricordare ancora. L’eccitazione, la ferocia con cui Duncan la voleva e poi il sinuoso appagamento, sempre lento e indescrivibilmente tenero. I contatti casuali, i litigi, i baci che le avevano scavato un solco nel petto e le lacrime che invece le avevano inciso la carne, a fondo.
Gwen.
– Stai aspettando il mio bacio, Principessa?
– A che serve aspettare qualcosa che non vuoi che arrivi?
Courtney si allontanò e uscì dalla stanza.
***
­– Dichiaro l’imputato non colpevole.
Il martelletto sancì la fine del processo. Courtney emanò un sospiro liberatorio, riassettandosi la toga nera con una certa eleganza. Sbrigate le ultime formalità burocratiche, sarebbe potuta tornare a casa per godersi una serata in tutto relax. Una bella cena take-away e un film rinomato l’avrebbero sicuramente aiutata a togliersi dalla testa Duncan.
– Abbiamo fatto una bella figura, no?
La voce di Matt si insinuò tra i suoi pensieri, risvegliandola.
(Come sarebbe andata a finire se prima l’avesse baciato? Perché lei voleva baciarlo, voleva davvero.)
– Ottima figura, direi io – asserì Courtney, rivolgendo all’affascinante avvocato un sorriso piuttosto luminoso. Matt le diede una pacca leggera sulla spalla, in segno di stima e di affetto.
– Che ne dici, stasera festeggiamo? – proseguì lui, carismatico. Courtney sgranò gli occhi.
– F-festeggiare?
– Una bella cenetta in un ristorante a cinque stelle, suvvia. Abbiamo vinto un processo, Mr. Holmes sta per lasciarci una fortuna… Non credi sia il caso di festeggiare?
Courtney tremò impercettibilmente. Non poteva di certo nascondere a se stessa che Matt fosse un gran bel pezzo di uomo, il sogno erotico di diverse donne che erano passate dagli uffici di Mr. Holmes. Tuttavia, l’idea di passare una serata da sola con lui per poi finire, inevitabilmente… Represse un altro brivido.
– Ecco, io… Avevo già progettato… - balbettò, nervosa.
– Esci con Rogers? – tagliò corto Matt, con uno sbuffo di impazienza.
– Nemmeno per sogno! – replicò la donna, a voce piuttosto alta. Matt allora si calmò e le sorrise, benevolo.
– Sei sprecata per quel buzzurro – le rivelò, come se tutta la saggezza del mondo fosse racchiusa in quelle poche parole.
***
Salì in auto, piuttosto nervosa. Non riusciva a capire per quale assurdo motivo Matt Jones volesse uscire con lei. Matt Jones sembrava essere geloso di Duncan. Matt Jones. Mise in moto e di sfuggita notò il proprio volto riflesso nello specchietto retrovisore. Guance arrossate e occhi lucidi. Sembrava una dodicenne vittima di scombussolamenti ormonali. Quando abbassò lo sguardo, notò un bigliettino piegato con cura sul sedile del passeggero. Il suo cuore perse un paio di battiti e, con mani tremanti, lo aprì.
 

“È perciò saggia, bella e sincera com'è, e avrà sempre un posto costante nel mio cuore.”
 

Courtney rabbrividì. Di nuovo Shakespeare. C’era qualcosa di dolce e di inusuale in quei messaggi. Qualcosa che faceva pensare a un cavaliere d’altri tempi. Qualcosa che lei, puah!, riteneva profondamente stucchevole. Evidentemente aveva fatto centro nel cuore di un maniaco. Appallottolò il biglietto e lo scaraventò fuori dall’auto. Odiava essere presa in giro in quel modo.
***
Bzzzz.
“E come sempre, buonanotte Ottawa.
Dorcas è stata la fortunata per questa
notte. Domani potrebbe toccare a voi!
Ora vado a godermi un buon meritato
riposo in compagnia di…? Non posso
rivelarvi il nome della donna che mi appresto
a trastullare, ma ricordate… Un giorno
potreste essere voi, care ascoltatrici!
Un bacio… Caliente!”
 
– Porco matricolato – sussurrò Courtney, prima di spegnere la radio e scacciare una fastidiosa lacrima che tentava di uscire.

 

   
 
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