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Autore: Bruli    15/07/2013    3 recensioni
Un temporale improvviso, e poi il gelo. Cinque ragazzi si svegliano improvvisamente in una spiaggia, un luogo che non ha nulla a che fare col paesino in cui vivono. Si conoscono, ma non sono amici, o almeno non più. In realtà non vogliono avere nulla a che fare l’uno con l’altro, ma ben presto saranno costretti a collaborare per poter tornare a casa, trovandosi a solcare i Sette Mari sulla stessa imbarcazione, e gustando quella libertà tanto agognata riprodotta tra le vignette di One Piece. Un viaggio cominciato per necessità, ma che li porterà a scoprirsi a vicenda e a trovare il luogo cui appartengono.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi scuso profondamente per il ritardo nel pubblicare, ma gli esami hanno preso più energie di quanto mi aspettassi. Ringrazio per esser state pazienti e spero la storia continuerà ad interessarvi, ho bisogno del vostro sostegno!
Vi lascio alla lettura del capitolo!


SOMEWHERE I BELONG
 

CAP. 4

Sara guardava i volti dei nuovi arrivati con gli occhi spalancati per l’incredulità, soffermandosi in particolare su uno dei due. Perché proprio lei doveva trovarsi lì con loro? Non bastava la presenza di Marco? Aveva come l’impressione che l’intero Universo le stesse giocando un brutto tiro, eppure non credeva di aver fatto niente di male! Certo, non era una santa, aveva i suoi difetti e le sue colpe, ma non pensava di aver fatto niente di così brutto da meritarsi una simile punizione.
Osservò con attenzione la figura longilinea ferma sulla soglia della stanza, i lunghi capelli biondi arruffati legati in una coda scomposta, la maglia macchiata e strappata in alcuni punti, i pantaloni completamente rovinati. Eppure anche così – doveva ammetterlo – era sempre bellissima, e non poté fare a meno di provare un pizzico di invidia. E gli occhi, quegli occhi cerulei tanto familiari che l’ avevano osservata crescere, che la conoscevano così bene, che avevano riso e pianto insieme ai suoi per i tre quarti della loro breve vita, quegli occhi ora la squadravano freddi, privi del calore che un tempo aveva accompagnato il suo sguardo.
Rabbrividì, non riuscendo tuttavia a smettere di guardarla.
Angela, d’altra parte, sostenne lo sguardo della ragazza, non sottraendosi a questo scambio carico di sottintesi. Cobalto contro cioccolato, consapevolezza contro delusione, malinconia contro confusione, in una battaglia dal sapore di domande non risposte e di certezze disciolte come neve al sole.
Faceva male, faceva maledettamente male. Guardarsi e non avere niente da dire nonostante il passato che le aveva legate. Incontrarsi e fingere di non rilevare l’una la presenza dell’altra. Vivere questi scontri silenziosi quando avrebbe voluto solo urlare e dar sfogo alle parole incise nel suo cuore che da troppo tempo premevano di uscire, ma destinate a rimanere taciute per mancanza di forza. Ogni volta Sara si diceva che quella successiva sarebbe stata più forte, che non si sarebbe lasciata trascinare dai sentimenti, ma sarebbe andata avanti per la sua strada. E puntualmente non poteva fare a meno di chiedersi il perché, perché tutte le sue più grandi amicizie erano destinate a rompersi, perché non potevano fare ognuna un passo indietro e incontrarsi a metà strada, perché doveva essere tutto così dannatamente difficile.
Avrebbe voluto distogliere lo sguardo e non darle l’importanza che non meritava, ma il suo viso era come una calamita che l’attirava dolorosamente su quei lineamenti che conosceva fin troppo bene.
Faceva male, e lo stava scoprendo giorno dopo giorno sulla sua pelle, e poteva far niente per cambiare le cose.
« Dai vostri sguardi deduco che si, fanno parte della vostra combriccola » la voce roca e profonda di Earl la riportò alla realtà, lontana dai pensieri, e si ricordò la domanda che pochi secondi prima aveva loro rivolto.
« Che sta succedendo? » chiese Angela spostando lo sguardo sull’uomo. Persino ascoltare la sua voce era doloroso, ma si costrinse a non pensarci.
« Questo me lo dovete dire voi. I miei uomini vi hanno trovato vagare sulla mia isola senza permesso, e io ora voglio sapere chi siete e perché vi trovate qui. »
« La tua isola? » chiese la mora. « Vuoi dire che questo posto è tuo? »
Earl rise. « Non ho un titolo che attesta il mio diritto di proprietà, questo no, ma qui è stabilita la mia base. Tutti lo sanno, ragazza, e questo è il motivo per cui nessuno mette piede su quest’isola senza un mio permesso. Quindi la mia domanda ora è: perché voi non lo sapevate? »
I cinque ragazzi si scambiarono un’occhiata veloce.
« Questo è esattamente ciò che vorremmo sapere anche noi » rispose Giacomo.
Earl alzò un sopracciglio mantenendo il suo sorriso sghembo e imperscrutabile.
« Interessante »
Un rombo assordante interruppe lo scambio di battute facendo sobbalzare i presenti. Nove teste si voltarono di scatto verso la finestra, dalla quale si potevano intravedere delle fiamme innalzarsi dal bosco poco distante.
« Un’esplosione! » esclamò uno dei due carcerieri.
Un altro tuono violento li portò ad indietreggiare di qualche passo spaventati.
« Earl, ci stanno attaccando! » urlò Gustavo.
« Attaccando? » ripeté Sara con voce stridula. In che casino erano finiti?
« Earl! » fece Giacomo con voce ferma. « Che diavolo di base hai stabilito su quest’isola? »
L’uomo sorrise. « Della mia ciurma »
« Ciurma? »
« Di pirati » ghignò.
Giacomo spalancò gli occhi. « Pirati? Che diamine stai dicendo? »
Non ci fu tempo per altre spiegazioni perché una terza esplosione – questa volta molto più vicina all’edificio in cui si trovavano – fece tacere qualsiasi altro quesito.
« Dobbiamo uscire di qui il più in fretta possibile! » esclamò Gustavo.
« Seguitemi! » ordinò Earl.
Si catapultò fuori dalla stanza seguito a ruota dagli altri e ai cinque ragazzi non restò che affidarsi a loro.
« C’è qualcun altro nell’edificio oltre a noi? » chiese Earl a Gustavo mentre li conduceva lungo una serie di corridoi semibui.
« A quest’ora dovrebbero essere tutti già alla nave » rispose l’altro.
La sera stava ormai calando e già si faticava a distinguere le sagome di ciò che si aveva davanti, specialmente dal momento che apparentemente quel luogo non possedeva energia elettrica. Mentre correva, Sara continuò a sentire sulla pelle quella sensazione di familiarità che aveva avvertito poco prima, ma ancora una volta non riuscì a rilevarne la causa.
Senza quasi accorgersene, si ritrovarono al di fuori dell’edificio. Subito una fortissima puzza di bruciato pizzicò loro le narici, e il fumo scese nelle gole provocando degli attacchi di tosse.
« Il bosco sta andando a fuoco! » esclamò Giacomo, arrestandosi di colpo inorridito.
« Non ti fermare! » lo rimproverò Angela tirandolo per un braccio, ma il ragazzo non accennava a muoversi. Sembrava paralizzato dallo spettacolo che si estendeva davanti ai suoi occhi.
« Giacomo! » riprovò la ragazza, scuotendolo con forza.
« Per di qua non si può passare, Earl! » urlò Gustavo. « Le fiamme sono troppo alte, moriremmo soffocati in poco tempo! »
L’uomo imprecò sonoramente e prese a guardarsi intorno in cerca di una via di fuga alternativa.
Angela poteva sentire il calore del fuoco sulla pelle nonostante ci fossero parecchi metri a separarla dagli alberi incendiati. Non capiva cosa stesse accadendo, né il comportamento di Giacomo, ma sapeva solo che dovevano andare via di là.
« Angela! » la chiamò Sara. « Perché stai ferma? Earl sta andando di là! » le indicò l’uomo che nel frattempo stava correndo nella direzione opposta al bosco in fiamme, percorrendo il perimetro dell’edificio.
Angela rivolse alla mora con uno sguardo esasperato che racchiudeva un’implicita richiesta di aiuto. Sentiva la paura crescerle man mano nel petto e le mani tremare. Non poteva lasciare Giacomo in quelle condizioni, ma neppure poteva restare ferma lì: le fiamme presto, propagandosi, avrebbero attaccato anche l’edificio e per loro allora non ci sarebbe stata più alcuna via di scampo.
« Giacomo! » si volse verso il ragazzo prendendolo per le spalle. Lui aveva ancora gli occhi fissi sul bosco in fiamme e non accennava a distogliere lo sguardo. « Ti prego, Giacomo, dobbiamo andar via di qua! »
Lo scosse ancora una volta violentemente, il terrore ormai padrone del suo corpo. Sara si avvicinò ai due non capendo cosa stesse accadendo.
« Giacomo! » lo supplicò.
Si guardò attorno disperatamente e, non sapendo che altro fare, gli dette un forte schiaffo sulla guancia.
Il ragazzo parve finalmente accorgersi di lei e i suoi occhi si poggiarono smarriti e impauriti sul volto pallido della bionda.
« C-cosa? »
Angela approfittò che Giacomo pareva esser quasi tornato in sé e lo strattonò con forza.
« Corri! » gli urlò.
Il ragazzo obbedì, ancora piuttosto confuso, e strinse forte la mano di Angela lasciandosi trascinare. Anche Sara, che nel frattempo li aveva raggiunti, riprese a correre lungo il perimetro dell’edificio.
I tre in breve si riunirono alla comitiva, mentre un’altra esplosione colpì il punto dove si trovavano poco prima. Sara sospirò sollevata, ma presto dovette trattenere nuovamente il respiro: quelle erano … bombe di cannone? Strizzò forte gli occhi cercando di vedere meglio, dal momento che la vista era offuscata da tutto il fumo che proveniva dal bosco. L’aveva sognato?
« Dove diavolo eravate finiti? » urlò loro Marco, affiancandoli insieme a Giovanni. I capelli biondo cenere di quest’ultimo erano sparati in aria e ricoperti di fuliggine, d’altronde come quelli di tutti altri.
« Colpa mia » liquidò Giacomo la questione, il quale sembrava aver finalmente riacquistato la padronanza di sé.
Angela l’osservò velocemente di sottecchi, ancora non capendo cosa gli fosse preso poco prima. Solo allora si accorse di stare ancora stringendo la mano di Giacomo, ma per una volta la paura ebbe la meglio sull’orgoglio e rafforzò la stretta.
Seguirono Earl e Gustavo all’interno di una grotta buia ed umida. Il rumore dei passi rimbombava nella spelonca accompagnato dallo schiocco prodotto dai piedi a contatto con l’acqua per terra.
Sara rabbrividì nonostante fosse accaldata per la corsa.
« Giovanni! » chiamò, cercando nel frattempo di distinguere la sagoma del cugino nel buio della grotta. Aveva paura di perderlo nuovamente ora che si erano ritrovati. « Giovanni, dove sei? »
« Sono qui, non ti preoccupare » le rispose lui.
Sara mosse la mano verso sinistra, nella direzione da cui era provenuta la sua voce. Dopo diversi tentativi finalmente trovò il braccio del cugino, il quale, intuendo le sue intenzioni, le strinse forte la mano.
Non sapeva dire con certezza se fossero passate ore o solo pochi minuti da quando erano entrati nella grotta, ma il percorso le sembrò in ogni caso durare più di quanto credeva di riuscire a sopportare. Con una mano davanti per non sbattere contro le pareti umide e rocciose, e un’altra stretta a quella del cugino, correva col fiato corto e poteva sentire la superficie divenire sempre più stretta, tanto da cominciarle a mancarle l’aria. Non aveva mai sofferto di claustrofobia, ma il non sapere quando sarebbe uscita nuovamente all’aria aperta le provocava un’ansia a lei completamente sconosciuta.
La stanchezza di quell’assurda giornata cominciava a farsi sentire, e nessuno dei cinque ragazzi era sicuro che avrebbe retto ancora a lungo. Angela, poi, correva a fatica, trascinando la gamba ferita che pulsava dolorosamente, aiutata anche da Giacomo che continuava a tirarla per non farla restare indietro.
Quando avevano ormai quasi perso le speranze, finalmente una fioca luce illuminò la grotta, rilevando l’uscita tanto agognata. Un ultimo sforzo e furono finalmente fuori, sotto la luna che aveva ormai preso il posto del sole.
Sara si gettò per terra e prese a respirare a pieni polmoni, cercando di recuperare un po’ di fiato.
« Credo… anf … di non aver mai corso … anf … così tanto in vita mia! » esclamò.
« Ho paura che non sia ancora finita » fece Marco.
La ragazza si voltò a guardarlo con aria interrogativa. Nemmeno lui, nonostante il fisico costantemente allenato, se la passava meglio. Chinato, con le mani poggiate sulle ginocchia, tentava di recuperare un po’ di energie.
Il moro intercettò il suo sguardo e le indicò un punto davanti a sé. Sara seguì con gli occhi la direzione indicatele e subito di una cosa fu certa: avrebbe voluto non aver visto.
 

*****

ANGOLO DELL’AUTRICE
Salve gente! Mi scuso ancora per il ritardo, purtroppo questo periodo è stato assurdo e mi sono liberata appena venerdì! Questo capitolo l’ho scritto per ben tre volte e continua a non convincermi, ma ho deciso di pubblicarlo lo stesso. Ancora più di prima, ho bisogno di conoscere la vostra opinione, perché non sono certa di star rendendo giustizia alla storia che vive nella mia testa e nel mio cuore! E ho anche paura di non saper descrivere bene le scene un po’ più “movimentate”.  Spero di ricevere consigli per migliorare e andare avanti, con le vostre recensioni mi aiutate a crescere!
Mi metto subito all’opera per il prossimo capitolo, dovrei regalarvi un po’ più di azione finalmente!
 
Grazie a tutti i lettori e i recensori (in particolar modo ai miei fedeli recensori! :D) , a chi ha inserito la storia tra le seguite e a Myaevan l’ha inserita tra le preferite.
A presto col prossimo capitolo!
 
 
  
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