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Autore: deezus    15/07/2013    1 recensioni
“Dove cazzo è?” Sento una voce in lontananza, è soffocata dalle lacrime non versate. Il vociferare si fa sempre più intenso.
“Non può entrare.” Un uomo risponde; la voce autoritaria e che non accetta che sia fatto il contrario di ciò che ha detto.
“Mi lasci passare, cristo.” Cerco di aggrapparmi a quelle parole come ad un’ancora di salvezza. Vorrei aprire gli occhi, ma le mie palpebre sembrano essere maledettamente pesanti.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Smettila Niall.” Rido sommessamente. I suoi capelli sul  collo mi stanno facendo il solletico, i suoi baci umidi sono la causa dei brividi che mi imprigionano le ossa.

“Ssh, piccola. Tu continua a guidare.” Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dalle sensazioni. Dio, che cosa è in grado di farmi questo ragazzo. Sorrido tra me e me, e ammetto di non essere in grado di fermarlo, neanche se lo volessi. Stringo le mani intorno al volante, e cerco di rimanere concentrata, nonostante la lucidità mi stia scivolando addosso. Le strade sono per lo più deserte, si guida che è un piacere. Niall continua a baciare e a leccare la superficie del mio collo, emettendo gemiti di apprezzamento. Sento la sua mano accarezzarmi il fianco, alzando di qualche centimetro l’orlo della mia maglietta. La pelle già sensibile, si anima sotto il suo tocco esperto. Getto indietro la testa, dimenticando per un istante dove sono e che cosa sto facendo. La sensazione è troppo forte per essere ignorata, e per quanto io stia cercando di mantenere l’auto- controllo, mi crogiolo sotto le sue mani e le sue labbra. Metto involontariamente la freccia, azionandola con un movimento di fianchi di troppo. Sento Niall sorridere sul mio collo, per poi riprendere il lento supplizio. Stringo le gambe, cercando di far diminuire il piacere che lentamente si sta accumulando nel mio basso ventre. Le sue mani salgono, spingendosi all’interno del tessuto della mia maglietta. Mi passa l’indice sulla linea del seno, facendomi gemere. Ormai, ho perso completamente la vista della strada.

“Dovrei concentrarmi sulla guida se non vogliamo finire spappolati sul marciapiede.” Borbotto incoerentemente,  com’è che è diventato così difficile articolare una frase di senso compiuto? Sospiro, mentre la sua mano non mi da tregua.

“Non c’è nessuno, piccola. La strada è sgombra, ci siamo solo io e te.” Sussurra mordicchiandomi il lobo.

“Mmmmh.” Mugolo in segno di apprezzamento e ancora una volta distolgo lo sguardo. All’improvviso vengo accecata da una luce abbagliante; dilato le pupille, mentre Niall si stacca da me, appoggiando la schiena sul sedile del passeggero. Vengo travolta dalla paura. Una macchina, una macchina ci sta venendo incontro a tutta velocità.

“Merda.” Sterzo e giro tutto il volante verso sinistra, formulando una silenziosa preghiera. I miei tentavi risultano pressoché inutili. Guardo Niall con lo sguardo tracciato dal panico, e rispecchio la mia espressione nella sua. Mi prende la mano, e mi accarezza le nocche stringendola dolcemente. Nel giro di pochi secondi il veicolo davanti a noi ci piomba addosso, colpendo con il paraurti la portiera dal mio lato. Vengo catapultata contro il parabrezza. Do una testata contro il vetro, il quale si infrange sotto il peso del colpo. L’ultima cosa che sento è un urlo, poi buio.

 

“Dove cazzo è?” Sento una voce in lontananza, è soffocata dalle lacrime non versate. Il vociferare si fa sempre più intenso.

“Non può entrare.” Un uomo risponde; la voce autoritaria e che non accetta che sia fatto il contrario di ciò che ha detto.

“Mi lasci passare, cristo.” Cerco di aggrapparmi a quelle parole come ad un’ancora di salvezza. Vorrei aprire gli occhi, ma le mie palpebre sembrano essere maledettamente pesanti. I miei arti non rispondo agli impulsi, sono immobile, con la mente offuscata e del tutto indifesa. Sento la mia mente precipitare nel vuoto; i miei pensieri vengono incanalati nei meandri della mia psiche. Il buio mi assale, mi attanagli le viscere e non mi lascia respirare. Scivolo di nuovo nel sonno, dimenticandomi tutto.

“E’ tutta colpa mia.” Eccola di nuovo quella voce. Questa volta la sento più vicina, come se fosse affianco a me. Non riesco ad aprire gli occhi, e giuro che ci provo, ma è troppo faticoso.

“No Niall, non è colpa tua.” Una voce femminile echeggia tra le pareti. Niall? Chi è Niall? Cerco di dimenarmi, di muovermi, di capire qualcosa, ma niente. Ricado nel buio.

 

Non so quanto tempo sia passato, d’altro canto non ha più importanza. Per l’ennesima volta cerco di muovere il muscolo della mia mano. Essa reagisce flebilmente, facendomi flettere le dita. Percepisco qualcosa di sudato ed estremamente caldo fare pressione sopra il mio palmo. Apro lentamente gli occhi, sbattendo più volte le palpebre. Mi guardo intorno spaesata, dove mi trovo? Le pareti sono bianche e la camera è asettica. Sul comodino accanto al letto c’è un mazzo di fiori, saggiamente riposto all’interno di un vaso colmo d’acqua. Alla mia destra c’è un armadio, anch’esso bianco. Tossisco inconscia, e una fitta lancinante alla testa mi fa sussultare. Cerco di tirarmi su a sedere, ma le costole mi fanno male.

“Merda.. sei sveglia! Cristo.” La medesima voce alla quale ho cercato disperatamente di aggrapparmi è tornata. Mi volto lentamente, e guardo con gli occhi socchiusi la persona che mi sta affianco, mentre mi stringe solidariamente la mano. Ho la vista appannata, ma nonostante ciò, riesco a distinguere i lineamenti sottili di quel giovane ragazzo, incorniciati da un batuffolo di capelli biondo platino. Due grandi occhi azzurri mi guardano con speranza, mentre le labbra si increspano per andare a formare un sorriso radioso. Corrugo la fronte.

“Chi..” sospiro. “Chi sei?” L’espressione del ragazzo cambia; un lampo di dolore gli attraversa il volto, e mi si stringe il cuore pensando che sia stata colpa mia.

“Mi dispiace, io..” ho gola secca, ho bisogno di bere un bicchiere d’acqua. “Me lo passi?” Gli chiedo melliflua, indicandogli con l’indice il bicchiere mezzo pieno posto sul comodino. Lui si limita ad annuire, e soddisfa la mia richiesta. Tracanno l’acqua tutta d’un fiato, ed ignoro la fitta di dolore che provo nel mentre. Torno a guardarlo, cercando nei suoi occhi qualcosa che mi ricordi chi sia; niente.

“Davvero non sai chi sono?” Mormora. Il mio cuore perde un battito. Scuoto la testa, desolata di non potergli dare una risposta diversa. E’ evidente che io non conosco lui, ma che lui conosce me. Forse è un amico d’infanzia del quale avevo perso le tracce, ed ora è venuto a trovarmi. Una domanda mi sorge spontanea: dove mi trovo? Questa non è casa mia. A dirla tutta, non mi ricordo nemmeno come sia casa mia. Che strano.

“Dove siamo?” Sibilo senza fiato. Il corpo mi fa male, non so ancora per quanto  riuscirò ad ignorare ogni singolo dolore. Il ragazzo si acciglia e si gratta il mento.

“Non sai chi sono, e non ti ricordi quello che è successo..” si interrompe per inspirare ossigeno. “Non è che..” sbianca di colpo, non terminando per la seconda volta la frase. Che cosa è successo? Perché è livido? Il panico mi attanaglia lo stomaco. Dove mi trovo?

“Aspettami qui, piccola.” Prima di uscire mi lascia un lieve bacio sulla fronte. Trasalisco. Piccola? Non ricordo di aver mai avuto tanta confidenza con qualcuno. Affondo la testa nel cuscino e chiudo gli occhi, cercando di fare mente locale, e di esaminare uno per uno i trascorsi della mia esistenza, domandandomi per l’ennesima volta dove e quando io possa avere conosciuto quel ragazzo. Dopo dieci minuti ritorna, seguito a ruota da un uomo con indosso un camice azzurro. Sorrido debolmente, nella speranza che sia giunto fin qui per darmi qualche risposta.

“Ciao Melissa.” La sua voce mi infonde sicurezza e tranquillità. I muscoli del mio corpo si rilassano.

“Ciao.” Sussurro fissandomi le mani intrecciate.

“Sai dove sei?” Domanda. Sembra che stia avendo a che fare con un animale ferito, e a giudicare dal dolore che provo, non deve avere tutti i torti.

“No.” Borbotto storcendo la bocca.

“Sei in ospedale.” Aggiunge qualche secondo dopo. Mi volto per guardarlo: che cosa? In ospedale? Ed ecco quella sensazione di costernazione tornare. Mi agito sul letto, chiaramente sgomenta.

“Che cosa è successo Dottor..” Non finisco la frase di mia volontà, aspettando che lui la concluda dicendomi il suo nome.

“Robinson. Dottor Robinson.” Mi sorride, mettendo in mostra la sua dentatura quasi perfetta. Annuisco con lo sguardo perso nel vuoto.

“Ci puoi lasciare soli?” Il Dottor Robinson ora si sta rivolgendo al ragazzo di prima. Lui sembra non capire la domanda, ma poi fa un cenno con la testa e sparisce.

 

 

“Vaffanculo.” Lo sento imprecare. Un rumore sordo proviene al di fuori della stanza. Sento il rumore di un vetro infrangersi. Sussulto.

“Stai calmo.” Una voce melliflua interviene. Lo sento singhiozzare. Mi si stringe il cuore. Silenziosamente mi auguro di non esserne io la causa.

“Ha perso la memoria, come posso stare calmo? Non si ricorda chi sono, non si ricorda che cosa abbiamo vissuto insieme. Non si ricorda un cazzo.” Sta urlando, colto da un tumultuo di disperazione. Mi faccio piccola piccola nel letto, portando il lenzuolo fin sopra il mento. Ho spezzato l’equilibrio di un ragazzo che, mio malgrado, io non conosco.

 

 

Here I am.

Okay, si lo so.

E’ l’ennesima fan fiction che scrivo.

Nonostante l’inizio sia alquanto tragico, vi posso assicurare che andrà meglio.

So che è corto, ma è giusto un inizio, utilizzato per impostare la storia nella corretta maniera.

Spero che vi piaccia.

Se potete, passate a lasciare una recensione.

  
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