«Benvenuti,
miei cari ragazzi!» esclamò il loro autista,
spalancando le braccia. «Benvenuti alla Juilliard! Questa
scuola sarà la vostra
casa per i prossimi tre mesi. Conoscerete insegnanti e compagni a
partire da stasera.
Vi aspettiamo a cena per le otto, intanto il signor Weston vi
mostrerà le
vostre camere. Potete andare.» Fece un cenno ad un uomo
dietro di lui, che
scattò verso i ragazzi, mentre lui spariva
all’interno della scuola.
I
ragazzi si guardarono sconcertati, ma seguirono il signor Weston
verso i dormitori. L’uomo non disse una parola durante tutto
il tragitto.
«Garfield!
Come hai potuto abbandonarmi in compagnia di quel
francese?» sibilò Rachel, raggiungendo il biondo
nelle retrovie, abbandonando
François al suo monologo.
«Scusa,
mica l’ho fatto apposta. Sembra simpatico» rispose
il
ragazzo, lanciando un’occhiata all’altro che, per
nulla turbato dalla
sparizione di Rachel, si era rivolto alla ragazza giapponese.
«Come
no. Simpatico come un dito in un occhio, direi»
commentò
caustica la ragazza. «Non ha fatto altro che parlare di
sé.»
«Come
fa qualunque ragazzo che ci prova con una ragazza»
ribatté
Garfield.
«Bè,
a me non piace» dichiarò Rachel, sdegnata.
«Insomma, per
quale motivo dovrei sapere vita, morte e miracoli di una persona tre
secondi
dopo che l’ho conosciuta?»
«Ma
tu non sei come le altre ragazze, Rachel. A loro piace.»
«Non
so che ragazze conosca tu, Logan, ma credimi, a quelle che
conosco io non piace. Forse solo a Kori» replicò
lei, secca.
Garfield
scoppiò a ridere e tra le risa riuscì a dire:
«Hai
ragione. Ma sembra che Richard non abbia afferrato questo
concetto.»
«Mio
cugino è un alieno. Si è accorto che le piace da
morire, ma
niente. Non la trova minimamente interessante» disse la
ragazza, con un
sorriso.
«No,
sul serio?!?» esclamò il ragazzo, sbalordito:
questa non se
l’aspettava. Tutti si aspettavano che quei due finissero
insieme: lei era cotta
di lui e lui era così gentile nei suoi confronti…
«Giuro.
Non so che cosa abbia in testa quel ragazzo…»
rispose
Rachel, scuotendo la testa.
«No,
infatti. Kori è così…
Perfetta.»
«Già.
Quindi è questo quello che hai detto alla Markov?»
domandò
la ragazza, incupendosi un po’.
«Cosa?»
chiese il ragazzo, smarrito.
«Quando
lei si è dichiarata. Le hai detto di no per via di
Kori?»
domandò Rachel, fermandosi poi dietro agli altri ragazzi del
gruppo.
Garfield
fece per rispondere, ma il signor Weston cominciò a
parlare: «Le stanze sono separate tra ragazzi e ragazze, ma
sono tutte vicine.
Troverete i vostri nomi sulle porte. Ragazzi e ragazze si possono
incontrare
nelle ore diurne, ma sono vietati incontri dopo le undici di sera,
all’interno
dei dormitori. Il coprifuoco è mezzanotte, l’una
nei weekend. Ci sono domande?»
Nessuno
dei ragazzi osò aprire bocca, quindi l’uomo si
limitò a
dirigerli verso le scale. Dopodiché, sparì senza
alcun rumore, proprio come era
comparso.
«Wow»
riuscì a sillabare Garfield, una volta entrato nella stanza.
Per un momento gli passò di mente tutto quanto: Tara, Rachel
che sapeva di
Tara… Tutto. Quella camera era meravigliosa.
Si era
ritrovato in una tripla, con il ragazzo giapponese e con
quello russo ed era la stanza più grande che avesse mai
visto. Era
semplicemente enorme: c’erano tre letti, ben distanziati tra
loro, una finestra
enorme e un balcone. Inoltre c’erano anche tre scrivanie e
tre armadi, oltre ad
un bagno, nascosto dietro ad una porticina. Su ogni scrivania, a
completare il
tutto, un computer ultimo modello e, attaccato alla parete, un
televisore
ultrapiatto e gigantesco.
«E
chi ci torna più a casa?» mormorò il
biondo, facendo
ridacchiare i due compagni. Il ragazzo sorrise, poi si diresse verso il
letto
laterale e disse: «Io prendo questo, è un
problema?»
«No,
affatto. Io prenderò questo» dichiarò
Dimitri, sedendosi su
quello centrale. Senza parlare, il ragazzo giapponese si
avvicinò al letto
restante.
I tre
ragazzi cominciarono a svuotare le valigie, più che altro
per togliersi il pensiero prima di scendere a cena. Quando finirono,
mancavano
ancora circa due ore alle otto, quindi Kota ruppe il silenzio:
«Posso andare a
farmi una doccia?»
«Ma
certo, fai con comodo. Dopo ci sono io!» esclamò
Garfield,
alzando un braccio.
«Accidenti!
Io sono l’ultimo… Vedete di lasciarmi
dell’acqua
calda» disse indispettito Dimitri, senza però
riuscire a spaventare i due
ragazzi, che ridacchiarono. Dopodiché il giapponese si
eclissò nel bagno,
lasciando i due nel silenzio della stanza.
«Quindi…
Sei californiano. Scusa se te lo dico, ma di solito chi
vive in California non è abbronzato da far paura
e…» cominciò a chiedere il
russo, per rompere il ghiaccio, ma si interruppe. Non sapeva come
metterla sul
piano giusto.
«E
muscoloso?» terminò per lui Garfield, con un
sorriso. «In
realtà il sole non mi piace troppo e comunque mi scotto
subito, quindi sono
piuttosto pallidino, sì. Per quanto riguarda i
muscoli… Bè, li ho, ma non
faccio molto esercizio fisico al di fuori della scuola. Ma se vedessi i
miei
amici, sono sicuro che diresti che sono californiani.»
«Almeno
sai surfare?» gli chiese Dimitri.
«Quello
lo so fare» ammise con orgoglio il biondino, ripensando a
certe surfate in compagnia di Richard, Victor, Garth e Roy.
«E tu, invece? I
russi non dovrebbero essere biondi e pallidi? Che ci fai con i capelli
scuri?»
«Effettivamente
tu sembri più russo di me» rise il ragazzo,
causando una risata anche a Garfield. Quando si calmarono, Dimitri
continuò il
racconto: «In realtà, noi russi siamo quasi tutti
scuri di capelli. I biondi
tendono ad essere più nelle zone teutoniche, sai, Germania,
Svezia, Danimarca…»
«Non
l’avrei mai detto. Mi hanno sempre inculcato
quest’idea…»
commentò Garfield, pensando a tutto quello che gli era stato
detto sui russi.
Non molto, ma quel poco era bastato a dargli l’idea sbagliata.
«E
a me hanno sempre trasmesso l’idea del californiano tipico.
Direi che siamo molto meglio così, non pensi anche
tu?» replicò Dimitri, con un
sorriso.
«Hai
ragione» sorrise a sua volta il biondo. Meno male che era
finito in stanza con gente simpatica, pensò.
In
quella, Kota uscì dal bagno e Garfield si
affrettò a sgusciare
dentro. Non vedeva l’ora di rinfrescarsi un po’!
Sotto
la doccia, Garfield cominciò a cantare, come sua abitudine,
ma non riusciva a concentrarsi sulle parole. Continuavano a venirgli in
mente
quelle di Rachel, poco prima. Aveva sentito Tara che gli si dichiarava,
questo
era ovvio. Ma quanto aveva sentito? Era arrivata al punto in cui lui
diceva che
lei era l’unica donna per lui? Da un certo punto di vista
sperava di sì, così
sarebbe stato più semplice sistemare la questione.
Dall’altro, sperava con
tutto il suo cuore in un no, perché sarebbe stato
impossibile stare tre mesi
accanto a lei… A meno che anche lei non ricambiasse i suoi
sentimenti. Ma
questo era possibile solo nei suoi sogni, si disse amaramente,
abbandonando
ogni fantasia su quanto sarebbe stato bello poter stare insieme a lei
in quel
senso.
Il suo
flusso di pensieri venne interrotto da Dimitri, che bussava
alla porta: «Garfield! Ti ha chiamato una ragazza, al
cellulare!»
«Chi
era?» urlò di rimando il ragazzo, spegnendo
l’acqua e
cominciando a strofinarsi i capelli con un asciugamano.
«Tara,
ha detto. Le ho risposto e le ho detto che eri in doccia.
Ha detto se la richiami appena hai finito» rispose il russo.
Tara
l’aveva chiamato? Oddio! Si affrettò ad avvolgersi
un asciugamano
intorno ai fianchi, poi recuperò i vestiti sporchi e si
lanciò fuori dal bagno.
Rabbrividì leggermente per lo sbalzo di temperatura, ma in
un attimo afferrò il
telefono e compose il numero di Tara. Dimitri gli sorrise e poi
entrò nel
bagno.
Mentre
il telefono squillava, Kota interrogava Garfield: «Questa
Tara chi è? La tua ragazza?»
«No,
ma… Oh, ciao, Tara! Mi hai chiamato?»
iniziò a rispondere il
biondo, rivolgendosi poi alla ragazza, che aveva finalmente risposto.
Il
giapponese si limitò a scuotere la testa, prima di tornare
alle sue faccende.
Intanto,
il biondo girovagava per la stanza, come suo solito e
dopo aver misurato l’intera stanza, si spostò sul
balcone. Mentre ascoltava la
ragazza dall’altra parte raccontargli cosa era successo
durante il suo primo
giorno di assenza, lasciò vagare lo sguardo…
Riusciva a vedere lo skyline di
Manhattan: era uno spettacolo meraviglioso. Poco dopo, i suoi occhi
incontrarono uno spettacolo se possibile ancora più
meraviglioso: Rachel in
accappatoio sul suo balcone, che era di fianco a quello del ragazzo.
L’indumento era piuttosto corto e lasciava vedere le gambe
della ragazza e i
capelli scuri luccicavano nel tramonto. Per poco Garfield non
lasciò cadere il
telefono. Rachel sembrò sentire il suo sguardo,
perché si voltò all’improvviso
e lo salutò con un cenno della mano. Lui ne fece uno
minuscolo in risposta,
arrossendo. Lei sorrise, poi arrossì, notando
l’abbigliamento dell’amico.
«Garfield?
Mi stai ascoltando?» lo raggiunse all’improvviso la
voce di Tara, come se provenisse da molto molto lontano.
«Ehm…
Certo, mi stavi dicendo di… Roy, giusto?»
cercò di salvarsi
il ragazzo, distogliendo lo sguardo dalla ragazza di fronte a lui.
«In
realtà ti ho chiesto come è stato il
volo» ribatté seccata
Tara.
«Oh.
Ehm, è andato… Bene, direi.»
«Sul
serio? Anche se c’era quella a farti compagnia?»
«Tara,
ne abbiamo già parlato. Non parlare di lei in questi
termini, sai come la penso» disse il ragazzo, improvvisamente
serio. Quanto
ancora doveva andare avanti quella storia, prima che Tara si rendesse
conto che
non avrebbe cambiato idea?
«Sì,
Garfield, lo so. E secondo me stai facendo la scelta
sbagliata.»
«Secondo
me no. E ora ti saluto, devo andare a vestirmi» rispose
il ragazzo, chiudendo poi la chiamata. Alzò di nuovo lo
sguardo sul balcone di
fronte, ma rimase deluso nel vedere che Rachel era sparita. Con un
sospiro,
tornò in camera, trovando sia Kota che Dimitri ad
aspettarlo, impazienti.
«Che
c’è?» domandò, allarmato,
controllando che non ci fosse nulla
di strano nella sua persona.
«Non
ti senti in colpa a sentire un’altra ragazza quando hai la
tua compagna, come si chiama? Rachel?» domandò
Dimitri, esprimendo i pensieri
suoi e del ragazzo giapponese, che annuì.
«Cosa?
No, io e Rachel non stiamo insieme, no. Noi siamo solo…
Amici»
deglutì Garfield, incespicando sull’ultima parola.
«Amici»
ripeté il giapponese, guardandolo scettico. «Da
come la
guardi sembra che siate più che amici.»
«No,
ecco…» tentò di spiegare il biondo, ma
venne interrotto da
Dimitri: «Se non state insieme, allora cosa siete?
Amanti?»
«No!
Siete fuori strada! Insomma, io e Rachel…»
Garfield venne
salvato da un rumore alla porta: qualcuno stava bussando. Con sollievo
indicibile, il biondo si lanciò alla porta e la
spalancò, solo per trovarsi
davanti Rachel e le sue compagne di stanza, la ragazza spagnola e
quella
italiana.
«Ciao,
Rachel» mormorò Garfield, accasciandosi sulla
porta.
«Tutto
bene? Siamo passate a chiamarvi per la cena» disse la
ragazza, cercando di sbirciare all’interno della stanza.
«Tutto
a posto, andiamo pure» intervenne il russo, facendosi
avanti e presentandosi per bene alle tre ragazze, prima di seguirle per
le
scale.
«Garfield,
vieni?» si attardò a richiamarlo Kota, guardandolo
strano.
«A-Arrivo»
balbettò il biondo, ricomponendosi un minimo.
I
ragazzi raggiunsero i loro compagni ad uno dei tavoli della
mensa, François accogliendo l’arrivo delle tre
ragazze con un sorriso
smagliante. Garfield poté giurare di aver sentito Rachel
gemere disperata.
I
nuovi arrivati si sedettero e si guardarono intorno, ammirati.
Quella mensa era davvero fantastica, sembrava un ristorante di lusso!
«Cosa
si mangia?» domandò Cesar, guadagnandosi
un’occhiataccia
dalla sua compagna, che lo rimproverò: «Ma pensi
solo a mangiare?!?»
«Come
antipasto abbiamo zuppa di verdure fresche» li
informò una
voce dal tavolo a fianco. I ragazzi alzarono lo sguardo e si trovarono
davanti
un ragazzo circa della loro età, con l’aria
simpatica. «Era scritto fuori dalla
mensa» spiegò, poi, allungando una mano.
«Io sono Mark, piacere.»
«Piacere»
mormorarono a loro volta i ragazzi, allungandosi per
stringergli la mano e presentandosi. Stavano per aggiungere altro,
quando
iniziò il servizio e una decina di camerieri
sfilò per la sala, con i piatti in
mano.
Mark e
i ragazzi si concentrarono sul cibo, che era delizioso.
«Ma
siamo sicuri che questa sia una scuola?» domandò
Fabrizio,
mentre mangiavano una costina di maiale che sembrava sciogliersi in
bocca.
«Se
è solo un sogno, non svegliatemi!»
esclamò Ines, facendo
ridere tutti quanti.
«Cavoli,
ragazzi, siamo stati davvero fortunati ad avere
quest’occasione» osservò Garfield,
posando la forchetta sui resti di insalata
rimasti nel suo piatto: essendo vegetariano, era riuscito ad ottenere
un’insalata mista strepitosa, al posto del maiale.
«Già,
dobbiamo davvero ringraziare i nostri insegnanti. È grazie a
loro se siamo arrivati a questo livello» commentò
Noriko, pulendosi
educatamente la bocca con il tovagliolo.
«Propongo
un brindisi» disse con estrema serietà Klaus,
sollevando
il bicchiere. Tutti lo imitarono e si scambiarono un brindisi, mentre
intorno a
loro gli altri studenti della Juilliard li guardavano piuttosto
sconcertati.
In
quella, uno degli insegnanti si alzò dal tavolo e prese la
parola: «Gentili studenti, date il benvenuto al nostro
rettore, il professor
Dickinson!» La porta si spalancò ed
entrò… L’autista dell’autobus?
I
quattordici ragazzi lo guardarono ad occhi aperti: lui era il
rettore?!? C’era da stupirsi che la scuola fosse ancora
intera e soprattutto
che lo fosse la sua reputazione.
L’uomo
parve accorgersi dei loro sguardi, perché rivolse loro un
caloroso sorriso, prima di raggiungere i colleghi al tavolo degli
insegnanti e
fare cenno di continuare senza problemi. Molti studenti tornarono a
mangiare il
dolce, ma i nuovi arrivati non riuscivano a crederci.
Mark
parve accorgersene, perché disse loro: «Immagino
abbiate già
conosciuto il rettore. È una persona… Originale,
diciamo così.»
«Direi
che è ancora troppo poco per definirlo»
mormorò Rachel,
ancora incredula. Quel pazzo furioso era il rettore della prima scuola
di
musica del mondo. Assurdo.
«Non
fatevi ingannare, però. È un genio, a modo suo ed
è grazie a
lui e alla sua organizzazione se la nostra scuola gode della sua
reputazione»
li avvertì il ragazzo, prima di essere richiamato dai suoi
amici. Si alzò e
salutò tutti, poi se ne andò. I ragazzi rimasero
ancora il tempo di mangiare il
dolce, poi sfilarono fuori dalla sala, per raggiungere le loro camere.
«Rachel?
Posso parlarti?» disse Garfield, una volta davanti alle
loro porte. Ignorò gli sguardi maliziosi di Dimitri e Kota,
che si affrettarono
ad entrare in camera, ridacchiando.
«Certo.
Arrivo tra poco, ragazze» rispose lei, facendo un cenno
alle sue compagne di stanza, che annuirono ed entrarono in camera.
Rachel
e Garfield arrivarono nel piccolo atrio del dormitorio, la
zona franca per gli incontri tra ragazze e ragazzi. Si sedettero su due
poltrone, uno di fronte all’altra e rimasero a fissarsi in
silenzio per un po’.
Alla
fine, fu Rachel a rompere il silenzio: «Allora, cosa dovevi
dirmi?»
Garfield
parve cadere dalle nuvole. Riacquistò un minimo di
compostezza e si schiarì la voce: «Tu hai sentito
quello che mi ha detto Tara.»
Era
un’affermazione, non una domanda, ma Rachel annuì
comunque.
«Hai sentito anche
quello che le ho detto io?» continuò il ragazzo,
rosso come un peperone.
«Solo in parte. Un
ragazzo è entrato in aula e io ho dovuto fingere di fare
qualcosa. Vi ho
sentiti dalla finestra dell’aula di coro» ammise la
ragazza, per nulla
imbarazzata.
Garfield azzardò la
domanda da cento milioni di dollari: «Cosa hai
sentito?»
«Solo che non avevi
capito cosa avesse detto. Ma avevi molto un tono da no. Le hai detto di
sì?
Perché allora ritiro tutto quanto quel che ho detto prima su
Kori» rispose
Rachel, giocherellando con una delle cuciture della poltrona.
«Solo questo?»
mormorò il ragazzo, sollevato all’inverosimile,
lasciandosi andare contro lo
schienale. Era salvo. Per ora.
«Sì, perché?
Comunque mi scuso per aver origliato, non avrei dovuto farlo.»
«Non ti
preoccupare, non è successo nulla. Bene, credo sia meglio
andare a dormire,
no?» esclamò Garfield, alzandosi in piedi.
«Già, sta per
scattare il coprifuoco. Non dobbiamo farci vedere insieme dopo le
undici,
ricordi?» disse la ragazza, davanti alla sua faccia stupita.
Si era già
dimenticato del coprifuoco, non essendo abituato ad averne.
«Hai ragione.
Buonanotte, Rachel» disse il ragazzo, sfiorandole leggermente
la spalla con la
mano, prima di lasciarla ai piedi della scala. Lei ricambiò
il saluto, ma si
fermò dopo qualche passo. «Non vai a
dormire?»
«No… Vado a fare
due passi. Devo distrarmi un momento da alcuni pensieri e in camera con
quei
due sarà impossibile.»
«Sembrano
simpatici» osservò lei.
«Lo sono, ma…
Preferisco stare solo per un po’.»
«Capisco.
Buonanotte, Garfield. A domani» concluse lei, agitando la
mano e sparendo su
per le scale.
«Rachel!» esclamò
all’improvviso il ragazzo.
Lei fece capolino
da dietro l’angolo. «Che
c’è?» chiese, allarmata.
«Comunque… A Tara
ho detto di no. E non è per via di Kori.
Buonanotte» disse il ragazzo, serio.
Si voltò ed uscì, evitando di guardarla negli
occhi, che erano sgranati. Era
anche sul punto di arrossire, chissà per quale ragione. Si
ricompose e corse in
camera.
Garfield uscì in
giardino e si sedette su una panca, pensando, ignaro che qualcuno lo
stesse
osservando.
Sopra di lui,
infatti, affacciato alla finestra stava François. Il ragazzo
francese aveva
captato una certa elettricità tra Garfield e Rachel e aveva
tratto le sue
(giuste) conclusioni: a Garfield la ragazza piaceva e anche tanto,
mentre lei
per il momento non sembrava interessata. Povero ragazzo,
pensò malignamente.
Sottovoce, cominciò ad intonare una canzone dal musical
più famoso di Francia,
“Notre Dame de Paris”.
Lune
Qui là-haut s'allume
Sur
Les
toits
de Paris
Vois
Comme
un
homme
Peut
souffrir d'amour
Bel
Astre
solitaire
Qui meurt
Quand
revient le jour
Entends
Monter
vers
toi
La chant de la terre
Entends le cri
D'un
homme
qui a mal
Pour qui
Un million d'étoiles
Ne
valent
Pas les yeux de celle
Qu'il
aime
D'un amour mortel
Lune
Era evidente che il ragazzo biondo sotto di lui stava soffrendo per la ragazza californiana. La luna gli era testimone e anche lui. François represse un risolino.
Lune
Qui là-haut s'embrume
Avant
Que
le jour
ne vienne
Entends
Rugir
le
cœur
De
la bête
humaine
C'est la complainte
De Quasimodo
Qui pleure
Sa
détresse
folle
Sa voix
Par monts et par vaux
S'envole
Pour arriver jusqu'à
toi
Lune
Veille
Sur ce monde étrange
Qui mêle
Sa
vois au
coeur des anges
Quella Rachel era davvero bella, ma piuttosto tonta, ragionò ancora il ragazzo. Non si sarebbe stupito di sentir piangere il ragazzo sotto di lui, era davvero disperato. Ma come faceva a non accorgersi di lui?
Lune
Qui là-haut s'allume
Pour
Eclairer ma plume
Vois
Comme
un
homme peut souffrir d'amour
D'amour
Chiaramente
doveva piacerle qualcun
altro. L’indomani si sarebbe adoperato per scoprire chi,
anche se era piuttosto
sicuro che fosse lui. Nessuna ragazza poteva resistergli.
Lanciò
un ultimo ghigno malefico al
biondo sotto di lui, poi chiuse la finestra e si ritirò.