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Autore: Ely_fly    15/07/2013    5 recensioni
Dunque, salve a tutti :)
Sono tornata, stavolta con una song-fic ambientata al liceo.
Garfield e Rachel fanno parte del club di canto e il ragazzo cerca di sfruttare l'occasione per esprimere i suoi sentimenti, con una canzone, appunto. Anzi, più di una. Ma saranno sufficienti ad aprire gli occhi alla ragazza?
Genere: Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Benvenuti, miei cari ragazzi!» esclamò il loro autista, spalancando le braccia. «Benvenuti alla Juilliard! Questa scuola sarà la vostra casa per i prossimi tre mesi. Conoscerete insegnanti e compagni a partire da stasera. Vi aspettiamo a cena per le otto, intanto il signor Weston vi mostrerà le vostre camere. Potete andare.» Fece un cenno ad un uomo dietro di lui, che scattò verso i ragazzi, mentre lui spariva all’interno della scuola.

I ragazzi si guardarono sconcertati, ma seguirono il signor Weston verso i dormitori. L’uomo non disse una parola durante tutto il tragitto.

«Garfield! Come hai potuto abbandonarmi in compagnia di quel francese?» sibilò Rachel, raggiungendo il biondo nelle retrovie, abbandonando François al suo monologo.

«Scusa, mica l’ho fatto apposta. Sembra simpatico» rispose il ragazzo, lanciando un’occhiata all’altro che, per nulla turbato dalla sparizione di Rachel, si era rivolto alla ragazza giapponese.

«Come no. Simpatico come un dito in un occhio, direi» commentò caustica la ragazza. «Non ha fatto altro che parlare di sé.»

«Come fa qualunque ragazzo che ci prova con una ragazza» ribatté Garfield.

«Bè, a me non piace» dichiarò Rachel, sdegnata. «Insomma, per quale motivo dovrei sapere vita, morte e miracoli di una persona tre secondi dopo che l’ho conosciuta?»

«Ma tu non sei come le altre ragazze, Rachel. A loro piace.»

«Non so che ragazze conosca tu, Logan, ma credimi, a quelle che conosco io non piace. Forse solo a Kori» replicò lei, secca.

Garfield scoppiò a ridere e tra le risa riuscì a dire: «Hai ragione. Ma sembra che Richard non abbia afferrato questo concetto.»

«Mio cugino è un alieno. Si è accorto che le piace da morire, ma niente. Non la trova minimamente interessante» disse la ragazza, con un sorriso.

«No, sul serio?!?» esclamò il ragazzo, sbalordito: questa non se l’aspettava. Tutti si aspettavano che quei due finissero insieme: lei era cotta di lui e lui era così gentile nei suoi confronti…

«Giuro. Non so che cosa abbia in testa quel ragazzo…» rispose Rachel, scuotendo la testa.

«No, infatti. Kori è così… Perfetta.»

«Già. Quindi è questo quello che hai detto alla Markov?» domandò la ragazza, incupendosi un po’.

«Cosa?» chiese il ragazzo, smarrito.

«Quando lei si è dichiarata. Le hai detto di no per via di Kori?» domandò Rachel, fermandosi poi dietro agli altri ragazzi del gruppo.

Garfield fece per rispondere, ma il signor Weston cominciò a parlare: «Le stanze sono separate tra ragazzi e ragazze, ma sono tutte vicine. Troverete i vostri nomi sulle porte. Ragazzi e ragazze si possono incontrare nelle ore diurne, ma sono vietati incontri dopo le undici di sera, all’interno dei dormitori. Il coprifuoco è mezzanotte, l’una nei weekend. Ci sono domande?»

Nessuno dei ragazzi osò aprire bocca, quindi l’uomo si limitò a dirigerli verso le scale. Dopodiché, sparì senza alcun rumore, proprio come era comparso.

 

«Wow» riuscì a sillabare Garfield, una volta entrato nella stanza. Per un momento gli passò di mente tutto quanto: Tara, Rachel che sapeva di Tara… Tutto. Quella camera era meravigliosa.

Si era ritrovato in una tripla, con il ragazzo giapponese e con quello russo ed era la stanza più grande che avesse mai visto. Era semplicemente enorme: c’erano tre letti, ben distanziati tra loro, una finestra enorme e un balcone. Inoltre c’erano anche tre scrivanie e tre armadi, oltre ad un bagno, nascosto dietro ad una porticina. Su ogni scrivania, a completare il tutto, un computer ultimo modello e, attaccato alla parete, un televisore ultrapiatto e gigantesco.

«E chi ci torna più a casa?» mormorò il biondo, facendo ridacchiare i due compagni. Il ragazzo sorrise, poi si diresse verso il letto laterale e disse: «Io prendo questo, è un problema?»

«No, affatto. Io prenderò questo» dichiarò Dimitri, sedendosi su quello centrale. Senza parlare, il ragazzo giapponese si avvicinò al letto restante.

I tre ragazzi cominciarono a svuotare le valigie, più che altro per togliersi il pensiero prima di scendere a cena. Quando finirono, mancavano ancora circa due ore alle otto, quindi Kota ruppe il silenzio: «Posso andare a farmi una doccia?»

«Ma certo, fai con comodo. Dopo ci sono io!» esclamò Garfield, alzando un braccio.

«Accidenti! Io sono l’ultimo… Vedete di lasciarmi dell’acqua calda» disse indispettito Dimitri, senza però riuscire a spaventare i due ragazzi, che ridacchiarono. Dopodiché il giapponese si eclissò nel bagno, lasciando i due nel silenzio della stanza.

«Quindi… Sei californiano. Scusa se te lo dico, ma di solito chi vive in California non è abbronzato da far paura e…» cominciò a chiedere il russo, per rompere il ghiaccio, ma si interruppe. Non sapeva come metterla sul piano giusto.

«E muscoloso?» terminò per lui Garfield, con un sorriso. «In realtà il sole non mi piace troppo e comunque mi scotto subito, quindi sono piuttosto pallidino, sì. Per quanto riguarda i muscoli… Bè, li ho, ma non faccio molto esercizio fisico al di fuori della scuola. Ma se vedessi i miei amici, sono sicuro che diresti che sono californiani.»

«Almeno sai surfare?» gli chiese Dimitri.

«Quello lo so fare» ammise con orgoglio il biondino, ripensando a certe surfate in compagnia di Richard, Victor, Garth e Roy. «E tu, invece? I russi non dovrebbero essere biondi e pallidi? Che ci fai con i capelli scuri?»

«Effettivamente tu sembri più russo di me» rise il ragazzo, causando una risata anche a Garfield. Quando si calmarono, Dimitri continuò il racconto: «In realtà, noi russi siamo quasi tutti scuri di capelli. I biondi tendono ad essere più nelle zone teutoniche, sai, Germania, Svezia, Danimarca…»

«Non l’avrei mai detto. Mi hanno sempre inculcato quest’idea…» commentò Garfield, pensando a tutto quello che gli era stato detto sui russi. Non molto, ma quel poco era bastato a dargli l’idea sbagliata.

«E a me hanno sempre trasmesso l’idea del californiano tipico. Direi che siamo molto meglio così, non pensi anche tu?» replicò Dimitri, con un sorriso.

«Hai ragione» sorrise a sua volta il biondo. Meno male che era finito in stanza con gente simpatica, pensò.

In quella, Kota uscì dal bagno e Garfield si affrettò a sgusciare dentro. Non vedeva l’ora di rinfrescarsi un po’!

 

Sotto la doccia, Garfield cominciò a cantare, come sua abitudine, ma non riusciva a concentrarsi sulle parole. Continuavano a venirgli in mente quelle di Rachel, poco prima. Aveva sentito Tara che gli si dichiarava, questo era ovvio. Ma quanto aveva sentito? Era arrivata al punto in cui lui diceva che lei era l’unica donna per lui? Da un certo punto di vista sperava di sì, così sarebbe stato più semplice sistemare la questione. Dall’altro, sperava con tutto il suo cuore in un no, perché sarebbe stato impossibile stare tre mesi accanto a lei… A meno che anche lei non ricambiasse i suoi sentimenti. Ma questo era possibile solo nei suoi sogni, si disse amaramente, abbandonando ogni fantasia su quanto sarebbe stato bello poter stare insieme a lei in quel senso.

Il suo flusso di pensieri venne interrotto da Dimitri, che bussava alla porta: «Garfield! Ti ha chiamato una ragazza, al cellulare!»

«Chi era?» urlò di rimando il ragazzo, spegnendo l’acqua e cominciando a strofinarsi i capelli con un asciugamano.

«Tara, ha detto. Le ho risposto e le ho detto che eri in doccia. Ha detto se la richiami appena hai finito» rispose il russo.

Tara l’aveva chiamato? Oddio! Si affrettò ad avvolgersi un asciugamano intorno ai fianchi, poi recuperò i vestiti sporchi e si lanciò fuori dal bagno. Rabbrividì leggermente per lo sbalzo di temperatura, ma in un attimo afferrò il telefono e compose il numero di Tara. Dimitri gli sorrise e poi entrò nel bagno.

Mentre il telefono squillava, Kota interrogava Garfield: «Questa Tara chi è? La tua ragazza?»

«No, ma… Oh, ciao, Tara! Mi hai chiamato?» iniziò a rispondere il biondo, rivolgendosi poi alla ragazza, che aveva finalmente risposto. Il giapponese si limitò a scuotere la testa, prima di tornare alle sue faccende.

Intanto, il biondo girovagava per la stanza, come suo solito e dopo aver misurato l’intera stanza, si spostò sul balcone. Mentre ascoltava la ragazza dall’altra parte raccontargli cosa era successo durante il suo primo giorno di assenza, lasciò vagare lo sguardo… Riusciva a vedere lo skyline di Manhattan: era uno spettacolo meraviglioso. Poco dopo, i suoi occhi incontrarono uno spettacolo se possibile ancora più meraviglioso: Rachel in accappatoio sul suo balcone, che era di fianco a quello del ragazzo. L’indumento era piuttosto corto e lasciava vedere le gambe della ragazza e i capelli scuri luccicavano nel tramonto. Per poco Garfield non lasciò cadere il telefono. Rachel sembrò sentire il suo sguardo, perché si voltò all’improvviso e lo salutò con un cenno della mano. Lui ne fece uno minuscolo in risposta, arrossendo. Lei sorrise, poi arrossì, notando l’abbigliamento dell’amico.

«Garfield? Mi stai ascoltando?» lo raggiunse all’improvviso la voce di Tara, come se provenisse da molto molto lontano.

«Ehm… Certo, mi stavi dicendo di… Roy, giusto?» cercò di salvarsi il ragazzo, distogliendo lo sguardo dalla ragazza di fronte a lui.

«In realtà ti ho chiesto come è stato il volo» ribatté seccata Tara.

«Oh. Ehm, è andato… Bene, direi.»

«Sul serio? Anche se c’era quella a farti compagnia?»

«Tara, ne abbiamo già parlato. Non parlare di lei in questi termini, sai come la penso» disse il ragazzo, improvvisamente serio. Quanto ancora doveva andare avanti quella storia, prima che Tara si rendesse conto che non avrebbe cambiato idea?

«Sì, Garfield, lo so. E secondo me stai facendo la scelta sbagliata.»

«Secondo me no. E ora ti saluto, devo andare a vestirmi» rispose il ragazzo, chiudendo poi la chiamata. Alzò di nuovo lo sguardo sul balcone di fronte, ma rimase deluso nel vedere che Rachel era sparita. Con un sospiro, tornò in camera, trovando sia Kota che Dimitri ad aspettarlo, impazienti.

«Che c’è?» domandò, allarmato, controllando che non ci fosse nulla di strano nella sua persona.

«Non ti senti in colpa a sentire un’altra ragazza quando hai la tua compagna, come si chiama? Rachel?» domandò Dimitri, esprimendo i pensieri suoi e del ragazzo giapponese, che annuì.

«Cosa? No, io e Rachel non stiamo insieme, no. Noi siamo solo… Amici» deglutì Garfield, incespicando sull’ultima parola.

«Amici» ripeté il giapponese, guardandolo scettico. «Da come la guardi sembra che siate più che amici.»

«No, ecco…» tentò di spiegare il biondo, ma venne interrotto da Dimitri: «Se non state insieme, allora cosa siete? Amanti?»

«No! Siete fuori strada! Insomma, io e Rachel…» Garfield venne salvato da un rumore alla porta: qualcuno stava bussando. Con sollievo indicibile, il biondo si lanciò alla porta e la spalancò, solo per trovarsi davanti Rachel e le sue compagne di stanza, la ragazza spagnola e quella italiana.

«Ciao, Rachel» mormorò Garfield, accasciandosi sulla porta.

«Tutto bene? Siamo passate a chiamarvi per la cena» disse la ragazza, cercando di sbirciare all’interno della stanza.

«Tutto a posto, andiamo pure» intervenne il russo, facendosi avanti e presentandosi per bene alle tre ragazze, prima di seguirle per le scale.

«Garfield, vieni?» si attardò a richiamarlo Kota, guardandolo strano.

«A-Arrivo» balbettò il biondo, ricomponendosi un minimo.

 

I ragazzi raggiunsero i loro compagni ad uno dei tavoli della mensa, François accogliendo l’arrivo delle tre ragazze con un sorriso smagliante. Garfield poté giurare di aver sentito Rachel gemere disperata.

I nuovi arrivati si sedettero e si guardarono intorno, ammirati. Quella mensa era davvero fantastica, sembrava un ristorante di lusso!

«Cosa si mangia?» domandò Cesar, guadagnandosi un’occhiataccia dalla sua compagna, che lo rimproverò: «Ma pensi solo a mangiare?!?»

«Come antipasto abbiamo zuppa di verdure fresche» li informò una voce dal tavolo a fianco. I ragazzi alzarono lo sguardo e si trovarono davanti un ragazzo circa della loro età, con l’aria simpatica. «Era scritto fuori dalla mensa» spiegò, poi, allungando una mano. «Io sono Mark, piacere.»

«Piacere» mormorarono a loro volta i ragazzi, allungandosi per stringergli la mano e presentandosi. Stavano per aggiungere altro, quando iniziò il servizio e una decina di camerieri sfilò per la sala, con i piatti in mano.

Mark e i ragazzi si concentrarono sul cibo, che era delizioso.

«Ma siamo sicuri che questa sia una scuola?» domandò Fabrizio, mentre mangiavano una costina di maiale che sembrava sciogliersi in bocca.

«Se è solo un sogno, non svegliatemi!» esclamò Ines, facendo ridere tutti quanti.

«Cavoli, ragazzi, siamo stati davvero fortunati ad avere quest’occasione» osservò Garfield, posando la forchetta sui resti di insalata rimasti nel suo piatto: essendo vegetariano, era riuscito ad ottenere un’insalata mista strepitosa, al posto del maiale.

«Già, dobbiamo davvero ringraziare i nostri insegnanti. È grazie a loro se siamo arrivati a questo livello» commentò Noriko, pulendosi educatamente la bocca con il tovagliolo.

«Propongo un brindisi» disse con estrema serietà Klaus, sollevando il bicchiere. Tutti lo imitarono e si scambiarono un brindisi, mentre intorno a loro gli altri studenti della Juilliard li guardavano piuttosto sconcertati.

In quella, uno degli insegnanti si alzò dal tavolo e prese la parola: «Gentili studenti, date il benvenuto al nostro rettore, il professor Dickinson!» La porta si spalancò ed entrò… L’autista dell’autobus?

I quattordici ragazzi lo guardarono ad occhi aperti: lui era il rettore?!? C’era da stupirsi che la scuola fosse ancora intera e soprattutto che lo fosse la sua reputazione.

L’uomo parve accorgersi dei loro sguardi, perché rivolse loro un caloroso sorriso, prima di raggiungere i colleghi al tavolo degli insegnanti e fare cenno di continuare senza problemi. Molti studenti tornarono a mangiare il dolce, ma i nuovi arrivati non riuscivano a crederci.

Mark parve accorgersene, perché disse loro: «Immagino abbiate già conosciuto il rettore. È una persona… Originale, diciamo così.»

«Direi che è ancora troppo poco per definirlo» mormorò Rachel, ancora incredula. Quel pazzo furioso era il rettore della prima scuola di musica del mondo. Assurdo.

«Non fatevi ingannare, però. È un genio, a modo suo ed è grazie a lui e alla sua organizzazione se la nostra scuola gode della sua reputazione» li avvertì il ragazzo, prima di essere richiamato dai suoi amici. Si alzò e salutò tutti, poi se ne andò. I ragazzi rimasero ancora il tempo di mangiare il dolce, poi sfilarono fuori dalla sala, per raggiungere le loro camere.

«Rachel? Posso parlarti?» disse Garfield, una volta davanti alle loro porte. Ignorò gli sguardi maliziosi di Dimitri e Kota, che si affrettarono ad entrare in camera, ridacchiando.

«Certo. Arrivo tra poco, ragazze» rispose lei, facendo un cenno alle sue compagne di stanza, che annuirono ed entrarono in camera.

 

Rachel e Garfield arrivarono nel piccolo atrio del dormitorio, la zona franca per gli incontri tra ragazze e ragazzi. Si sedettero su due poltrone, uno di fronte all’altra e rimasero a fissarsi in silenzio per un po’.

Alla fine, fu Rachel a rompere il silenzio: «Allora, cosa dovevi dirmi?»

Garfield parve cadere dalle nuvole. Riacquistò un minimo di compostezza e si schiarì la voce: «Tu hai sentito quello che mi ha detto Tara.»

Era un’affermazione, non una domanda, ma Rachel annuì comunque.

«Hai sentito anche quello che le ho detto io?» continuò il ragazzo, rosso come un peperone.

«Solo in parte. Un ragazzo è entrato in aula e io ho dovuto fingere di fare qualcosa. Vi ho sentiti dalla finestra dell’aula di coro» ammise la ragazza, per nulla imbarazzata.

Garfield azzardò la domanda da cento milioni di dollari: «Cosa hai sentito?»

«Solo che non avevi capito cosa avesse detto. Ma avevi molto un tono da no. Le hai detto di sì? Perché allora ritiro tutto quanto quel che ho detto prima su Kori» rispose Rachel, giocherellando con una delle cuciture della poltrona.

«Solo questo?» mormorò il ragazzo, sollevato all’inverosimile, lasciandosi andare contro lo schienale. Era salvo. Per ora.

«Sì, perché? Comunque mi scuso per aver origliato, non avrei dovuto farlo.»

«Non ti preoccupare, non è successo nulla. Bene, credo sia meglio andare a dormire, no?» esclamò Garfield, alzandosi in piedi.

«Già, sta per scattare il coprifuoco. Non dobbiamo farci vedere insieme dopo le undici, ricordi?» disse la ragazza, davanti alla sua faccia stupita. Si era già dimenticato del coprifuoco, non essendo abituato ad averne.

«Hai ragione. Buonanotte, Rachel» disse il ragazzo, sfiorandole leggermente la spalla con la mano, prima di lasciarla ai piedi della scala. Lei ricambiò il saluto, ma si fermò dopo qualche passo. «Non vai a dormire?»

«No… Vado a fare due passi. Devo distrarmi un momento da alcuni pensieri e in camera con quei due sarà impossibile.»

«Sembrano simpatici» osservò lei.

«Lo sono, ma… Preferisco stare solo per un po’.»

«Capisco. Buonanotte, Garfield. A domani» concluse lei, agitando la mano e sparendo su per le scale.

«Rachel!» esclamò all’improvviso il ragazzo.

Lei fece capolino da dietro l’angolo. «Che c’è?» chiese, allarmata.

«Comunque… A Tara ho detto di no. E non è per via di Kori. Buonanotte» disse il ragazzo, serio. Si voltò ed uscì, evitando di guardarla negli occhi, che erano sgranati. Era anche sul punto di arrossire, chissà per quale ragione. Si ricompose e corse in camera.

 

Garfield uscì in giardino e si sedette su una panca, pensando, ignaro che qualcuno lo stesse osservando.

Sopra di lui, infatti, affacciato alla finestra stava François. Il ragazzo francese aveva captato una certa elettricità tra Garfield e Rachel e aveva tratto le sue (giuste) conclusioni: a Garfield la ragazza piaceva e anche tanto, mentre lei per il momento non sembrava interessata. Povero ragazzo, pensò malignamente. Sottovoce, cominciò ad intonare una canzone dal musical più famoso di Francia, “Notre Dame de Paris”.

 

Lune

Qui là-haut s'allume

Sur

 Les toits de Paris

 Vois

 Comme un homme

 Peut souffrir d'amour

 Bel

 Astre solitaire

Qui meurt

 Quand revient le jour

Entends

 Monter vers toi

La chant de la terre

Entends le cri

 D'un homme qui a mal

Pour qui

Un million d'étoiles

 Ne valent

Pas les yeux de celle

 Qu'il aime

D'un amour mortel

 Lune

 

Era evidente che il ragazzo biondo sotto di lui stava soffrendo per la ragazza californiana. La luna gli era testimone e anche lui. François represse un risolino.

 

Lune

Qui là-haut s'embrume

 Avant

 Que le jour ne vienne

 Entends

 Rugir le cœur

 De la bête humaine

C'est la complainte

De Quasimodo

Qui pleure

 Sa détresse folle

Sa voix

Par monts et par vaux

S'envole

Pour arriver jusqu'à toi

Lune

 Veille

Sur ce monde étrange

Qui mêle

 Sa vois au coeur des anges

 

Quella Rachel era davvero bella, ma piuttosto tonta, ragionò ancora il ragazzo. Non si sarebbe stupito di sentir piangere il ragazzo sotto di lui, era davvero disperato. Ma come faceva a non accorgersi di lui?

 

 Lune

Qui là-haut s'allume

Pour

Eclairer ma plume

Vois

 Comme un homme peut souffrir d'amour

 D'amour

Chiaramente doveva piacerle qualcun altro. L’indomani si sarebbe adoperato per scoprire chi, anche se era piuttosto sicuro che fosse lui. Nessuna ragazza poteva resistergli.

Lanciò un ultimo ghigno malefico al biondo sotto di lui, poi chiuse la finestra e si ritirò.

  
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