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Autore: happley    15/07/2013    2 recensioni
Questa fan fiction partecipa al contest “différent” di doresu no shoujo e _Aurara
La tua magia è così bella.
Con le tue mani riesci a creare una nuova realtà, e a far credere agli spettatori che esista.
Io ci ho creduto.

Coppia: Xavier (Hiroto) x Jordan (Ryuuji).
Questa AU racconta la storia d'amore fra un prestigiatore e un gentiluomo dell'alta borghesia... E ho usato i nomi dub perché la storia si svolge in Inghilterra. Spero davvero di essere riuscita ad essere originale! Ringrazio infinitamente la mia beta-reader, chocobanana_, e tutti coloro che leggeranno la mia fic.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Autore/Autori: moon  apple
Titolo della storia: Misdirection
Rating: Giallo
Prompt (nel caso inseriate canzoni o banner): -
Personaggi:
Xavier Foster (Hiroto Kiyama), Jordan Greenway (Ryuuji Midorikawa), Dylan Bluemoon (Hiromu Miura), Mercury (Maki Sumeragi), Bellatrix (Reina Yagami), Kiburn (Kii Fumiko), Lina Schiller (Hitomiko Kira).
Pairing: Xavier/Jordan (HiroMido); accenni lievi alla Dylan/Mercury (DiaMaki) e alla Bellatrix/Kiburn (ReinaFumiko).
Numero di parole: 4775  (Microsoft Word), escluse indicazioni geografiche/temporali, note e titolo.
Disclaimer: Inazuma Eleven e i personaggi di questa fic non mi appartengono, ma sono proprietà della Level-5. La citazione all’inizio della storia, invece, appartiene a Gianrico Carofiglio. Ci tengo inoltre a precisare che questa storia non è stata scritta a scopo di lucro -in quanto non ci guadagno nemmeno un centesimo- e vi chiedo, per favore, di rispettare il copyright e non copiare la mia storia.
Eventuali note: Dunque, come noterete in questa storia ho scelto di usare i nomi del dub –per evitare che qualcuno mi critichi per questo, ci tengo a dire che era, all’incirca, una scelta obbligata: vi pare infatti realistico usare nomi giapponesi per personaggi che si muovono nell’Inghilterra fine-vittoriana? Non credo affatto. È da questo che dipende, quindi, la scelta di usare i nomi inglesi del dub; inoltre, anche se onestamente anche io preferisco i nomi originali, questi non mi dispiacciono.


 
La vera abilità del prestigiatore consiste nella capacità di influenzare le menti.
     E fare un gioco di prestigio riuscito significa creare una realtà. Una realtà alternativa
                 dove sei tu a stabilire le regole. [Gianrico Carofiglio]
 
Misdirection
 

Manchester (UK), 1898 

Uno, due, tre.
Jordan contò rapidamente in mente, mentre muoveva veloci le dita; rovesciò il palmo della mano all’indietro e di nuovo: uno, due, tre.
La moneta di rame sparì.
I bambini in prima fila lo ammiravano sbalorditi, mordendosi l’interno delle guance mentre si sforzavano di immaginare cosa sarebbe successo dopo; ma non erano soltanto loro a fissarlo, gli occhi avidi delle signore che nascondevano le labbra sotto il ventaglio e dei gentiluomini con il loro monocolo d’oro fino erano tutti puntati su di lui.
Jordan sorrise, e di nuovo: uno, due, tre.
Dal nulla la moneta apparve nella sua mano destra.
Si alzò un fruscio di applausi e contegnose urla di sorpresa, delle quali il giovane illusionista si beò dispensando inchini e sorrisi.
 
Non si era mai trovato a partecipare ad una festa così lussuosa; quando il circo era stato invitato per animare le danze in una serata di gala, aveva pensato decisamente a qualcosa di più sobrio –del resto, chi avrebbe voluto un manipolo di saltimbanchi nullafacenti nel proprio giardino? Era un posto così curato ed elegante, qualcosa che loro non avrebbero nemmeno potuto sognare di avere.
Questi pensieri navigavano pigri nella sua testa mentre osservava una signora, imperlata dalla testa ai piedi di brillanti e ori preziosi –dire che indossava un intero patrimonio poteva essere esatto-, che si copriva il volto con un ventaglio di piume di pavone e rideva convinta mentre si congratulava con i probabili genitori del festeggiato. A lui sembravano tutti uguali, in quella festa. Non avevano nessun segno particolare che li distinguesse, perché loro costituivano la gente “normale”: il particolare entrava nelle loro vite solo insieme alla magia del circo, che pure era considerato alla stregua di una bolgia dantesca.  
Che i saltimbanchi infernali ragionassero e fossero fieri del proprio essere era un pensiero che non sfiorava neanche le menti dei benpensanti borghesi… Ecco perché non avrebbero mai capito, né toccato con mano, la sua magia.
Stava cercando con gli occhi il suo migliore amico –Dylan al contrario di lui aveva una forte attrazione per la vita mondana, il caos era il suo regno e, insieme a Mercury, la sua trapezista, amava girare fra la folla e mettere in mostra i propri abiti insoliti- quando un gentiluomo entrò nella sua visuale. “Spettacolo incantevole” commentò rivolgendogli un sorriso tanto cortese ed educato quanto distante.
Jordan gli fece un riverente inchino e ringraziò, poi aspettò che l’altro se ne andasse.
Il gentiluomo non si mosse. “È stato davvero bello, ma devo ammettere che ho un debole per i numeri come il vostro. La magia mi ha sempre affascinato più di ogni realtà” continuò, tranquillo. “Mi piacerebbe parlarne con voi, se ne avete piacere.”
“Certamente” rispose Jordan, abbozzò un sorriso ma si mantenne sulla difensiva.
Era così seccante dover discutere con persone vuote, la cui passione per la sua arte si limitava ad una superficiale curiosità verso l’esoterismo. Sperava soltanto che finisse presto, e che non gli chiedesse cose assurde tipo di riportare indietro i morti o roba simile –non sarebbe stata la prima volta, comunque.
“Sai, vi ho osservato attentamente, ma non riesco davvero a svelare i vostri trucchi” disse il gentiluomo.
“I trucchi di un illusionista non vanno svelati” osservò Jordan “o perdono la loro magia, non crede?”
“Giusto. Ma sono curioso. Le chiedo perdono, ma non riesco a trattenermi.” Sorrise. “Per questo volevo chiederle la cortesia di ripetere il numero della moneta di fronte a me. Naturalmente non la obbligo, ma mi piacerebbe davvero rivederlo.”
Jordan si accigliò –cosa si aspettava? Che dicesse di no? Come se avesse scelta-, poi estrasse la moneta di rame dalla tasca dei pantaloni e ripeté il numero.
“Ecco” disse alla fine. L’altro arricciò le labbra in un broncio.
“Di nuovo, la prego” chiese. Jordan sospirò e obbedì, lo ripeté per cinque volte consecutive prima che l’altro gli consentisse di fermarsi.
“La ringrazio di avermi accontentato, siete stato molto gentile. Ma non avete paura che facendolo rivedere tante volte qualcuno possa capirne il trucco?” disse.
Jordan scrollò le spalle. “Ho fiducia nelle mie capacità. Anche ripetendolo all’infinito non credo che voi capireste come faccio, con tutto il rispetto. Io ci ho messo anni ad imparare.”
Il gentiluomo annuì. “Naturalmente, naturalmente.” Apparve pensieroso, gettò un’occhiata crucciata dietro di sé, poi tornò a guardarlo. “Ho un’altra piccola domanda.”
Ecco, ora arriva quella sui morti, Jordan fece del suo meglio per non sbuffare.
L’altro abbassò la voce e si mise una mano al lato della bocca, come se stesse confessando un segreto. “Voi siete in grado di far sparire le persone?” domandò.
Jordan rimase spiazzato. “Se intendete uccidere qualcuno—”
“No, no, intendo proprio sparire. Come la moneta” specificò l’altro.
Jordan sbatté le palpebre, perplesso, poi annuì. “Suppongo che sia possibile…” mormorò.
Il volto del gentiluomo parve per un attimo trasfigurato dal sollievo, ma subito si incupì quando si sentì chiamare. “Devo andare. La ringrazio. Ho sentito che il circo resterà in città per un po’, perciò spero di rivederla presto” disse in fretta, si voltò e la folla si aprì per lui, così che potesse raggiungere i genitori –solo allora Jordan capì di aver parlato con il festeggiato e si rese conto di quanto fosse giovane, compiva solo diciotto anni, nonostante l’atteggiamento composto e maturo. Jordan rimase ad osservare sorpreso il gentiluomo dai lunghi capelli rossi e gli occhi verdi brillanti, che sorrideva agli invitati e li ringraziava con ardore.
 
Uno, due, tre. Evviva il festeggiato.
Ed evviva la Regina Vittoria, che rende possibile tutto il bene del mondo.

xxx

Kiburn attorcigliò le dita nei boccoli rosa salmone e arricciò le labbra per permettere a Bellatrix di metterle il trucco; dalla festa del giorno prima entrambe erano di cattivo umore, Kiburn non faceva altro che sospirare e cercare gli abbracci dell’amica, che però l’allontanava infastidita.
La tensione nell’aria era palpabile.
Jordan lanciò un’occhiata interrogativa a Mercury, che si stava facendo allacciare un complicato vestito di scena da Dylan. “Ieri sera uno degli invitati si è mostrato piuttosto interessato a Kiburn e le ha fatto delle avances a cui lei non si è sottratta. Immagino che Bella non abbia gradito” spiegò, senza curarsi del fatto che le altre due ragazze potessero sentirla perfettamente. Nessuno fece commenti di alcun tipo. Tutti avevano troppe cose a cui pensare per far caso ai problemi altrui, compreso Jordan: si era accorto che la sua giacca si era scucita su un gomito e doveva passare in città per comprare del filo dello stesso colore, dal momento che comprare indumenti nuovi non si poteva.
“Esci? Vuoi che ti accompagni?” gli chiese Dylan. Jordan notò che era ancora impegnato ad intricare i numerosi lacci dell’abito di Mercury e gli fece cenno di no, poi uscì nelle strade rumorose di Manchester, sommersa dai fumi neri delle fabbriche sorte per ogni dove ai confini della città. Jordan non ricordava l’ultima volta che aveva guardato in alto e visto il colore azzurro: era nato quando già il cielo era diventato grigio, e forse solo nella campagna in cui aveva aperto gli occhi da neonato non erano ancora arrivate la macchina, la ferrovia e la fabbrica. Aveva persino sentito dire che a Londra avevano costruito un enorme palazzo di cristallo per celebrare le nuove invenzioni.
E la sua campagna? Era rimasta verde o aveva perso anch’essa i suoi colori freschi?
Non si diede il tempo di rispondersi, individuò la sartoria in un viottolo e facendosi largo fra la folla di persone che invadeva ogni metro raggiunse il negozietto. Un campanello suonò quando spinse la porta per aprirla e una signora si alzò dalla sedia a dondolo sulla quale si era mezzo addormentata. “In cosa posso esserle utile, signorino?” chiese massaggiandosi le manine rugose mentre lo squadrava con occhietti piccoli, da topo, che lo fecero rabbrividire.
Jordan rispose, la signora frugò in un cassetto e gli porse un rocchetto di cotone; mentre il ragazzo contava le monete da darle,  il campanello della porta trillò di nuovo e gli occhi della signora si allargarono di stupore più di quanto lui credesse possibile. Si voltò anche lui e i suoi occhi incrociarono un verde particolarmente luminoso, ancor più di quello della sua infanzia.
“Sapevo che si trattava di voi, i vostri capelli sono di un colore raro” esclamò la voce forte e raggiante del festeggiato della sera prima. “Sono felice di avervi rincontrato.” Entrò nel negozio e gli afferrò una mano per stringerla con calore. Jordan fece appena in tempo a lasciare le monete nelle mani della donna, poi fu trascinato quasi di forza fuori dalla sartoria.
“Cosa sta facendo?!” Non si trattenne dal gridare quando il giovane gentiluomo lo fece salire nella propria carrozza e ordinò al cocchiere di partire.
“Questo è un rapimento, ne è cosciente, vero?” osservò Jordan, ma già si era rassegnato.
L’altro sorrise. “Mi deve perdonare, mi sono lasciato trasportare dall’entusiasmo. Ieri non abbiamo potuto concludere la conversazione, ma le assicuro che nutro un vero interesse per voi. Prima di porle le mie domande, però, mi piacerebbe conoscere il suo nome.”
Jordan ebbe un attimo di esitazione, poi rispose: “Mi chiamo Jordan Greenway.”
“È un piacere conoscerti, Mr. Greenway. Il mio nome è Xavier Foster. Mi dispiace per come ci siamo lasciati ieri sera, mia madre è una tale tiranna…” Rise, e Jordan si chiese se fosse il caso di parlare così dei propri genitori davanti ad uno sconosciuto.
“Vuole rivedere il trucco della moneta?” domandò nervosamente.
Xavier scosse il capo. “Oh no, la ringrazio. Come avete detto voi giustamente, siete piuttosto bravo, per cui non credo che carpirei così facilmente i vostri segreti. Ma riprendiamo da dove abbiamo concluso… è possibile architettare un numero che faccia sparire una persona intera?”
“È possibile. Un illusionista negli Stati Uniti ha fatto sparire un intero elefante durante un suo numero” rispose Jordan, non riuscendo a nascondere una certa invidia.
“Ne ho sentito parlare! È meraviglioso, non crede? Mia madre pensa che dovrei nascondere il mio entusiasmo per la magia perché è sconveniente, ma non riesco a non restarne affascinato” proseguì Xavier, appoggiò un braccio alla piccola finestra della carrozza. “Ho dovuto rapirla proprio perché questo è l’unico luogo dove i miei non possono sentirci, hanno orecchie e occhi ovunque” borbottò, poi tacque, immergendosi nei suoi pensieri.
Jordan si permise di osservarlo di nascosto –era pulito e raffinato, ma quasi sicuramente Xavier Foster sarebbe stato un bel ragazzo anche se coperto di fuliggine; a renderlo così bello erano i lineamenti dolci e infantili del viso, in contrasto con la sua voce matura e seducente, i capelli rossi che accendevano una nota di colore nel panorama grigio che li circondava. Era naturalmente bello, non c’era altra definizione, eppure di una bellezza turbata, come svelava lo sguardo a tratti cupo e profondo. 
“Riguardo il discorso che voleva farmi…” Prese la parola per primo, desideroso di mettere fine allo stato d’animo triste e pensoso del giovane e allo stesso tempo di cessare quel silenzio imbarazzante -l’allegro sorriso sul volto di Xavier gli comunicò che aveva avuto successo in entrambi gli intenti.
“Oh, giusto!” esclamò come se gli fosse passato di mente. “Vorrei che le mi permettesse di partecipare ad uno dei suoi spettacoli. L’ultimo della stagione sarebbe perfetto.”
“Perché questa richiesta, se non sono indiscreto?”
“Mi piace impressionare le persone. Stupirle, vedere le loro espressioni cambiare. La vita è una tale noia senza un po’ di magia. Per questo credo che lei sia un genio.” Xavier sorrise, lasciandolo senza fiato per un momento.
Lo stava prendendo in giro? Con quell’espressione amabile e ammirata? Jordan non sapeva cosa pensare. Abbassò lo sguardo e le sue guance si tinsero di rosso per l’imbarazzo.
“Sono solo un illusionista, non faccio vera magia…” mormorò, ma Xavier lo interruppe: “E le sembra poco? Lei riesce a prendere oggetti ordinari e renderli straordinari! Come la moneta. Non ditemi che non ci credete, perché mi deludete. Sono un vostro fervido ammiratore…”
Jordan arrossì ancora di più, stava per parlare, ma Xavier fu di nuovo più rapido. “Oh cielo. Sono in ritardo per l’ora del tè, mia madre mi ucciderà.” Ridacchiò e diede ordine di fermare la carrozza davanti alla sartoria per far scendere Jordan.
“Ci rivedremo presto, Mr. Greenway. Verrò a cercarla personalmente” disse, gli lanciò un ultimo sorriso e poi la carrozza ripartì. Jordan rimase in piedi a guardarla finché non sparì dietro un angolo. Non gli era mai successo di incontrare qualcuno che fosse veramente interessato a lui e al suo mestiere. Sapeva che avrebbe dovuto rimanere in guardia, ma si sentiva lusingato, era innegabilmente felice di sentire quelle parole… e voleva credere che fossero sincere. Non riusciva a dubitarne razionalmente.

xxx

Quando Xavier diceva di voler venire a cercarlo personalmente non scherzava affatto, come Jordan ebbe modo di notare: il giovane gentiluomo si presentava regolarmente ogni sera in cui il circo si esibiva e lo “rapiva” dopo ogni spettacolo, portandolo in giro per la città con la carrozza (i loro giri erano senza meta, rappresentavano solo un pretesto per chiacchierare). Dylan e Mercury avevano decisamente iniziato ad insospettirsi, anche perché, la prima volta che gli avevano chiesto informazioni su Xavier, Jordan non era riuscito a mantenere un tono freddo e distaccato: il rossore sulle guance lo aveva tradito e Dylan lo conosceva fin troppo bene. Ma anche senza che l’amico glielo dicesse, Jordan sapeva perfettamente quanto la sua situazione fosse preoccupante: Xavier iniziava a piacergli un po’ troppo, cosa sbagliata, sbagliatissima. Era di classe sociale alta, e per di più un ragazzo. Molto sconveniente.
Xavier non pareva averci fatto caso, comunque, o forse era così gentile da far finta di niente; l’unica cosa certa era che continuava a trattarlo con riguardo e a sottoporgli domande e dubbi sulla magia con lo stesso entusiasmo mostrato durante il primo giorno in carrozza.
“Capisco, quindi sta tutto nell’angolazione degli specchi. Assurdo!” esclamò Xavier dopo che Jordan gli aveva spiegato come realizzare il trucco della sparizione di grandi oggetti.
“Ma perché me lo avete detto? Non avevate deciso di non svelarmi i vostri trucchi?”
“Questo non è un mio trucco, appartiene ad un altro che già li ha svelati. Ma a quello della moneta potete rinunciarvi, non ve lo dirò mai.”
Xavier rimase per un attimo interdetto, poi scoppiò a ridere. “Non dovete. Lo scoprirò da solo” affermò, deciso. Tacque; Jordan aveva imparato a distinguere il momento che separava i suoi repentini cambiamenti d’umore, sapeva che Xavier era stato preso da qualche strano pensiero. Quella sera, infatti, gli era parso decisamente di cattivo umore, nonostante non lo lasciasse intravedere: Xavier era maledettamente bravo a fingere di essere felice.
“Jordan” disse dopo un po’. Jordan lo fissò stranito: non gli aveva mai dato del tu.
“Hai mai baciato una persona?” domandò, senza guardarlo in volto. Jordan non capì se fosse imbarazzato o solo curioso ed esitò prima di annuire.
“Oh. Fortunato. Mia madre vuole farmi fidanzare, sai, ma io non sono mai stato con nessuno, e non conosco affatto la signorina con la quale dovrei passare il resto della mia vita. A volte…” mormorò Xavier, si fermò un attimo e sospirò. “A volte mi piacerebbe poter volare oltre oceano. Chissà se là vivrei più felice? Sarebbe bello avere un paio di ali… Ma mi sa che dovrei accontentarmi di una bella nave.”
Il fantasma di un sorriso apparve sul suo volto –o forse era soltanto un’illusione lasciata dallo spicchio di penombra che celava metà del suo volto?- e la sua voce diventò un sussurro: “Mi baceresti, Jordan? Vorrei essere sicuro che il mio primo bacio sia con qualcuno che mi piace.”
L’illusionista ebbe un sussulto, incrociò lo sguardo di Xavier e scoprì che era serio. Si morse il labbro e scosse il capo con forza. “Non voglio” disse.
“Perché?”
“Perché… perché non potete sperare di averla sempre vinta voi! Solo perché siete stato abituato ad avere tutto, non potete credere che anche questo sia normale! Non potete darmi del tu con tanta semplicità, o chiedermi un bacio con leggerezza! È sconveniente, è sbagliato!” Jordan chiuse gli occhi e girò il viso. Sentì le dita di Xavier toccargli il polso.
“Jordan.”
“No! Non cercate di ingannarmi con la vostra voce, vi prego.”
“Di che parli? Sei tu l’esperto nell’ingannare le persone.” L’affermazione lo sorprese a tal punto da spingerlo ad aprire gli occhi; l’ultima cosa che vide fu il sorriso dell’altro, poi le sue labbra furono catturate in un bacio sbagliato, sbagliatissimo.

xxx

Non aveva mai visto tanta folla tutta insieme; era l’ultimo spettacolo e tutta la città sembrava essersi radunata lì, attirata dall’annuncio di un numero senza pari: il mago Jordan Greenway si preparava a far sparire e riapparire una persona. Nessuno sapeva chi sarebbe stata, perché Jordan l’avrebbe scelta a caso fra il pubblico –o almeno questa era la dichiarazione ufficiale, perché in realtà si era già messo d’accordo con Xavier.
Il giovane dai capelli rossi era già seduto in prima fila, al fianco di sua madre e di una bella signorina elegante, probabilmente la sua fidanzata. Jordan distolse lo sguardo e si finse indaffarato con la sua attrezzatura: non si erano più parlati dal giorno del bacio, se non per mettersi d’accordo sulla finzione scenica. Quali fossero i sentimenti di Xavier per lui rimaneva un mistero, e non era nemmeno importante perché il giorno dopo il circo sarebbe ripartito e addio Manchester. Jordan sospirò.
“Jo, hai visto Kiburn? Non la troviamo” esclamò Dylan facendo capolino da una tenda. Jordan scosse il capo, in effetti non era raro che Kiburn sparisse per lunghi periodi. Bellatrix era di umore nerissimo. Beh, avevano tutto il tempo per cercarla, tanto lui era sempre il primo ad aprire gli spettacoli.
Entrò e si mise al centro della piazza, le luci dei fari piazzati sotto il tendone lo avvolsero. Come da piano, ringraziò tutti per essere venuti a vedere lo spettacolo e cominciò la sua esibizione con il trucco più semplice, quello che di solito lasciava alla fine: la moneta di rame. Amava stupire i suoi spettatori con qualcosa di grande, perciò di solito partiva sempre dal numero più difficile, per arrivare a quello più semplice. A ben pensarci, anche alla festa di Xavier aveva fatto la stessa cosa. Stavolta sarebbe andata diversamente.
Iniziò quindi dalla moneta, per poi far sparire via via oggetti sempre più grandi, con la sola abilità delle sue mani, preparandosi al gran finale. Non riusciva a togliersi dalla testa lo sguardo di Xavier, puntato su di lui con un’intensità tale che avrebbe potuto trapassarlo da parte a parte.
 
“E ora, per l’ultimo numero, chiederò ad uno spettatore di venire qui vicino a me” Jordan fece un mezzo sorriso e girò su se stesso, fingendo di guardare uno per uno tutte le persone del pubblico. Quando la sua mano si tese verso Xavier, il giovane si mostrò sorpreso e con un po’ di esitazione si avvicinò a lui –la sua espressione dubbiosa, lo sguardo volenteroso, ogni sua movenza era calcolata. Sapeva recitare come nessun altro e Jordan si chiese se non ci fosse abituato. Xavier gli toccò la mano prima di sistemarsi dietro le porte a listelle, dove il pubblico poteva ancora vederlo, e lui non capì se l’avesse fatto apposta o fosse stato uno sbaglio.
“Signori e signore, io farò sparire questo giovane davanti ai vostri occhi e poi lo farò ricomparire!” gridò verso la platea, dalla quale si alzò un vociare incredulo.
Xavier rivolse un saluto alla sua angosciata fidanzata. Era davvero bella. Jordan decise che non voleva più assistere alle loro effusioni –che espressione avrebbe fatto, quella graziosa fanciulla, vedendo il suo amato scivolare via dalle sue dita? Con questa domanda che mulinava, torbida, nella testa, Jordan chiuse gli occhi, alzò le braccia, batté le mani.
E Xavier scomparve.
Un attimo di silenzio.
Poi scoppiò un boato di voci, grida di stupore, spavento, le facce degli scettici erano una visione impagabile, la fidanzata di Xavier pallida come un cencio si portò le mani alle labbra.
Il numero era cominciato alla perfezione, ora non gli restava che farlo riapparire. Ma prima di farlo, Jordan decise di attendere un altro po’. Voleva lasciare a Xavier alcuni minuti per stare con se stesso, mentre lui si godeva l’incredulità del pubblico, perché se c’era una cosa chiara nella loro relazione era che i giri in carrozza con lui erano un modo per ritagliarsi della libertà.
Ad un suo gesto le voci si spensero.
“La prima parte del numero è riuscita. Ora farò riapparire il giovane gentiluomo…” Fu interrotto a metà da un rombo che non era di tuono né di voci.
Era uno sparo.
La gente iniziò a gridare, e non era per la sorpresa. Era per la paura.
Jordan si guardò intorno, smarrito, mentre intorno a lui esplodeva il putiferio, le persone si alzavano e correvano da una parte e dall’altra, sconvolte. Dylan gli urlò qualcosa d’indistinguibile, Mercury aveva il volto paralizzato dall’orrore. Le sue scarpe bianche erano macchiate di rosso. Di sangue. Jordan vide Bellatrix piegata, in mezzo alla folla; le sue braccia stanche reggevano con dolore Kiburn, il cui vestito di tulle azzurre era impregnato in una pozza di sangue e, di fronte a loro, stava in piedi il suo ammiratore, l’uomo che l’aveva corteggiata alla festa di Xavier. Dalla pistola che reggeva in mano usciva ancora il fumo.
Jordan capì al volo: se non posso averla io, non l’avrà nessuno.
Proprio come aveva pensato lui stesso poco prima di far sparire Xavier.
Il sangue scorreva a fiotti dal petto di Kiburn, piccola, delicata Kiburn dai boccoli rosa che non avrebbe mai più danzato con grazia, e dalla vista della morte in Jordan sgorgò il desiderio della vita: batté le mani, voleva vedere Xavier, subito. Nessuno si accorse che aveva iniziato la seconda parte del suo numero, tutti erano troppo occupati a scappare in preda al panico, sporcando i propri abiti preziosi. Nessuno notò lo shock sul volto di Jordan quando batté le mani e Xavier non ricomparve.
Guardò dietro le porte, sconvolto, ma il giovane aveva lasciato la sua prigione di specchi. Era fuggito e dietro di lui aveva lasciato solo un biglietto. Jordan lo raccolse e lo lesse.
 

La tua magia è così bella.
Con le tue mani riesci a creare una nuova realtà, e a far credere agli spettatori che esista.
Io ci ho creduto.

 
Una lacrima gli scivolò sulla guancia: era la prima volta in vita sua che un numero di magia non gli riusciva alla perfezione.

xxx 

Bristol (Virginia), 1918

Jordan fece un grande sbadiglio mentre si puntellava sui piedi per guardare oltre la folla di persone; Bristol non era grande come Londra, dov’era stato di recente, ma ugualmente bella.
Guardò l’orologio appeso al Municipio: erano soltanto le undici di mattina.
E così, cominciava la sua ricerca anche in quella città: Xavier era riuscito a sparire per bene. L’aveva cercato a lungo, nel Regno Unito, ma in fondo sapeva che la sua ricerca l’avrebbe portato là. Non era forse stato il giovane gentiluomo a dirgli, vent’anni prima, che desiderava un paio d’ali per volare oltre oceano? Ma anche sapendo che si trovava negli Stati Uniti quella di ritrovarlo sembrava un’impresa impossibile, per quanto potesse viaggiare l’America era un territorio troppo grande, troppo superiore rispetto al Regno Unito.
Chissà se i genitori di Xavier lo avevano cercato; chissà che fine aveva fatto la sua bella fidanzata, così sconvolta dalla sua scomparsa! Jordan non immaginava, quando aveva battuto le mani la prima volta, che presto si sarebbe sentito come lei. Poverina. Nel putiferio scoppiato a causa della morte di Kiburn nessuno si era accorto che Xavier non c’era più, nemmeno lei.
Poi c’era stata la Grande Guerra, e nessuno più aveva avuto il tempo di pensare ad altri se non se stessi. Jordan non era più il ragazzino sprovveduto di allora. Aveva cercato di dimenticare, finché i ricordi non erano arrivati a tormentarlo nei sogni: proprio come quella sera, dalla morte nasceva un desiderio di vita. Una vita insieme a lui.
Aveva chiesto l’aiuto di Dylan per cercare informazioni su Xavier -nonostante tutto, il suo migliore amico non l’aveva mai abbandonato, e così dopo anni le loro ricerche lo avevano condotto in Virginia.
L’avrebbe trovato? Aveva solo un indirizzo. Il cuore gli palpitava forte, più per la paura di essere ancora deluso che non per la speranza. Erano passati vent’anni e due guerre –se fosse morto? Non osava pensarci.
Uscì dal centro, andando verso strade meno affollate. Il cielo non limpidissimo, ma era più azzurro della Manchester che ricordava. Meno male.
 
Jordan rimase a lungo davanti a quella bella porta di mogano nero, a fissare esitante la maniglia curva. Non aveva la minima idea di che cosa fare, a quel punto. I suoi occhi guizzarono sul campanello, poi di nuovo sul mogano. Non c’era molto da fare.
“Okay, vado” disse ad alta voce, per farsi coraggio. Trattenne il respiro e tese la mano verso la maniglia, che si aprì in quell’esatto momento; nella sua mente subito si formò l’immagine di Xavier, ma con suo grande disappunto si trovò davanti una donna con lunghi capelli neri e occhi blu. Indossava un lungo e sobrio vestito giallo canarino.
“Chi sei tu?” chiese, accigliandosi.
Jordan sussultò, quasi intimorito dalla voce decisa di lei. “M-mi scusi! Sto cercando un certo Mr. Foster, mi hanno detto che abita qui…” balbettò, abbassò lo sguardo e le passò il foglietto su cui Dylan aveva annotato il nome completo di Xavier e il suo probabile indirizzo.
La donna lo guardò un attimo, poi disse, ferma: “Non abita nessun Foster qui.”
Gli occhi di Jordan si spensero alla prima parola, le braccia gli caddero molli lungo i fianchi e una voglia di piangere gli strinse il petto.
“La ringrazio” si costrinse a sputare fuori queste parole, poi si voltò ed iniziò a scendere gli scalini che separavano l’entrata dalla strada; la donna però lo fermò mettendogli una mano sulla spalla. Quando Jordan si voltò sorpreso la trovò sorridente.
“Non c’è nessun Xavier Foster qui, ma c’è uno Xavier Shiller. Vuoi entrare?” disse gentile, gli prese la mano e lo portò dentro, senza neanche ascoltare la sua risposta.
“Io sono Lina Shiller, la sua sorella adottiva. Tu sei il mago, giusto? Aveva detto che saresti arrivato, prima o poi” continuò Lina mentre percorreva insieme a lui un corridoio tappezzato di carta da parati a fiori. Jordan la lasciò fare, confuso, l’unica cosa che capiva era che non stava capendo più niente –c’era un altro Xavier? E aveva detto cosa? Ma chi diavolo era il mago fra loro? Decisamente la situazione gli stava sfuggendo di mano.
Lina si fermò davanti ad una stanza e bussò; ci fu una risposta sommessa, alla quale lei aprì la porta, poi si girò e lasciò Jordan da solo. Lo sguardo del giovane si soffermò immediatamente sull’altro uomo seduto ad una scrivania: era piegato su se stesso, stava scribacchiando qualcosa su un taccuino, e i lunghi capelli rossi che gli scivolavano sulle guance sussultavano ad ogni suo respiro. Poi si fermò, smise di scrivere, all’improvviso.
E alzò lo sguardo –occhi verdi, acquosi, brillanti.
“Sapevo che mi avresti trovato” disse.
“Tu mi hai usato” lo accusò Jordan, con le lacrime che premevano in gola.
L’altro intrecciò le mani in grembo e annuì. “È vero. Mi sono avvicinato a te solo per il tuo talento di prestigiatore. Volevo sparire senza dare troppo nell’occhio, e tu mi sei sembrato perfetto come assistente.”
“Assistente ignaro di tutto, però.”
“L’avresti fatto lo stesso se avessi saputo che sarei scomparso per davvero?” lo interrogò Xavier, studiò lo sguardo di Jordan e poi scosse il capo. “No, lo immaginavo. Eri troppo innamorato di me, a quel punto, per permettermelo.”
Tu…!” Jordan fece i primi passi avanti, spinto dalla rabbia e dalla voglia di prenderlo a pugni. “Tu… maledetto! Hai architettato tutto in segreto, e io ho fatto la figura dell’idiota!” Si fermò a riprendere fiato, ansimava. Non riusciva più a trattenersi dal piangere. “Perché diavolo mi hai chiesto di baciarti se sapevi di piacermi? Io non volevo innamorarmi di te fino a questo punto!”
Le braccia di Xavier avvolsero la sua vita e lo strinsero in un abbraccio confortante, che gli fece venire ancora più voglia di piangere.
“Io invece lo volevo” sussurrò Xavier “perché se non ti fossi innamorato di me fino a questo punto, non saresti mai venuto a cercarmi.” Jordan sussultò, sentendo qualcosa di freddo dietro la nuca: si staccò di scatto e vide una moneta argentata fra le dita del rosso, che la fece scomparire e riapparire rapidamente. Alzò il capo e incrociò il suo sguardo.
“Quando lo hai imparato?” chiese, così sorpreso che le lacrime si asciugarono quasi di colpo.
Xavier sorrise. “Beh, sono passati vent’anni” disse, e lo baciò a fior di labbra.
“Mi sono esercitato.”
 
 
 
 


**C’era una volta una melaH…**
Buongiorno c:
Per scrivere questa fic ho affrontato una grave crisi d’ispirazione, cosa che a quanto pare è capitato a molti dei partecipanti al contest! E dire quando Aurara_ mi ha comunicato la coppia, cioè l’HiroMido, la mia prima reazione è stata “wow, che fortuna!” XD In effetti, pensandoci bene, ho capito che una coppia così popolare è un’arma a doppio taglio –ammettiamolo, su Hiroto e Midorikawa è stato scritto di tutto e di più. Ecco perché spero di essere riuscita ad essere originale ;w; Francamente non ho riguardato 190 pagine per sapere se c’erano fic sull’illusionismo, sono troppo pigra (?).
Quasi mi dispiace non aver potuto fare sviluppare tutti i personaggi, ma non avevo proprio spazio, materialmente.
Ringrazio chi ha letto fin qui e la mia beta-reader, chocobanana_
Bacioni,
          Roby
 
P.S. Il titolo della fic fa riferimento ad una nota tecnica usata dai prestigiatori per distogliere l’attenzione del pubblico: è il trucco che si cela dietro il numero della moneta, per esempio :)
P.P. S. Se qualcuno casomai si fosse chiesto chi è il prestigiatore di cui si parla a più riprese nella storia, vi informo che è Harry Houdini. Questo famosissimo “mago” che visse soprattutto negli Stati Uniti era conosciuto soprattutto per i numeri d’evasione, nei quali si liberava di catene e corde in modo semplicissimo, appunto “magico”. Il numero a cui si fa riferimento per la scomparsa di Hiroto/Xavier è quello in cui Houdini, grazie al supporto di alcuni specchi montati in modo da creare illusioni ottiche, fece sparire un intero elefante davanti agli occhi increduli di milioni di spettatori ;)
  
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