Film > Jurassic Park
Segui la storia  |       
Autore: SiriusBlack91    15/07/2013    2 recensioni
Una nuova isola. . .nuovi segreti. . .nuovi orrori!
La trama tratta di una spedizione della Ingen su una terza isola dove effettuano esperimenti sui dinosauri; cronologicamente mi baso sulla storia dei libri di Chricton, quindi avviene dopo l'incidente al Jurassic Park del primo libro e prima dell'avventura di Malcolm e gli altri su Isla Sorna del secondo libro. Spero vi piacerà la storia, la quale premetto che sarà piena di sorprese, intrighi e ovviamente dinosauri! Buona lettura a tutti :)
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Episodio 11 – Gli orrori della Ingen
Gabriel e la sua squadra correvano in fila indiana nel folto della foresta, non curanti delle piante che gli sferzavano il volto e gli arti. Erano riusciti a scappare all’attacco di quel grosso carnivoro per pura fortuna. Il piano del capitano era sin dall’inizio di fuggire da quella zona, ormai compromessa, e raggiungere il laboratorio di cui avevano parlato Ray e Hicks.
Quei due erano spariti all’inizio dell’attacco, Gabriel suppose che forse erano tornati nella galleria sotterranea.
Poco male. . .erano solo d’intralcio. . .una preoccupazione in meno!
. . . . .
No! Era un problema invece! Riflettendoci meglio, Gabriel si rese conto che quei due andavano tenuti d’occhio e il fatto che erano scappati rendeva le cose ancora più complesse!
“Signore!” urlava Ramirez infondo alla fila “Credo che possiamo rallentare! Non sento più i passi del dinosauro!” Respirava ansando per la fatica della corsa.
“Ancora poco e ci siamo!” si limitò a rispondere il capitano.
Erano tutti incredibilmente incolumi ma molto spaventati dal precedente incontro. Quella “cosa” era indubbiamente un grosso e forte predatore, vorace e intelligente. Ma fu la sua grandezza a lasciare tutti strabiliati. Non assomigliava a nulla che avessero visto su Isla Nublar, ne tantomeno compariva sulla lista dei dinosauri di quell’isola.
Un altro dannato mostro di Frankenstein, a detta di Gabriel.
Il suo obiettivo ormai era di scoprire cosa combinasse la Ingen in quel laboratorio sotterraneo, più per una curiosità personale che per dare informazioni a Ludlow ed era certo che anche Frank si sarebbe diretto in quel posto, una volta che avrebbe scoperto il caos al loro rifugio.
La notte stava scemando lentamente e il cielo iniziava a schiarirsi dalle precedenti nuvole cariche di pioggia, lasciando spazio alla luce lunare e alle stelle. L’effetto di quella luce diede ai soldati un’immagine spettacolare da vedere quando arrivarono infine a camminare su un sentiero battuto fatto di brecce bianche che rilucevano nella notte.
Lo percorsero per circa due/trecento metri giungendo alla soglia di un enorme cancello, alto circa quattro metri e largo tre, ai cui lati era visibile una recinzione seppur coperta dalla vegetazione. Guardando attentamente si notava che la recinzione correva per un area molto vasta, intorno a quello che sembrava un piccolo centro industriale.
Varcando il cancello, sulla cui sommità c’era il simbolo della Ingen, notarono che alla sinistra c’erano dei grossi silos che affiancavano un piccolo distributore di benzina. Alcuni veicoli, prevalentemente jeep e camioncini, erano parcheggiati li intorno e sembravano in buone condizioni a parte della ruggine sulla carrozzeria. Al lato destro dell’area c’era un piccolo edificio in cemento, a prima vista un magazzino. Ma al centro c’era quello che stavano cercando da ore: un edificio basso, sui cinque o sei metri di altezza e una decina di larghezza sulla facciata, presentava larghe scalinate che portavano all’ingresso formato da delle grosse vetrate e un portone, tutto in una struttura in ferro. Sul tetto invece c’era una piccola torre e una piattaforma per l’atterraggio degli elicotteri.
In alto al portone si leggeva la scritta
“Quindi è qui che facevano i dinosauri?” chiese Johnson.
“Pare di sì” rispose Gabriel. Poi aggiunse “Se c’era energia elettrica nei rifugi, deve esserci anche qua! Ramirez e Dmitri, andate a controllare quell’edificio sulla destra!”
I soldati si avviarono verso l’edificio cautamente, illuminando l’area con le torce montate sui fucili. Il piccolo edificio in cemento era di forma rettangolare, con una tettoia in tegole, nessuna finestra e una porta in ferro sul retro. Questa sembrava che un tempo fosse chiusa con un lucchetto che ora era totalmente arrugginito, quindi Dmitri lo ruppe con un semplice colpo del calcio del fucile. La porta era abbastanza pesante, infatti dovettero faticare un po’ per riuscire a spalancarla, entrando infine al suo interno. La prima cosa che saltò all’occhio dei soldati fu l’enorme fascio di tubi che, partendo dal terreno, correvano lungo le pareti, emanando un’aria calda nel piccolo edificio e un forte odore di zolfo. Alla parte opposta della porta era visibile un quadro pieno di luci lampeggianti e pulsanti con varie scritte. I soldati vi si avvicinarono, notando che alcune manopole sui tubi erano di uno strano colore dorato.
“Forse saranno incrostazioni di zolfo! Dopotutto questa è un’isola vulcanica.” Disse Dmitri.
“Già, evidentemente anche qui sfruttavano l’energia geotermica del vulcano spento come facevano su Isla Nublar! E non c’è manutenzione da due anni, questo deve essere zolfo incrostato!” rispose Ramirez.
“No, ti sbagli. Usavano una lega d’oro per alcune parti delle tubature, proprio perché è uno dei pochi minerali che lo zolfo non corrode!” spiegò il compagno. Poi, allo sguardo interrogativo della ragazza, precisò “Che c’è? Mi sono informato dopo essere tornati da Nublar. Sono affascinato dalla loro tecnologia!” La ragazza scosse la testa rassegnata ed entrambi andarono avanti per uno stretto corridoio arrivando al pannello della corrente, aprendo uno sportello di vetro molto impolverato e iniziarono a studiare i vari pulsanti.
Le luci che avevano visto lampeggiare rivelavano che la corrente era disponibile per essere distribuita nell’impianto, bastava solo premere gli interruttori che interessavano.
“Proviamo con questo!” bisbigliò Dmitri premendo un pulsante con scritto
Dalla radio arrivò la voce di Gabriel “Bene ragazzi, ora abbiamo un po’ di luce qua fuori!”
I soldati nell’edificio sorrisero entusiasti del fatto che l’impianto funzionasse e iniziarono a premere altri pulsanti sul quadro. Così la corrente arrivò al distributore di benzina, si accesero vari faretti disseminati nel terreno circostante, la recinzione emise uno sfrigolio indicando che l’elettricità scorreva nei cavi e anche il centro ricerche si illuminò lasciando intravedere l’interno tramite le grosse vetrate.
I soldati uscirono e si avviarono verso l’entrata, mentre Johnson e Gabriel controllavano il distributore e i veicoli parcheggiati. Al suo interno c’erano un paio di sedie, un tavolino, due distributori di bibite e snack, una scrivania con pc e registratore di cassa e una porta che conduceva al bagno. Ma nessun segno di chiavi dei veicoli parcheggiati all’esterno. Johnson entrò direttamente nell’officina sul retro che appariva come una classica officina meccanica, tavolo con attrezzi e ponte meccanico per le riparazioni, trovando quasi subito le chiavi dei veicoli appese a una parete. Guardando fuori la porta per controllare dove fosse il capitano Krauser, prese velocemente le chiavi e se le mise in una tasca dello zaino.
“Trovate le chiavi?” chiese Gabriel
La voce del capitano fece trasalire il soldato, che trovandoselo di spalle, ebbe un sussulto.
“No signore, mi dispiace ma qui c’è solo un officina con degli attrezzi!” mentì Johnson, cercando di non farsi scoprire.
“D’accordo, allora entriamo.” decise Gabriel, fissandolo col solito sguardo gelido.
Evidentemente non si era accorto della veloce mossa di Johnson e questo sollevò molto l’animo del soldato, che si avviò insieme a lui verso i compagni all’entrata.
I quattro salirono le scalinate ed entrarono nel centro ricerche restando momentaneamente accecati dalle forti luci al neon sul soffitto. All’entrata vi era una grande reception, con vari tavolini e divanetti intorno. Sul bancone trovarono vari telefoni, tutti non funzionanti.
“Mmmmm. . . .strano. . . .c’è la corrente ma i telefoni non funzionano!” mormorò Dmitri.
“Il centro comunicazioni è da tutt’altra parte dell’isola” disse Ramirez guardando la carta “Potremo sempre darci un occhiata domani, no?”
“A suo tempo!” fu la risposta quasi sussurrata di Gabriel, il quale guardava affascinato il murales dietro la reception che mostrava il cancello del Jurassic Park su Isla Nublar attraversato da jeep piene di visitatori e circondato dai dinosauri presenti sull’isola.
“Questa gente è davvero pazza!” mormorò Johnson. “Come pensavano di poter davvero controllare quelle creature?”
“I soldi, amico mio, rendono l’uomo cieco di fronte alla realtà dei fatti!” disse Dmitri con fare filosofico.
I due si guardarono in faccia scoppiando a ridere, venendo zittiti dal capitano che colpì entrambi con un ceffone in pieno volto.
“Volete fare la fine di quegli idioti?” disse riferendosi alla squadra della Byosin.
Detto questo, si avviò verso una porta alla destra della reception, seguito dalla squadra. Sulla porta c’era un cartello che diceva . Aprì la porta e si affacciò con cautela, restando ancor più affascinato guardando quello che c’era nella stanza:
una scalinata dopo la porta scendeva verso quello che era evidentemente una vera e propria catena di montaggio, con bracci meccanici ai lati di grandi vasche incubatrici di forma concentrica al cui interno erano visibili gusci d’uova frantumati. In un altro settore c’erano dei grossi tubi cilindrici verticali in cui fluttuavano feti di dinosauro a cui erano collegati vari tubicini e fili, alcuni erano orribilmente deformati dandogli un’aria spaventosa e mostruosa.
Nonostante vi fosse luce nel complesso, i macchinari erano tutti spenti e Dmitri pensò che fosse un bene, perché non gli sarebbe piaciuto che qualcuna di quelle creature tornasse in vita saltando fuori dai tubi incubatori.
“Andiamo in un'altra stanza!” disse Gabriel tornando indietro e chiudendo la porta per ultimo, assicurandosi che nessuno restasse la dentro.
Girarono la reception arrivando a una porta posta al lato sinistro che portava, come diceva la scritta sopra lo stipite, agli spogliatoi del personale.
“Dove diamine sarà quel laboratorio sotterraneo?” chiese Dmitri guardandosi intorno e cercando un indizio.
“Direi che dovremo cercare una scala che porti a un piano inferiore.” Disse Gabriel.
“O magari. . . .un ascensore!” esclamò Ramirez quasi urlando mentre indicava una porta seminascosta da una tenda, proprio affianco alla reception.
I soldati vi entrarono trovando due ascensori, uno accanto all’altro, ognuno dei quali aveva una capienza massima di 5 persone, così riuscirono ad entrarvi tutti.
All’interno si udiva una leggera musica, di quelle classiche degli ascensori degli Hotel di lusso, e Dmitri iniziò a mimare il motivetto con le labbra chiuse. Tutti lo guardarono male al punto da farlo smettere.
Premettero il bottone della discesa e in un paio di minuti si ritrovarono nel piano sotterraneo del Centro Ricerche. Uscendo dall’ascensore si ritrovarono in un lungo corridoio con svariate porte a entrambi i lati, alcune delle quali erano altri spogliatoi del personale e uffici vari. Saltarono tutte le porte andando dritti a quella infondo che portava sullo stipite la scritta “Accesso Riservato Al Personale autorizzato” e vicino alla maniglia era presente un lettore di tessere magnetiche con un piccolo led rosso lampeggiante. Provarono a spingere e tirare la porta, ma a quanto pare era necessaria una tessera magnetica.
“Dannazione!” mormorò Johnson “Dove diavolo troviamo una tessera per entrare adesso?”
“Se sono entrati quelli della Byosin, allora devono essercene alcune nelle stanze qui dentro.” Disse Gabriel. “Cercate in tutte le stanze, forzate gli armadietti degli spogliatoi se necessario. Tanto non credo che qualcuno verrà a lamentarsi.” Aggiunse con un mezzo sorriso.
I soldati annuirono e si diressero ognuno in una stanza diversa, rovistando ovunque. Gabriel intanto esaminava il corridoio, notando solo in quel momento alcune strisce di sangue per terra e sulla porta. Si chinò e raccolse un mozzicone di sigaretta, della stessa marca di quelle che aveva Hicks nel taschino.
“Figlio di. . . .” mormorò a bassa voce. Dovevano essere per forza le tracce del precedente passaggio della squadra nemica.
 “Signore, ho trovato questa in uno dei camici degli spogliatoi! Spero che funzioni.” Disse Ramirez avvicinandosi al capitano e porgendogli una tessera magnetica attaccata a un laccetto.
Gabriel la fece scorrere nel lettore di tessere e il led rosso diventò verde, producendo un leggero bip, segno che la porta si era sbloccata. La attraversarono ritrovandosi in un enorme stanza, forse più grande del laboratorio principale al piano di sopra, piena di strani macchinari e computer, ma con la differenza che tutto sembrava perfettamente funzionante come se non fosse mai stato abbandonato quel luogo.
Dalla destra proveniva una forte luce verde e avvicinandosi scoprirono il motivo del terrore di Ray.
Due grossi tubi incubatori erano affiancati, con decine di macchinari collegati ad essi. Uno di questi era distrutto, i vetri e il liquido di conservazione erano sparsi li intorno, mentre l’altro conteneva una creatura collegata anch’essa a fili e tubicini vari come i dinosauri che avevano trovato nel laboratorio di sopra.
La creatura fluttuava nel liquido e sembrava quasi che stesse dormendo.
“Che diavolo è quella cosa?” disse Dmitri in un sussurro.
“Ma. . . .è enorme. . . .” disse Ramirez facendosi il segno della croce e stringendo il fucile.
Gabriel ne rimase affascinato, avvicinandosi e toccando il grosso tubo, quasi come se stesse accarezzando quella creatura.
Johnson si avvicinò a uno dei computer e lesse ad alta voce “M.R. Project. . . .qui dice che era un progetto segreto della Ingen. . . .e ci sono vari dati sull’animale quando era in vita. . . .no, gli animali! Erano due!”
Alzò la testa e guardò verso il secondo tubo, sgranando gli occhi per il fatto che fosse vuoto.
“Dove sarà finito quell’altro?” urlò spaventato Johnson.
“Deve essere successo mentre quelli della Byosin sono entrati qua dentro, ne sono certo!” disse Gabriel girando per la stanza in cerca di altre tracce lasciati dagli uomini di Hicks.
“Gente, a me è venuta in mente una cosa” disse Dmitri “Ricordate quella creatura che ci ha fatto visita l’altra notte? Quando il capitano gli ha lanciato contro una granata accecante?”
Tutti annuirono.
“Beh io non è che l’ho proprio vista bene. . . .ma quando la granata è esplosa il lampo di luce ha illuminato per un attimo quella creatura. . . .e a me sembra che somigliasse molto a questa qua!” disse indicando infine il dinosauro morto nel tubo.
Gabriel lo guardò perplesso, valutando la sua teoria. Poi disse “Potresti aver ragione! Devono averlo risvegliato loro. . . .quegli idioti!”
“Aspettate un momento! Ok forse lo hanno liberato loro. . . .ma da dove è uscito, se l’unico modo per lasciare questo laboratorio è l’ascensore?” disse Johnson.
Per un attimo tutti rimasero in silenzio, riflettendo sul quesito che in effetti aveva creato una crepa nella teoria di Dmitri.
“E se l’animale fosse già stato libero?” si fece avanti Ramirez, mentre controllava le informazioni sul pc.
“Che vuoi dire?” domandò Johnson.
“Qui dice che dopo averli creati, gli scienziati della Ingen lasciavano liberi i due animali all’interno dell’isola in un area appositamente riservata a loro, per poi riprenderseli e portarli qui per continuare gli esperimenti.” spiegò la ragazza leggendo dal pc.
“Resta ancora il fatto di come li portavano fuori da qua dentro!” puntualizzò ancora Johnson.
Dei passi fecero girare tutti di scatto verso il lato sinistro della stanza.
“A questa domanda posso rispondervi io!” disse una voce nell’ombra.
Avvicinandosi alla luce, apparve la squadra di Frank al completo.
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Jurassic Park / Vai alla pagina dell'autore: SiriusBlack91