Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: Kiki87    27/01/2008    10 recensioni
Il mondo è crollato addosso a Chichi, quando una figura importante della sua vita è scomparsa e si è portata via una parte di lei...Chichi adesso è una ragazza persa in un mondo tutto suo, perchè non riesce più a far parte del mondo reale...ma ancora una volta la mano di Dio si posa su di lei e la sua strada si incrocierà con quella di un ragazzo non comune la cui vera essenza sembra esser nascosta a tutti...ma non a lei...Vegeta: carattere coriaceo, arrogante e presuntuoso...che cosa cela il suo passato che lo fa sentire indegno d'amare e d'essere amato, persino dalla sua Bulma? 27/01/08 NEWS: EPILOGO "I GOT YOU".
Genere: Romantico, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Vegeta
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I got you

I got you

Epilogo: I got you

' She lives in me '.

 

Perché ti amo, di notte son venuto da te

così impetuoso e titubante

e tu non me potrai più dimenticare

l'anima tua son venuto a rubare.

 

Ora lei è mia - del tutto mi appartiene

nel male e nel bene,

dal mio impetuoso e ardito amare

nessun angelo ti potrà salvare.

 

~ Perché ti amo - Herman Hesse ~

 

E’ interessante pensare come, a volte, la vita prenda delle pieghe che non ci saremmo mai immaginati.

Pur quanto sia strano, avviene spesso…spessissimo.

O almeno, è questo ciò che penso trovandomi in questa macchina, a fianco di questo magnifico ragazzo che sta guidando, con grand’attenzione, senza batter ciglio.

Ricordate? Così avevo esordito quando ho cominciato a raccontarvi la mia storia, la storia della mia solitudine, della mia estraniazione al mondo stesso…fino a quando questo splendido ragazzo che mi sta accanto è entrato nella mia vita.

Dalle fosche e appannate tinte scure siamo passati a quelle più sgargianti, luminose come l’arcobaleno che mi è entrato nel cuore da che siamo diventati una sola mente, un solo spirito in due cuori.

Io e lui.

 

 

Son Goku…

 

Lui…

 

Che ha un’aura dorata intorno a sé, lui…bello da impazzire…

 

Lui…

 

In un mondo diverso dal mio…lui…conosciuto, amato, smaniato da tante ragazze della scuola…

 

Lui…

 

Uno studente di 5° Liceo con la sua macchina, con la passione per il calcetto, lui con quei pettorali e quel fisico –  non indifferente - che deve a tutte le ore che passa in palestra…

 

Lui…

 

Che mi sa sciogliere come neve al sole…che mi fa girare la testa…e fa provare al mio corpo e alla mia mente, qualcosa che non ho mai sentito, e dubito, fortemente, che accadrebbe  con un altro…

 

Lui…

 

Così bambino e uomo insieme…

 

Così ve lo avevo descritto, prima di narrarvi il modo in cui i nostri cammini si sono incrociati, smarrendosi in labirinti e dedali incantati di sospiri, di gioie, di dolore, di solitudine, di paura, fino a quando l’amore: il sentimento più puro, il più sincero, il fondamento della nostra vita e dalla vita stessa non ha preso il sopravvento, espugnando tutto ciò che m’impediva di abbandonarmi a lui, per lui ed in lui.

Così ve lo avevo descritto ma in realtà nel suo essere, giorno dopo giorno; scopro sempre nuove sfumature, nuove sfaccettature e quando guardandolo nel fondo dei suoi splendidi occhi, mi sembra di aver scorto la sua intima essenza…scopro non essere che un’infinitesima parte della mera e semplice perfezione che è lui e il suo amore per me.

Il mio miracolo.

Il mio raggio di sole.

Semplicemente l’amore stesso.

 

 

Non mi sarei mai sognata di trovarmi vicino a te…Son Goku.

Eppure adesso sento quasi un dispiacere per non averti amato prima.

Comunque so solo che non voglio perderti...mi hai trovata e ti prego...non lasciarmi più andare via.

Voglio solo essere tua, ora.

 

Giorno dopo giorno, istante dopo istante amore mio, non posso che pensare silenziosamente queste parole, quando la notte guardo il cielo stellato e ringrazio Kami di averti posto sul mio cammino.

Le sussurro nel mio cuore che prende a battere più forte ogni volta che incrocio il tuo sguardo, ogni volta che mi sorridi, ogni volta che mi carezzi che mi sfiori con le tue labbra; il mio cuore galoppa selvaggiamente solo per te, a dirmi che è tutto vero, che non si tratta di un sogno tumultuoso da cui mi sveglierò, con il sapore amaro del rimpianto e della delusione.

A dirmi che sì, tu mi sei accanto in questo momento e non sarà una chimera che si dissolve come una bolla di sapone, ma resterai sempre, per l’infinito ed un giorno ancora.

A dirmi che quelle emozioni sono mie, nostre e di nessun altro, sottraiamo frammenti di paradiso, d’amore e di gioia al tempo, all’infinito e li serbiamo nei nostri cuori.

Possiamo svelare al mondo - armati della sicurezza e della forza del nostro amore - la nostra vera essenza, senza più timore o pensiero degli altri perché, lo sappiamo bene; sarà l’altro a custodire il nostro più gran segreto.

Mischiandolo al proprio, trattenendolo con la stessa bramosa gelosia di un avaro e svelando al mondo stesso il vero nome dell’amore, il vero suono che ha le sue sillabe, la vera pressione che ha le sue carezze, il vero sapore che ha i suoi baci e la vera forza che trasmette con i suoi abbracci.

 

So di averti ferito amore mio.

E questa sarà una ferita che continuerà a scottare.

Ma sapevo che mi avresti aspettata, sapevo che mi avresti capita, mi avresti accolta a braccia aperte, mi avresti capita anche senza che ti spiegassi e avresti perdonato, senza che te lo chiedessi.

Perché lo sapevi, lo sapevo e lo sappiamo che non possiamo fare a meno dell’altra.

Sapevi e sappiamo che siamo destinati e che questo non potrà cambiare, non ci saranno invidie, bugie, calunnie o superficialità estranee a separarci.

Non ci saranno ripensamenti, rimpianti, routine, abitudine o noia, perché ogni giorno è un giorno nuovo accanto a te, ogni istante un prezioso dono da accogliere ed amare.

Ogni giorno come una tacita ma viva promessa di restare sempre accanto, così come adesso e sempre di più.

Ogni giorno quest’amore si evolve, rivestendosi dei tremori, dei brividi caldi e freddi, dei battiti vorticosi dei nostri cuori, del calore che scalfisce ogni esitazione e remora; d’ogni parola sussurrata con voce tremula, quasi temendo di non pronunciare in modo opportuno quelle rime segrete d’innamorati; dello splendore di due sguardi che s’incontrano per fondersi a mezz’aria, della tenerezza di due mani che si stringono, chiedendosi di non lasciarsi mai.

Ogni giorno quest’amore mi sottrae una parte della mia anima, per incontrare frammenti della tua e amalgamarsi fino ad adombrare le insicurezze, le paure, le debolezze proprie e risplendere ciò che siamo insieme…noi due.

Ogni giorno da qui all’eternità.

E anche oltre.

 

Lo so Son Goku, ne sono certa.

E da questa certezza la mia vita ha ripreso a scorrermi bollente e suadente tra le vene.

Da questa certezza ho ricostruito mattone dopo mattone il senso della mia esistenza, e tu sei quel cemento che li tiene uniti, tu il muratore che con cura, fatica ma amore ha saputo creare una muraglia infrangibile.

Da questa certezza tutto quello che ho per te e che non saprei spiegarti, nemmeno vivessi per miliardi d’anni.

Troppo amore, troppe sfumature e sfaccettature che non riesco e non voglio analizzarle.

Voglio solo viverle, voglio racchiuderle in me, condividerle con te.

Nient’altro.

Nient’altro davvero.

 

˜

 

Individuando il semaforo in prossimità, Son Goku scalò dolcemente la marcia e la macchina rallentò; ancora pochi minuti e sarebbero arrivati a destinazione.

Si fermò al semaforo, osservando l’ora sul cruscotto e avvedendosi con un sorriso di sollievo che sarebbero giunti perfettamente puntuali, “in barba a Vegeta”, fu il pensiero del ragazzo, che avrebbe voluto risparmiarsi, almeno per quel giorno, i nobili panegirici del Principe, nei propri riguardi.

Approfittò dell’attesa per spiare con la coda dell’occhio la graziosa e radiante moretta, che ingannava l’attesa, osservando il paesaggio fuori del finestrino.

Sembrava persa in un mondo tutto suo, con lo sguardo vacuo e un sorriso vezzoso che le incurvava le labbra di fragola, restò a contemplarla con la stessa ammirazione e soggezione con cui si guarda un tramonto, un paesaggio incantato; con circospezione e discrezione, quasi temendo di vederlo dissolversi ad un minimo rumore; con il fiato quasi trattenuto di chi osserva un sogno suggestivo e ha paura di svegliarsi quando le emozioni giungono al culmine, lasciando un sapore amore di delusione e incompletezza sul palato.

 

Sembri tutta persa nei tuoi pensieri e nemmeno ti accorgi che ti sto guardando.

Mi viene da pensare a quanto è successo in tutto questo tempo.

 

I ricordi sembrano tanti fotografie che tornano alla mente… frammenti della nostra vita che uniti originano il nostro amore…

E’ cominciato tutto in quel primo momento, quando è scattata la scintilla in me…

Nessuno credeva che tu, piccola sirena, saresti stata mia…

Nemmeno io…

Non credevo che  sarei mai riuscito ad avvicinarmi a te…avevo troppa paura di un tuo rifiuto…

Avevo paura che tu non volessi che io, da un giorno all’altro, entrassi nella tua vita e tentassi di aiutarti…perché sapevo quanto stavi soffrendo…ma non potevo rimanere indifferente… e sapevo che mi avresti ferito…tanto…al ricordo sto ancora male…

 

Sospirò ricordando – con l’abituale stretta al cuore e il nodo in gola – quei momenti in cui pensava di aver toccato il fondo; di essere giunto alla fine della propria esistenza…la prima vera volta in cui forse si era davvero arreso, la prima volta in cui Son Goku aveva perso la speranza di riemergere.

Ma ancora una volta, come i raggi del sole che scherniscono le dispettose e mobili nubi, quella che era sembrata una miserevole fine, si era rivelata l’inizio della sua nuova esistenza.

Aveva toccato il fondo ma aveva saputo risollevarsi, con le gambe doloranti per la portata di quella caduta, con i gomiti e le ginocchia sbucciate, con graffi e lesioni, era tornato in piedi.

Quello stesso amore che sembrava averlo accoltellato, tradito e fatto cadere, l’aveva risollevato; di quell’amore infranto e apparentemente inappagato, si era fortificato.

Per quell’amore aveva stretto i pugni, digrignato i denti e nonostante il dolore percepibile in ogni smorfia sul viso, aveva ripreso a camminare, guidato dalla sua stella, che aveva continuato a vegliare su di lui.

 

 Sapevo che poi tu, sensuale gattina, saresti tornata…

Lo sapevo…perché nel mio cuore questa storia era già stata scritta…e il fato doveva solo diventare realtà…

 

Sorrise di nuovo, facendo per sporgersi verso di lei, salvo trasalire quando avvertì lo strombazzare delle auto dietro la sua, segno che il semaforo verde doveva essere scattato già da qualche istante. Sospirando e facendo un cenno di scuse agli altri automobilisti, riprese a guidare, mentre la moretta si scuoteva a sua volta dalle sue riflessioni, voltandosi verso di lui.

“Tutto bene?”.

Domandò, inclinando il viso in sua direzione, con un dolce e lieve bisbiglio e spiandola attraverso la coda dell’occhio, notò le gote deliziosamente rosate e l’aria ancora trasognata su quel volto di porcellana. Il ragazzo annuì per risposta, rivolgendole un sorriso, salvo poi rispondere con un sospirato e sincero:

“Non potrebbe andare meglio”.

Una semplice risposta, le parole accarezzate dalle sue labbra con timbro volutamente dolce e carezzevole, per farle intendere le molteplici sfumature di colore che si annidavano in esse e la moretta per risposta annuì, sorridendo con un nuovo e delizioso sfolgorio nel suo sguardo, appoggiando per un attimo la mano su quella del ragazzo, adagiata sul cambio.

Non c’era bisogno di discorsi prolissi o frasi da film, non quando due anime si sono trovate, mischiando le loro essenze e creandone una nuova ed indissolubile; non quando con un sorriso, una stretta di mano, un abbraccio, un bacio, il timbro della voce si riesce a trasformare ogni istante, anche il più abitudinario e banale, in nuove rime d’amore scritte nel linguaggio dei loro cuori, solo a loro comprensibili.

 

Sei sempre stata diversa da tutte le altre…

Forse proprio per questo sei riuscita  a vedermi dentro…

Capire la mia vera essenza…

Capire chi sono…

Nessuno è riuscito a farlo, solo tu…

 

Solo tu hai scavato in profondità per scorgere anche la mia anima e non solo la parte esteriore di me…ciò che sono in realtà…ciò che serbo in me…

 

Sorrise a quel gesto che gli scaldò il cuore come solo lei era capace, dovendo poi con malavoglia distogliere la mano per tornare a guidare più comodamente, vedendola sospirare, tornando a guardare il paesaggio fuori del finestrino, giocherellando con quelle stesse dita diafane che gli avevano solleticato piacevolmente il dorso, che insinuò tra le ciocche corvine, pettinandole ulteriormente.

“Siamo arrivati”.

Commentò con un sorriso, vedendola annuire assorta, mentre continuava a lisciarsi i capelli, osservandosi allo specchietto laterale, sperando ardentemente che la sua consulente di make-up non avrebbe trovato – come faceva comunemente – qualcosa da ridire e quindi modificare del suo aspetto.

Il ragazzo scosse la testa, sorridendo, sporgendosi verso il suo volto, scostandole i capelli dal viso, per scoprire la fronte su cui adagiò le labbra, sorridendo quando la vide trasalire, salvo sorridere per risposta vezzosa e trasognata. Indugiò qualche istante a contatto con la sua fronte e la tempia, scivolando con il naso, lungo la gota, gustandosi socchiudendo gli occhi, la sua dolce essenza che lo lasciò lievemente stordito, fino a quando non avvertì le mani della ragazza serrarsi sulla sua cravatta.

“Guarda la tua povera giacca, parola mia Son Goku, mai visto qualcuno che si sgualcisce gli abiti con la tua velocità”. Sospirò la ragazza con aria quasi materna che lo fece sorridere, mentre con mani esperte e precise, riassestava il nodo della cravatta che il ragazzo – che per inciso aveva indossato perché obbligato dalla madre – aveva allacciato alla meno peggio.

La ragazza sorrise soddisfatta, restando a guardare il proprio operato.

“Questo sì che è un bel nodo”. Commentò la giovane, con fare quasi saccente – ignorando il sospiro e lo sguardo teatralmente sofferto del ragazzo che avrebbe pagato tutto l’oro del modo per disfarsi il più in fretta possibile di quell’abbigliamento elegante…ma tutt’altro che comodo e confortevole – salvo poi sciogliersi, appoggiando una mano sulla gota, sfiorandola e sospirando guardandolo.

“Ma mai quanto chi lo esibisce…”. Commentò vezzosa, sorridendogli a fior di labbra, mentre il ragazzo voltava la testa di lato per baciare il dorso della sua mano vellutata, salvo sporgersi per un lieve bacio a fior di labbra, ben sapendo che se approfondiva quello scambio d’effusioni, avrebbero rischiato di arrivare in ritardo, come Vegeta non avrebbe mancato di sottolineare, pensò con un sospiro esasperato.

La ragazza si scostò dalle sue labbra con lo stesso sguardo rammaricato e sospirato, salvo poi sorridergli vezzosa, dandogli un buffetto sulla punta del naso.
”Andiamo…o il piccolo Adolf ci scaccerà prima d’essere entrati…”. Gli sussurrò al che il ragazzo per risposta sospirò, annuendo, togliendosi a sua volta la cintura di sicurezza.

S’affrettò a fare il giro dell’auto per aprirle la portiera galantemente al che la moretta vestita – altrettanto elegantemente – con un abito blu costituito da un corpetto e una lunga gonna che mettevano in risalto le sue forme armoniose e sbocciate, uscì dall’abitacolo dell’auto con un sorriso di gratitudine, salvo riassettarsi lo scialle abbinato, prendendo poi il braccio che il ragazzo le stava porgendo.

Questi sorrise, sporgendosi verso il suo orecchio, dopo averle di nuovo scostato la lunga chioma, dietro le spalle e con un dolce sussurro le solleticò piacevolmente i timpani:

“Te l’ho già detto che oggi sei splendida?”. Bisbigliò con lo sguardo carezzevole e dolce di un fervente innamorato.

La moretta annuì sorridendo, avvertendo suo malgrado quel fastidioso calore salirle alle gote, facendo avvampare la carnagione chiara, mettendo così più in risalto – come non mancava di notare con piacere il partner – gli occhi scintillanti di luce propria.

Qualunque complimento lui le rivolgeva, anche il più semplice e ripetitivo, sapeva scioglierle il cuore in una dolce morsa, le faceva scorrere miriadi di brividi caldi e freddi lungo la spina dorsale, le tremavano le gambe e provava un formicolio continuo, intorpidendole le membra in uno stato confusionale tutt’altro che disdicevole a cui aveva imparato ad abbandonarsi senza remora; sarebbe stato lui a risollevarla.

“Almeno cinque volte nell’ultima ora”. Commentò con un sorriso vezzoso, appoggiandosi ancora di più con un sospiro al suo braccio, appoggiando la testa alla sua spalla e lasciandosi condurre, ora e per sempre in qualunque luogo da lui prescelto.

Il ragazzo sorrise, inclinando la testa di un lato per guardarla e sorriderle di nuovo:

“E con questa fanno sei…”. Commentò sbarazzino. “…scommettiamo che prima di sera stabiliamo un nuovo record?”.
La ragazza sorrise, scuotendo lievemente la testa, salvo risollevare il viso per guardarlo, dandogli un lieve buffetto sulla guancia.

“Mi stai viziando un po’ troppo…”. Commentò sorridente, in un lieve sussurro, intrecciando la mano nella sua che il ragazzo strinse senza esitazione, salvo passarle il braccio intorno alle spalle, per trattenerla più vicino, godendo di quel semplice contatto, di quella semplice vicinanza, inebriandosi di nuovo del suo profumo.

Scrollò le spalle, sorridendole gioviale e spensierato, come sempre, annuendo salvo posarle un altro lieve bacio sulla fronte:

“Non mi stancherò mai, Chi”. Le sussurrò, accompagnando quel sussurro con il vezzeggiativo che le aveva affibbiato, mentre la ragazza sospirava, soddisfatta, annuendo consapevole della veridicità e della profondità di quelle parole; domandandosi quali arcani misteri quel ragazzone troppo conosciuto avesse svelato, per riuscire a guardarla, a sorriderle ed amarla come il primo giorno, amandosi e lasciandosi amare, in una continua ricerca e perdita nello spirito dell’altro.

“Lo so”.

Sorrise la ragazza, sospirando ancora stretta a lui, mentre entravano nella sontuosa villetta nella quale si sarebbe tenuta la cerimonia, volendo godersi quegli ultimi momenti di tenera vicinanza, prima di dare il via ad una lunga giornata di festeggiamenti da condividere con altri cari.

 

˜

 

"Bene, bene...finalmente ci degnate della vostra presenza...".

 

Vegeta, appostato nel centro della sala finemente ed elegantemente decorata per l’occasione, esibiva il solito sorriso beffardo ed indolente, mentre osservava la giovane coppia entrare nella stanza, salvo poi sospirare teatralmente, notando l’atteggiamento a suo dire ‘stomachevole’ e ‘nauseabondo’ dei due ‘piccioncini in calore’.

Al pari del suo coetaneo, indossava anch’egli un completo fine ed elegante, una camicia candida, pantaloni e giacca scura, senza cravatta (“Sono il principe dei saiyan, NESSUNO può ordinarmi come vestirmi!”. “Oh, fa come ti pare, è più di mezzora che discutiamo, testone!”. “Donna, l’insulto resterà impunito solo perché sei tu…ma se domani Kakaroth avrà un occhio nero, tu e Madame Curie non venite ad accusarmi…sono un gentlemen, in fondo!”.) ma guardò con le sopracciglia inarcate ed uno sguardo teatralmente stupito il completo elegante del suo amico che a sua volta, lo guardò con un lieve sbuffo e un’espressione puerilmente gelosa e indispettita (“Ma guarda Chi, lui non l’ha messa la cravatta…ed è pure il testimone!”. “Goku, per favore, non ricominciare…non c’è nessuna possibilità che tu la tolga prima di stasera!”. “Ma…ma…”. “Niente discussioni!”. “Mmm…come vuoi tu, amore”. “Così mi piaci!”.).

 

"Vegeta...".

Lo salutò Son Goku con sguardo ancora lievemente indispettito, mentre Chichi gli affibbiava una lieve gomitata nelle costole, salvo poi guardare a sua volta il ragazzo, salutandolo con uno scherzoso ed ironico:

"Sua altezza...".

Vegeta sogghignò all’espressione indispettita del coetaneo, mentre con espressione beffarda e tracotante, allungava la mano verso la sua cravatta, prendendola (e quasi strozzandolo), e guardandolo teatralmente colpito, salvo mollare la presa, mentre il ragazzo si rimetteva goffamente in posizione eretta, allentando il nodo e riassettando il completo.

Volse lo sguardo alla moretta, recependo il saluto ironico e sorridendo beffardo, salvo fare un lieve ed indolente cenno con il capo, replicando con un:

"Kakaroth...Madame Curie...”.(*) Salvo poi scostare la manica della giacca, controllando il fine ed elegante orologio allacciato al polso.

“Siete in ritardo…”. Commentò con un sospiro, scuotendo la testa come se avesse ricevuto un’ingiuria imperdonabile e con l’aria di chi sta cercando di fare il possibile per contenere la rabbia e la voglia di ripagare il torto subito.

"In ritardo?”. Commentò il ragazzo, osservando a sua volta l’orologio, salvo sbuffare, con le sopracciglia inarcate:

 “Avevi detto alle 9.30!”.

"Esatto, beautiful mind”. Commentò, guardando di sbieco il coetaneo, per aver osato interromperlo; avrebbe dovuto insegnare il rispetto dell’autorità a quell’impertinente, a suon di sedute in palestra ed improvvisati incontri di pugilato.

“ E adesso sono...". Continuò, osservando lo scorrere della lancetta più lunga dell’orologio.

"...le 9.30...". Sbottò Son Goku con un sorriso sarcastico, aspettandosi le scuse del suo coetaneo dopo che si era dovuto alzare presto per prepararsi, andare a prendere la fidanzata e giungere a destinazione; il tutto nell’orario stabilito dall’amico (che benché in anticipo rispetto all’inizio della cerimonia, aveva deciso di rispettare per non dar adito ad alcuna recriminazione o rimprovero) e ora aveva anche il coraggio di rimproverarlo, ma non avrebbe potuto negare l’evidenza.

"...e 57 secondi, il che vuol dire che è passato quasi un minuto dall'ora prefissata...”.

Sibilò il ragazzo con un sorriso altrettanto sarcastico, mentre il suo coetaneo sbuffava inviperito, d’altro canto la moretta che aveva osservato quello scambio di battute senza alcuna volontà di intervenire (inutile far ragionare due testoni al prezzo di uno; specie quando cercavano OGNI POSSIBILE pretesto per litigare e bisticciare come due mocciosetti), salvo poi inarcare un sopracciglio, inclinando la testa di un lato, con fare fintamente impressionato, quando il ragazzo le si rivolse direttamente:

“Pensavo…anzi, speravo  che almeno tu, Curie, avessi il senso del tempo...".

La giovane annuì con fare teatralmente comprensivo, salvo poi sorridere con la stessa dose di sicurezza e d’ironia del ragazzo.

"Esatto,  infatti, abbiamo usato quei 57 secondi di ritardo per qualcosa di più...ludico". Calcò dolcemente sulla parola ‘ludico’, guardando il principe con le sopracciglia inarcate e sorridendo sarcastica, salvo tornare a stringere il braccio del fidanzato, come ammonimento e allo stesso tempo per far tramontare quell’espressione scocciata e stizzita.

Vegeta sogghignò leggermente alla risposta della moretta, diventava sempre più piacevole avere uno scambio di parole con quella ragazza, aveva un sarcasmo e una sfacciataggine niente male, costatò, salvo scuotere la testa, tornando a guardare il coetaneo, sorridendogli affettato e sospirando.

"Kakaroth!”.

Gli diede una pacca sulla spalla, con fare teatralmente dispiaciuto e allo stesso tempo impressionato, mentre questi lo guardava scettico, inarcando le sopracciglia, ben intuendo il contesto nel quale sarebbe andato a parare, tanto per cambiare.

“ Mi spiace,vecchio mio, se volevi battere il record della 'sveltina più svelta che più svelta non si può' non ce l'hai ancora fatta...io ci ho messo venti secondi in meno...". Sibilò all’indirizzo di entrambi, sorridendo ancora di più quando la giovane scosse la testa, distogliendo lo sguardo, le gote in fiamme e il ragazzo sgranò gli occhi, rimproverandolo con uno strozzato:

"V-Vegeta!".

"Lascia perdere, amore...”. Sospirò la moretta, tornando a guardare il ragazzo e incrociando le braccia all’altezza del petto, sbuffando e facendo svolazzare i ciuffi di capelli che le ricadevano sul viso, salvo poi continuare con uno scoraggiato:
 “E’ il solito...depravato...oh, pardon...Principe dei saiyan - i maniaci pervertiti...". Continuò con lo stesso tono ironico, ponendosi le mani sui fianchi con fare bellicoso al che il Principe sorrise mellifluo, passandosi una mano sul cuore con fare fintamente ferito.

"Hun, la tua asserzione mi farebbe... sorridere deliziato...se non fosse che hai incluso persino il tuo ragazzo in tale definizione...". Commentò sogghignando, guardando l’amico che sbuffò, stizzito.

"Ma se dici sempre che sono un saiyan d’infimo livello...".

"Appunto...ma pur sempre un saiyan...". Replicò questi, scrollando le spalle.

"Già, quando ti fa comodo...". Borbottò con tono sempre più somigliante a quello di un bambino che stava sgridando il suo compagno di giochi e di merende per non aver rispettato i turni.

"Bando ai convenevoli, sua altezza...dov'è la mia migliore amica?". Chiese la moretta, guardandosi attorno, sistemandosi ancora una volta lo scialle e i capelli, notando che la ragazza in questione non era ancora comparsa e domandandosi cosa la stesse trattenendo.

"Se ti riferisci a Bulma, la mia donna, (sottolineò l’aggettivo possessivo e il termine) è di sopra, con la sposa”. Replicò scrollando le spalle ed indicandole le scale. “Prima porta a destra,ma ti avverto,  la sposa è in preda ad un attacco isterico, altrimenti noto come abituale stato psicofisico di voi donne, e io mi porterei dietro un’arma…tanto per sicurezza”. Commentò con tono assolutamente tranquillo ed indolente, mentre l’amico inarcava le sopracciglia e la moretta si scostava gentilmente dal suo braccio, sospirando e scuotendo la testa.

"Grazie per il consiglio...”. Commentò soltanto, salvo voltarsi verso il fidanzato:

“Beh, allora a dopo...". Commentò sorridendo e facendo per dirigersi verso le scale, salvo sentirsi trattenere dalla stretta del ragazzo sul suo braccio. Si voltò a guardarlo confusa, salvo poi restare incantata da quel sorriso dolce, lo sguardo sbarazzino intriso però di tutte le più dolci e sublimi emozioni di quel sentimento che li univa:

"Non dimentichi qualcosa?".

Le sussurrò questi, inclinando il viso di un lato e sorridendo quando la vide arrossire, sgranando leggermente le gemme di notte dei suoi occhi di cerbiatta, messi ancora più in risalto dal fondotinta naturale dell’imbarazzo.

"Scusami?".

Domandò, morsicandosi il labbro, frustrata nei propri riguardi per il modo in cui quel ragazzone sapeva sciogliere i lati più spigolosi del suo carattere, con la frugalità di uno sguardo sincero e un sorriso tenerissimo.

"Te ne vai senza nemmeno darmi un bacio?".

Commentò, infatti, sorridendo ancora più dolcemente, passandole quella mano sulla vita e la ragazza malgrado il rossore, sorrise vezzosa, allungandosi sulle punte, porgendogli i boccioli rossi delle sue labbra.

"Scusa, amore...distrazione...".

Gli sussurrò a fior di labbra, mentre il ragazzo sorrideva, chinandosi a porgerle un lieve bacio a fior di labbra, (“Bleah, sto per sentirmi male”) sfiorandole la gota, salvo poi sorriderle, lasciandola andare, restando a seguirla con lo sguardo, finché gli fu possibile.

 

(* piccola nota...mi sono resa conto - con gran rammarico - che più volte Vegeta usa questo soprannome riferito a Chichi, e più volte l'ho scritto in modo sbagliato - tipo Courine o Couri - quindi per essere chiari una volta per tutte - meglio tardi che mai! ^^'''' - si tratta di Marie Curie, la prima donna che abbia mai vinto il Nobel e che ha dedicato la sua vita allo studio della radioattività assieme al marito Pierre Curie...quindi Vegeta ricorre a questo soprannome per sottolineare il carattere a suo dire saccente e pedante della ragazza. Nd A)

 

 

"Kakaroth, detto gentilmente...mi fai vomitare!".

Commentò il principe dei Saiyan, guardando anche lui nella direzione in cui era scomparsa la moretta, con la smorfia disgustata di chi aveva assistito ad una scena sconsigliata per stomaci delicati.

"Cosa?".

Commentò il ragazzo, confuso, scendendo dalle nuvole e tornando a guardarlo: lo sguardo ancora sfolgorante e ancora una traccia di quel radioso sorriso sulle labbra.

Vegeta sbuffò, portandosi le mani nelle tasche del pantalone, incurante di quella posa poco elegante, dopo essersi levato la giacca e averla gettata, con fare incurante, su una poltroncina.

"Un uomo, o meglio...un SAIYAN”. (‘Oh no…ricomincia con le sue filippiche’, pensò sconsolato l’altro, sforzandosi di assumere un’espressione concentrata ed attenta).

Cominciò questi con l’aria seria e dotta di chi si preparava ad una disquisizione retorica, nella quale vuole uscire vincitore.

“…d’accordo che tu sei un saiyan d’infimo livello e questo è risaputo dalla notte dei tempi, ma il punto E’ che un saiyan non chiede mai...prende e basta...". Commentò il ragazzo, accompagnando quelle parole con gesti ed espressioni consone per dare maggiore impatto al discorso, mentre il ragazzo lo guardava inarcando le sopracciglia e sorridendo:

"Vedo con piacere che, dopo una  notte di consiglio, hai trovato una scusa decente per quando Toma ti chiederà dove sono i suoi sigari e le sue bottiglie di vodka e rhum...".

"Sono veramente...impressionato, Kakaroth...”.

Commentò il ragazzo, dandogli una pacca sulla spalla, come un allenatore che osservava il suo centravanti fare notevoli progressi. “Uscire con Curie - a quanto pare - non serve solo a risvegliare istinti animali...ma addirittura i pochi neuroni sopravvissuti all'era glaciale...riuscendo persino a far del sarcasmo...i miei complimenti...".

Continuò con lo stesso tono carezzevole e il sorriso suadente che fece rabbuiare ulteriormente il ragazzo, sbuffando e scuotendo la testa, impossibile avere la meglio con chi è dotato di una lingua biforcuta.

"Grazie...sono commosso...". Commentò per risposta.

"Piuttosto...dal momento che sei arrivato, anche se in ritardo, puoi occuparti di Toma...". Propose con il ragazzo con l’aria di chi stava facendo una generosissima proposta di lavoro.

"Non è ancora pronto?!". Chiese Son Goku sconcertato, sgranando gli occhi e guardando per la prima volta l’orologio.

"Fosse quello il problema...sai, sta vomitando per la 'tradizione sbornia da addio al celibato' e non ha nessuno che gli tenga la testa...”. Commentò Vegeta con tono fintamente sconsolato, scuotendo la testa e passandosi una mano tra i capelli, salvo poi posare la mano sulla spalla del coetaneo, stringendogliela: “Sii, carino...renditi utile una volta in vita tua...".

Il ragazzo scosse la testa, guardandolo e corrugando le sopracciglia, incrociando le braccia:

"Scordatelo”. Borbottò. “ Non è mio il tutore quello che si sta sposando...".

"Fortuna sfacciata!". Sbottò l’altro, scuotendo la testa con una smorfia, controllando a sua volta l’orologio.

"...ma scusa,  perché non te n’occupi tu?". Domandò Son Goku, le sopracciglia ancora inarcate.

"Io? Il Principe dei Saiyan che si abbassa al livello di quel volgare bifolco? Vacci tu...i saiyan d’ultima classe e la plebaglia sono della stesso casta...". Replicò il ragazzo, il mento alzato e il naso all’insù con fare altezzoso e signorile, mentre l'altro scuoteva la testa, salvo poi ridacchiare quando notò una fisionomia familiare, guardando fuori della finestra.

“Io avrei un'idea migliore...". Commentò pensoso al che il coetaneo si volse a guardarlo, le sopracciglia inarcate:

"Vuoi dirmi che sai anche pensare?".

"Farò finta di non aver sentito...”. Sbuffò l’altro, scostando lo sguardo per lanciargli un’occhiataccia, salvo poi sorridere, tornando a guardare la stessa persona e indicandogliela: “Piuttosto...guarda un po' chi c'è...".

Sul volto del Principe comparve un sorriso altrettanto divertito ma molto più perfido, mentre sogghignava, annuendo fermamente, dando una pacca al coetaneo e facendogli cenno di seguirlo, mentre uscivano dalla villetta.

"Hun, Kakaroth...dopotutto potrei elevarti di grado...".

Commentò il ragazzo, uscendo in giardino ed osservando il ragazzo che – ignaro dei loro sguardi – stava passeggiando lì attorno, fumando una sigaretta.

"Wow...mi nomini vice-principe?". Chiese Goku, guardandolo sorridendo.

"Nei tuoi sogni, forse...tutt'al più potrei nominarti...saiyan di...seconda classe!". Sbottò il Principe dei Saiyan. “ E poi non dire che sono generoso!”. Continuò con lo stesso tono.

"Uhm...evviva me...".

 

Il Principe ignorò la sua replica, salvo poi alzare il braccio per farsi notare dal ragazzo che intento nell’ascoltare musica dal proprio MP3 e fumare, sembrava non rendersi conto di dove si stava dirigendo. Dopo averli scorti, il ragazzo si fermò nella strada, smettendo perfino di fumare e poi tossicchiando per essersi dimenticato d’emetter fuori il fumo inspirato.

Il Principe dei Saiyan ridacchiò, salvo poi scuotere la testa:
”Ma guarda chi avevo scelto come bodyguard”.

Sussurrò con tono teatrale, per farsi sentire solo dal compare che ridacchiò per risposta.

"Ehi Radish...perché non vieni qua?". Domandò con quello che – i saiyan lo sapevano bene – non era una gentile richiesta ma un immediato e non ignorabile ordine.

Il ragazzo preso in causa deglutì nervosamente (dopo esser quasi morto per asfissia e gettato il mozzicone per strada), avvicinandosi e sorridendo nervosamente, guardando i due ragazzi:

"V-Vegeta, G-Go-".

"Kakaroth, idiota...ora è un saiyan, d’infim...".

"Ehi!". Protestò il ragazzo, nei riguardi del Principe che sospirò con aria teatrale:

"Ah...sì, di seconda classe...ma pur sempre saiyan, soddisfatto, ora?".

"Estasiato!".

Replicò l’altro con un sorriso a trentadue denti, mentre Radish guardava dall’uno all’altro, con fare nervoso, con la segreta paura che il momento tanto temuto della rivalsa fosse giunto, due contro uno, pensò nervosamente, guardandosi attorno.

"Radish...forse, ma dico forse...potrei aver esagerato con te...". Disse Vegeta, guardandolo con fare serio e il ragazzo sgranò gli occhi, guardandolo assolutamente sbalordito, salvo poi tornare a sorridere con sguardo ebete:

"...oh Vegeta...sei un principe così generoso, giusto, illuminato...". Disse con voce supplichevole e grata, somigliante ad uno schiavo che si rivolgeva al severo padrone che sta per concedergli la libertà.

"...sì, sì...modestamente sono il Principe dei principi...”.

Commentò Vegeta con l’aria di chi stava affermando qualcosa d’ovvio e di saputo:

“Ma si da' il caso che io e Kakaroth stiamo rivalutando la possibilità di riprenderti tra noi...certo, al momento, saresti regresso al grado di saiyan d’ultimo livello...".

"...sei così generoso...io non so se merito...".

Commentò Radish, guardandolo con occhi riverenti, lasciandosi cadere ai piedi del ragazzo che sorrise mellifluo e soddisfatto, mentre si sfregava le dita contro la camicia, chiaramente…deliziato dai complimenti alla propria regale persona.

“Ma vieni dentro, Radish…”.

Commentò, facendogli cenno di alzarsi e tutti e tre rientrarono nella villetta, accompagnati dalle parole commosse di Radish che continuava a rendere omaggio e ricoprire il Principe di lodi e di ringraziamenti, commiserandosi per il proprio comportamento e giurando di riscattarsi, alludendo alla straordinaria generosità che era tutta fuorché attesa.

"Oh, un saiyan di nascita merita questo ed altro...”.

Commentò Vegeta, scrollando le spalle e lasciandosi cadere sul divano, allungando i piedi sul tavolino di vetro, controllando prima che non ci fosse la madre o la fidanzata per rimbeccarlo per il comportamento poco educato.

Fece cenno agli altri due di sedersi: Goku si sedette alla sua destra e il “figliol prodigo” Radish si appollaiò sulla poltroncina del lato opposto.

“…anche perché come dice il nostro slogan...". Non finì la frase che Radish rispose prontamente, come lo studente che si prepara all’interrogazione con l’insegnante più severo:

"Occhio per occhio, mano per mano, lingua per lingua e caz-“.

"...la versione censurata, intendo...". Aggiunge, notando – scuotendo la testa - l'espressione sconvolta e scioccata delle donne anziane presenti nella stanza, che dovevano aver udito le parole del ragazzo e che ora si erano portate le mani sulla bocca, con fare teatrale, invocando forse il Signore, prima di andarsene oltraggiate.

"...oh...certo...quella censurata! Ovviamente...”.

Commentò Radish e il suo viso si contrasse dolorosamente, mentre cercava evidentemente di ricordare le parole da pronunciare. Seguirono istanti di silenzio, nei quali Vegeta e Goku poterono quasi avvertire lo stridere dei marchingegni che alimentavano la capacità cerebrale del coetaneo.

Questi si portò una mano sul mento, con fare pensoso, infine, salvo rivolgersi ai due:

“Ehm...quale versione?".

"...Kakaroth...”.

Vegeta distolse lo sguardo orripilato dal fricchettone, per tornare a guardare il coetaneo, seduto alla sua destra che aveva un’espressione altrettanto sbalordita.

“Sei sicuro che tra voi non ci siano parentele...riconosco un certo non-so-che nel suo sguardo ebete...". Gli sussurrò Vegeta per non farsi sentire, mentre Radish li guardava educatamente confuso, senza tuttavia osare interrompere il loro colloquio.

"Sicuro, nel modo più assoluto...".Commentò Son Goku con fare stizzito e offeso al che Vegeta sembrò prendere la risposta per buona, perché tornò a rivolgersi all’altro ragazzo, accomodandosi meglio sul divano per discutere della questione più importante:

"Come ben sai, Radish, il nostro codice non scritto, prevede che un saiyan faccia di tutto, calpesti tutto e tutti pur di ottenere la sua donna...ed è quello che hai voluto fare con Kakaroth...”. Commentò, guardando il coetaneo che annuì, sbuffando, guardando il fricchettone con aria di biasimo, al ricordo del piano ordito da lui e Mei per avvicinarlo a Marion.

“Ma in fin dei conti...hai fallito su tutta la linea...”.

Commentò Vegeta con tono velenosamente dolce, mentre Radish per risposta sospirava, sprofondando nel divano a disagio e allo stesso tempo rammaricato per aver visto fallite le sue possibilità di ottenere un appuntamento con Mei.

“Ma quisquilie a parte...ti daremo una possibilità per espiare le tue colpe...".

Continuò Vegeta, incurante di star interrompendo lo scorrere dei suoi pensieri e il ragazzo sgranò gli occhi, guardando da Vegeta e Goku e da Goku a Vegeta, per accertarsi che non era un sogno.

"...oh, grazie, grazie! Farò di tutto...io…".

"Bene...bene…”.

Vegeta fece loro cenno di alzarsi e li condusse fuori della stanza, proseguirono lungo un corridoio e si fermarono di fronte ad una porta. Vegeta si voltò a guardarli:

“Radish…senti questi dolci...suoni?".

Commentò, facendogli cenno di avvicinarsi e Radish accostò l’orecchio alla porta di legno avvertendo una miriade di suoni non ben definiti, ma la sua esperienza in materia, gli suggerì corrispondere a: conati di vomito, intervallati da imprecazioni, rutti ed esalazioni di gas.

“Li senti?”. Commentò Vegeta che sembrava riuscire a stento a trattenere le risate.

"...Mmm…sta forse morendo uno struzzo ubriaco con un attacco di diarrea?".

Vegeta sgranò gli occhi, realmente impressionato e sorpreso, dando una pacca al ragazzo, in segno d’approvazione, mentre Goku assisteva alla scena, non sapendo se preoccuparsi o divertirsi.

"Ma bravo,  ci sei andato vicino!”. Commentò Vegeta, salvo poi sorridere:

“Però no, è Toma...sai, credo abbia bisogno d’una spalla su cui piangere...qualcuno che lo aiuti a vestirsi...gli dia qualche dritta per questo...giorno speciale...". Commentò Vegeta, cercando con lo sguardo Goku che annuì con eccessiva enfasi, mentre Radish continuava a guardare dall’uno all’altro, come lo spettatore di una partita di tennis.

"V-Vegetaaaa!”.

Tutti e tre si voltarono quando avvertirono una voce vagamente familiare (in qual frangente, somigliante ad un rantolo) provenire dalla stanza alle loro spalle, evidentemente lo sposo aveva riconosciuto la voce del figlioccio e degli amici.

“DOVE HAI MESSO LA CARTA IGIENICA?! NON RIESCO A SMETTERE DI CAGARE!

 DOVE DIAVOLO E' IL MIO SACCHETTO PER IL VOMIT...". Le parole intervallate dal delicato e appena udibile suono di un conato lunghissimo. "...CAZZO! PERCHE' HO DETTO VOMIT...".

 E un altro lungo e profondo conato, mentre Vegeta appoggiato indolente al muro, sospirava con fare teatrale, alzando anche gli occhi al cielo: “Gliel’avevo detto di non esagerare…”.

"Oh...ehm…capisco...". Disse Radish annuendo comprensivo, mentre Goku osservava la porta con espressione a metà tra il preoccupato e lo shockato, salvo poi voltarsi verso il Principe con espressione rimproverevole:

"Te l'avevo detto, Vegeta, che non era una bell’idea diluire la purga ad affetto ritardato nel suo bicchiere di vodka!".

"Taci Kakaroth, che ne sai tu di tradizioni?!”. Commentò Vegeta guardandolo male, salvo poi rivolgersi all’altro ragazzo: “Piuttosto…Radish...pensi di farcela?".

"V-Vegetaaaaa...”. Giunse ancora il suono della voce sempre più disperata e sofferente:

“TI PREGOOOOO...CHIAMA L'AMBULANZA!".

"...per non parlare del pesce avariato e condito con alghe...". Sospirò Son Goku, passandosi una mano sulla fronte e tornando a controllare l’orologio.

"...ti ho detto di tacere, Kakaroth...fa parte della tradizione...”. Sbuffò Vegeta, scansando le sue repliche come fossero vuote ed inutili, salvo poi rimbeccare: “E poi era ubriaco come un topo, non se n'è nemmeno accorto...anzi, mi ha ringraziato perché erano il migliore pâtée e insalata che avesse mai mangiato...".

 Ricordò con un sorriso beffardo e lo sguardo trasognato di chi ricordava momenti particolarmente appaganti, soddisfatto di tutto, specialmente di se stesso per il proprio illustre ed impeccabile comportamento.

"Tradizione? Quale?  'Come passare da quasi-ex-celibe a prossimo-sicuro-defunto?".

Domandò Son Goku al culmine dell’esasperazione e dell’incredulità e le parole sembrarono aver colpito il ragazzo, al punto che si scostò dal muro, guardandolo con le sopracciglia inarcate e la bocca lievemente dischiusa:

"Kakaroth...c'è del sangue veggente nella tua famiglia?".

"No, perché?!". Domandò Goku, non comprendendo il nesso di tale richiesta.

"Hai indovinato la tradizione! Era un plico in regalo con il kamasutra...". Commentò Vegeta scrollando le spalle, mentre Radish dimenticato dai due continuava ad ascoltare – con l’orecchio premuto sulla porta – i rumori provenienti dalla stanza, scostandosi di tanto in tanto, con un balzo, quasi temendo che sarebbe stato colpito dal getto di vomito.

"...".

"Tornando a noi, Radish...".

"V-Vegetaaaa, FIGLIOLO...RIMANDA LE NOZZE...e CHIAMA QUELLA CAZZO DI AMBULANZA DI MERD...NUOOOOOO! PERCHE' HO DETTO MERDA!".

Vegeta sospirò con fare commiserato, scuotendo lievemente la testa e passandosi una mano sul cuore, prima di rivolgersi al fricchettone, con tono volutamente (e fintamente) rattristato:

"...pensi di farcela? Se non fosse così importante, credimi...non mi rivolgerei a te!". Commentò, decidendo di fare le cose per bene, allungandogli anche una mano sulla spalla, stringendogliela, mentre Radish lo guardava con la fervente ammirazione di una fan che osserva il suo attore preferito e se lo trova a pochi passi da sé.

"Ma certo...sono commosso da tanta fiducia!". Commentò con occhi lucidi, al che Vegeta fece un cenno d’assenso (con una smorfia sul viso per trattenere le risate), prima di tornare a guardarlo come un generale che affida alla recluta una missione di vitale importanza per la sopravvivenza dell'intero battaglione.

"Bene...molto bene, Radish! Io e Kakaroth ci metteremo una pietra sopra, allora...".

"Sì, lo faremo...". Aggiunse Goku, quando Vegeta gli diede una gomitata nelle costole.

"QUALCUNO MI DIA UNA PASTICCA ANTI-DIARREA, NON RIESCO AD ALZARE IL CULO DAL CESSO...!".
Giunse ancora la voce di Toma, sempre più ridotta al livello di un rantolo, il dolore fisico percepibile in ogni sillaba da lui pronunciata, mentre Radish con l'aria risoluta di un pugile che sta per entrare nel ring, appoggiò la mano sulla maniglia, ma prima di aprire la porta, si volse di nuovo ai due, che dovettero reprimere in fretta le espressioni di gaia soddisfazione per la vendetta in atto.

"Grazie, Vegeta, Go...ehm, Kakaroth..non merito tanto...". Commentò con tono lacrimevole al che Vegeta sbuffò, spingendolo verso la porta:

"Bene...ora vai...Toma ha bisogno di molto affetto, sii gentile e comprensivo con lui...".

"Non mancherò...". Commentò Radish, finendo quasi spiaccicato contro la porta per la pressione esercitata dal principe.

"Ah e già che ci sei...controlla che riesca a farla dentro la tazza...sai, nelle prossime due settimane non ci sarà nessuna donna che pulirà...". Commentò Vegeta, aprendo la porta e spingendolo dentro.

"Oh...se, se proprio lo desideri...".

Commentò Radish, mostrando per la prima volta nella voce un accenno di...incertezza per l'importantissimo ed illustre compito che lo aspettava.

"... e controlla che non cada dentro il cesso mentre vomita, non potrei mai perdonarmelo...una sposa abbandonata all'altare!". Commentò Vegeta, portandosi una mano al cuore, a simulare l'angoscia e la disperazione per quel gesto, mentre Radish indugiava sulla soglia dell'uscio con aria ebete.

Il Principe scosse la testa, con fare teatrale, mentre Goku dovette soffocare un attacco di risate, simulando un improvviso e forte attacco di tosse.

"Come potrei far questo...a mia madre!". Commentò Vegeta, entrambe le mani raccolte al petto, mentre Radish lo guardava ancora più commosso, con lo sguardo tremulo, annuendo fermamente.

"Ti prego, Vegeta...mi spezzi il cuore!". Commentò al che Vegeta annuì, con lo stesso sguardo lacrimevole; colpi di tosse sempre più violenti di Goku, ("E prendi un cazzo di sciroppo, Kakaroth!") mentre Vegeta fingeva di asciugarsi frettolosamente gli occhi.

"Mi fido di te, auguri!". Terminò rapidamente, sbattendogli la porta in faccia, prima che potesse replicare.

"Oh ehm...Salve signor Toma". Avvertirono la voce di Radish.

"Oh, Radish...dov'è il mio...". Non finì la frase che seguì un lungo e violento conato di vomito.

 

"Non saremo stati troppo duri con lui?".
Domandò Goku, un attimo dopo, mentre entrambi seduti sul divano cercavano di farsi passare i postumi di un attacco isterico e prolungato di risa.

Vegeta scosse la testa con fare allibito e sconvolto, storcendo le labbra in una smorfia, come se avesse ingurgitato qualcosa di estremamente amaro ed acre.

"Tzé...Kakaroth, mi sto pentendo d'averti elevato di grado...modera il linguaggio!".

"Perché ridete?".

Chiesero Chichi e Bulma sedendosi rannicchiate ai rispettivi parteners, mentre Goku carezzava i capelli della moretta, dandole un lieve bacio sulla guancia e Vegeta grugniva appena in segno di riconoscimento alla ragazza che gli si era accoccolata sulla spalla, salvo passarle indolente un braccio intorno alla vita.

"Cose da saiyan". Commentò questi, scrollando le spalle mentre le due giovani si scambiavano uno sguardo, annuendo silenziosamente tra loro, tutto sommato...meglio non saperlo!

"Tua madre vorrebbe vederti, Vegeta...". Commentò Bulma al che questi sospirò, con fare teatrale, controllando l'orologio.

"Ma...teoricamente, non dovrebbe già farsi accompagnare all'altare a quest'ora?".

"E' consuetudine che la sposa arrivi in ritardo, tesoro". Commentò Bulma, sorridendo sognante e cercando di risistemare la camicia stropicciata del ragazzo che grugnì in quello che somigliava ad un "solite scuse da femmine", sbuffando e alzandosi dal divano per raggiungere la madre al piano superiore.

 

 

˜

La sposa era intenta a controllare per la centesima volta il trucco, prendendo la spazzola e continuando a spazzolare i capelli, giusto per distrarsi in qualche modo dal continuo ed incessante fluire dei pensieri.

Controllò l'orologio, osservando che era già in ritardo, con un sospiro e un sorriso spensierato.

Sì, si ripeté per la centesima volta, era quella la scelta giusta.

Toma era da sempre stato l'uomo che si era preso cura di Vegeta, di lei e anche di suo marito, prima e dopo le nozze, Toma era sempre stato il suo protettore.
Ricordò con un sorriso, quando un anno prima, era tornata a Satan City e con il figlio aveva fatto ingresso nella casa che questi aveva condiviso per anni con il tutore.

Ricordava perfettamente di esser rimasta in disparte, osservando il giovane venir accolto dal tutore che per l'occasione aveva anche pasticciato in cucina ed era tutto sporco di farina, aveva assistito - reprimendo a stento le risate e i rimproveri - il tono indolente con cui Vegeta gli si era rivolto "Strano...l'ultima volta che ho controllato, avrei detto che tu fossi un uomo...". Con il solito sorriso beffardo e mellifluo, salvo poi assumere un'espressione consapevole di chi ha appena fatto un collegamento evidente: "Ora che ci penso meglio...spiega molte cose!".

Aveva osservato lo scambio di frecciatine, di schermaglie, di spintoni e anche lo scambio di gentili imprecazioni, prima che Toma notasse la sua presenza.

La sua reazione era stata istantanea, al pari del figlio quando l'aveva ritrovata era impallidito, sgranando gli occhi e guardandola come se non avesse potuto credere ai propri occhi, lo sguardo allucinato,  ("sembravi un cane in calore mentre sta per essere castrato!". Avrebbe ripetuto Vegeta nei mesi a seguire per schernirlo), le labbra tremule, mentre avanzava verso di lei con esitazione, quasi temendo si svegliarsi e vedere il suo sogno infrangersi come una bolla di sapone.

Un "ciao, Toma", non erano state necessarie parole, scuse, spiegazioni, era stata stretta tra quelle braccia forti, come ogni volta che lui veniva a far visita, nel periodo di pazzia del suo migliore amico, facendola sentire protetta, al sicuro, amata ed accettata come non le era successo da anni.

Quell'anno passato insieme era stato il più gioioso della vita di Celipa, di Vegeta e di Toma, da prima della pazzia di Vegeta Senior e - ancora non riusciva a comprendere come né perché - con sua gran sorpresa, si era scoperta donna ancora capace d’amare e di essere amata, bisognosa della presenza di un uomo accanto con cui condividere il resto della propria vita.

Era ancora incredula di essersi vista restituire suo marito, nella ritrovata lucidità, prima che la nera signora lo portasse via con sé, di essersi vista restituire suo figlio e adesso avrebbe iniziato una nuova vita con il ricordo del primo amore che mai l'avrebbe abbandonata, la presenza di suo figlio che per tanto, troppo tempo era mancata e l'amore di un uomo che da sempre l'aveva aspettata e con cui non chiedeva di meglio che vivere per sempre.

Il lieve tonfo del bussare alla porta, la distolse dai pensieri, trasalendo e voltandosi, mentre il figlio faceva il suo ingresso nella stanza, guardandola vestita di quell'abito bianco e alzando appena un angolo della bocca.

La donna sorrise, alzandosi dalla toeletta, facendo una piroetta su se stessa per mostrarsi nel semplice ma distinto abito bianco che metteva in risalto il colore scuro delle iridi e dei capelli.

"Cosa ne dici?".

Gli domandò con voce pregna d’entusiasmo di un'adolescente che chiedeva consiglio prima del suo primo appuntamento ufficiale con il ragazzo dei suoi sogni.

Vegeta grugnì per risposta, inclinando la testa di un lato, la fronte aggrottata, le labbra imbronciate e una mano sul mento, a simulare profonda concentrazione.

"Uhm".

La donna interruppe la piroetta, sospirando ed incrociando le braccia all'altezza del petto, sospirando e inclinando la testa a sua volta, guardandolo con lo stesso sguardo ironico che il principe aveva ereditato da lei.

"Grazie, tesoro, sempre detto che hai ereditato la capacità di tuo padre nel dare ampie spiegazioni quando richiesto".

"E io che credevo d’averla ereditata da te". Commentò il principe, lo stesso sorriso vagamente divertito sulle labbra, la testa ancora inclinata da un lato.

La donna sorrise, scuotendo lievemente la testa e sospirando, mentre prendeva dalla toeletta la cornice raffigurante lei e Vegeta Senior nel giorno del loro matrimonio e si sedeva pensosamente sul letto nella camera, sotto lo sguardo del figlio.

"Perché mi hai fatto chiamare? Se è per Toma, sappi che io non sono assolutamente coinvolto nel...".

La donna alzò distrattamente lo sguardo dalla cornice, guardando il figlio con sguardo lucido:

"Nessuno prenderà il posto di tuo padre".

Pronunciò, evidentemente non aveva ascoltato una parola di quello che aveva detto.

Il figlio sgranò gli occhi a quella risposta, salvo sospirare, stringendo nella tasca la fede di suo padre ("tuo padre avrebbe voluto che l'avessi tu"; gli avevano detto Celipa e Hiroko, il giorno stesso del funerale quando avevano tutti fatto ritorno a casa Sanders-Tatiuscha), senza dire nulla si andò a sedere accanto alla madre che lo strinse forte a sé, affondando il volto contro la sua spalla, come anni prima faceva con il marito.

Il ragazzo sospirò il suo profumo, ricambiando dopo qualche istante la stretta.

"Lo so". Rispose dopo qualche istante.

La donna annuì, scostandosi da lui e passandogli una carezza sulla guancia, mentre il ragazzo sospirava, stringendo la mano della madre nella propria.

"Si prenderà cura di te, mamma, lui ti ha sempre amata e anche tu lo ami". Aggiunse, guardando negli occhi tremuli della donna che annuì con risposta, tornando a stringerlo con forza, carezzandogli i capelli, mentre fu il figlio stavolta ad abbandonare la testa sulla spalla della madre.

"Sei tutta la mia vita". Gli sussurrò la madre all'orecchio, cullandolo per un attimo, come non aveva potuto fare in tutti quegli anni, mentre il ragazzo silenziosamente annuiva, aumentando lievemente la pressione dell'abbraccio.

La donna lo scostò dolcemente da sé, sorridendo e scostandosi le lacrime dispettose dagli occhi, guardandolo con tutto l'amore di una madre per il figlio, l'orgoglio alla vista di quanto era cresciuto e diventato così splendidamente uomo, così prematuramente.

"Non ci separeremo mai più". Gli sorrise infine, mentre questi alzava un angolo della bocca.

"Se questo è un modo lacrimevole di convincermi a portarti quando esco con Bulma...".

Non terminò la frase che la donna scosse la testa, ridendo e dandogli una lieve pacca sul braccio, mentre il ragazzo restava a guardarla, il sorriso ancora lievemente mellifluo sulle labbra e un sospiro che sapeva di pace e d’equilibrio.

Sua madre, Toma, lui, Bulma.

Kakaroth e Madame Curie.

"Che Kami mi protegga!". Bofonchiò tra sé, alzando gli occhi al cielo.

"Mm? Hai detto qualcosa, tesoro?". Chiese la madre che era tornata ad osservarsi alla toeletta per sincerarsi che la commozione non le avrebbe guastato il trucco.

"Sì che - per quanto non mi dispiaccia - rischiamo di far venire una sincope a Toma se ritardi ancora".

La donna sorrise per risposta piccata, sospirando, salvo rialzarsi alla toeletta, mentre il figlio le porgeva il braccio.

"Devo accompagnarti all'altare mi sembra, ti consiglio di sbrigarti, prima che io rinsavisca!".

La donna sorrise, facendo per prendere il braccio quando una voce femminile, vagamente nota irruppe nella stanza:

"Siamo in ritardo?".

Una donna dai capelli castani, gli occhiali dalla montatura quadrata,  fece il suo ingresso, accompagnata dal marito dai tratti tipicamente nordici che teneva tra le braccia una bambina.

"Hiroko! Ce l'avete fatta!".

Celipa sorrise, gettandosi tra le braccia della neo-amica, mentre Karl Sanders guardava sorridendo le due donne, salvo poi soffermarsi sul giovane che fece un cenno con la testa al suo ingresso.

Karl Sanders sorrise, porgendogli la mano che il ragazzo per la prima volta strinse.

"Vegeta, è sempre un gran piacere".

"Sanders...". Rispose questi, il sopracciglio appena inarcato. "...vorrei poter dire lo stesso".

Karl ridacchiò, per risposta, scrollando le spalle, mentre la piccola Faith avendo riconosciuto Vegeta si dimenò dalle braccia del padre, sporgendosi verso il ragazzo, ripetendo in un'infantile litania: 'Egheta, Egheta'.

Questi sorrise, prendendo in braccio la bambina che gli prese il viso tra le mani paffutelle.

"Salve signorina". Commentò indolente, mentre questa sorridendo gli schiacciava il naso tra pollice ed indice della manina, prima di ridere, gettando indietro la testa e battendo le manine.

"Uhm...". Commentò Vegeta, mentre la piccola tornava tra le braccia del padre e lui si passava una mano sul naso con una smorfia. "Diventerai un bel peperino...proprio come una certa donna che conosco". Bofonchiò, notando Hiroko guardarlo con un sorriso tremulo, prima di abbracciarlo con fare materno.

"Non sai che gioia leggere la tua lettera". Gli sussurrò all'orecchio, come gli stesse confidando un segreto.

"L'invito poi...sono stata così felice per te e tua madre!".

Questi scrollò appena le spalle, scostandola gentilmente da sé.

"Il Principe dei Saiyan è generoso con chi lo aiuta". Commentò indolente, con la stessa baldanza e sicurezza di un leader che si rivolge ai suoi seguaci, mentre Hiroko scuoteva la testa sorridendogli.

"Ma mi sbaglio...o manca qualcuno all'appello...". Commentò Vegeta, inclinando la testa di un lato e guardando i due coniugi e la più piccola.

Karl Sanders sorrise annuendo:

"Tommy è di sotto, si è fermato a giocare con un ragazzo robusto, ha detto di essere un tuo amico...".

"Kakaroth?!". Rispose Vegeta allarmato, mentre i coniugi Sanders si guardavano confusamente, interdetti dall'aria sorpresa e sgomenta apparsa sul volto del ragazzo.

"Mmm...mi sembra di ricordare che ha detto di chiamarsi Goku". Commentò Hiroko, aggiustandosi gli occhiali sul naso.

"Non è un tuo amico?!". Chiese Karl insospettito e confuso.

"Mai lasciare una giovane mente influenzabile a Kakaroth! Potrebbe corromperlo!". Commentò Vegeta, uscendo di carriera dalla stanza, non ascoltando nemmeno gli ammonimenti della madre che gli ricordava che erano già in ritardo e incurante delle espressioni confuse dei coniugi.

Stava percorrendo il lungo corridoio e un sorriso sbieco si formò sul suo volto, individuando il bambino biondo, seduto sull'ultimo scalino con fare pensoso.

'Bene, bene, un bello spavento come ai vecchi tempi!'.

Si fermò proprio dietro al bambino, sporgendosi in avanti, con l'intento di afferrarlo per le spalle e scuoterlo in avanti, facendogli credere di star per precipitare giù dalla rampa delle scale.

Ma proprio quando stava per appoggiare le mani sulle spalle del ragazzino, questi rise:

"Adesso, Goku!".

Il Principe non riuscì a comprendere quello che stava succedendo ma un attimo dopo si ritrovò steso supino sul pavimento, mentre imprecava signorilmente con il repertorio più delicato di parolocce a sua disposizione (era pur sempre alla presenza di un minorenne!), lo sguardo annebbiato -sollevandosi leggermente, appoggiandosi ai gomiti -  che scorreva dal suo compare al piccolo Sanders, comodamente appollaiato sulla sua spalla.

"Ottimo lavoro, Goku". Si complimentò questi, alzando il palmo della mano, mentre Son Goku ridacchiava con fare puerile: battendo il cinque del bambino e guardando il Principe che d'altro canto ringhiò un:

"Kakaroth...questa me la paghi". Mimandogli poi un bastardo che il ragazzo comprese, leggendogli il labiale, mentre scendeva il piccolo Sanders dalle spalle e questi sorrideva in direzione del ragazzo più grande, avvicinandosi e porgendogli la mano.

"Non prendertela con lui...è stata una mia idea!". Commentò il bambino, allungandogli la manina per aiutarlo ad alzarsi.

Vegeta grugnì, gettando un'occhiataccia al compare che li guardava con un sorriso.

"Sparisci". Gli sibilò mentre Goku scrollava le spalle, alzando gli occhi al cielo.
"Faremo i conti domani, Kakaroth...in palestra!".

"Sìsì, come desidera...sua altezza". Commentò Goku, rispondendo quasi per inerzia, prima di scendere le scale per lasciarli soli.

Dopodiché bofonchiando a Goku un luogo dove non chiedeva di meglio che mandarlo, Vegeta tornò a guardare il ragazzino biondo che gli porgeva ancora la manina, inclinando la testa di un lato a guardarlo.

"Hum...". Restò a guardarlo come a studiarlo. "Forse non sei così mollusco come credevo". Commentò prendendo la manina del bambino che sorrise, cercando di aiutarlo ad alzarsi.

Ma Vegeta ghignò, strattonandolo in avanti e con sorpresa del piccolo Tommy si ritrovò stritolato tra le braccia del ragazzo più grande che ridacchiando, prese a strattonargli i capelli, quasi soffocandolo nella sua stretta.

"Così hai tramato contro di me, eh?".

"V-Vegeta...mi soffochi". Commentò il ragazzino, ridendo tuttavia e Vegeta avvertì il corpo del bambino scosso dalle risate e rafforzò la stretta.

"Ti stai divertendo, pivello?". Gli domandò al che questi continuò a ridere per il solletico che il ragazzo più grande gli stava ora provocando, tanto da fargli lacrimare gli occhi ed avvampare le gote.

"S-Smettila...Vegeta...ti prego!". Commentò il bambino, intervallando le parole con scoppi di risa incontrollabili.

"Solo se ti arrendi, mocciosus*!".Commentò Vegeta.

"Hai letto Harry Potter?". Commentò il bambino incredulo, mentre il ragazzo più grande avvertiva un fastidioso calore sulle gote, salvo scuotere la testa fermamente.

"Tsk, certo che no...è Kakaroth che mi costringe!". Continuò mentre il bambino scoppiava a ridere ancora più forte.

"Certo, Mr Malfoy, se lo dice lei!". Commentò per prenderlo in giro.

"Sempre meglio esser un bananino che non uno sfregiato". Bofonchiò il ragazzo più grande, mentre mollava la presa sul ragazzino che si rialzava con il fiatone, le guance avvampate, gli occhi ancora lucidi ma il sorriso felice sulle labbra.

Si rialzò a sua volta, sotto lo sguardo del bambino che dopo averlo guardato incerto per qualche istante aveva sospirato,  sembrando agli occhi del ragazzo più grande indeciso sul fare o non fare qualcosa.

Scrollò le spalle, riassestandosi i vestiti, mentre con tono volutamente neutro guardava il bambino:

"Non mi hai mai telefonato". Gli disse, mentre il bambino avvampava, annuendo con fare incerto, passandosi una mano tra i capelli, imbarazzato, non osando guardarlo e scrollando le spalle.

"Avevo paura non mi rispondessi...". Ammise, le gote ancora rosse, senza guardarlo.

Il ragazzo più grande sospirò, scrollando la testa, salvo sorridere beffardo:
"Razza di piccolo mollusco, perché ti avrei dato il mio numero se poi non avessi voluto rispondere alle tue chiamate?!". Obiettò il ragazzo più grande, mentre il bambino arrossiva ancora di più, tormentandosi le mani.

"Scusami". Bisbigliò appena, alzando lo sguardo su di lui, mentre il ragazzo più grande sbuffava, salvo avanzare e con fare spiccio, senza aggiungere parola, lo cinse, accostandolo a sé, in un burbero abbraccio.

Il bambino tuttavia sospirò, sorridendo, cingendolo a propria volta.

"Mi sei mancato". Gli confessò, le gote ancora più arrossate.

Il ragazzo più grande scosse ancora la testa, con un verso dalle labbra a simulare ovvia consapevolezza e divertimento, mentre prendeva a passare una mano tra i capelli del bambino in una lenta carezza.

"Farò di te un saiyan, mollusco...".

Il bambino alzò lo sguardo verso di lui, sgranando gli occhi e sorridendo:

"D-Davvero?". Commentò incredulo, mentre il ragazzo più grande scrollava le spalle sorridendo e annuendo.

"Se ce l'ha fatta anche Kakaroth!".

"Ehi!". Protestò una terza voce.

"Kakaroth...ci stavi spiando?!". Chiese Vegeta, staccandosi dal bambino e sporgendosi dalla balaustra, intravedendo l'amico che era rimasto sul fondo delle scale, evidentemente assistendo alla scena, a giudicare da come sorrideva.

"Nient'affatto!". Rispose questi.

"Sei un uomo morto!". Gli gridò il Principe, salvo voltarsi di nuovo verso il ragazzino.

"Andiamo, mollusco...ha inizio il tuo primo addestramento: io uccido Kakaroth...mmm, a te lasciò tutti gli altri invitati!".

Il ragazzino sorrise, prendendo la mano che il ragazzo più grande gli porgeva e insieme scesero dalle scale, rincorrendo Goku fino a quando la sposa non venne a reclamare il suo accompagnatore per l'altare, il piccolo Tommy preso in custodia da Bulma e Goku preso per l'orecchio dalla fidanzata e condotto al suo posto.

 

(NdA: * piccola nota per chi non lo sapesse: mocciosus è un termine con il quale uno dei protagonisti della saga del maghetto, era schernito dai suoi compagni di scuola, in gioventù.

Malfoy è uno dei protagonisti - il mio adorato Draco *__* - bananino è una presa in giro a lui dedicata che ha coniato Ciuiciui e che le ho 'preso in prestito', mentre sfregiato è il termine con cui Draco schernisce Harry Potter).

 

 

˜

La cerimonia fu breve ma solenne.

Il sole era timidamente spuntato da dietro le nuvole, irradiando di luce il gazebo nel giardino della villa, splendendo sugli sposi che a braccetto, inondanti di una pioggia di riso e dalle congratulazioni dei partecipanti, avevano così dato inizio alla loro nuova vita assieme.

Ora una lieve e sbarazzina brezza si dilettava a sferzare i volti degli invitati, seduti per condividere il pranzo nuziale.

Vegeta e Goku dopo aver passato le ultime ore – per costrizione, certo – a comportarsi “come si converrebbe alla vostra età” avevano commentato Bulma e Chichi, improvvisate madri della situazione; si erano rifocillati con piatti e piatti di pietanze, intervallati da liti, bisticci, ai quali il piccolo Tommy assisteva con gran divertimento, incoraggiando ora l’uno, ora l’altro ragazzo, mentre Bulma e Chichi stavano chiacchierando amabilmente con la sposa.

La piccola Faith si divertiva a seguire i voli delle farfalle e rannicchiata tra le braccia della madre si contemplava attorno, chiaramente impressionata ed entusiasta di quell’ambiente nuovo, di tutte le persone sconosciute, prima di gattonare fino al tavolo dei ragazzi, facendosi prendere in braccio dal fratello e guardando rapita Vegeta, mentre intrecciava le dita paffute tra le ciocche bionde del bambino.

 

“Davvero una splendida cerimonia, Celipa”. Ripeté Bulma con grande annuire della moretta, che aveva guardato con gran rispetto ed ammirazione la madre del principe; inconsciamente anche quella donna era stata emblema della più dolce verità che avesse mai scoperto, malgrado tutte le tribolazioni, le sofferenze, la paura e i fantasmi del passato, la vita con la sua straordinaria e ineguagliabile forza, avrebbe continuato a scorrerle nelle vene, a volerla con sé e trascinarla nel suo vortice irresistibile.

“Grazie, non è stato facile organizzarla…Vegeta e Toma più che essermi d’aiuto…sono stati quasi d’intralcio…”. Commentò sospirando, passandosi una mano tra i capelli, mentre la moretta ridacchiava a quell’osservazione e Bulma sospirava, alzando gli occhi al cielo.

“Tipico di lui, mai che si renda utile per qualcosa di serio!”. Aveva commentato, scuotendo la testa, guardando in direzione del ragazzo, che era in quel momento impegnato con un braccio di ferro con il suo rivale.
Come ogni volta che si parlava di lui, tuttavia, che lo immaginasse o no, le rivolse lo sguardo, sorridendole beffardo – facendola arrossire anche a quella distanza – di fronte alla luce suadente che brillava nelle sue iridi, rivolgendole un lieve ammiccamento, prima di tornare ad affrontare la sfida con il rivale.

“Dicevi?”. Commentò beffarda Chichi, passandosi una mano sul mento e rivolgendole uno sguardo ironico, rendendosi evidentemente conto dello sguardo trasognato dell’amica che sussultò alla sua domanda, arrossendo ancora di più per il divertimento suo e della madre del ragazzo.

“Meglio che vada a controllare che non combini altri guai”. Sospirò la ragazza, mentre accompagnata dagli sguardi e sorrisi allusivi delle due, faceva ritorno al tavolino, sedendosi accanto al partner.

Chichi la seguì con lo sguardo, ma i suoi occhi vagarono poi sulla chioma scomposta e spettinata del proprio ragazzo, sorridendo di riflesso, vedendolo concentrato – la fronte aggrottata, i nervi sul collo in evidenza, i muscoli tesi – sulla sfida con il Principe e sospirando, quasi impercettibilmente.

“Vegeta è davvero fortunato”. Commentò Celipa dopo qualche istante, anche lei con lo sguardo rivolto alla stessa tavola, prima di tornare a guardare la moretta sorridendolo.

“E’ un gran sollievo sapere che aveva Toma e tutti voi quando più ne ha avuto bisogno…anche se questo non compensa la mia assenza.”. Sussurrò con un velo di malinconia nello sguardo, mentre Chichi le sorrideva incoraggiante.

“Sei tornata da lui…per restare, è questo l’importante, ora ha davvero tutto quello di cui ha bisogno”. Sospirò e la donna davanti a lei sorrise grata di quelle parole, proferite dalla ragazza.

“Sì ma non è l’unico”. Sorrise alla moretta che inarcò appena le sopracciglia, distogliendo lo sguardo dal suo saiyan, per tornare a guardare la donna.

“Che cosa intende?”.

La donna le sorrise con un lieve sguardo sardonico che ricordò alla moretta, gli sguardi allusivi e beffardi che tanto la infastidivano, nel repertorio del Principe.

“Parola mia…”. Sussurrò, volgendo di nuovo lo sguardo sul tavolo, non per guardare il figlio stavolta. “…non ho mai visto Goku così felice”.

La moretta arrossì per risposta, avvertendo quel fastidioso calore ammantarle le gote, tingendole deliziosamente di un color pesca che non passò inosservato sulla sua carnagione d’alabastro e fece sorridere la donna.

“Lo conosco da quando è nato, credimi, so che quel dico”. Rincarò la dose, mentre la moretta sorrideva, scrollando lievemente la testa e le spalle.

“E’ lui che mi ha resa felice…”. Sospirò, con voce tremula ma ben distinta, avvertendo il piacevole brivido al cuore, come ogni volta che parlava di lui e i tratti del suo viso, le inondavano la mente, rendendo la sua voce flebile, facendole palpitare il cuore e tremare le ginocchia, per l’intensità del suo sguardo e il sorriso puro e sincero.

“Lui mi ha ridato la vita, l’amore…tutto”. Sospirò, tornando a guardare la donna con sguardo sfavillante che la fece sorridere, annuendo e comprendendo bene le parole della ragazza, che aveva sperimentato lei stessa sulla propria pelle.

"

“Beh a questo punto non resta che un quesito”. Commentò Celipa ad un certo punto e Chichi fu di nuovo distolta dalla sua osservazione silenziosa, per tornare a guardarla, inclinando il viso di un lato e sorridendole nell’attesa di avvertire il seguito.

Gli occhi della donna lampeggiarono sornioni:

“…chi tra le due coppie si sposerà per prima…”. Commentò, ridendo quando vide la moretta avvampare, balbettando parole sconnesse, gesticolando frenetica, il cuore in tumulto e la voce ridotta ad un flebile sussurro, scuotendo la testa e deglutendo a fatica.

La donna sorrise, sorseggiando dal proprio calice, prima di pulirsi le labbra con un tovagliolo, tornando a guardarla, inclinando la testa di un lato, sorridendole ancora con un che di sardonico e divertito:

“Spero, però, tu e Bulma non ingaggiate un duello di wrestling per il bouquet…Vegeta e Toma n’emulano fin troppo di quei match…”. Commentò, strascicando leggermente le parole, con un’alzata di spalle e ancora una volta Chichi, si avvide della straordinaria somiglianza con i modi di fare e di parlare del giovane Principe.

Dopo aver scosso la testa, ridacchiando lei stessa all’idea di Celipa, fece per risponderle, ma le luci che illuminavano il salone si abbassarono, lasciando l’ambiente piacevolmente in penombra, mentre Celipa sussultava leggermente all’abbraccio di Toma, che la strinse da dietro, accostandosela al petto e inclinando la testa per baciarle la gota.

“Signore, scusate…ma lo sposo reclama un ballo”. Le bisbigliò dolcemente, facendo sorridere deliziata la sposa che annuì.

“Scusami Chichi…”.

“Prego…”.

La moretta li guardò con un sorriso dolce, annuendo fermamente con la testa e osservando la pista da ballo, dove i coniugi Sanders si stavano già stringendo – con imbarazzo del povero Tommy che scuoteva la testa (“Nooo, ora cominceranno a sbaciucchiarsi, bleah”) stringendo ancora la sorellina tra le braccia, e dove una Bulma insolitamente accanita, strava trascinando un Vegeta che aveva l’aria molto ma molto riluttante (“E va bene donna, ma solo uno…che ovviamente mi risarcirai in altri modi”) prima tuttavia di sorriderle beffardo, attirandola a sé con possesso.

“Gran bel ricevimento, vero?”.

 

Fu la volta della giovane di sussultare, il cuore prese a galopparle vorticoso nel petto e sgranò lievemente gli occhi, avendo riconosciuto quella voce familiare; tanto era stata concentrata ad osservare le coppie che danzavano, da non aver avvertito quei passi familiari fermarsi esattamente dietro di lei, a proteggerla come sempre da tutto e tutti, anche quando non se n’avvedeva, il suo angelo terrestre che la ricopriva con le sue ali candide, rialzandola quando sarebbe caduta e confortandola nel momento del bisogno, facendola risplendere della stessa luce che racchiudeva in sé.

Indi, si riassettò lo scialle sulle spalle, prima di voltarsi verso il ragazzo, notando lo sguardo di quest’ultimo concentrato sulla pista, restando ancora una volta incantata a scorgerne la pura e semplice energia, la felicità, la spensieratezza delle piccole cose di cui era pregna la sua esistenza.

Non udendo sua risposta, il ragazzo abbassò lo sguardo su di lei, notandola sorridere dolcemente mentre lo stava studiando, lo sguardo intriso come sempre di tutte le sfumature di quello splendido sentimento che li univa, e che ogni volta faceva risplendere il firmamento del suo sguardo; ogni volta diverse costellazioni lo adornavano: una più eterea ed unica di quella precedente, non facendogli desiderare altro che affogarvi, in sua completa balia.

Alzò la mano mascolina, appoggiandone con delicatezza i polpastrelli sulla gota; dai polpastrelli alle dita, fino ad appoggiare l’intero palmo, per sfiorare con movimenti circolari quella pelle di pesca, messa in risalto dal fine trucco e da un delizioso colorito di pesca; più rosse e piene le labbra che più di una volta avevano cantato rime d’amore segrete, solo a loro comprensibile e che avevano tacitamente confermato una muta promessa d’amore eterno.

La giovane sorrise, alzando a propria volta la mano a stringere quella del ragazzo, guidandola per qualche istante – restando a comunicare con gli sguardi – a sfiorarle la pelle del viso, prima di portarla dolcemente alle labbra per baciarla con delicatezza ma reverenza.

Il ragazzo inclinò la testa di un lato, continuando a studiarla, approfittando della vicinanza delle sue dita alle labbra, per sfiorarne dolcemente il contorno, serrarsi poi dolcemente sul mento, restando a contemplarla per attimi infiniti, prima di cercare di nuovo la sua mano, stringerla con la propria e portarla poi alle labbra, baciandola e stringendola alla propria.

 

“Balliamo?”.

 

La sua voce un dolce e sospirato sussurro che solleticò dolcemente i timpani della giovane che senza rompere il contatto degli sguardi, annuì, sorridendo, facendo risplendere ancora di più gli occhi di velluto, salvo poi aggiungere in un dolce e tremulo sussurro.

 

“Lo vorrei tanto”.

 

Sorrise a sua volta, baciando di nuovo quella mano come fosse stata un prezioso tesoro da proteggere gelosamente, prima di intrecciarne le dita con le proprie, sfiorandole dolcemente il dorso, conducendola sulla pista da ballo; nessuno sguardo, cenno o saluto alle altre coppie, in quel momento – come in tanti altri – tutto il resto non aveva più importanza, si era dissolto, null’altro era percepito nelle loro menti se non la presenza fisica, lo sguardo, il profumo, il sorriso, la stretta dell’altro.

Si fermarono nel centro della pista, le mani ancora intrecciate, prima che il ragazzo, smarrendosi ancora nel suo sguardo, le passasse con una dolce pressione la mano su un fianco, stringendo più forte l’altra mano, mentre anche la ragazza assumeva la giusta posizione.

 

In quel momento, le luci sembrarono farsi ancora più fioche, forse perché poco intense se paragonate all’accecante magnitudine di due anime comunicanti con un semplice sguardo; la melodia sembrò risuonare più alta nella stanza, come se gli strumenti fossero percossi da dentro i loro cuori, dando suono e parola a stati d’animo, brividi, tremori ed emozioni palpitanti, silenziose e discrete che da dentro i loro cuori sembravano divampare come un incendio impetuoso e selvaggio, indomito e bruciante.

 

Abbracciati, presero a muoversi, seguendo il ritmo della melodia, ascoltandone le parole, che come un caleidoscopio, richiamarono immagini, sensazioni, profumi ed istanti di quel sentimento nato ancora prima che le loro menti, potessero assimilarne la consapevolezza.

 

 

People tell me: you stay

where you belong.

But all my life,

I've tried to prove them wrong.

 

Le persone mi dicono che si sta

nel posto cui s'appartiene.

Ma per tutta la mia vita

ho cercato di provare che hanno torto.

 

 

Dietro di questi si stagliava un'altra figura che - apparentemente- sembrava esser offuscata, da quella dei ragazzi di fronte a lui.

La figura, slanciata e luminosa, di un ragazzo chiamato Son Goku.

Diversamente dagli altri cinque, non sfoderava alcuno sguardo da macho o annoiato, nessun’occhiata intimidatoria o sicura di sé.

Nessun sorriso smagliante per stregare le ragazze che riempivano gran parte del corridoio.

Porgeva solo un sorriso gentile  e affabile, alle varie gattine- le quali  speravano di poter mettere le mani addosso almeno a lui -  che lo guardavano languidamente e miagolavano: "Ciao Goku!".

Diversamente dagli altri, non dava importanza a quei sorrisi mielosi, ma nemmeno se ne fregava come fosse annoiato da quella routine.

Solo un sorriso semplice, educato per rispondere al saluto.

Nessuna malizia per poter impossessarsi di una di loro.

Nessun obbligo. Un sorriso piccolo e sincero per renderle contente.

Nessuno sguardo provocatorio, seduttore, distaccato, freddo.

Uno sguardo intenso in quelli che dovevano essere i suoi pensieri infranti, di tanto in tanto, dalle loro voci.

In quel sorriso e in quello sguardo si racchiudevano il suo essere…

Ma non molti sembravano coglierlo, anzi, nessuno.

 

Sospirò…non vedeva, proprio,  l'ora di mangiare qualcosa e di uscire un po' fuori nel cortile, per godere della carezza del sole,  i cui raggi lo sfioravano dolcemente.

Ma nella sua mente i soliti pensieri si affollavano… da un periodo a  questa parte, sembravano non dargli tregua…

 

 

' Sono stanco di pensare ancora a questa situazione.

Sono stanco di tutto questo, di quest’ipocrisia che riempie l’aria, di questa superficialità che occupa la mente di tutti quelli che stanno qui, in questa scuola.

 

Sono stanco d’essere osservato come un sogno, perché non lo sono e non voglio esserlo.

Ma non mi piace fare il mito con queste ragazzine, tanto meno il dongiovanni…anche perché, sinceramente, non sarebbe da me un comportamento del genere…

Un sorriso tanto per farle contente…staremmo tutti meglio se fossimo più felici…cominciando a far felici gli altri.

 

Sono stanco d’essere giudicato da loro, che danno importanza a cose futili e stupide.

Sono stanco di sentire le loro cavolate…ma tanto è inutile pensarci…non cambierò le cose…per loro rimarrò il povero idiota, non voglio nemmeno protestare, non voglio che sappiano ciò che ho dentro, perché non lo capirebbero e non vale la pena di rivelarlo se devo stare in questo covo di cretinaggini e cavolate.

 

Mi giudicano…ma non sanno chi sono, io, in realtà…e forse non lo so neppure io'.

 

 

Son Goku sospirò, socchiudendo gli occhi, attirando la ragazza più vicina, abbandonando la testa contro la sua, avvertendo la morbidezza profumata del suo crine corvino, cullandola e lasciandosi cullare in quello splendido attimo di sospensione tra due anime affini.

Lasciando vagare la mente nel ricordo, con la consapevolezza di essere con lei in quel momento, di trovarsi nella sua vera casa, che niente e nessuno avrebbe potuto ferirli.

Inattaccabili, invulnerabili: si erano rivestiti della forza dell'altro, schermando paure, fantasmi, timori e debolezze.

Una sola anima in due corpi.

 

 

They say I'm looking for

something that can't be found.

They say I'm missing out,

my feet don't touch the ground.

 

Dicono che sto cercando

qualcosa che non può essere trovato.

Dicono che mi manca qualcosa,

che i miei piedi non toccano in terra.

 

 

Così…in una notte d’autunno, mentre gli alberi perdevano le foglie, io ho perso mia madre.

 

Non credevo sarei mai riuscita a riprendermi…

Ho lottato perché non me la portassero via…

E’ stato inutile…

 

Non volevo più vivere...

Volevo morire…

La morte non poteva essere peggio del dolore…

 

Ma ce l’ho fatta…

Dio mi ha dato la forza per rialzarmi da terra e riprendere il mio cammino…

Ma una parte di me è morta…

E non l’avrò mai più indietro…

 

Ho perso la gioia di vivere…ho perso il mio mondo…

 

Anche se non voglio ammetterlo, è così…

Ho paura di star sola…

Ho paura di star sola con me stessa e scoprire che la mia vita non ha senso…che sarebbe stato meglio morire insieme a mia madre…

 

La giovane sorrise, avvertendo la vicinanza del ragazzo, sospirando a sua volta, mentre si lasciava cullare in un abbraccio muto, eppure così ricco di sentimenti, d’emozioni, di brividi sottopelle. Appoggiò la testa contro il suo ampio torace, sorridendo quando avvertì lo scandire preciso e regolare dei suoi battiti.

Quei battiti che non scandivano il tempo che tiranno fugge, il tempo sottratto all'eternità che vendicativa lo richiama a sé; battiti che scandivano il tempo ancora a disposizione per loro e per quell'amore che giorno dopo giorno li avrebbe fatti crescere insieme, nel più dolce dei modi possibili.

Il tempo che in quel momento avrebbe voluto si bloccasse, tutto era perfetto: la sua stretta rassicurante, il suo profumo, l'aroma del suo respiro a soffiarle tra i capelli, la delicata ma decisa pressione delle braccia e delle mani, il suo calore.

Solo questo per stare bene, per essere davvero felice.

Un mondo fatato che profumava di una dolce fiaba dove lui era tutto e tutto era lui.

 

But there are moments

when you can't deny what's true.

Just an ordinary day,

like when I met you.

 

Ma ci sono momenti

in cui non puoi negare ciò che è vero.

Come un giorno qualunque,

quando ti incontrai.

 

Non poteva essere vero! Stava sognando...non c'era altra spiegazione...dopo una mattina passata ad illudersi di poterla dimenticare...rieccola...come una visione, un miracolo...

Lui che aveva quasi sperato d'averla dimenticata...lui che aveva quasi sperato di dare un taglio definitivo a tutti i dubbi,i sogni, le paure legati a lei e alla sua persona.

Destino volle che quello che doveva passare come un semplice e ordinario Sabato si fosse rivelato come il momento tanto agognato ma al quale sentiva di non essere ancora pronto...avrebbe potuto toccare con mano il sogno che da pochi giorni lo tormentava senza sosta...

 

Per un attimo lasciò perdere pensieri e preoccupazioni e si perse semplicemente nel guardarla...quella magnifica e perfetta creatura...non poteva che essere figlia del sole, della luna, del mare, delle stelle...doveva essere necessariamente figlia di qualcosa d’etereo...e lui non era degno d'essere lì per contemplarla...eppure il fato aveva tessuto i suoi drappi ed eccoli lì...uno di fronte all'altro...

 

Un sorriso repentino ma non meno intenso si disegnò sulle sue labbra a quel ricordo, mentre aumentava istintivamente l'abbraccio con cui la stava cingendo, affondando ancora di più il viso contro i suoi capelli e prendendo con la mano che le cingeva il fianco, a sfiorarle la schiena. Il sorriso si addolcì ulteriormente quando l'avvertì accoccolarsi a lui, mugugnando soddisfatta, quasi come una gattina intenta a fare le fusa.

Continuò a sfiorarle la schiena, facendo pressione ora con i polpastrelli, ora con il palmo della mano, rabbrividendo interiormente quando avvertì la mano della giovane soffermarsi sul torace, vicino al punto in cui il suo viso era sprofondato nel suo petto, cullata con gli occhi socchiusi dal battito del suo cuore, lasciandosi totalmente guidare da lui.
Ora e sempre.

 

It's funny how life can take new meaning.

You came and changed what I believed.

The world on the outside's trying to pull me in,

but they can't touch me,

cause I got you...

I got you...oh yeah.

 

E' divertente vedere come la vita possa assumere un nuovo significato.

Sei arrivato e hai cambiato quello in cui credevo.

Il mondo fuori sta cercando di spingermi dentro,

ma loro non possono toccarmi,

perché io ho te.

Sì, io ho te.

 

' Eccomi qui...ancora una volta...ancora a sfregare il viso bagnato, gli occhi gonfi e rossi, il cuore che sembra voler scoppiare o uscirmi dal petto. Eccomi ancora rannicchiata in me stessa, nella mia ombra perché nulla e nessuno può capire il mio dolore o provare a darmi sollievo...ed è normale che sia così '.

 

' Questa volta non ci sono valide giustificazioni...

No, c'è solo questo senso di vuoto, incompletezza, imperfezione...c'è questa voglia di piangere e urlare; rompere qualcosa; fare qualsiasi DANNATA cosa purché finisca questo silenzio...purché un semplice rumore che io possa sentire mi faccia capire che non sono morta...che sono ancora viva '.

 

' Per la prima volta c'è stato un ragazzo che mi ha imbarazzato solo per quanto sapesse esser tenero, per la prima volta i miei pensieri rincorrono un ragazzo...per la prima volta qualcuno ha superato il mio strato di freddezza, fino a giungere al mio cuore...dritto al mio petto...mi ha fatto dimenticare chi sono, quali sono i miei problemi, i miei dubbi, le mie paure...per la prima volta mi sono sentita: rilassata...calma...tranquilla...bene '.

 

' Ma sapere che tutto questo è legato ad un ragazzo, o meglio, a Goku mi fa un po' male...perché significa che anch'io sono capace di abbandonarmi ad emozioni o sensazioni che fino ad ora ho conosciuto e visto solo attraverso gli occhi degli altri...dall'esterno.

Ma stavolta non è così...queste emozioni, questi sentimenti, erano veramente MIEI, appartenevano a me...solo a me '.

 

' Ora so che ciò che m' avvolge e mi tormenta senza darmi pace non è un senso di vuoto e d’angoscia, ma il "pieno" di un qualcosa a cui non so dare il nome...sto piangendo per la confusione che c'è in me...e il cambiamento che sento potrebbe già esser cominciato...'.

 

Sorrise avvertendolo rabbrividire, quando appoggiò la mano contro il suo morbido torace, meravigliandosi di come quel giovane che aveva saputo scompigliarle le emozioni, accenderla di brividi di passione, potesse al contempo sciogliersi ad un suo minimo gesto.

Questa doppiezza d’uomo e fanciullo in lui, l'affascinava ed abbagliava; lui perfetto emblema della semplicità e della gioia di vivere e di amare.

Lui che nei suoi sorrisi e negli sguardi celava una straordinaria profondità, in ogni gesto che le spezzava il fiato, facendola rabbrividire anche per le sfumature e il timbro della voce.

Sospirò contro il suo torace, mentre con dolcezza e delicatezza, si divincolava dalla sua stretta; sorrise quando lo vide abbassare lo sguardo: le sopracciglia inarcate e lo sguardo confuso come un bambino che si vede privare del suo giocattolo senza spiegazione; sorrise alzando le braccia a cingergli il collo, facendosi così più vicina.

Repentino ed incantevole il mutare delle sue espressioni: il sorriso che si dipinse sulle sue labbra, lo sguardo innamorato e dolce che le rivolse, mentre sospirava, alzandosi un poco sulle punte, mentre gli sfiorava la nuca, accostandosi al suo orecchio, facendolo rabbrividire per il piacevole solletico che provocò al suo timpano.

 

"Mi sembrava di avertelo detto che non me ne sarei mai andata da te, amore". Sussurrò vezzosa, prima di tornare ad affondare il volto contro il suo petto.

 

 

I want to thank you,

for all of the things you've done.

But most for choosing me

to be the one.

 

Voglio ringraziarti

per tutte le cose che hai fatto,

ma soprattutto per aver scelto me,

per essere l'unico.

 

”Non è da poco…e mi riempie di gioia e di soddisfazione essere così stimata da te…non sottovalutarti…non farlo proprio mai…perché quello che provi e ciò che dici…anche se non la sai…per qualcuno può avere importanza…molta importanza…( disse marcando bene queste parole) e se non lo pensi…significa che stavolta sei tu…quello che non conosce affatto  se stesso…”. Sorrise infine riproponendogli le sue stesse parole.

 

“Lo credi sul serio…?”.

 

La ragazza si sentì quasi disarmata da quello sguardo così speranzoso, in cerca di stima e d’apprezzamento da parte sua. Si sentì un po’ turbata e confusa. Com’era possibile che quello stesso ragazzo che poco prima aveva saputo farla star così bene, con delle frasi così…giuste…potesse chiederle implicitamente la conferma del suo apprezzamento e della stima nei suoi riguardi? Quel ragazzo così genuino e sincero, armato di dolcezza e di coraggio e di quella “saggezza” adesso ricercava un suo, il suo appoggio…?

Ma poi ripensò alle sue parole di prima, l’allusione riguardo al “siamo tutti persone semplici e abbiamo sentimenti e paure” e si riscosse.

 

Lo guardò dritto negli occhi, gli sorrise rassicurante, prendendogli, istintivamente, una mano che strinse, regalandogli un calore e un brivido improvviso eppure travolgente.

 

“E’ quello che penso…sei un ragazzo così…speciale…sei dolce, buono, comprensivo, gentile, leale, sincero…(devo continuare?) e sentirsi apprezzata da una persona così… non può che riempirmi di gioia…quello che pensi e che dici è molto importante per chi sa veramente capirti, e ha un’idea di quanto vali…Son Goku…”.

 

“ E non permettere a nessuno, hai capito, a NESSUNO, di dire il contrario…perché allora non apprezzano ciò che sei…e non sono degni di te…”. Concluse guardandolo e sorridendo dolcemente, facendogli però capire quanto le sue parole fossero sincere e sentite.

 

 

“Grazie…Chichi…”.

 

Sussurrò ancora più dolcemente e per riflesso strinse a sua volta la sua mano facendola trasalire eppure rendendola così soddisfatta di sé, e del proprio comportamento, mentre una nuova e piacevole sensazione di calore le avvolse il cuore, che ricominciò a battere convulsamente con una nuova e potente carica d’energia.

 

“Siamo pari…”. Sorrise.

 

“Sì, siamo pari…”. Rispose.

 

 

Sorrise quando l'avvertì cingergli il collo con le sue braccia esili e prontamente le sue mani si abbassarono a cingerle i fianchi, approvando silenziosamente quella rinnovata vicinanza fisica. Avvertì una serie di brividi caldi, scivolargli lungo la colonna vertebrale, quando le sue dita diafane ed affusolate presero a sfiorare la sua capigliatura indomabile, soffermandosi sulla nuca, sfregando in quel punto particolarmente sensibile.

Una pioggia di brividi freddi, invece, l'accapponarsi della pelle del collo, il serrarsi delle viscere come serpi litiganti, quando avvertì il suo stentato sussurro, il suo respiro caldo, le sue labbra così vicine, le sue iridi, splendide gemme notturne.

Sorrise a quella frase, aumentando istintivamente la pressione esercitata sui suoi fianchi, scivolando con la testa sulla sua spalla esile e morbida, aspirando il buon profumo della sua pelle mischiarsi a quello dei suoi capelli che come una morbida cascata, le scivolavano sulle spalle, solleticandogli il viso.
Sorrise ulteriormente rilassato e cullato, quando avvertì di nuovo le sue dita sfiorargli la nuca, mentre s'alzava leggermente al suo orecchio.

 

"Mi sembrava di averti detto che non ti avrei lasciato andare, in ogni caso".

Le ricordò con un sorriso sbarazzino, aumentando ancora la pressione esercitata sulla sua vita, quasi ad avvalorare la veridicità di quelle parole.

 

 

It's funny how life can take new meaning.

You came and changed what I believed.

The world on the outside's trying to pull me in,

but they can't touch me,

cause I got you...

 

E' divertente vedere come la vita possa assumere un nuovo significato.

Sei arrivato e hai cambiato quello in cui credevo.

Il mondo fuori sta cercando di spingermi dentro,

ma loro non possono toccarmi,

perché io ho te.

 

 

Riapro gli occhi e li smarrisco di nuovo nella profondità dei tuoi mentre mi sento completamente vittima e inerme a questo turbinio d’emozioni, di brividi e di sensazioni, mentre il mio cuore palpita inarrestabile, la mia mente è uno sfavillio di pensieri confusi ed intrecciati, le mie gambe traballano e le mie viscere si contorcono dolorosamente, ma i tuoi occhi...il tuo sguardo, il tuo sorriso, la purezza della tua anima, della tua dolcezza, del tuo cuore...non posso che perdermi in te...

 

E' quello che ho sempre cercato di evitare realizzo mentre la mia mente, la mia razionalità mi sta ammonendo, imponendomi di distaccarmi da te, da tutto ciò che rappresenti per me, ma paradossalmente il mio cuore non vuole, non vuole scostarsi da te, i miei sentimenti, le mie emozioni si riconoscono in te e mi obbligano a cercare ancora questo contatto con te.

 

Sento le tue mani lasciare il mio viso e sento chiaramente un moto di smarrimento e confusione mentre ti guardo incredula e confusa, chiedendomi io stessa cosa significa questo strano e improvviso turbamento, salvo poi riscuotermi felice e appagata quando avverto la dolce pressione delle tue mani sulle mie spalle e mi perdo ancora nei tuoi occhi che mi dicono che non mi lasci, non mi lascerai mai...

 

Sorrido istintivamente, salvo poi sussultare sorpresa ed incredula quando...quando le tue labbra come una carezza di farfalla sfiorano la mia fronte e il tempo si blocca...nulla ha più importanza, tutto è scomparso, ci sei solo tu, solo io...solo noi...non c'è nient'altro d’importante, nulla...se non noi. tu, quello che mi scateni, quello che mi causi e tutto questa magica  e meravigliosa confusione in cui mi sto perdendo.

 

Sento mancarmi il respiro quando mi riscuoto a causa dell'aumento progressivo della pioggia, mentre sento chiaramente il rumore di quelle fragili ma dense gocce che incontrano il terreno, inondandolo del loro manto incolore.

Avverto una strana scossa dentro di me, dal mio cuore si riscuote in tutto il corpo mentre istintivamente sento la necessità del suo calore e abbandono il viso contro la sua spalla, il suo petto, senza stringere, solo sfregando il viso contro il suo calore, chiedendogli implicitamente la sua presenza, il calore e la dolcezza che sa acquietare il mio dolore e i miei brividi.

 

Fu la sua volta di rabbrividire quando avvertì la sua dolce voce, sussurrata e lievemente roca parlarle nell'orecchio, mentre annuiva, arrossendo anche un poco a quell'intima vicinanza.

"E' vero". Commentò e stava per aggiungere qualcosa ma le parole le morirono in gola, quando lo avvertì, sfregare delicatamente le labbra contro la sua tempia, scivolando sulla sua guancia in una carezza appena accennata.

Un tocco leggero, aggraziato, quasi impercettibile eppure incredibilmente sensuale che le fece vibrare il cuore di un brivido caldo, di una prima passione che le faceva accapponare la pelle, avvertendo miriadi di tremori taciuti.

Si ritrovò a sciogliere l'abbraccio, lasciando scivolare le mani lungo le spalle e il torace, sorridendo quando l'avvertì rabbrividire, sussurrando il suo nome come una tacita e flebile preghiera, mentre i suoi occhi brillavano tremuli, facendo rabbrividire il ragazzo che le passò una mano sulla gota, sollevandole leggermente il mento con le dita.

 

And it hits me when I reach for you,

that I'm afraid you won't be there.

Maybe I am in too deep,

but I don't care...

 

E mi colpisce quando ti cerco,

e ho paura che tu non ci sarai.

Forse ci sono troppo dentro,

ma non m’interessa…

 

"Non ci credo...non ci credo Chichi e mai ci crederò!".

 

Le sue parole proferite in un sussurro, l'intonazione via via più alta, più urgente, quasi fino ad urlare l'ultima frase. Gli occhi che lampeggiavano di consapevolezza, di comprensione, di determinazione...no! Non se ne sarebbe andata così, non se la sarebbe cavata con una frase del genere!

No, se lo togliesse dalla testa, questa volta non avrebbe reso le armi, no!

 

La sua determinazione contro una delle sue tante maschere, che vincesse il migliore!

 

"Sai cosa penso? Io penso che Marion sia solo una scusa...non è questo il motivo per cui stai cercando di allontanarmi da te...e lo sai bene!".

 

"Non cambiare le carte in tavola!".

 

Son Goku si lasciò sfuggire un verso velato d’ironica sorpresa, mentre aggrottava lievemente le sopracciglia, sospirando e continuando a guardarla.

La conosceva troppo bene, ormai e anche lei doveva essersene accorta.

 

"Non è necessario...lo fai già tu abbastanza per entrambi...".

 

Le disse, inclinando lievemente la testa, guardandola con un misto di sentimenti: la confusione e lo sconcerto, l'amarezza e l'ansia ma anche tenerezza e pena.

Poteva solo immaginare quello che avesse passato quella ragazza, il passato che oscurava la sua mente e che aveva infreddolito il suo cuore ma Son Goku era stato artefice e testimone di ciò che il suo cuore era ancora in grado di provare, era ancora in grado di scaturire, e soprattutto era ancora in grado d'amare e d'essere amato.

Doveva solo capirlo lei stessa e forse in questo, malgrado la sua volontà e i suoi sentimenti, non poteva aiutarla, non quanto avrebbe voluto. Doveva rendersene conto lei stessa.

Ma forse...era necessario sottoporla ad una nuova pressione, portarla allo stremo.

 

"Il motivo per cui fai questo...è lo stesso per il quale finora nonostante la vicinanza...eravamo lontani...tu eri lontana da me...più mi avvicinavo e più tu ti allontanavi...e io te l'ho permesso finora...".

 

La sua voce era lieve, delicata, tranquilla, lo sguardo colmo di rassicurazione, di decisione ma d’improntata dolcezza, volendo solo che la ragazza si smuovesse, volendo farle capire ciò che stava facendo della sua vita, il modo in cui si stava nascondendo da essa, privandosi delle cose più belle, più vive, più vere...punendosi con sadica violenza e questo Son Goku non riusciva a comprenderlo, tanto meno accettarlo.

 

"Ma adesso basta Chichi...è il momento che tu ti decida, non sono più disposto ad aspettare!".

 

Ricordava bene l'amarezza, la frustrazione, l'esasperazione: ogni volta che nel loro progressivo avvicinarsi, aveva l'impressione di aver raggiunto un nuovo traguardo - sempre più vicino alla meta - si svincolava, sfuggendogli tra le dita, lasciandogli l'acre sapore della delusione sul palato.

Lo ricordava perfettamente, nello stesso modo in cui ad occhi chiusi, avrebbe potuto tracciare nella sua anima, un dipinto del suo viso: rappresentando in modo esemplare tutti i lineamenti e le splendide unicità di quella bellezza naturale, genuina e pura.

La luce che brillava in quelle iridi d'onice lucenti; la piega che assumevano le sue labbra ad un suo sorriso; il modo in cui i suoi lineamenti si distendevano quando rilassata socchiudeva gli occhi, abbandonandosi al suo calore e alla sua vicinanza; il modo in cui il suo sguardo si faceva tremulo, come in quest’istante, nell’attesa di un attimo di paradiso da sottrarre all'eternità, nell’attesa di un gesto che coronasse quell'attimo di sospensione delle loro anime che di meglio non chiedevano che gettarsi l'una nell'altra.

Le sfiorò la gota con attenzione, volendo far memorizzare ai polpastrelli i tratti del suo viso, il volto inclinato di un lato a perdersi nel suo sguardo, le dita serrate sul mento, l'altra mano a sfiorarle rassicurante e delicato il fianco, salvo scivolare al petto, stringendo la sua rassicurante, per farle comprendere in un'esigua infinità, tutto quello che la sua vicinanza gli stava donando in quel momento, il ricordo di quelli passati e la promessa di quelli futuri.

 

 

I'm right where I belong

I got you...

Yeah, prove them wrong...

I've got you, yeah.

Can't deny what's true. No,

they can't touch me, baby.

I got you...

 

E' giusto che stia nel luogo a cui appartengo,

io ho te.

Sì, prova che hanno torto…

Io ho te, sì.

Non possono negare che cosa è vero. No, 

loro non possono toccarmi, amore.

Io ho te.

 

"Prima di cosa... Chichi?".

 

Domandò di nuovo, la sua voce un accennato e dolce bisbiglio, il suono del nome di lei sospirato come in balia delle più pure ed eteree emozioni che quel visino d'avorio suscitavano nel suo animo.

La pressione delle sue dita sulle sue gote non accennò ad attenuarsi, costringendola a riversare il suo sguardo nel proprio, riflettendo le paure, il dolore, l'ansia e l'emozione che stava provando.

 

"...prima che...".

 

Si morsicò ancora il labbro, avvertendo la sua stessa voce divenuta ancora più flebile, soffocata ed ovattata di mille emozioni a stento trattenute.

Si ritrovò a tremare di fronte all'intensità del suo sguardo, ma una forza ancora più grande in lei, da sempre sopita ed improvvisamente risvegliatasi prese sopravvento e attraverso le sue labbra prese voce e suono.

 

"...fosse troppo tardi...".

 

Si ritrovò a sospirare, fuggendo al suo sguardo ma lo vide scuotere ancora la testa, rafforzando con la stessa delicatezza e grazia la pressione sul suo viso, volendo continuare a guardarla negli occhi, a contemplarne le emozioni attraverso lo specchio della sua anima che tanto aveva ricercato.

 

"Prima che tu potessi... amarmi".

 

 

"E' troppo tardi...".

 

Sussurrò o meglio dire quasi sospirò quelle parole, ammantandole di tutto quell'arcobaleno che era nato nel suo cuore quando n’aveva incrociato lo sguardo la prima volta e aveva avvertito la morsa nello stomaco.

Arcobaleno che si era arricchito di colori quando arricchiva la sua conoscenza di lei, quando la voglia di scoprire ogni anfratto della sua anima, ogni più recondito segreto del suo cuore si faceva più pulsante e dolorosa.

Arcobaleno che si era nascosto dietro un acquazzone di dolore, di rimpianto, d’amarezza e di sconforto quando il suo sole se n'era andato.

Arcobaleno che stava tornando a brillare più vivo e colorato che mai.

 

Lo scroscio dell'acqua era ormai appena percepibile.

Le nuvole di pioggia stavano cominciando a diradarsi e una leggera e dolce brezza sferzò i loro visi.

 

"... se era quello il tuo obiettivo, hai fallito miseramente...".

 

 

Sorrise con labbra tremanti, quando avvertì la pressione della sua mano sulla sua gota, mentre anche l'altra saliva, prendendole il viso tra le mani, mentre il suo sguardo era ancora concentrato a studiarne i lineamenti, facendola rabbrividire per quell'intensità, la soggezione di chi contempla qualcosa d’etereo, sentendosi quasi impotente ed indegno al confronto.

Si perse nel suo sguardo, socchiudendo gli occhi con un sorriso che trasudava d’aspettativa e di pura e semplice serenità, quando lo vide abbassarsi.

Percepì la pressione delle sue morbide e vellutate labbra contro la sua fronte, scivolando poi lentamente ed attentamente lungo la discesa del naso, soffermandosi sulla punta. Tornò alla tempia, scivolando allo zigomo, la mascella, il mento, e risalire all'altra gota, per poi scivolare di nuovo al mento.

Il giovane sorrise quando avvertì il sospiro che si era lasciata sfuggire la ragazza, misto ai brividi del suo corpicino caldo e morbido stretto con il proprio, schiudendo gli occhi, naso contro naso per sorridersi complici e chiedersi implicitamente un permesso ed un'autorizzazione che non tardarono ad arrivare.

Sorrise, scostandole i capelli dal viso, tornando con la mano a sollevarle il mento, scivolando alle sue labbra.

 

 

I got you...

Right where I belong

Oh yeah..

I've got you baby...

 

Io ho te…

E’ giusto che stia nel luogo a cui appartengo

Oh sì…

Io ho te amore…

 

 

"...e non ho intenzione di lasciarti andare per nulla al mondo, né ora né mai...".

 

Restò a contemplarlo quasi senza fiato, gli occhi luccicanti di lacrime ancora sgranati, il cuore che continuava a bussarle nelle orecchie con dolce insistenza, una scarica elettrica a scorrerle lungo la schiena anche quando solo le sfiorò il naso con il proprio, per poi pizzicarne sbarazzino la punta.

 

Abbassò lo sguardo, scuotendo la testa, non riuscendo a frenare le lacrime che ancora le inondavano gli occhi e il magone ancora radicato in gola, ritrovandosi a soffocare un singhiozzo.

 

"Oh, Goku!".

 

 

Restò a contemplarne lo sguardo attento e scrutatore, mentre inclinava la testa di un lato, aspettando di sentirla parlare, sospirando quando avvertì la stretta intorno alla sua vita, mentre con lievi movimenti dei pollici le sfiorava i fianchi.

Sorrise a quel gesto, le mani appoggiate dolcemente, senza esercitare pressioni sul solido torace di lui, morsicandosi il labbro inferiore, salvo a sua volta inclinare la testa di un lato.

 

Sospirò, salvo socchiudere gli occhi e prendere respiro, incitata dalla risoluta pressione del suo abbraccio e dalla fronte di lui che si appoggiò alla propria, strappandole un sospiro beato.

Socchiuse, infatti, gli occhi, sospirando contro il suo collo.

 

"Non voglio più scappare, Goku...io...".

 

Le prese di nuovo il viso tra le mani, sollevandoglielo e costringendola a fissarlo nel proprio, guardandola attentamente ed intensamente, sfiorandole la gota che si tinse di un delicato colore rosato e soffermandosi a guardare la luce che si era accesa nel suo sguardo, mentre assorto sospirava, scuotendo la testa e inspirando il profumo di lei.

 

"No...".

 

Disse, infatti, un sorriso sbarazzino sul volto, le labbra approdate lungo la fronte che scivolarono con delicatezza di un petalo di rosa lungo il naso, soffermandosi sulla punta, schiudendo gli occhi, guardandosi naso contro naso.

 

Osservò la luce tremula che brillava sul suo sguardo in quel momento, il colorito rosato sulle gote e il fianco che ancora tratteneva con una mano che vacillava per effetto del tremolio delle sue gambe e del cuore che rimbalzava nella gabbia toracica, bussandole alle orecchie e stordendola.

 

"Non te lo permetterò...".

 

 

Osservò quegli occhi splendere di una luce eterea, magica che sembrava danzare di fronte a lui, invitando a cercarla ed afferrarla nella più recondita e latente essenza della sua personalità.

Non ci fu bisogno d’altri indugi o remore.

Socchiuse gli occhi, chinandosi e ricercando le sue labbra che sfiorò con le proprie.

Dapprima un lieve, appena accennato e casto sfiorarsi di labbra, sorridendo quando avvertì il respiro di lei dolcemente trattenuto, i brividi avvolgere quel corpicino, il suo dolce e stuzzicante profumo investirlo e il suo cuore annaspò, per la portata di quel brivido infuocato che lo avvolse.

Le imprigionò il viso tra le mani, lasciandosi andare dai dettami del suo cuore, smettendo anche di muoversi in circonferenze, le passò la mano sulla gota, aumentando la pressione di quel contatto e riassaggiando la sua essenza.

Sorrise avvertendo il roco gemito della giovane contro le sue labbra e passò con l'altra mano a sfiorarle la schiena, rassicurandola e attirandola più vicina, mentre l'altra mano giocava ad intrecciarsi tra le fluide ciocche corvine, salvo soffermarsi sulla nuca; trattenendola dolcemente e aspettando di sentirla totalmente abbandonarsi al suo corpo.

Avvertì le mani della giovane, ferme sul suo torace, muoversi, intrecciandosi contro il suo collo, all'altezza della nuca, mentre dita diafane si destreggiavano tra i suoi capelli, spingendolo con ulteriore foga e slancio contro di sé, stordendolo per un attimo, per la mera passione che quella felina dagli occhi di cerbiatto celava in sé e lasciava emergere, come solista, in quei momenti.

Sorrise contro le sue labbra, lasciandola condurre il gioco, seguendo il nuovo ritmo e le implicite richieste della giovane, mugolando qualcosa d’indefinito, quando una mano tornò a sfiorargli il torace e l’altra s’intrecciò tra i capelli spettinati.

 

 

 

Right where I belong...

Can't deny what's true...

No, they can't touch me,

Cause I...got you.

 

E’ giusto che stia nel luogo a cui appartengo…

Non possono negare che cosa è vero…

No loro non possono toccarmi,

Perché io… ho te

 

(I got you - Nick Carter).

 

 

 

"Anche per me è troppo tardi ormai...".

 

Sospirò al suo orecchio, sentendolo rabbrividire d'emozione e gli cinse di nuovo il collo con le braccia, andando ad intrecciare una mano tra i suoi capelli perennemente scompigliati, strappandogli un sorriso, dopo aver scosso la testa a quello pseudo scherzo e lo spavento che gli aveva procurato.

 

La giovane gli prese il viso tra le mani, sfiorandogli la guancia e sorridendo con più dolcezza, stavolta, guardandolo intensamente.

 

"Ti amo, Son Goku, ti amo da morire...e...".

 

Sussurrò sulle sue labbra non riuscendo ad aggiungere altro perché il ragazzo l'aveva presa tra le braccia, sigillandole quella labbra di fata con un altro bacio.

Sorrise contro la sua bocca, restandogli vicina, stretti e incuranti della brezza dispettosa che s’insinuava sotto i loro abiti, prima di tornare a sorridersi, i loro cuori a battere di un unico ritmo, le mani ad intrecciarsi in una dolce e muta promessa di non lasciarsi mai più.

 

 

Neanche s'avvide che la musica si era abbassata di tono, fino a dissolversi e che quindi le altre coppie si erano fermate.

Ogni volta che le loro labbra si rincontravano in quel gioco sempre nuovo ed allettante, tutto il resto sembrava scomparire; non esisteva più né tempo né luogo ma era com’essere risucchiati in un’altra dimensione.

Una dimensione nella quale si sarebbe potuta orientare soltanto ripercorrendo con i polpastrelli ogni tratto del suo viso, soltanto insinuando le dita tra i suoi capelli selvaggi, liberi come la sua più recondita essenza.

Una dimensione dove l'unica cosa esistente erano il calore, la morbidezza del suo possente ed atletico corpo, dei suoi muscoli tonici, il battito lievemente irregolare del suo cuore, il profumo e il suo respiro a fondersi con il proprio.

Sorrise quando lo avvertì mugolare contro le proprie labbra, tornando a lambire le sue labbra, soddisfatta quando lo avvertì seguire docilmente il suo ritmo; un continuo gioco di sfiorarsi, lasciandosi sfiorare, amare e lasciarsi amare fino alla continua e reciproca perdizione nell'altro.

Avvertì la sua mano avvolgerle protettivamente e possessivamente la vita, con un ulteriore vuoto d'aria quando si sentì sollevare con foga dalle sue braccia; trovarono finalmente un ritmo comune, tornando a cercarsi, vezzeggiarsi, nutrendosi dell'altro e donando loro stessi.

Fu solo quando si staccarono, ormai a corto d'ossigeno, e il ragazzo la riposò a terra, che riuscirono a trascendere da quelle intese e sublimi emozioni e la realtà tornò ad insinuarsi nelle loro menti.

Si ritrovò con il viso affondato contro il suo petto, il battito convulso del proprio cuore e il respiro irregolare, mentre avvertiva il respiro affannato del ragazzo scivolarle sul collo e sulle spalle, facendola rabbrividire, stringendosi ancora a lui.

 

Il ragazzo le sfiorò dolce e rassicurante la schiena, affondando il viso contro l'incavo del suo collo, sospirando e facendola sorridere per quell'intima vicinanza, continuando a cullarsi.

Si risollevò dolcemente dalla sua spalla, passandole una mano sulla gota arrossata che metteva in ulteriore risalto lo scintillio etereo e semplicemente splendido del suo sguardo; sorridendo e sfregando di nuovo il naso contro quello di lei, con un lieve bacio a fior di labbra, tornando a stringerla, baciandole lo zigomo e la gota.

 

"Ti amo, Chi...ti amo da morire".

Le bisbigliò all'orecchio, sorridendo quando l'avvertì rabbrividire, prima di scostarlo dolcemente da sé, le mani appoggiate contro il suo torace, mentre accostava la fronte a quella di lei, sorridendole, quando la vide prendergli il volto tra le mani, facendolo inchinare fino ad incontrare di nuovo le sue labbra.

"Anche io, Son Goku...non sai quanto".

Gli bisbigliò a fior di labbra, gli occhi lustri e resi lucidi dall'emozione, prima di tornare a suggellare quella muta promessa d'amore eternò con un altro bacio, tornando a rifugiarsi nel mondo incantato delle loro anime che si riversavano in quella dell'altro, perdendo di nuovo il contatto con la realtà (e le ovazioni e i fischi generali a quelle dimostrazioni d'affetto in pubblico), rifugiandosi nel calore, nella semplice armoniosità, la spensieratezza di quell'amore, iniziato prima che potessero assimilarlo ma che entrambi lo avevano giurato al proprio cuore, non avrebbe avuto fine.

Si sorrisero complici e sbarazzini, tornando ad abbracciarsi e ripercorrere circonferenze alle strofe della nuova canzone.

 

When the storm rises up, when the shadows descend,

every beat of my heart, every day without end.

I will stand like a rock, I will bend till I break,

till there's no more to give, if that's what it takes.

I will risk everything, I will fight, I will bleed,

I will lay down my life, if that's what you need.

Every second I live, that's the promise I make:

Baby, that's what I'll give, if that's what it takes.

 

Quando si alza la tempesta, quando discendono le ombre,

ogni battito del mio cuore, ogni giorno senza fine.

Sarò una roccia, mi piegherò fino a rompermi,

finché non ci sarà altro da dare, se sarà necessario.

Rischierò tutto, combatterò sanguinerò,

metterò a repentaglio la mia vita, se sarà necessario.

Ogni secondo che vivo, questa è la promessa che faccio:

amore, è quello che darò, se sarà necessario.

 

(If that's what it takes - Celine Dion)

 

 

˜

 

Piccoli ed aggraziati, fragili ed eterei i fiocchi di neve, come lacrime del cielo, cadevano a terra, depositandosi silenti.

La stanza era ancora avvolta in un silenzio sonnacchioso e statico, solo guardando dal vetro della finestra si scorgeva la vitalità e la dinamicità della natura che sembrava abbracciare l'abitazione alle pendici della montagna, proteggendone con cura materna e tenerezza gli abitanti.

Mugugnando qualcosa d’indefinito, la giovane si mosse nel sonno, tornando a stendersi in un fianco, abbracciando il cuscino e raggomitolandosi come una gattina nella sua cuccetta.

Sorrise nel sonno, i capelli fluenti e morbidi ricadevano come una cascata d'ebano, creando un perfetto contrasto con il candore immacolato del cuscino e del copriletto. La mano diafana, dalle dita affusolate e delicate, fece capolino da sotto le coperte e un morbido sospiro le sfuggì dalle labbra, riaprendo gli occhi.

Occhi tremuli e lucidi, mentre sbatteva le palpebre a più riprese, sbadigliando un poco con la mano davanti alla bocca, e portando una mano tra i ciuffi d'ebano, scostandoseli dal viso e accarezzandoli nella loro lunghezza setosa.

Sospirò, guardando in direzione della sveglia appoggiata al comodino e mugugnò infastidita, mentre scrollando le spalle, tornava a stendersi, un altro sospiro rilassato le sfuggì dalle labbra.

Si voltò e gli occhi lucenti sembrarono sfavillar ancora di più, un sorriso vezzoso s’incurvò sulle labbra, mentre stesa sull'altro fianco osservava il giovane addormentato.

Steso supino, braccia e gambe divaricate, i capelli se possibile ancora più scompigliati del solito, mentre sonnecchiava tranquillo e beato, un sorriso disteso sulle labbra, evidentemente sognando qualcosa di piacevole.

Ridacchiò, scuotendo lievemente la testa, inutile i tentativi di educarlo, era e sarebbe sempre stato un dolcissimo, tenero, gran goffo bambinone, ma in fondo - un sorriso più dolce e teneramente amorevole le si disegnò sulle labbra - era stata in primis quella semplicità puerile ad ammaliarla ed entrarle nel cuore.

Stando attenta a non disturbare il suo sonno, la giovane si rannicchiò contro il suo petto, sospirando e sbadigliando, mentre alzava le lenzuola a coprirli, dato il notevole calo delle temperature, dovuto all'inverno appena iniziato.

Lo avvertì mugugnare qualcosa d’indistinto, strappandole una risatina divertita, mentre si coccolava contro il suo petto, godendo del calore e della morbidezza del suo corpo.

Il giovane rimase immerso nelle nuvole del sonno, restando perfettamente immobile come se avesse saputo della sua presenza e non volesse in alcun modo disturbare il suo riposo; al contrario, dopo pochi istanti, la giovane avvertì il suo braccio circondarle la vita, e spiando le sue espressioni, si avvide del repentino ma dolcissimo sorriso che si era aperto sul suo volto, come se fosse stato consapevole d’averla tra le braccia e non volesse in alcun modo lasciarla andare, neanche dormendo stretti l'uno accanto all'altro.

Un lieve sobbalzo, il giovane mugugnò qualcosa di non ben definito, il respiro si fece più veloce e così il suo cuore prese a palpitare più forte nel petto, mentre le membra perdevano a poco a poco il contatto con le nuvole del sonno, lievemente intorpidite. La giovane alzò il viso dal suo petto, vedendolo sbattere le palpebre più volte, passandosi una mano sugli occhi per cancellare gli ultimi residui di sonno, guardandosi attorno e i suoi occhi saettarono velocemente su di lei: un sorriso incredibilmente dolce si disegnò sulle sue labbra mentre la guardava, come chi non chiede di meglio di continuare a contemplare un sogno ad occhi aperti.

"Buongiorno, dormiglione...". Un lieve e sbarazzino sorriso mentre il ragazzo ridacchiava al commento.

La giovane sorrise a sua volta, sporgendosi un poco per baciarlo sulle labbra, sorridendo quando lo avvertì sospirare contro le sue labbra, salvo passarle le mani tra i capelli, attirandola più vicina, approfondendo il contatto per augurarle un tacito ma intenso buongiorno, un altro da vivere ancora insieme.

Le porse un ultimo bacio a fior di labbra, prima di farla tornare a coccolarsi contro il suo petto, cullandola e alzando le lenzuola per proteggerla dal freddo, mentre prendeva a sfiorarle la schiena, ora facendo pressione con le dita, ora con il palmo della mano.

La giovane sospirò beatamente, sorridendo nel suo abbraccio, prendendo a sfiorare il torace, la gota appoggiata nel punto in cui avvertiva lo scandire del suo cuore.

"Dormito bene?". Domandò il ragazzo, continuando distrattamente ad accarezzarle la schiena, alzandosi un poco con la testa per porgerle un bacio sulla tempia, inspirando il profumo dello shampoo.

La giovane annuì, sorridendo, raggomitolandosi meglio nel suo abbraccio.

"Da favola...". Sussurrò, continuando ad accarezzarlo lentamente. "...come sempre...". Aggiunse con un sorriso, mentre il ragazzo annuiva, ormai completamente sveglio eppure per nulla desideroso di uscire dall'alcova e cominciare quella nuova giornata, godendo di quell'intima vicinanza, del piacevole calore e del silenzio della casa, ben sapendo che sarebbe durato ben poco.

"A che ora arriva tuo padre?". Domandò, con voce ancora vagamente impastata di sonno, mentre la giovane scuoteva la testa, a simulare di non conoscere perfettamente l'ora dell'arrivo.

"Mmm, sai com'è fatto...opterà per un'entrata trionfale...". Commentò la giovane alzando lievemente le sopracciglia e ridacchiando, presto seguita dal giovane, evidentemente ricordando episodi passati.

"E i tuoi genitori, amore?". Domandò la giovane.

"Ad ora di pranzo...". Rispose il ragazzo, mentre la giovane alzava la testa dal suo petto.

"Così tardi? Ma così si perderanno...".

Non fece in tempo a finire la frase che un lieve scalpiccio dei passi proveniente dal corridoio, si fermò davanti alla porta che conduceva alla camera da letto e Goku fece cenno alla giovane di tacere, sorridendo ed indicandole la porta d'entrata.
Questa annuì, alzandosi pigramente dal suo petto per osservare la porta, all'esterno della quale si avvertiva il grattare continuo alla porta e qualche sospiro puerile d’impazienza, facendo ridacchiare entrambi.

Prima che la giovane avrebbe potuto alzarsi per andare ad aprire la porta, dopo una risatina d’entusiasmo e di trionfo, la maniglia si abbassò, con una spinta dei fianchi la porta fu aperta rivelando l'identità dello pseudo intruso.

Un visino angelico dalle gote arrossate, accese d’infantile entusiasmo, gli occhi scuri che brillavano come gemme di notte lucenti, al pari di quelli della madre; il sorriso ingenuo ma sincero, puro ed etereo come quello di suo padre. I capelli lunghi fino alle spalle e scarmigliati per il riposo (presumibilmente nelle stesse pose stravaccate del padre), vestito con il pigiamino.

Ancora pallido di sonno, il suo visino ma, allo stesso tempo, acceso di gaia spensieratezza, mentre sembrava impaziente di qualcosa, guardando dalla madre al padre.

"Ehi, ometto...". Commentò suo padre, il viso inclinato di un lato, mentre Chichi si affrettava ad uscire dal letto, andando verso di lui e prendendolo in braccio.

"Come mai già in piedi amore? Dai...vieni qua, prima di prenderti un malanno...". Commentò con fare apprensivo ed ansioso, accarezzandogli i capelli e conducendolo nel letto matrimoniale, non ascoltando nemmeno le deboli proteste del bambino.

"Ma mamma...io non ho freddo...".

"Non discutere con me...". Commentò la madre, le sopracciglia aggrottare e il cipiglio severo, come ogni volta che si metteva in dubbio le sue decisioni riguardo alla salute del figlio.

Son Goku ridacchiò, inclinando la testa di un lato e contemplando quel delizioso quadretto: ben comprendendo la frenesia del bambino a voler scendere di sotto, ma altrettanto consapevole che sarebbe stato poco saggio - persino per lui! - contraddire la moglie. Sorridendo, porse le braccia alla moglie che vi depositò il figlio che abbracciò il genitore, sbadigliando contro il suo torace, mentre anche la giovane riprendeva posto contro di lui.

"Ciao papà...". Mugugnò appena il bambino, tradendo la stanchezza con un altro sbadiglio, mentre la giovane scuoteva la testa.

"Perché tanta fretta, mi domando...ti avremmo lasciato dormire per altre due ore...". Sospirò esasperata, occhieggiando la sveglia, vedendo che erano appena le sette del mattino.

Son Goku sorrise, prendendo a passare una mano tra i capelli scompigliati del bambino che dalla sua postazione, comodamente accoccolato nell'abbraccio paterno protestava debolmente.

 "Io volevo vedere i regali di Babbo Natale...". Pigolò, rivolgendo alla madre uno sguardo supplichevole, mentre anche Goku sorrideva alla moglie, continuando ad accarezzare il bambino.

"Posso papà, posso?". Domandò, infatti, con fare petulante appellandosi a lui. Questi cercò lo sguardo della moglie che scosse vigorosamente la testa.

"Gohan, ascolta...". Cominciò il padre, imponendosi di assumere un timbro deciso.

"Papà, ti prego...sono già sveglio da mezzora...voglio vedere i regali!". Piagnucolò il bambino, con due lacrimucce agli occhi, come succedeva ogni volta che la madre gli proibiva qualcosa e faceva appello al padre, decisamente più malleabile.

Chichi sospirò, guardando dall'uno all'altra, mentre prendeva tra le braccia il bambino.

Si stese supina, lasciando che il bambino - gli occhi lucidi ancora di lacrime e appannati per il sonno - si coricasse sul suo seno, socchiudendo gli occhi, mentre prendeva ad accarezzargli i capelli e la schiena, invogliandolo a riposare ancora un poco.

Tutto d'un tratto la stizza e l'esasperazione per quell'aspetto più capriccioso e un poco viziato del bambino, scemarono sul suo volto, lasciando spazio alla spontanea e dolce tenerezza e dolcezza con cui si guarda il frutto del proprio amore.

"Dopo avrai tutto il tempo per i tuoi  regali...Babbo Natale te ne ha portati tantissimi...". Gli sussurrò all'orecchio, con tono enfaticamente allegro ed entusiasta baciandolo sulla gota, sotto lo sguardo sospirato ed intenerito del marito che si voltava di fianco, per contemplare meglio quelle azioni, prendendo lui stesso a sfiorare la schiena del piccolo con la mano.

"D-Davvero?". Chiese il bambino, lasciandosi sfuggire un altro sbadiglio e sospirando contro il suo seno, cullato dal battito del suo cuore e cercando con la manina, quella della madre.

La madre sorrise, intrecciandola con la propria, portandosela alle labbra per un lieve bacio, continuando a cullarlo, annuendo.

"Sì amore...ma adesso dormi...". Gli sussurrò all'orecchio, continuando a sfiorargli i capelli.

Il bambino sospirò, annuendo appena, socchiuse le palpebre pesanti e sprofondò con un sospiro rilassato nel sonno.

"Si è addormentato...". Costatò la donna, stringendo ancora la mano del piccino.

Il giovane annuì, continuando a sfiorare la schiena del bambino.

"Poverino...sarà rimasto sveglio tutta la notte per aspettare Babbo Natale...".

La giovane ridacchiò, annuendo, alzando la coperta per proteggerlo dal freddo, sorridendo quando il marito li avvolse entrambi in un abbraccio, passandole la mano sul fianco, facendoli coricare su di sé, stando attento a non svegliare il piccino, restando piacevolmente vicini nel calore delle lenzuola e quello della presenza dell'altro.

 

 

"Mamma, papà, guardate quanti regali!".

Il piccolo Son Gohan era schizzato fuori del bagno - dopo che sua madre aveva preteso di fargli il bagnetto - correndo nel soggiorno, dove ai piedi dell'albero decorato con luci, decorazioni e quant'altro, i suoi occhi abbracciarono con entusiasmo una moltitudine di pacchi, dai più grandi ai più piccoli, accatastati gli uni agli altri, nell’attesa di essere scartati.

Chichi sorrise, sospirando, mentre avvolta nel suo kimono tradizionale per le festività, seguiva il bambino e dietro di lei il marito, osservando il bambino con altrettanto divertimento.

Il bambino si sedette ai piedi dell'albero, cominciando a scartare i regali, ignorando l'esasperato commento della madre sulla necessità di fare prima la colazione.

"Lasciamolo fare, Chi...sono settimane che aspetta questo momento". Commentò il marito, sorridendo, abbracciandola da dietro e sporgendosi per un bacio.

La giovane annuì, rigirandosi nelle sue braccia e sorridendo.

"Te l'ho già augurato Buon Natale?". Gli domandò, sorridendo vezzosa, cingendogli il collo con le braccia.

Il marito ridacchiò, inclinando il viso di un lato a sfiorarle la gota, occhieggiando il soffitto in cui - in disparati punti, come la tradizione prevedeva - erano state disposte delle foglie di vischio.

"Ma non siamo sotto il vischio...". Commentò il giovane, sorridendo sbarazzino.

La giovane alzò a sua volta lo sguardo, costatando che il marito aveva ragione.

"Giusto...". Commentò con un sorriso vezzoso, mentre le sue mani si aggrappavano alla camicia che indossava e con foga, prese a trascinarlo sotto lo stipite della porta che conduceva alla cucina, mentre il marito divertito e suadente, si lasciava trasportare.
"Ora va bene?". Domandò la moglie, le sue mani che tornarono ad intrecciarsi dietro il suo collo, sfiorandogli con una mano la nuca.

Il giovane, inclinò la testa di un lato, come a volerla studiare, dopo aver guardato in alto la pianticella di vischio, dopodiché con una risatina sbarazzina, allungò le mani allo stretto chignon in cui la giovane li legava, quando indossava i panni di padrona di casa. Sotto lo sguardo sorpreso ed imbarazzato della moglie - che di fronte a quei semplici quanto familiari gesti avvertiva sempre un delizioso rossore imporporarle le gote - con movimenti precisi e delicati, lo sciolse, lasciando ricadere i capelli, come una serica e morbida cascata, incorniciandole il viso e cadendole sulle spalle.

Son Goku restò silenziosamente a contemplarla, con gli occhi che tornavano a posarsi su ogni tratto del suo viso che conosceva meglio d’ogni altra cosa al mondo, sorridendo quando vide il rossore sulle gote, ricordandole come sempre quella ragazzina che aveva cercato di sfuggire al suo amore, prima di abbandonarsi ad esso e viver solo di esso.

Con quei pensieri a brulicar nella sua mente, e quelle dolci immagini di quella radura, dell'arcobaleno a risplendere fuori e dentro di loro, alzò le mani ad imprigionarle il viso e si protese verso di lei.

Un battito di ciglia, il lieve sospiro d'emozione della giovane e riscoprì le sue labbra, sfiorandole con dolcezza e devozione, mentre le sue mani, tornavano a far presa sui suoi fianchi, attirandola più vicina, una tacita e ribadita promessa di non lasciarla mai andare.

La giovane sospirò contro le sue labbra, aumentando la pressione delle sue braccia intorno alla sua nuca, riassaggiando la sua essenza e perdendosi nella calda morbidezza del suo corpo e nella dolce aroma di sapone di cui profumava.

Si sorrisero labbra contro labbra a riscoprirsi e giocare insieme in quelli amarsi e lasciarsi amare, dominar ed essere dominati, scostandosi con gli occhi lustri e i sorrisi languidi a promettersi che quell'incantesimo che li aveva uniti da ragazzini sarebbe continuato da lì all'eternità.

Il giovane, la strinse a sé, mentre entrambi stretti l'uno all'altro contemplavano il bambino che - totalmente dimentico della loro presenza - continuava a scartare pacchi su pacchi, riempiendo la stanza di sporadiche urla d’entusiasmo, di risate e di commenti positivi.

Il giovane sospirò, posando un bacio sulla sua fronte.

"Direi che abbiamo fatto un capolavoro...". Sospirò, aspettando che la giovane tornasse a guardarlo, per incrociarne ancora lo sguardo.

"Lo penso anch'io...". Commentò quest'ultima, prima di rialzarsi sulle punte per tornare a baciarlo, facendo ridacchiare il giovane che non si lasciò pregare, ridando spazio a quelle potenti e suggestive emozioni che gli facevano vibrare il cuore e le membra, ogni volta che l'aveva così vicino.

Il magico momento fu interrotto, quando la porta d'ingresso fu aperta con energia e sulla soglia apparve un uomo alto e robusto, vestito con una giubba rossa come i pantaloni, una cintura scura come gli stivali che indossava. Sul capo anche un capello, con la parte terminale bianca come la lunga barba riccioluta che esibiva.

"OH, OH, OH, BUON NATALE!". Esclamò con enfasi, mentre i due coniugi ridacchiavano, stretti l'uno contro l'altro.

L'uomo entrò nella stanza, appoggiando sul pavimento un sacco pieno d’altri doni, che si riversarono sul pavimento.

"Ma che bel bambino...vediamo se è nella mia lista di buoni o di cattivi, OH, OH, OH". Continuò, intervallando ogni sonoro "OH" con un colpo di tosse.

Chichi che sembrò doversi trattenere dallo scoppiare a ridere, scosse leggermente la testa, indirizzandosi a chiudere la porta d’ingresso.

"Hai visto amore? Eccolo, Babbo Natale!". Commentò con enfatico entusiasmo, mentre Son Goku annuiva.

"Urca...guarda quanti regali...sei un bambino fortunato!". Esclamò, tutti e tre gli adulti  con gli occhi fissi sul bambino.

Quest'ultimo, ancora concentrato a giocare con la sua macchinina telecomandata, si voltò appena a guardare i tre adulti: i suoi occhioni scuri vagarono dalla madre al padre, all'uomo vestito di rosso e guizzarono velocemente verso i regali, riaccendendo d’entusiasmo il suo sguardo.

"Allora non saluti Babbo Natale, dovresti ringraziarlo, sai?". Commentò Chichi e il bambino si riscosse, guardando l'uomo, anche lui con una strana smorfia sul viso - quasi si stesse trattenendo dal ridere - salvo rifarsi serio, annuendo.
"Ciao nonno!". Esclamò, infatti, andandogli incontro per gettargli le braccia intorno alle gambe, per farsi prendere in braccio.

Juman rimasto basito da quell'esclamazione, sospirò, prendendo in braccio il bambino, prima di tossicchiare, sotto lo sguardo divertito dei coniugi.

"OH, OH, OH...". Tentò di nuovo. "ma io non sono tuo nonno!".

"Ah no?". Commentò il bambino ridacchiando e lesto e birichino, gli sfilò la barba bianca, rivelando quella scura del nonno, e togliendogli il capello per rivelare la capigliatura, altrettanto scura.

"E' inutile papà...non c’è mai cascato...". Commentò la moretta, la mano davanti alla bocca a trattenere ancora le risate.

Juman sospirò, arresosi e gettando il capello sul pavimento, stringendo ancora il nipotino tra le braccia.

"Che piccolo birbante...". Commentò, prendendo a fargli il solletico sui fianchi, facendo contorcere il bambino per le risate, aggrappandosi con le manine al petto.

Dopodiché l'adulto sorrise, baciandolo sulla fronte e riappoggiandolo sul pavimento.

"Perché allora non guardi i regali miei e dei nonni?". Commentò, mentre il bambino entusiasta annuiva, proprio quando i Son fecero il loro ingresso, guardando da Juman al bambino e ridacchiando indovinando cosa fosse successo.
"Andata male anche quest'anno, Juman, eh?". Commentò ridacchiando Bardack, dopo aver salutato il figlio e la nuora.

"E' troppo furbo questo bambino...". Ridacchiò a sua volta la moglie, abbracciando il nipotino.

Chichi sorrise, osservando tutta la famiglia riunita, prima di affrettarsi ad andare in cucina per controllare il tacchino arrosto che lentamente rosolava e sarebbe stato servito a pranzo, preparando poi zabaione e cioccolata calda per tutti.

Incredibile come pochi anni prima, il giorno di Natale fosse fonte d’acredinoso rimorso e rimpianto per lei e il padre; adesso era uno dei giorni più speciali di quella splendida routine, un ulteriore scusa per stare insieme in compagnia e godere della compagnia, del calore e della presenza di chi è parte del proprio cuore.

Una settimana dopo avrebbe avuto inizio un altro anno, un altro splendido anno, lei e la sua famiglia.

 

˜

 

Cara Mamma,

 

Sono ormai passati diciotto anni dalla tua scomparsa.

Sono passati quasi vent'anni e ancora mi tremano le mani, quando penso a te e avverto gli occhi bruciare per la voglia di piangere lacrime che rechino il tuo nome.

Non sono più la ragazzina di quattordici anni che stava assistendo al tuo spegnimento senza certezze, con tante domande, tanto risentimento ed avversione per il mondo.

Non sono nemmeno più la giovane donna di sedici anni che si recava alla tua lapide per cercare conforto e ne usciva con il cuore sanguinante per averti urlato contro tutta l’acredine, l'odio, il dolore e la solitudine che si erano impadronito del mio cuore e del mio spirito.

Non avevo ancora compreso che tra le due, io ero quella che stava morendo, lentamente, silenziosamente come una candela, senza far rumore come i petali di rosa che le persone amate lasciavano cadere sul tuo feretro di legno.

Non sono più la giovane sposa che indossava il tuo abito drappeggiato di bianco, stringendo il mio sposo da una parte e il tuo dall'altra, pensando a te, e sorridendo commossa verso il cielo.

Non sono più la neo mamma che stringe al seno il suo bambino, cantandogli le stesse ninna nanne udite da bambina, usando le stesse parole di conforto, producendosi negli stessi gesti, gli stessi sorrisi, gli stessi sguardi e le stesse ansiose cure a raccomandazioni.

Sono una figlia, una moglie, una madre, una donna che cerca di primeggiare in ognuno dei suoi ruoli semplicemente cercando di ripercorrere tutti i tuoi passi.

 

Siamo venuti a trovarti stamattina, come sempre a questa ricorrenza.

Papà come sempre non riesci a trattenersi dall'avere gli occhi lucidi di fronte alla tua fotografia, gli tremano le mani e le labbra ogni volta che ti guarda, che ti sorride e bacia la tua fotografia...ma il tuo fantasma non è più fonte di prigionia, ma lo spettro invisibile che continua a stargli accanto e silenziosamente guida ogni suo passo.

Goku ti ha comprato un fascio di gigli, gliel'ho ricordato naturalmente che tu eri allergica, ma pensa che sia un suo personale modo di renderti tributo, ricordando quando più di dieci anni fa, li aveva posati davanti alla tua fotografia, pregandoti di farmi tornare tra le sue braccia.

Gohan ti ha sorriso come sempre, baciando la tua foto e raccontandoti con silenzioso sospiro d’amarezza, che avrebbe tanto voluto poterti vedere, abbracciare, parlare con te e chiederti se avessi mai desiderato un nipotino come lui da riempire di coccole, da stringere tra le braccia, ringiovanendo in sua compagnia.

Io sono rimasta a guardarti, come sempre, con il cuore che sembra appesantirsi, quando tocco quel cancello scricchiolante, quando i miei piedi calpestano la ghiaia del vialetto e quando le mie mani toccano le siepi.

Ho alzato lo sguardo in cielo e ti ho cercata, nell'ultima parte del cielo, dove mi raccontavi che c'è l'aldilà dove Kami accoglie le anime che chiama a sé.

 

Come di consueto, non ti lascerò con altri dolorosi rimpianti, so che vegli su di me, sulla mia famiglia, su papà e tutte le persone che abbiamo.

La certezza della tua silenziosa presenza mi scalda il cuore e mi aiuta ad andare avanti e nonostante questo, amo la vita che mi scorre nelle vene, nei battiti del mio cuore.
Amo la vita che ho consacrato a mio padre, a mio marito e a mio figlio, amo la vita che rinasce dentro di me in questo momento.

Amo la vita consacrata alla mia migliore amica Bulma, a suo marito Vegeta e al loro piccolo Trunks.

Amo la vita con la sua forza dirompente ed a tratti impetuosa, violenta e disarmante ma avvolgente come il divino che abbraccia le sue creature all'alba e al tramonto, come il cielo azzurro e sconfinato sopra di me.

 

Spero tu stia sorridendo in questo momento e che tu mi stia pensando.

Continua a vegliare su di me, su papà e la mia famiglia, come hai sempre fatto.

Sei l'angelo in cui riponiamo le nostre preghiere, preoccupazioni e gioie.

Sei la stella più luminosa del cielo notturno, la prima a sorgere e l'ultima a tramontare.

 

Mia sorgente di vita, continua a vivere in me e non morirai mai.

 

Con tutto il mio amore,

Son Chichi.

 

 

La giovane si scostò una ciocca di capelli dal viso, riponendola dietro l'orecchio, sorridendo e socchiudendo gli occhi quando dalla porta-finestra socchiusa, una dolce e sbarazzina brezza le sferzò il viso.

'Ciao anche a te, Mamma'.

Sorrise tra sé, rimettendo il coperchio alla penna stilografica e riappoggiandola sulla lettera, sospirando e rilassandosi sulla poltrona, stiracchiandosi e portandosi una mano alla schiena, non le aveva dato tregua nell'ultimo periodo.

 

 

"Dalle ceneri del fuoco, un nuovo seme era germogliato e la rosa prospera elegante ed eterea.

Così era sempre stato e finalmente la donna, la figlia, la moglie, la madre l'aveva compreso".

 

Rilesse le ultime due righe, portandosi una mano sul mento ed inclinando la testa con fare pensoso...poteva andare come finale? Sospirò, mentre con due dita faceva dondolare la penna stilografica.

Era stato così semplice iniziare, spontaneo e quasi scontato ma la parola 'fine' sembrava non voler sgorgare dall'inchiostro.

Sospirò, scuotendo leggermente la testa e riponendo la penna stilografica.

Forse una frase migliore, più semplice ed allegorica...forse era tutto troppo sofisticato, forse serviva qualcosa di più sobrio ed avvolgente...o forse era semplicemente perfetto.

Un lieve bussare dalla porta la riscosse dai pensieri.

"Avanti". Commentò con fare quasi automatico e distratto, volgendo appena lo sguardo verso l'ingresso.

Istantaneo e repentino il sorriso e lo sfavillare dello sguardo quando riconobbe il marito.

Si drizzò a fatica dalla scrivania per andargli incontro e lesto fu il marito ad abbracciarla.

"Ciao amore...". Sorrise, stringendolo con forza, porgendogli le labbra che con la solita dolce tenerezza e passione il giovane baciò, sfiorandole i capelli lasciati sciolti sulle spalle - come lui amava - e la schiena della donna che gemette contro il suo torace.

"La schiena?". Domandò il ragazzo, sorridendole tenero e prendendo a sfiorarla con movimenti circolari delle dita.

La donna sospirò per risposta, il viso affondato contro la sua spalla, mentre il giovane le accarezzava i capelli, annusando l'aroma dello shampoo, inebriandosene.

"Non mi ha dato tregua nelle ultime settimane...". Sospirò la giovane e il marito annuì, sfiorandole la gota e scostandola gentilmente per guardarla alla luce della luna.

"Sei bellissima...come sedici anni fa...forse anche di più...". Commentò, lo sguardo trasognato e il sorriso amorevole di chi guarda il suo più bel sogno, toccandolo e gustandoselo, sapendo bene che non si sarebbe dissolto in una bolla di sapone.

Con la mano scese a sfiorare con amorevole dolcezza, il ventre prosperoso, chinandosi a posarvi un bacio, com'era stata sua abitudine, fin dalla gestazione del primogenito.

La giovane sorrise, sfiorandogli i capelli corvini e ribelli, prima che il giovane si rimettesse in piedi, stringendola forte.

Lo sguardo del marito, vagò sullo scrittoio e un sorriso divertito si dipinse sulle sue labbra, scostandola di nuovo da sé.

"L'autrice ha terminato il suo romanzo autobiografico?".

La giovane ridacchiò, scuotendo la testa e sospirando.

"Non ne sono certa, ho sempre la sensazione che potrei trovare qualcosa di nuovo d'aggiungere". Sospirò, pensosa.

"Non da togliere?". Domandò, il ragazzo sornione, osservando la mole dei fogli accatastati gli uni agli altri.

La giovane corrugò la sopracciglia, guardandolo male e dandogli una lieve pacca sulla spalla.

"Vorresti tarpare le ali alla mia creatività?". Domandò piccata, inclinando lievemente il viso a guardarlo.

Il giovane ridacchiò, scuotendo la testa e sorridendole, sfiorandole la gota.

"Dovevo pur trovare qualcosa da fare in questi nove mesi...". Aggiunse, tornando a sfiorarsi il ventre, salvo poi tornare a guardare il marito.

"Ho pensato al nome per il bambino...". Commentò, sorridendo e tornando a guardare la foto della donna dai capelli corvini, accanto a quella della sua famiglia.

"Pensavo fossi concentrata al titolo del romanzo...". Commentò il marito, cingendole i fianchi.

"Ho pensato ad entrambi...". Ammise la donna sorridendo.
"Sempre detto che sei una donna pensosa...". Commentò il ragazzo sorridendo e cingendola vicino, sorridendo quando il ventre si pose, come sempre negli ultimi mesi, da ostacolo al completo contatto tra i loro corpi.
La giovane ridacchiò, scuotendo la testa salvo tornare a farsi seria.

"Goten". Pronunciò con un sospiro tremulo, come stesse accarezzando le ali di una farfalla.

"Goten?". Pronunciò di rimando il marito, ripetendo il nome più volte, come a valutarne il suono, mentre la donna annuiva, sospirando, con lo sguardo un poco lucido al ricordo della madre.

"Ultima parte del cielo (*)". Ne spiegò il significato. ( * NdA: non l'ho inventato io ma è proprio così ^_^).

Il giovane la guardò pensoso, sorridendole subito dopo, sfiorandole la gota e scostandole una lacrima birichina, baciandole dolcemente la fronte e continuando a tenerla vicino.
"E il romanzo?". Domandò, un attimo dopo, naso contro naso, attendendo di rivedere il suo sorriso.

"Quello l'ho pensato subito...e forse solo adesso ne comprendo il reale significato...". Spiegò la donna, ridacchiando.

"Che sarebbe?". Commentò il ragazzo, inclinando la testa di lato e sorridendole.

"' I got you'  come titolo ".  Cominciò la giovane, cingendogli il collo e tornando a guardarlo dritto negli occhi.

"L'amore che mi ha ridato la vita". Spiegò, prendendogli il viso tra le mani e sfiorandolo con tutta la devozione, la dolcezza, la tenerezza e la passione del suo unico e speciale amore.

"E ' She lives in me '  come sottotitolo...". Continuò. "Come la donna che mi ha donato la vita...".

Son Goku annuì, stringendola a sé e chinandosi verso il suo volto.

"La donna a cui devo tutto...".

Le sussurrò a fior di labbra, prima di perdersi ed abbandonarsi di nuovo nel mondo d’onde frizzanti, di nuvole colorate e di boschi incantati, per riassaggiare la fiaba di due cuori che si erano cercati, trovati ma non smettevano di riversarsi l'uno nell'altro, scoprendosi sempre nel più celato e arcano anfratto dell'altro.

 

 

"Dalle ceneri del fuoco, un nuovo seme era germogliato e la rosa prospera elegante ed eterea.

Così era sempre stato e finalmente la donna, la figlia, la moglie, la madre l'aveva compreso".

("I got you - She lives in me "; Son Chichi).

 

 

"Mi hai ridato la mia vita".

"No, non la tua, la mia vita...perché io ho te".

 

 

The End.

 

 

 

 

E così anche per me e questa fanfiction è giunto il momento più temuto,

quello di scrivere le due lapidarie parole finali, che sembrano con questa fanfiction,

chiudere anche un frammento della mia vita (ed era anche ora, dopo tutti questi anni. Nd Tutti)

Una fanfiction nata quasi per caso, complice un'adolescenziale infatuazione per Nick Carter, una delle hit del momento e qualche frammento d’idee per una trama con i miei due protagonisti preferiti.

Eppure, così come Chichi si è lasciata prendere ed avvolgere dall'amore di Goku, questa fanfiction mi ha presa e catturata come non credevo possibile, le parole sembravano quasi sgorgare da sole dalla tastiera, senza gran premeditazione, il tutto sembrava incredibilmente naturale e spontaneo.

A poco a poco, si è evoluto il nucleo della vicenda di Vegeta e mi sono ritrovata a scavare anche nel carattere di questo personaggio che finora mi era sembrato un limite invalicabile.

A poco a poco, la storia di Chichi, era la storia di tutte le ragazze che guardano all'amore come qualcosa di

irraggiungibile, d’etereo e di lontano; pensando 'a me non toccherà mai'; la storia di chi rifugge dalla vita, chiudendosi a riccio perché non vuole più soffrire.

A poco a poco, Goku era il raggio di sole, l'arcobaleno e la speranza di chi guarda la vita sempre con un sorriso, soffre e cade, si ferisce ma trova sempre il coraggio e la forza di rialzarsi; e quando non l'ha, giunge il suo amore a riconsegnargliela.

La spontaneità di chi vive, mettendo anima e corpo in tutto quello che fa e pensa e si sente un intruso in un mondo d’interessi, falsità e materialista.

 

A tutti e tre ho donato una parte di me e tutti e tre hanno vissuto in questa storia e si sono evoluti, abbandonando insieme a me il mondo fatato dell'infanzia, il primo impatto con il mondo adulto dell'adolescenza e hanno traghettato fino al mondo adulto, a far i conti con la vita, attimo dopo attimo.

 

 

Doverose, le mie scuse per il ritardo con cui giunge questo capitolo: non che non avessi idea di quali scene da descrivere, erano già state tutte pianificate da tempo (a parte il finale, la cui idea è sorta nell'arco delle elucubrazioni notturne per addormentarsi, eheh ^__-) ma, non me ne vogliate per questo, forse semplicemente volevo rimandare ulteriormente l'inevitabile, terminando la fanfiction.

Altrettanto doverosi ma sinceri e spontanei, i ringraziamenti.

Grazie a chi attendeva i capitoli finali, fin dagli esordi.

Grazie a chi controllava periodicamente, nell’attesa dell'aggiornamento.

Grazie a chi sorride e trasale quando la vede tra le fanfiction recenti.

Grazie a chi legge, si commuove, sorride e ride con questa fanfiction.

Grazie a chi rilegge saltuariamente i capitoli per tenersi compagnia e riflettere.

Grazie a chi ha pensato di aver trascorso una buona serata di lettura.

Grazie a chi legge ma non commenta.

Grazie a chi ha fiducia, speranza e stima in me.

Grazie a chi mi ha inserito tra gli autori preferiti.

Grazie a chi ha inserito questa fanfiction tra le preferite.

Grazie per leggere questo post scritto (ehehe).

In particolare:

Grazie ad Annetta, Ciuiciui e Valentina, le più leali e sincere lettrici che si possa mai sognare!

Lettrici, ma soprattutto amiche.

 

 

 

E ora, alle recensitrici del Capitolo 18: "Nobody wants to be lonely":

 

 

Francy: Buonasera carissima! Ma che scuse, figurati, perdonami tu per il ritardo con cui è giunto l'aggiornamento, ma cmq sono stata lietissima come sempre di leggere la tua opinione. Sono davvero felicissima che tu abbia trovato fenomenale l'ultimo capitolo, spero davvero di tutto cuore che anche con questo sarà così...e possibilmente anche di più! ^___^

Bacioni.

 

 

Laura the angel: Buonasera Laura! Grazie infinite per le tue parole...sei sempre stata gentilissima con me, hai letto e recensito tutte le mie storie e ne sono davvero onoratissima. Sono entusiasta che anche lo scorso capitolo ti sia piaciuto...eh lo so Vegeta naturalmente non poteva trattenersi dal dare la sua "personale" opinione...ma sotto sotto era felice anche lui per i due piccioncini, visto che ci ha anche messo mano! Ti ringrazio anche a nome di tutto lo staff per i tuoi complimenti all'"Esercito di Chichi" e anche a nome loro, ricambio sinceri, meritatissimi complimenti per i tuoi forum. Quali migliori affiliati? ^___^ E poi le immagini...starei ore a guardarle e sono fonte preziosissima di ispirazione...continua così!^___^ Baci e alla prossima!

 

 

Beverly Rose: ciao carissima! Sono davvero felicissima che tu mi abbia seguita fino in fondo, non preoccuparti per la quantità...è già grandissima soddisfazione, vedersi lasciare un commentino così pieno di complimenti e di stima! Sono davvero felicissima che anche lo scorso capitolo ti sia piaciuto e mi auguro di aver saputo far altrettanto con quest'ultimo. Mi spiace, non sei riuscita a consolare Goku...magari in una prossima ficcy! ^___^ Baci.

 

 

Sara2000: buonasera omonima! Sono davvero felicissima che il momento più importante della ficcy ti sia piaciuta al punto da commuoverti; è sempre una grande soddisfazione riuscire a trasmettere i sentimenti che si vorrebbe, attraverso le parole...spero davvero che l'attesa ansiosa sia stata ricompensata! Baci e alla prossima! ^___^

 

 

SexxxyChichi: buonasera carissima, oh non ti preoccupare per il ritardo con cui hai conosciuto la ficcy, il ritardo per me (specie con questa ficcy, ahimé) era diventato una specie di parola d'ordine! Sono davvero felicissima che la ficcy ti sia piaciuta e mi scuso ancora per il ritardo, ma spero di aver compensato con questo capitolo! ^__^ Alla prossima!

 


CamyChichi:
buonasera carissima! Dunque io ti rispondo per dirti che come sempre, le tue parole mi riempiono di gioia e mi commuovono. Sei davvero gentilissima, sono davvero onorata che ti sia piaciuta questa fanfiction e anche e soprattutto del giudizio come scrittrice. Colgo l'occasione per ringraziarti infinitamente per aver commentato anche la fanfiction che ho pubblicato sul nostro blog, temevo che nessuno l'avrebbe notata o recensita e anche lì, mi hai scaldato il cuore con le tue parole, la tua gentilezza, la tua disponibilità e sincerità! Che dire? Mi auguro di non perdere mai la stima di persone così semplici ma profonde...un bacio a te e alla bimba ^__^

 

Ary22: Buonasera anche a te, carissima! Che dire? Come al solito sono onoratissima e anche commossa per i tuoi commenti, non sai che gioia sapere che il capitolo ti sia piaciuto e che ti ha fatto commuovere...e come già espresso per le altre, spero davvero che ti abbia commossa anche questo e seguirai altre mie future ficcy! Baci ^__^

 

 

 

 

Ciuiciui: Ciao Chiaretta mia! Cosa dire? Come sempre con le tue recensioni così minuziosamente cariche di significato, pregne, esaustive e dettagliate, sei la gioia di qualunque autore! Rispondo alla recensione con il tuo stesso squisito ordine di procedura.

Sì, hai descritto il quadro psicologico di Chichi in modo a dir poco perfetto, tutto quello che l'ha portata ad allontanarsi da Goku, facendosi deliberatamente del male, il senso di soffocamento, di inquietudine e la mancanza di equilibrio e anche il timore di essere respinta e di non essere più amata.

Sì, Goku esattamente come l'hai definito tu, l'anima errante che nonostante tutto, il dolore provato, nonostante conoscesse perfettamente quale fosse la situazione di Chichi, non aspettava altro che spalancare le braccia e raccoglierla nel proprio calore.

Oh, cara Chiara...che grande soddisfazione sentire dire che ho reso il Principe così bene...ero così indecisa...penso che fino a qualche anno fa non mi sarei azzardata a fargli dire più di una battuta...ma ti dirò, sarà anche grazie all'influenza serpentesca (XD) ma le parti di Vegeta sono tra le più divertenti...mi sono divertita da morire a descriverlo, ad immaginare le sue risposte seccate, burbere, sarcastiche e allo stesso tempo quel lato più tenero anche se non vuole farlo scorgere, ma è proprio questo il suo lato più bello!

Sono felice che ti sia piaciuta anche Bulma, anche se mi sono resa conto che mammano che progrediva la fanfiction l'ho lasciata un po' in disparte; comunque sono felicissima che tu abbia reso giusta la sua descrizione come romantica ma non troppo e che quindi ci sia il distacco tra lei e Chichi.

Che dire poi? Sono stata piacevolmente colpita (ma poi perché? Tu analizzi sempre tutto con estrema efficienza) dalla tua analisi sull'ambientazione...esattissimamente, il significato del cimitero, la pioggia rispecchiava l'animo della giovane ad inizio capitolo, anche il tuo sottolineare il volersi lavare di tutto, del senso di colpa, dell'amarezza, della tristezza...è stato come se fossi penetrata nel mio inconscio ed è una sensazione davvero strabiliante, mi sono sentita psicanalizzata!

Sì, il bosco, l'arcobaleno, il momento in cui si riappacifica con Goku, voleva proprio essere quel luogo incantato di una fiaba...anche se a dirmi che sono la regina delle scrittrici, mi hai fatto luccicare gli occhi non so per quanto tempo, sorridendo come una stupida, per non parlare di quanto sia arrossita...sono davvero emozionata, ma non credo di meritarmi tante lodi!

Sono io che ringrazio te per il semplice fatto di avere letto questa fanfiction, per esserti immedesimata nelle situazioni, per aver sofferto con Chichi e per avermi resa partecipe delle tue emozioni, non c'è gioia più grande per un'autrice...non smetterò mai di ringraziarti abbastanza.

Ti voglio un mondo di bene anche io tesoro! ^___^

 

 

 

 

 

 

Annetta: buonasera tesoro mio! Che posso dire, a parte che ogni volta che leggo una tua recensione, mi brillano gli occhi e sorrido come avessi una paresi facciale...è un vero onore, una gioia indescrivibile, vedere come recensisci, analizzando con attenzione ogni più piccolo particolare! Sono davvero entusiasta che tu hai trovato lo scorso capitolo come il più intenso e dolce...ci tenevo particolarmente visto che finalmente la situazione si districava! Sì, credo che il dialogo tra Chichi e sua madre (come la lettera in questo) sia stato uno dei punti più drammatici ed intensi, visto che è stata proprio questa perdita a condizionare l'esistenza di Chichi in modo così radicale. Non sai quanta gioia mi dai, descrivendo addirittura il tremore che provavi, tanto ti stavi emozionando quando i due si rincontrano, dialogano e finalmente si abbandonano l'uno all'altro; addirittura ti balzava il cuore perché sentivi tue quelle emozioni...che dire sono commossa anche io e sei tu a farmi battere il cuore e tremare le gambe quando leggo le tue di recensioni! Non sai che soddisfazione...perché è proprio come dicevo prima, ho sperato che in questa fanfiction - come io ho donato a Chichi e gli altri una parte di me - i lettori riuscissero ad immedesimarsi in lei, provare a vivere quelle situazioni attraverso i suoi occhi...non c'è forse graitificazione più grande per chi scrive...EHEHHE, sì, il pezzo del bacio è stato sicuramente uno dei più impegnativi che abbia mai dovuto descrivere *Sara si passa fazzoletto sulla fronte sudata* proprio perché è come nelle scene del cartone, quelle più romantiche tra i due...per fare emozionare, per far tremare le gambe o battere il cuore, non serve ci siano gesti plateali ma qualcosa di molto semplice e allo stesso tempo intenso e profondo...e sapere che avresti anche - e soprattutto XD - in questo contesto vestire i panni della moretta mi fa sorridere deliziata...sono entusiasta che ti abbia emozionato fino a questo punto...ci contavo proprio, visto che chissà quante volte avrai esultato quando sembravano vicini a questo passo, o si svelavano di più l'un l'altro! Invece mi dispiace un po' sapere che ti ho spaventata: beh riguardo Vegeta e Bulma, certo che non avrei terminato il capitolo con loro (con tutto il rispetto parlando) però mi piaceva l'idea che avessero assistito al momento finale...visto che grazie a loro due si erano incontrati, Bulma era stata la prima ad avvedersi dei tentativi di Chichi fin dall'inizio di allontanare o "difendersi" da Goku e le sensazioni che le donava...e poi Vegeta quando decide di parlare alla moretta...quindi...ho completato il cerchio! ^___^  Ecco, riguardo l'altra faccenda, mi trovo sinceramente un poco in imbarazzo *Sara sospira* Credimi, anche per me è stata una grandissima sofferenza scrivere quel 'the end' e come ho detto, anche quando scrivevo (esami a parte), tendevo a rimandare quando avrei scritto questa o quella scena...tendando di rimandare l'inevitabile...e credimi che mi sentirò un po' sola per un po' di tempo senza questa ficcy. Di certo tornerò con altri contributi, ma mi mancherà questa parte di me...anche se è una grande soddisfazione - dopo tutte le attese e l'abbandono - aver visto i personaggi crescere, fino finalmente a raggiungere l'equilibrio e "il vissero per sempre felici e contenti". Ma sento anche che adesso - come per Chichi e Vegeta - in un certo senso abbandono una parte di infanzia e traghetto per il futuro...ossia un nuovo progetto...anche se questa fanfiction sarà una di quelle cui sarò più affezionata per tutta la vita. Quindi spero di non addolorarti o rattristarti troppo, che riuscirai a sorridere di nuovo, sapendo che cmq mi impegnerò con anima e corpo per tornare a far sognare con altre fanfiction che spero appassionino nello stesso modo.

Sono davvero felicissima delle tue parole, sentirsi dire che scrivo quasi professionalmente *Sara ridacchia con fare ebete, passandosi mano davanti al viso per il rossore e l'imbarazzo*, finirai davvero con il viziarmi...dedicarti questo e altri capitoli è il minimo che possa fare per te...un gesto simbolico per farti comprendere che anche se non ci sentiamo spesso come prima...rimani a tutti gli effetti una persona cara, un'amica, una sorellina da proteggere e con cui confidarsi e comunque ti penso sempre e ti sento comunque vicina! Un abbraccione forte forte, ti voglio anche io un mondo di bene...e saluti anche dal mio citato e adoratissimo serpeverde! Bacioni ^___^

 

 

 

Adesso è davvero tutto!
Non mi resta
che salutarvi e darvi appuntamento alle prossime fanfiction, sperando di incantarvi in uguale misura e seguire insieme nuove situazioni!

Ancora grazie di cuore a tutti!

 

Kiki87

 

 

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Kiki87