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Autore: valo    15/07/2013    1 recensioni
Provengo da una vecchia casata, se vogliamo dire antica, ma ancor meglio nobile. Ma non è della mia famiglia che intendo parlare o delle oscure e confuse storie che aleggiano al di sopra di essa, che danno comunque una solida base al mio racconto...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Provengo da una vecchia casata, se vogliamo dire antica, ma ancor meglio nobile. Ma non è della mia famiglia che intendo parlare o delle oscure e confuse storie che aleggiano al di sopra di essa, che danno comunque una solida base al mio racconto. 
Ero decisamente piccolo all’epoca, sui dieci anni all’incirca, e ogni estate ero solito passarla nella tenuta dei nonni nelle campagne toscane, perchè –come affermavano convintamente i miei genitori- “Non puoi passare un’intera vita in città a giocare davanti ad una scatola colorata, le tue attività devono essere alterne e altamente istruttive per la tua maturità, tra poco diventerai un vero giovincello acuto”. Insomma, avevo a che fare con genitori che nutrivano grandi ambizioni per il loro unico figlio.
La villa era enorme, e un tempo era abitata da molte più persone, soprattutto da coloro che lavoravano nei campi e dalla servitù ad esempio, ma con l’avvento della democrazia in Italia e l’abolizione delle casate nobili la mia famiglia cadde in rovina. Mio nonno però riuscì a tirare su la famiglia producendo ed esportando all’estero un vino molto rinomato e famoso in tutto il mondo, e, non per vantarmi, un giorno io sarò il suo degno erede. I miei nonni ora abitavano solo una parte dell’enorme tenuta, l’ala est, nel lato più estremo e confortevole della casa. Io spesso mi dilettavo all’esplorazionde dell’altra parte della casa, fatta di vecchie camere servili e appartamenti non più frequentati da decenni, ma la sala che mi affascinava di più era la biblioteca. Lì vi erano libri di tutti i tipi, alcuni antichissimi, e mi era vietato toccarli, anche se spesso era un incentivo in più per farlo. 
Una mattina di agosto, la casa era particolarmente in fermento perchè c’era il compleanno della cugina di mio padre, l’antipatica zia Elena, perciò la casa era colma di parenti, sorelle, zii, cugini e affini. Ne approfittai quindi per correre al di là dell’ala est, nella biblioteca, convinto di scappare da un’orda di imbattuti barbari. Giunto al vertice della casa, chiusi silenziosamente la porta della sala, ma non ero solo. C’era una bambina più o meno della mia età, con una lunga tunica bianca e capelli biondi, lisci, che ricadevano sulle spalle. Sedeva sulla mia sedia, leggendo uno dei miei libri, mi sentivo quasi invaso nel mio luogo segreto. Mentre la osservavo accigliato, lei sorrise. Ad un certo punto, senza nessun preavviso, cominciò a ridere – Tu stai dando i numeri! – sbottai – Io lo sapevo che dovevo chiudere a chiave la porta, sei sicuramente una delle figlie di zio Tommaso o la nipote di zia Lucia, si vede proprio dall’espressione! 
Lei continuò a sorridere amabilmente, e con un tono di voce molto basso, spiegò – La porta era chiusa a chiave, sei stato veramente meticoloso, purtroppo però debbo dirti che io sto qua da molto prima di te!
-Guarda ragazzina che per tua informazione io l’estate....- Mi bloccai un attimo, la osservai attentamente, un brivido freddo mi scese lungo la schiena, la gola per un attimo rimase secca, non riuscii a proferire nessuna parola. Ero bloccato dalla paura, immobile, con la schiena appiattita alla porta, gli occhi sgranati. Lei, con fare sinuoso e dolce ripose il libro sulla sedia, si avvicinò a me, non troppo però, altrimenti sarei morto d’infarto, ma abbastanza vicino perchè la sentissi sussurrare: - Hai mai sentito parlare del binomio inscindibile tra la vita e la morte, tra il bene e il male, tra il passato e il presente...? 
Io scossi la testa, terrorizzato, e lei aggiunse, ridendo: - Sono facce della stessa medaglia. Dopodichè non seppi bene quello che accadde, so solo che corsi, corsi fino ad avere il cuore in gola, attraversai il giardino, mi buttai tra le braccia di mio nonno e cominciai a piangere.
Zia Lucrezia, la sorella di mio padre morta tragicamente alla tenera età di dodici anni, non la vidi più.
  
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