Libri > Harry Potter
Segui la storia  |      
Autore: Ziovoldy    16/07/2013    3 recensioni
Dal 1 cap: "Una volta suo padre, da bambina, le aveva detto che lei era un'anticonformista; inizialmente non aveva capito cosa significasse, ma poi sua madre, con quell'insopportabile aria da sotutto, glielo aveva spiegato, e da quel giorno, se si fosse dovuta descrivere con un aggettivo, avrebbe detto: “Anticonformista.”
Sì, perché la piccola Weasley era l'apoteosi dell'anticonformismo: se la società diceva una cosa, lei, da buon bastian contrario, sosteneva l'opposto. Non seguiva le mode: viveva in simbiosi con i suoi amati anfibi e un paio di jeans; non condivideva i passatempi comuni: considerava il Quidditch lo sport più insulso al mondo; e ora sarebbe stata anticonformista pure per quanto riguardava la sua Casa, giusto per chiudere in bellezza.
Fu così che capì verso quale tavolo dirigersi, con un sorrisino di vittoria stampato in volto."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Harry/Ginny, Harry/Hermione, Ron/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Finalmente, Rose si era sottratta dal finto e stucchevole affetto dei suoi parenti ed era salita sul treno. Respirò profondamente e si rassettò la divisa con una smorfia disgustata, come per scrollarsi di dosso tutta quella falsità. Si rese conto che stava bloccando l'ingresso al treno solo quando un ragazzone dell'ultimo anno le intimò di << spostare il suo culo lentigginoso da lì, grazie.>>
Rose Weasley, che se stava zitta non era lei, ribatté: << E se tu ti buttassi dal treno in corsa a metà tragitto faresti un favore all'umanità, grazie. >> Alla vista del tizio che strabuzzava gli occhi per lo stupore (come si permetteva una ragazzina sfigata del primo anno di parlargli in quel modo?!), rincarò: << Forse entro metà tragitto saremo già morti tutti asfissiati dalla tua arroganza. Ti consiglierei di buttarti giù prima. >> Detto ciò si incamminò teatralmente verso il corridoio del treno. Il ragazzone si girò spiazzato verso un suo amico, che aveva assistito alla scena basito. << Non ci sono più i primini spauriti di una volta. >> mormorò scuotendo la testa.
La ragazzina, intanto, cercava uno scompartimento dove sedersi.
Si sentì chiamare da Albus. << Rosie! Vieni a sederti con noi! >>
Vide la sua testa bruna fare capolino dallo scompartimento di fronte a lei, sorridente. Sentiva l'allegro vociferare del resto dei suoi innumerevoli cugini provenire da dentro.
<< Al, se mi chiami Rosie non vengo proprio da nessuna parte. >> Disse, alzando gli occhi al cielo.
<< Eddai, cugina, non fare tanto la permalosa! >> esclamò l'amico, arruffandole con la mano i riccioli rossicci. Gli sorrise, suo malgrado. La dolcezza spontanea del ragazzino riusciva sempre a metterla di buonumore.<< Comunque no. Non ne ho voglia. >> mormorò, abbassando la testa.
Lui strinse le labbra, squadrandola con disappunto. Sapeva bene che quando Rose si metteva in testa una cosa non c'era verso di levargliela. Perciò, prima di infilarsi nello scompartimento e chiudere la porta, si limitò a schioccarle un affettuoso bacetto sulla guancia e a dirle che si sarebbero rivisti dopo il viaggio.
Rose sospirò. Al era l'unico membro della sua famiglia con cui andasse d'accordo. A voler essere pignoli, Al era l'unico essere vivente in tutto l'universo con cui avesse un rapporto pacifico. Eppure non si era mai sentita sola o sbagliata nella sua giovane vita. Solo diversa. E quando qualcuno glielo faceva notare, lei sorrideva lusingata, dicendo << Lo so >>, come se fosse un complimento. Per lei lo era: se c'era una cosa che la Weasley odiava era la normalità. O almeno, il concetto che la sua famiglia dava alla normalità. Quel concetto che aveva spinto sua madre a prenderla da parte, prima di partire alla volta del binario 9 e ¾, per dirle di fare la ragazza normale, prima di salire sul treno, perché non voleva che si sapesse in giro che razza di pazzoide era. E, per la prima e probabilmente ultima volta, Rose le aveva obbedito, per sfidarla. Per dimostrarle che anche lei, volendo, sarebbe potuta essere normale. Si era vista salutare e ridere come un automa, come altre centinaia di ragazzi avevano fatto. Le era venuto un conato di vomito, al pensiero di essere una macchiolina indistinta in un mare di altre macchioline indistinte.
Si rallegrò, al pensiero di ben quattro mesi lontana da sua madre, la perfetta e ineccepibile Hermione Granger.
Finalmente trovò uno scompartimento vuoto. Entrò in fretta e furia, chiudendosi dentro.
Sola. Come aveva passato tutta la sua esistenza, e come avrebbe continuato a passarla. Sola, ma non in solitudine. Aveva sempre i suoi pensieri, le sue riflessioni, che le facevano compagnia nella testa. Forse ha davvero ragione mamma, pensò, sono pazza. Non che gliene importasse molto, ovviamente.
Si girò verso il finestrino del treno, affacciato sui binari. Rifletteva l'immagine di una ragazzina bassa e magrolina, con un caschetto di riccioli rosso scuro, la via di mezzo tra quelli della mamma, castani, e quelli paterni, color fuoco. Aveva un visetto piccolo e infantile, illuminato da due grandi occhi marroni, sproporzionati rispetto alla faccia. Fissò impotente il nasino a patata spruzzato di lentiggini, la parte che odiava di più del suo aspetto.
Si mise a fantasticare sulla Casa alla quale il Cappello l'avrebbe assegnata. Indirettamente, ciò la portò a riflettere sul suo carattere.
Ora, Rose Weasley, al contrario di come credevano molti, era una ragazza relativamente semplice da capire.
La sua filosofia di vita era assecondarsi. Quando sentiva la voglia, o il bisogno, di fare o dire qualcosa, lei, senza battere ciglio, si assecondava. Se per esempio una persona le stava antipatica, non si sentiva minimamente in dovere di intrattenere i rapporti, anche solo formali. La formalità e l'apparenza erano cose a lei sconosciute.
Questa parte del suo carattere, che poteva sembrare trascurabile, era in realtà il fulcro attorno al quale ruotavano tutte le sue altre caratteristiche.
Odiava le ingiustizie e i pregiudizi, e faceva di tutto per combatterli. Era profondamente arrogante e saccente. Sapeva fare male con le parole. Le risultava difficile affezionarsi alle persone, perché i suoi occhi critici si soffermavano subito sui difetti e le mancanze, anziché sui pregi.
Quindi, tornando al discorso dello Smistamento, non aveva minimamente idea di quale Fondatore l'avrebbe rappresentata.
Il rumore della porta dello scompartimento che si apriva la riscosse bruscamente dalle sue fantasticherie. Era Scorpius Malfoy.
<< è libero? >> chiese il ragazzo, indicando la poltrona di fronte a quella su cui era seduta. Rose si limitò a scrollare le spalle.
Dopo essersi sistemato comodamente, il biondo cominciò a leggere un libro che aveva tirato fuori dal baule.
La ragazza si sorprese a osservarlo. Era proprio bello.
Visto da vicino, assomigliava meno a Draco. I capelli erano più scuri e arruffati, e un ciuffo ribelle se ne stava dritto sulla fronte. Aveva tratti più dolci e regolari, e un'espressione meno strafottente. Ma la cosa che la colpì di più erano i suoi occhi: avevano una forma leggermente allungata, che le ricordava un attore babbano* che aveva visto in un film, ed erano di un azzurro incredibile, intenso, con pagliuzze violette attorno all'iride.
Il Purosangue chiuse il libro di scatto e alzò la testa. Il suo sguardo turchino incrociò quello marrone della ragazza. << Weasley? Anche tu abbagliata dalla mia accecante bellezza? >> ghignò. << Effettivamente, Malfoy, sei un gran pezzo di figo. >> Rispose tranquillamente lei. Gli occhi di Scorpius si spalancarono, un po' per lo stupore, un po' perché, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era lusingato.
<< Comunque, gradirei che mi chiamassi Rose. Odio quando vengo accomunata al resto della mia famiglia. >> continuò la ragazza, calcando con particolare disgusto l'ultima parola.
Lui, che essendo un Malfoy era automaticamente un po' stronzo, ribatté: << A proposito: perché non sei nello scompartimento bestiame, assieme al resto della plebaglia dei tuoi parenti? >> Guardandolo intensamente, lei rispose: << Perché io non sono la plebaglia dei miei parenti. >>
Scorpius rimase a bocca aperta, chiedendosi distrattamente perché non si era ancora sentito il rumore della sua mascella che si infrangeva sul pavimento. Suo padre gli aveva dipinto la famiglia Weasley – Potter come una marmaglia di ignoranti e spacconi Grifondoro con la mania di salvare il mondo. Ma allora quella ragazza così fredda e sagace da dove era uscita?
<< Ma sei sicura di essere una Weasley? >> le chiese, pentendosi un secondo dopo di quella domanda idiota.
<< Purtroppo sì, Malfoy. >>
<< Se vuoi che io ti chiami Rose anche tu devi chiamarmi per nome, Weasley. >>
<< Ma Scorpius è terribile! Strano che ai tuoi genitori non abbiano ancora tolto la patria potestà! >>
<< Se è per questo Rose è un nome da cameriera! >>

Il loro bisticcio venne interrotto dal rumore del treno che partiva. Sul volto di Rose apparve un sorriso ebete: si stava allontanando sempre più da sua madre e dal resto degli adulti della sua famiglia. Già sentiva nell'aria che respirava il profumo di libertà.
<< Weasley, cos'è quella smorfia? Ti sei già perdutamente innamorata di me? >> sghignazzò lui.
<< Mi dispiace così tanto deluderti, Malfoyuccio mio, ma è la lontananza dalla pseudo-madre che mi ritrovo a farmi questi effetti. >> rispose lei, placida.
Il biondo, con sommo stupore della ragazzina, rimase zitto, con un'espressione pensosa stampata sul suo bel visetto.
Lei lo guardò negli occhi, mormorando: << Mi sarei aspettata una battuta del tipo “La sporca Mezzosangue, intendi?” o robe del genere. >>
Lui scrollò le spalle dicendo: << Non l'ho detto per il semplice fatto che non lo penso, Weasley. Sai, anche io odio essere accomunato al resto della mia famiglia. >>
Rose provò un inspiegabile moto di affetto verso Scorpius. Erano entrambi così diversi dai loro genitori, dal mondo in generale. Fin da bambini i pregiudizi della gente li avevano sommersi, chi li additava come “La figlia dei salvatori del mondo magico” e il “Il figlio del Mangiamorte” senza sapere niente di loro. Senza sapere che prima di essere figli dei loro genitori erano persone, persone con sentimenti. Persone diverse dalla loro famiglia, nel bene e nel male. Persone sulle quali gravava l'ascia dei loro cognomi.
Così, un po' per sfidare i pregiudizi e un po' perché voleva farlo, la Weasley si alzò e abbracciò Malfoy. Il ragazzino si irrigidì e la spinse via in malo modo. << Cosa hai intenzione di fare, Weasley? >> Le urlò contro. Lei lo guardò con espressione ferita, e rispose: << Non ho intenzione di stuprarti, Malfoy. Me ne vado nello “scompartimento bestiame”, forse è più adatto a me. >> Uscì sbattendo la porta. Rose non poteva sapere che era la prima volta che qualcuno dimostrava a Scorpius dolcezza in quel modo, e che lui l'aveva respinta per il semplice fatto che aveva paura. Doveva ammettere che sì, quella ragazzina lo attraeva.

 

 

La Sala Grande era addobbata a festa anche quell'anno. Rose si perse a osservare il soffitto, che pareva un cielo stellato, ma in realtà era un incantesimo. Era stata sua madre a dirglielo, per poi sbatterle davanti Storia di Hogwarts, obbligandola a leggerlo. Cosa che lei si era rifiutata categoricamente di fare, ovviamente.
Suo cugino Albus era di fianco a lei, in fondo alla sala, insieme a tutti quelli del primo anno. Continuava a saltellare sul posto e a torcersi le mani, trepidante. << Al, se non stai fermo giuro che ti lancio un Pietrificus Totalis. Sembra che qualcuno ti abbia affatturato! >> sbuffò la ragazzina.
<< E se finisco in Serpeverde? James mi ammazza! >> piagnucolò lui.
<< Al! Devi smetterla di farti sottomettere così da quell'idiota di tuo fratello! Non sarai mai un Grifondoro se ti lagni così per niente! E comunque, tutta questa preoccupazione per le Case di appartenenza è insensata! Contribuiscono solo a separarci! >> sbottò lei.
La Weasley non poté fare a meno di notare che era l'unica dei suoi coetanei ad essere completamente rilassata. Anzi, non l'unica. Anche una testa bionda, un po' in disparte, si guardava intorno con aria quasi annoiata.
In fondo alla Sala la professoressa McGranitt, la Preside, aveva cominciato a parlare: << Benvenuti, a tutti i nostri nuovi studenti, alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, e bentornati agli altri che sono di nuovo qua per un altro anno magico. >> Sembrava quasi volesse aggiungere “a rompere le scatole”.
<< Gli studenti del primo anno verranno smistati in quattro Case: Grifondoro, per gli audaci e i coraggiosi, Tassorosso, per i buoni di cuore, Corvonero, per gli intelligenti e i sagaci, e Serpeverde, per gli astuti e i calcolatori. Quando vi sarete seduti qui >> Continuò posando le mani sullo scranno di fronte a lei << Il professor Paciock poserà il Cappello sulla vostra testa, che vi indicherà la vostra Casa di appartenenza. >> La Preside aveva il tono svogliato di chi ripete la stessa cosa tutti i santi anni e non ce la fa più. In effetti, quella donna aveva passato praticamente tutta la vita nel castello, e da buona settantasettenne non vedeva l'ora di andarsene in pensione.
Prese il Cappello, che giaceva su uno sgabello, e disse, con una punta di sarcasmo: << Ora il Cappello, come tutti gli anni, ci illuminerà con il suo interessante ed istruttivo discorso. >>
Lo posò sullo scranno e tornò al tavolo degli insegnanti. Il vecchio e consunto copricapo si sollevò in aria, e cominciò a parlare da uno strappo che fungeva da bocca.

 

Signori professori, signore professoresse,

le mie emozioni nel rivedervi son sempre le stesse!

Ahimè, un altro anno è passato,

e anche io sono invecchiato!

Passo il mio tempo

chiuso qui dentro,

e non posso dire di essere contento!

Ma per amore questa scuola,

questa è per me gradita dimora.

Tutto è cominciato tanto tempo fa,

e nessuno di voi ricordarlo potrà!

Quattro giovani di nobili intenti,

decisero di educare giovani menti,

e questa scuola costruirono insieme,

sia nel male che nel bene!

Godric Grifondoro, cuor di leone,

senza mai risultare troppo sbruffone;

Tosca Tassorosso, buona e sincera,

nessuno fu amica più vera,

Priscilla Corvonero, pronto intelletto,

intelligente in tutto ciò che ha detto,

Salazar Serpeverde, astuzia e furbizia,

ottener ciò che vuole è la sua maggior perizia.

Ognuno di essi una Casa ha fondato,

sei curioso di veder dove ti manda il Fato?

Ma davvero importanza ha,

quale Fondatore ti rappresenterà?

Imparate a diventare buoni maghi,

per non seguire sentieri malvagi!

La minaccia sembra a tutti passata,

ma in realtà è solo arginata!

Se nessuna Casa unita sarà,

state pur certi che il mondo da solo non si salverà.

 

Queste parole furono seguite da un silenzio tombale. L'unica volta in cui il Cappello aveva avvisato la scuola su qualcosa di oscuro era stato l'anno dell'ascesa di Lord Voldemort!
Il rumore dei goffi passi del vicepreside Paciock rimbombò cupamente nella Sala. L'uomo si posizionò accanto allo scranno, con una lista in mano.
<< Ehm, facciamo un bell'applauso al Cappello Parlante per il suo discorso! >> esclamò, a disagio. Un applauso diffidente si levò dai quattro tavoli delle rispettive Case.
<< Quando chiamerò il vostro nome dovete venire qua e sedervi su questo scranno. Poserò il Cappello sulle vostre teste, che vi dirà in quale Casa sarete smistati. Poi vi dirigerete verso il tavolo della vostra Casa. >> spiegò il professore.
Con voce chiara e forte, amplificata da un incantesimo, cominciò a chiamare i ragazzini.
<< Allen, Gregory! >> Un ragazzino bruno con la pelle scura si fece avanti, spaurito. Venne assegnato a Serpeverde.
Rose seguì distrattamente la cerimonia, un po' sovrappensiero per le inquietanti parole del Cappello. I suoi cugini, tutti Grifondoro a eccezione di Lucy e Molly, entrambe Corvonero, confabulavano con fare sospetto. Notò con la coda dell'occhio che il rampollo Malfoy venne smistato, non senza numerose esitazioni, in Serpeverde.
Quando venne chiamato “Potter, Albus Severus”, la ragazzina gli strinse la mano, in segno di incoraggiamento. Lui deglutì, prima di incamminarsi verso lo scranno. Gli occhi di tutta la sala erano puntati su di lui, curiosi di sapere dove sarebbe finito il Potter di mezzo. Al si sedette lentamente, e dopo poco il Cappello proclamò: << Tassorosso! >>
Tutti gli studenti ammutolirono, di nuovo. Quell'anno si apriva con notevoli sorprese. Nessuno avrebbe mai immaginato un Potter a Tassorosso!
Rose pensò che infondo c'era da aspettarselo. Quel ragazzino dolce e sensibile, incapace di far male a una mosca, pauroso, ogni tanto un po' vigliacco, non poteva minimamente diventare un Serpeverde o un Grifondoro, e non possedeva nemmeno l'intelligenza dei Corvonero. Non che lei ascoltasse gli stereotipi sulle varie Case: solo quei trogloditi dei suoi familiari erano così ignoranti da disprezzare le Serpi a prescindere.
Sorrise al cugino, che si stava avviando un po' confuso verso il suo tavolo, festeggiato dalle urla di esulto dei suoi nuovi compagni. Notò lo sguardo assassino di James, che, nonostante preferisse i Tassi alle Serpi, esigeva un fratello Grifone.
La ragazzina sbuffò, irritata dalla insopportabile provincialità del cugino.
Dopo che “Valey, Sue” divenne Corvonero, il professore chiamò:
<< Weasley, Rose! >>

Con totale e studiata nonchalance**, lei sfilò tra i tavoli, per poi sedersi sullo scranno. Neville le sorrise: era amico dei suoi genitori, e si vedevano spesso alle rinomate cene alla Tana di nonna Molly. Poi prese il Cappello e glielo calcò sulla fronte.

Una voce chiara, ma al contempo misteriosa e sfuggente, le rimbombò nella testa. << E quindi tu saresti la piccola Weasley, eh? Ho già esaminato così tante menti della tua famiglia... mi avete quasi annoiato... >> Rose, sempre nel pensiero, ribatté, piccata : << Non sono qua per la mia famiglia, signor Cappello. Sono qua per me. >>
<< Oh, permalosetta a quanto vedo... furba e sagace, senza dubbio... hai ereditato il cervello di tua madre, ragazza... >>
<< Non sono la reincarnazione di mia madre, lo vuoi capire?! >> esclamò mentalmente lei, esasperata.
<< Lo vedo, bambina mia, lo vedo! Sei una ragazza strana... fredda e affilata, ma allo stesso tempo ardente come fuoco... menefreghista, ma comunque ti batti per i diritti altrui... cerchi di assecondare ogni tuo desiderio, ma ugualmente ti stanno a cuore quelli di chi ami... >>
<< Lo so, me lo dicono in molti. >> borbottò lei.
<< E io... dove ti colloco? >> sospirò stancamente il Cappello.
Rose cominciò a preoccuparsi. Era mai successo che un alunno di Hogwarts non riuscisse a essere assegnato a nessuna Casa?
Improvvisamente non sentì più il copricapo sulla fronte. Immaginò che la McGranitt, stufa di aspettare, glielo avesse sfilato dalla testa. Si rese immediatamente conto che non era così: era il Cappello che di sua spontanea volontà si era sollevato in aria, e ora stava sospeso a circa due metri da terra.
Tutta la scolaresca e il corpo insegnanti assisteva basito alla scena.

Il Cappello aprì di nuovo lo strappo nella stoffa che costituiva la sua bocca e proclamò:

 

Mi dispiace deludermi, signori miei,

ma questa ragazza smistar non saprei!

La sua mente è difficile da analizzare,

un corretto giudizio non potrei dare!

Spirito di battaglia e di sacrificio,

il tavolo di Grifondoro sarebbe d'auspicio;

Ma Tassorosso potrebbe ribattere,

l'insicurezza è nel carattere;

E la mente a pensare è atta,

a Corvonero sarebbe adatta;

Serpeverde da ridire avrà,

se l'astuzia non trionferà!

Quindi, mi permetto di dare un consiglio:

lasciatela scegliere, non è un coniglio!

 
Dettò ciò, ricadde mollemente sullo schienale del trono.
La Preside, a quelle parole, si era soffocata con l'idromele, e tossicchiava furiosamente con gli occhi fuori dalle orbite. Paciock aveva fatto cadere a terra la lista dei nomi dei ragazzi del primo anno, e se ne stava immobile, con la bocca spalancata in una perfetta “o”. La Cooman era andata in fibrillazione, profetizzando a raffica sventure sempre più catastrofiche. In generale, tutto il tavolo dei professori era in agitazione.
Anche gli studenti erano rimasti scioccati. Si era alzato un uniforme brusio, intramezzato da qualche urletto o da ragazzi che si alzavano per andare a sentire il parere di amici di altre Case. Tutti gli sguardi erano puntati su Rose, ancora seduta, che si mangiucchiava tranquillamente le unghie. Cos'avevano da fissarla in quel modo? Lei aveva ormai capito da tempo il fatto di essere diversa, e, anzi, se ne rallegrava. Una volta che aveva accettato se stessa, il giudizio degli altri poteva anche andare a farsi benedire.
Dopo qualche minuto di shock, la McGranitt si avvicinò alla ragazzina, e annunciò: << Visto la, ehm, incapacità del Cappello a smistare questa ragazza, abbiamo pensato di lasciare a lei la decisione della sua Casa. Ricordati, Weasley, che la Casa di appartenenza è molto importante, e che ti accompagnerà per tutta la vita. Per il resto, a te la scelta. >>
Tornò a sedersi, lasciando Rose sola. Lei si guardò intorno, spaesata. Non dava importanza alle Case, e proprio per questo non aveva mai pensato seriamente a quale le sarebbe piaciuto essere assegnata. Il suo sguardo scivolò sui tavoli.
I Grifoni, in particolare i suoi cugini, la guardavano sogghignando, sicuri che avrebbe scelto loro. Non sopportava la loro arroganza.
Dai Tassi Al le rivolgeva una preghiera muta con gli occhi. Li scartò: odiava la debolezza.
Molly e Lucy, inseme agli altri Corvi, le rivolgevano un sorriso subdolo. Passò oltre: detestava quell'aria di superiorità.
E infine arrivò alle Serpi. Lì nessuno la fissava con bramosità o interesse: si limitavano a scrutarla indifferenti, alcuni disgustati, in quanto Weasley.
Una volta suo padre, da bambina, le aveva detto che lei era un'anticonformista; inizialmente non aveva capito cosa significasse, ma poi sua madre, con quell'insopportabile aria da sotutto, glielo aveva spiegato, e da quel giorno, se si fosse dovuta descrivere con un aggettivo, avrebbe detto: “Anticonformista.”
Sì, perché la piccola Weasley era l'apoteosi dell'anticonformismo: se la società diceva una cosa, lei, da buon bastian contrario, sosteneva l'opposto. Non seguiva le mode: viveva in simbiosi con i suoi amati anfibi e un paio di jeans; non condivideva i passatempi comuni: considerava il Quidditch lo sport più insulso al mondo; e ora sarebbe stata anticonformista pure per quanto riguardava la sua Casa, giusto per chiudere in bellezza.
Fu così che capì verso quale tavolo dirigersi, con un sorrisino di vittoria stampato in volto.
La Sala la guardò attonita; poi dal tavolo verde e argento scoppiarono grida di soddisfazione. In tutta questa confusione, Rose non si accorse degli occhi cobalto di Scorpius Malfoy, che l'avevano seguita come fedeli segugi per tutta la cerimonia.

 

 

Il banchetto era già cominciato da un pezzo, eppure Rose non si era ancora riuscita a levare dalla faccia quel sorrisino di vittoria. Si immaginava già la reazione che avrebbero avuto i suoi genitori quando sarebbero venuti a conoscenza della sua decisione. Pregustava già la lettera che avrebbe spedito loro per “renderli partecipi a questa sua importante scelta.”

 

Carissimi mamma e papà,

il Cappello non ha saputo dove smistarmi, perciò ha lasciato che decidessi io. E indovinate un po' dove ho scelto di andare? Serpeverde! Non è fantastico?!

P.S.: Ho passato un po' del viaggio verso Hogwarts con Scorpius Malfoy. E' proprio un gran pezzo di figo! Tra l'altro siamo anche compagni di casa, quindi avrò occasione di conoscerlo meglio!

 A quel punto suo padre si sarebbe soffocato col porridge, sua madre avrebbe inscenato una delle facce drammatiche del suo repertorio da telenovela, nonno Arthur sarebbe quasi morto d'infarto lasciando cadere a terra la sua preziosa Gazzetta del Profeta e zio Harry si sarebbe portato una mano sulla tanto sospirata cicatrice, chiedendosi perché non gli facesse male, visto che quella doveva essere sicuramente la fine del mondo.
Soffocò una risata dietro il tovagliolo. La sua famiglia era così noiosamente anonima, stereotipata e prevedibile.
Finalmente, “Zabini, Clitus” (Clitus! Come si fa a chiamare il proprio figlio Clitus?! Purosangue alternativi del cazzo) venne accolto dalle grida delle Serpi, e lo Smistamento si concluse. I piatti si riempirono di prelibatezze di ogni sorta, e si cominciò a mangiare.
Ad un certo punto, un tizio dall'aria snob si girò verso Rose, che gli era seduta di fianco, e le sorrise. Più che un sorriso sembrava la smorfia di un epilettico, pensò lei, che se ne era stata altezzosamente in disparte fino a quel momento.
<< E quindi tu saresti Rose Weasley? >> chiese il tizio allargando il suo pseudo-sorriso. Era un ragazzo alto e allampanato, con capelli color topo e un'acne spaventosa sul viso.
<< A quanto pare >> borbottò in risposta.
<< Io sono Amadeus Flitt, del terzo anno. >> si presentò lui. Amadeus. Di male in peggio. Purosangue del cazzo di sicuro.
Con fare elegante le porse la mano. Rose rimase qualche secondo a fissarla inebetita. Poi capì che doveva stringerla. Si affrettò a farlo, e lui si portò le dita della ragazza alle labbra, baciandole lievemente. Lei si ritrasse disgustata, esclamando: << Flitt! Non siamo in un romanzo di Jane Austen dell'Ottocento! Ripigliati! >> i suoi compagni di Casa ridacchiarono, chiedendosi chi diavolo fosse questa Johanne Atten.
<< E comunque non mi interessano i Purosangue del cazzo con un manico di scopa infilato nel culo che si terranno per tutta la vita! Cos'è, ti senti migliore degli altri solo perché in generazioni e generazioni di maghi della tua famiglia non c'è stato nessuno con un minimo di sale in zucca da capire che il sangue, che sia di Babbani o di maghi, è rosso uguale?! Sei lo stereotipo fatto a persona! >>
Continuò imperterrita la ragazzina. Poco importava se non lo conosceva neanche, solo un Purosangue razzista poteva avere una faccia da culo del genere.
A conferma dell'idea che si era fatta di lui, Amadeus, rosso in viso per la rabbia e l'imbarazzo, le urlò contro:
<< Sono IO che dovrei snobbare una come te, Weasley! Voi traditori del vostro stesso sangue siete feccia peggiore dei... >>
Non riuscì a finire la frase, perché il gancio destro di Scorpius Malfoy lo aveva colpito sulla mascella. Il ragazzo si era infatti alzato come una furia ed era corso da loro, seduti dall'altra parte della tavolata.
<< Ti dico solo una cosa, Flitt: chiudi quella cazzo di bocca che ti ritrovi, se non vuoi finire davvero male. >> disse tranquillamente Scorpius. Il malcapitato si stava massaggiando il volto colpito, e, stringendo i denti per il dolore, replicò:
<< Non mi faccio intimidire da un traditore come te, Malfoy. >>
Prima che un altro pugno si schiantasse sulla mascella di Amadeus, l'urlo belluino della McGranitt squarciò la Sala: << Cosa state combinando, Flitt, Malfoy e... Weasley!? >> finì la frase con tono esasperato. Si avvicinò al tavolo di Serpeverde con un'espressione che non prometteva niente di buono e si posizionò di fronte ai tre ragazzi, sbuffando: << Malfoy, spiegami perchè hai picchiato Flitt. >>
<< Ha accusato la signorina Weasley di essere una traditrice del proprio sangue, e mi ha insultato dicendomi che noi Malfoy siamo dei traditori di qualcos'altro >> rispose freddamente, calcando sulle ultime due poarole.
<< Non affermo di aver fatto bene a reagire in questo modo violento, ma quando ha detto queste cose non ci ho più visto. >> continuò.
Gli occhi dell'intera sala grande erano puntati su di lui, stupefatti.
La professoressa strinse le labbra e mormorò: << Malfoy, Flitt, che non si ripeta mai più. Trenta punti in meno a Serpeverde. >> tornò al tavolo degli insegnanti.
Rose era sbalordita. Quell'idiota di Flitt aveva insultato pesantemente lei e Scorpius e aveva manifestato di essere simpatizzante di Lord Voldemort, e la Preside che faceva? Toglieva qualche punto e basta?
Si appuntò mentalmente di chiedere un incontro privato alla McGranitt.
Malfoy, intanto, era tornato al suo posto, e un Flitt piagnucolante venne portato in infermeria.
Rose lo avrebbe ringraziato più tardi, non in quel momento, davanti a tutti.
Tornò a concentrarsi sull'arrosto che aveva abbandonato per il litigio, quando uno sconosciuto la interruppe:
<< Wow, sei stata fantastica a insultare quel tipo! >> aveva esclamato un ragazzino del suo anno. Lei alzò lentamente la testa dal piatto per fissarlo contrariata, ma quando i suoi occhi incrociarono quelli del tizio che l'aveva disturbata non poté fare a meno di sorridere.
Era piuttosto alto, abbronzato, con capelli castano chiaro che gli ricadevano sulla fronte e ai lati del collo. Aveva un bel paio di occhi verde scuro che gli illuminavano il volto, ma soprattutto aveva un sorriso bellissimo. Le labbra piene erano tirate sopra ai denti bianchissimi, e le guance erano disseminate da piccole fossette. La cosa che colpiva di quel sorriso era quanto fosse sincero, vero, senza un'ombra di malizia. Era puro, come se non sapesse fare altro se non sorridere.
<< Grazie! >> gli rispose Rose, cercando di imitare quel sorriso così bello, riuscendo a produrre una smorfia da deficiente. Ci lasciò perdere, e tornò alla sua perenne espressione ombrosa e arrogante.
<< Come ti chiami? >> chiese lui, sempre sorridendo. Doveva essere sicuramente un nato Babbano, anche i muri sapevano che lei era Rose Weasley, la figlia dei celeberrimi Ron e Hermione.
<< Rose >> rispose semplicemente. << E se mi chiami Rosie giuro che ti Crucio >>
Lui alzò le mani fingendosi terrorizzato: << Certo, mia Padrona. >> esclamò spalancando gli occhi.
Ok, Rose non era una tipa molto amichevole, e di solito i ragazzi giocherelloni e scherzosi le stavano abbastanza sul culo. Ma lui le sembrava... diverso. Da subito aveva sentito una sorta di intesa tra loro due, come guardarsi per la prima volta allo specchio. Con diffidenza, stupore, un po' di paura, forse, ma anche riconoscimento e completezza.
Per questo si costrinse a ridacchiare, e chiese a sua volta: << E tu come ti chiami? >>
<< Ehm... domanda di riserva? >> disse lui. La rossa aggrottò le sopracciglia.
<< Diciamo che io, ufficialmente, mi chiamo Bentley Archibald. I miei genitori sono Babbani, mio padre è un meccanico amante di tutto ciò che ha quattro ruote e si muove, infatti ha addirittura chiamato i suoi figli con nomi di case automobilistiche: a me è toccato Bentley e a mia sorella Mercedes. Ma giuro che se mi chiami Bentley ti Crucio, qualunque cosa voglia dire. Piuttosto semplicemente Ben, oppure inventati qualche soprannome non troppo imbarazzante. >> spiegò lui.
Rose lo fissò attentamente, con gli occhi ridotti a due fessure. Era sempre stata geniale a inventare soprannomi, non molto gentili, ai suoi amatissimi cugini. Ad un certo punto si illuminò: << Archibald! Artichoke*! Il tuo cognome ricorda un carciofo! >> esclamò quasi saltando dalla sedia.
<< E allora? >> ribattè Ben, chiedendosi se i maghi e le streghe non fossero tutti schizofrenici.
<< Posso... posso chiamarti Artie?! >> concluse estasiata lei, quasi implorandolo, con gli occhioni già enormi ancora più spalancati.
Bentley, alias Artie, annuì ridendo, e pensò che in effetti i maghi e le streghe erano tutti schizofrenici, ma quel mondo nuovo e magico in cui si era ritrovato era qualcosa di dannatamente fantastico.

 

 

 

 

 

Inutile dire, a questo punto, che, 5 anni dopo, Artie e Rose erano migliori amici se non di più, e Scorpius... beh, Scorpius è complicato.

 

 

 

 

 

NOTE DELLA MENTE BACATA ALIAS AUTRICE

 

Ma saalve c:

Sì, è una delle innumerevoli Rose/Sorpius di cui è pieno zeppo il sito. Spero di riuscire a renderla un minimo originele, mi è già venuta qualche ideuzza.

 

 

*Si riferisce a Liam Hemsworth, ovviamente.

**Non ho idea di come si scriva, quindi è sicuramente sbagliato.

 

Al prossimo capitolo, spero ^^

-Ziovoldy

 

 

 

 

 

 

 

 


 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Ziovoldy