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Autore: bik90    16/07/2013    10 recensioni
-Sei il mio ponte tra questi due mondi!-
Martina si fermò e un brivido la scosse. Eleonora non si lasciava mai andare a parole troppo dolci, quello che era riuscita a dire era già troppo per lei. Si voltò verso la diciottenne.
-Allora perché ti comporti così?- domandò con le lacrime agli occhi.
La bionda chinò il capo con aria colpevole.
-Non posso...- mormorò semplicemente.
Già, non poteva. Sarebbe stato troppo difficile per lei ammettere di tenere tantissimo a quella ragazza che le stava di fronte.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Non aveva mai visto Davide così arrabbiato. Dopo essere caduti dalla moto, valutando che nessuno di loro si era fatto niente di grave, erano rimontati in sella con la consapevolezza d’aver perso. Eleonora osservò il suo amico mettere il cavalletto e posare una mano inguantata sui graffi che aveva riportato la sua Ducati nera sulla parte sinistra. A pochi metri da loro, i vincitori stavano esultando e festeggiando con della birra.
<< Che cosa vi è successo? >> domandò leggermente allarmato Diego avvicinandosi.
<< Siamo caduti >> disse semplicemente la ragazza con ancora il casco integrale sottobraccio.
<< Caduti? Come avete fatto? E’ stata colpa loro? >>.
L’altra si limitò a scuotere il capo e in quel momento l’amico si voltò.
<< E’ stata tutta colpa tua! >> esclamò scagliandosi contro Eleonora.
La afferrò per il bavero del giubbotto da motociclista che indossava provando a sollevarla ma Diego glielo impedì.
<< Calmati, Davide! >>.
<< E’ colpa sua se abbiamo perso! Ma che cazzo hai al posto del cervello? >>.
La ragazza non rispose preferendo non guardarlo.
<< Vi siete fatti male? >> chiese Diego osservandoli.
A occhio e croce, nessuno dei due aveva riportato danni seri. Al massimo qualche contusione e qualche graffio. Guardò l’ora e poi Eleonora. Si vedeva chiaramente che aveva la testa da tutt’altra parte, si domandò dove.
<< Mi stai ascoltando? Sto parlando con te, cazzo! >>.
<< Vaffanculo! >> urlò infine la ragazza riscuotendosi dai suoi pensieri << Non me ne frega un cazzo se abbiamo perso! >>.
Davide la prese per il braccio fermandola.
<< Questa storia del tuo fratellastro mi ha proprio rotto le palle! Lascialo perdere, possibile che tu gli dia tutta questa importanza? >>.
<< Fottiti Davide! >> rimbeccò l’amica con le lacrime agli occhi.
Strinse forte le mani fino a far diventare bianche le nocche e provò il profondo desiderio di dirgli la verità su ciò che si stava agitando in lei.
<< Per favore fate un respiro profondo entrambi prima di… >>.
Le parole di Diego si persero nell’aria perché Eleonora si era già allontanata dopo aver alzato il dito medio.
 
Era ferma sotto casa sua da non sapeva più nemmeno lei quanto tempo. Con una smorfia di dolore si passò una mano sul ginocchio che le doleva. Era riuscita a camminare fino a quel punto, dubitava che fosse rotto ma si era gonfiato parecchio. Guardò in alto, in direzione del suo appartamento e sospirò con stanchezza. Immediatamente le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento iniziarono a uscire prepotenti e a rigarle il viso. Gemette coprendosi il viso e si lasciò andare.
Io voglio te, cazzo!, si disse, Solo te! E non potrò mai realizzare questo mio desiderio perché siamo due ragazze.
Chinò la testa provando un dispiacere infinito nel sentire i suoi pensieri rimbombare nelle orecchie.
Ho rovinato tutto.
Avrebbe tanto voluto suonare il campanello, buttarla giù dal letto e, senza dire niente, baciarla. Voleva sentire quel profumo, quel sapore delle sue labbra, il battito del suo cuore accelerare pericolosamente e le sue gote arrossarsi per i forti sentimenti che provava e che le mettevano in subbuglio lo stomaco. Martina era tutto quello che voleva ma come poteva rinunciare al resto?
Sono una codarda, una persona senza palle.
Ma io ti amo.
 
Cercando di essere il più silenziosa possibile, rincasò. La prima cosa che fece fu togliersi le scarpe e stava per salire in camera sua se la luce della lampada nel salone non si fosse improvvisamente accesa. Si voltò sperando che non fosse sua madre. Era tardissimo, nessuna scusa avrebbe retto.
<< Ah, sei tu >> disse vedendo Federico seduto sul divano.
<< Si può sapere dove sei stata fino a quest’ora? >> chiese suo fratello alzandosi in piedi e indicando l’orologio posto sopra il camino.
<< Solo perché sei l’unico uomo in questa casa, non hai il diritto di farmi il terzo grado >>.
<< Che cavolo hai fatto? E come ti sei procurata quel taglio sul collo? >>.
Eleonora si portò la mano sul punto indicatogli dall’altro e sentì il sangue secco sotto le dita. Doveva esserselo fatto quando era caduta.
<< Affari miei >> rispose stringendosi nelle spalle.
<< Eleonora, qualunque cosa… >>.
<< Senti, piantala di rompere >> lo interruppe la ragazza << Sono stanca. Al contrario tuo, io domani devo andare a scuola >>.
Federico serrò la mascella a quelle parole, ma non rispose. Non era il caso di mettersi a litigare in quel momento, anche se Eleonora stava mettendo a dura prova la sua pazienza. La osservò salire le scale con aria leggermente dolorante e scosse il capo tornando seduto sul divano. Non credeva che avrebbe fatto così tardi, l’aveva aspettata per parlarle ma a quanto pareva era impossibile. Quella ragazza era impossibile, non la sopportava! Se fosse vissuto nella sua stessa città invece che a Taranto, l’avrebbe fatto impazzire, se lo sentiva. Se fosse stata figlia di sua madre, conoscendo Letizia, le avrebbe dato tanti di quegli schiaffi finché non le avrebbero fatto male le mani. Sorrise pensando alla donna con una certa malinconia. Abbassò lo sguardo verso l’orologio che gli aveva regalato qualche mese prima e sospirò.
Mi manchi mamma, pensò tristemente mentre si sdraiava.
Aveva voglia solo di stare da solo con i suoi ricordi.
 
<< Fede >> aveva detto Letizia << Mettiti il giubbotto. Tra poco arriva papà >>.
<< Mamma, io non ci voglio andare! >>.
<< Cosa sono questi capricci, ometto? >> aveva domandato la donna abbassandosi fino ad arrivare alla sua altezza sorridendogli << Starai con papà e le tue sorelle, non sei contento? >>.
<< Ma io voglio stare anche con te! >> aveva esclamato Federico << Perché non puoi venire anche tu? >>.
Letizia aveva sospirato mentre gli accarezzava il viso. Non era una situazione semplice la loro. Come poteva fargli capire che era il frutto di una notte di sesso? Nessuno dei due si sarebbe aspettato che rimanesse incinta.
<< Ne abbiamo già parlato, ricordi? >> aveva iniziato << Papà vive con un’altra donna ed è con loro che quest’anno trascorrerai il Natale >>.
<< Ma io… >>.
<< Fede, guardami >> aveva continuato la donna aspettando che il figlio di sei anni alzasse gli occhi su di lei << E’ giusto che tu trascorra del tempo anche con papà e la sua famiglia >>.
Il bambino l’aveva guardata ancora poco convinto e per un attimo aveva pensato di non mandarlo più. Non vedendo praticamente mai la famiglia Domenghi, era ovvio che il piccolo non sentisse nessun trasporto verso di loro. Ma lei sapeva quanto fosse triste crescere senza un padre, il suo era morto quando aveva tre anni, e non voleva che capitasse anche a Federico nonostante l’uomo fosse una figura più simile a Babbo Natale che a un vero genitore. In quel momento il campanello di casa aveva suonato. Dopo aver risposto, aveva aperto la porta di casa attendendo che il padre di suo figlio salisse per prendere il piccolo bagaglio del figlio.
<< Ciao Letizia >> aveva detto Augusto sulla soglia di casa.
<< Ciao >> si era limitata a rispondere la donna.
<< Papà! >> aveva esclamato Federico correndogli incontro contento di vederlo.
Letizia aveva sorriso nel vedere ogni dubbio precedente scomparire dal viso del bambino.
<< Ehi, campione! >>.
<< Perché non vai a salutare Kyra, Fede? Così papà porta queste cose in macchina e poi partite >>.
Suo figlio aveva annuito uscendo in giardino dove un grosso labrador aveva iniziato a fargli le feste.
<< Mi raccomando >> aveva iniziato come ogni volta che Federico trascorreva del tempo con l’altro << Qui ci sono alcuni dei suoi giochi preferiti mentre nell’altra borsa ho messo i capi di vestiario. Ci sono alcune camicie nel caso in cui andaste a qualche festa e aveste bisogno di qualcosa di più elegante. Mi raccomando, devono essere stirate a rovescio altrimenti si rovinano >>.
Augusto aveva riso leggermente mentre afferrava i bagagli.
<< Penso che Fulvia sappia tutte queste cose >>.
Quel nome, pronunciato con tale disinvoltura, aveva procurato alla donna una fitta allo stomaco. Fulvia; la moglie di Augusto, la donna che si era sempre rifiutata di parlare con lei per telefono, la madre delle sue figlie avute all’interno del matrimonio ma anche la stessa persona che si occupava di Federico quando era da loro e che spesso lo faceva tornare a casa con dei vestiti in più scelti da lei. Non sapeva bene come definire il loro rapporto, in comune non avevano nulla eppure erano legate indissolubilmente. A sentire il bambino, era una brava signora e non aveva dubbi che lo fosse visto come si prendeva cura di lui. Gli faceva sempre dei bei regali e, dalle foto che portava il figlio sulle sue vacanze, gli prestava la stessa attenzione che riservava alle bambine. Pulito, ben vestito e una volta era tornato con un chilo in più.
<< Ah, non te l’ho detto ma trascorreremo le vacanze a Cortina >>.
Letizia lo aveva fissato con aria interrogativa.
<< Perché non me l’hai detto prima? Lo sai che Federico non ha nulla da mettersi con la neve >>.
<< Lo abbiamo deciso qualche giorno fa. Sai, ho pensato che Fulvia si meriti un po’ di riposo. Tra il lavoro e le bambine non ha mai un attimo di pace e poi le piccole adorano quel posto. Eleonora già scia molto bene per essere una bambina di sette anni, per cui… >> aveva lasciato la frase a metà stringendosi nelle spalle come se il resto non fosse importante << Comunque non preoccuparti, tutto quello che serve al bambino, glielo compreremo noi >>.
O, per meglio dire, Fulvia, lo aveva corretto mentalmente la donna che dubitava fortemente che l’uomo avesse la pazienza di stare dietro ai figli per qualcosa che fosse diverso dal gioco.
Si era appoggiata allo stipite della porta della sua stanza osservando l’uomo che esibiva un amabile sorriso. Lo stesso che le aveva rivolto quella sera in quel famoso locale. Se avesse portato la fede, non sarebbe finita a letto con lui. Augusto aveva guardato l’ora e aveva chiamato Federico.
<< Forza, dobbiamo andare altrimenti rischieremo di fare tardi >>.
<< Va bene >> aveva risposto il bambino posando i suoi grandi occhi azzurri sulla madre << Ciao mamma >>.
Letizia lo aveva abbracciato con trasporto baciandogli la guancia.
<< Chiamami quando arrivi, okay? >> gli aveva detto sistemandogli il giubbotto << E non farti mettere i piedi in testa da Eleonora! >> aveva aggiunto ridendo e riferendosi al carattere peperino di sua sorella.
Federico aveva riso prima di prendere la mano del padre e uscire da casa.
 
I dolori erano lancinanti. Nemmeno dopo aver preso un antidolorifico la situazione era migliorata. Il ginocchio era gonfio e non riusciva a camminare bene e aveva un grosso ematoma all’altezza della spalla destra che le mozzava il respiro ogni volta. Di giocare a tennis quel pomeriggio non se ne parlava e avrebbe dovuto giustificarsi ad educazione fisica.
Vaffanculo!, pensò con stizza.
Quella mattina, inoltre, Davide aveva approfittato dell’assenza di Michele per sedersi vicino a Paolo lasciandola sola e evitando accuratamente di rivolgerle la parola. Fu chiaro a tutti che avevano litigato. Quando suonò la campanella della seconda ora, corse verso il bagno. Aveva bisogno di urlare e di strapparsi di dosso la maglietta che indossava. Le pareva che le mancasse l’aria. Strinse i denti e mise a correre l’acqua nel lavandino mentre rimaneva in reggiseno. Non le importava se fosse entrato qualcuno in quel momento. Gemette quando si passò un fazzoletto umido sui lividi e si accasciò per terra. Sentì la porta aprirsi e imprecò a denti stretti mentre provava a rimettersi in piedi.
<< Eleonora? >> domandò Martina guardandola sconvolta << Che…che cosa… >>.
L’altra ragazza non poteva credere che si trattasse proprio di lei.
<< Sto bene >> mormorò poco convinta provando a rimettersi la maglietta.
Avrebbe voluto seppellirsi immediatamente, non voleva essere vista in quel modo.
Tutti ma non tu!, si ritrovò a pensare.
Martina le si avvicinò con aria preoccupata dimenticandosi il motivo per il quale era arrabbiata con lei. Quando aveva chiesto il permesso di andare in bagno, non si sarebbe aspettata di incontrare Eleonora e soprattutto non in quelle condizioni.
<< Cosa ti è successo? >> chiese osservando il grosso ematoma che aveva.
<< Sono…sono caduta >> rispose la più grande con gli occhi bassi.
Era una mezza verità in fondo.
<< Vado a prenderti del ghiaccio, tu resta qui >>.
Tornò cinque minuti dopo con un sacchetto di ghiaccio istantaneo. Si inginocchiò per arrivare alla sua altezza e delicatamente glielo poggiò sul livido che vedeva. Ad Eleonora scappò un gemito di dolore. Si guardarono negli occhi e arrossirono nello stesso istante. La mano di Martina era a pochi centimetri dal suo seno e quel contatto la faceva fremere di piacere. Si ritrovò a rabbrividire.
<< Non devi farlo >> mormorò poco convinta quasi contenta che, nonostante la situazione, le stesse vicina.
L’altra esibì un dolce sorriso mentre le accarezzava la guancia.
<< Non lo faccio perché devo >> rispose semplicemente facendo scendere impercettibilmente la mano per accarezzarle un lembo di pelle.
Alzò lo sguardo e si ritrovò a pochi millimetri dalle labbra dell’altra. Dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non baciarla. Era così vicina da poter sentire l’odore della sua pelle. Fece un respiro profondo e ripensò al perché ce l’aveva con lei.
<< Mi dici cosa hai fatto per ridurti in questo modo? >>.
Una semplice caduta non l’avrebbe ridotta in quel modo, c’era dell’altro. Eleonora non rispose continuando a tenere gli occhi bassi. Quel silenzio avvalorò la sua ipotesi.
<< Dovresti tornare in classe >>.
<< Tornerò in classe quando sarò sicura che tu stia bene >> ribatté fermamente la ragazza dai capelli rossi.
Nonostante l’atto vandalico dell’altra, continuava a nutrire forti sentimenti nei suoi confronti. A quelle parole Eleonora alzò di scatto lo sguardo per fissarla e si perse nella contemplazione dei suoi lineamenti. L’amore spingeva Martina a comportarsi in quel modo? Era così dolce. Avrebbe tanto voluto che la sua mano si spostasse su un altro punto del suo corpo, molto più morbido. A quel pensiero arrossì di botto e iniziò a tossire. La più piccola le prese il viso con una mano bloccandola.
<< Tutto bene? >> le domandò leggermente allarmata.
<< Sì >> mentì Eleonora mettendosi in piedi << Puoi pure andare adesso >>.
L’altra ragazza la guardò ancora per un istante infilarsi la maglietta. Da come si teneva in posizione eretta, doveva farle male anche il ginocchio. Sperò che non si fosse cacciata in qualche guaio e che a spingerla fosse stato Davide. Non sarebbe mai riuscito a perdonarlo se le fosse accaduto qualcosa.
<< Okay >> rispose titubante << Cerca di sforzarti troppo >>.
Mentre la guardava andare via, Eleonora si domandò cosa poteva fare per riacquisire la sua fiducia.
 
Nel pomeriggio la situazione non era cambiata. Eleonora era stesa sul divano del salone e osservava il soffitto sperando di sentirsi meglio mentre pensava a Martina. Davide non le aveva parlato per niente, era strano non ricevere nessuno dei suoi messaggi che di solito si mandavano. Sospirò portandosi una mano sulla fronte. Voleva fare qualcosa per rimediare ma non sapeva come. Improvvisamente sentì dei passi provenire dall’ingresso; si voltò appena sperando che fosse Claudia e non Federico. Invece le sue speranze sfumarono non appena incontrò i suoi occhi azzurri. Sbuffò accendendo la televisione e mettendo ad elevato volume anche se non le interessava ciò che si stava trasmettendo. Il fratello alzò gli occhi al cielo e salì al piano superiore. Quando la ragazza sentì lo scrosciare dell’acqua comprese che era sotto la doccia. Si passò una mano tra i capelli. Quello era un altro problema che non voleva affrontare. La sua sola presenza la irritava terribilmente, si chiese come sarebbe riuscita ad intavolare una conversazione calma con lui. Si mise seduta facendo svogliatamente zapping e controllò il suo cellulare per l’ennesima volta. Doveva trovare un modo per rimediare alla situazione con Martina, doveva riuscirci altrimenti sarebbe impazzita.
E questa potrebbe essere la volta buona che ammazzo mio fratello, pensò con una nota ironica.
Improvvisamente un pensiero la fulminò e si diede della stupida per non averci pensato prima. C’era un modo per rimediare ai suoi errori e tentare, per lo meno, di tornare a vederla sorridere. Sarebbe morta per un altro di quei sorrisi. Corse nella sua stanza e accese il computer. Si collegò a Facebook e in pochi minuti terminò. Ora doveva solo attendere una risposta.
 
Nel suo sguardo vi leggeva la stessa sorpresa che aveva lei. Era sbalordita da cosa stava facendo, mai avrebbe creduto che sarebbe accaduto. Veronica Suena alternava gli occhi dalla tazzina di caffè appena arrivata alla ragazza che le stava di fronte che invece fissava il suo succo di frutta. Tossì per richiamare la sua attenzione ed Eleonora posò i suoi grandi occhi verdi su di lei. Entrambe erano enormemente a disagio. La ragazza dai capelli biondi l’aveva contatta sul famoso social network per invitarla a prendere qualcosa al bar e poterle parlare. All’inizio aveva creduto che fosse uno scherzo ma l’altra aveva insistito così tanto da farla accettare ma da quando erano arrivate, a parte le ordinazioni, ancora non avevano aperto bocca. Nell’osservarla a così breve distanza, Veronica dovette ammettere che era davvero bella. Aveva dei lineamenti dolci e armoniosi, il colore dei suoi occhi era acceso e la linea delle sopracciglia era perfetta. Stronza e terribilmente incantevole, non avrebbe dovuto meravigliarsi troppo quando aveva scoperto che Martina si era innamorata di lei. Qualunque apprezzamento avesse ricevuto, era meritato sicuramente.
<< Senti, io… >> iniziò Eleonora rompendo il silenzio senza sapere da dove si iniziasse. Fece un respiro profondo abbassando e alzando lo sguardo su Veronica << Volevo chiederti scusa >>.
La più grande sbatté un paio di volte le palpebre per essere sicura di non stare sognando. Aveva detto davvero quello che aveva sentito? Eleonora Domenghi che pronuncia delle scuse? Anche lei era capace di farlo?
<< Mi dispiace per la tua auto…io…se potessi tornare indietro, non lo farei di nuovo. È stato un gesto sconsiderato da parte mia >>.
Detto, allungò sul tavolo una busta bianca da lettere.
Veronica la guardò senza muoversi e poi tornò ad osservare il volto dell’altra. Aveva la mascella serrata ed era parecchio tesa.
<< Cos’è? >> domandò cauta.
<< Il mio modo per chiederti scusa >> rispose Eleonora rigidamente.
Si spostò leggermente sulla sedia pensando che era più difficile di quanto credesse. Vide Veronica prendere la busta, aprirla e subito dopo posarla dove l’aveva trovata.
<< E’ uno scherzo? >> chiese << Adesso Molarte spunterà fuori da qualche parte e mi picchierà? >>.
Per un attimo la ragazza dai capelli chiari non seppe se ridere o arrabbiarsi per quello che aveva appena detto sul suo amico. Era così che era considerato? Un violento? Il fatto che si fosse eccitato notevolmente dopo aver bruciato la Cinquecento dell’altra, doveva farla riflettere? Scosse il capo.
<< Ti prego di accettarli >> fece infine << Sono i soldi che metto sempre da parte per la vacanza a Cortina e quella estiva, prendili tu. Non posso ricomprarti per intero la macchina ma posso pagarti qualche rata almeno. Le vacanze posso farle l’anno prossimo >>.
<< Come dovrei interpretare questo tuo gesto, Domenghi? >>.
<< Come un segno di pace. Io non avrei dovuto fare quello che ho fatto, mi dispiace >>.
A quelle parole, Veronica abbassò lo sguardo verso il suo caffè ormai freddo.
<< In parte è anche colpa mia >> disse << Quando ho scoperto che Martina era innamorata di te, non sarei dovuta venire fuori il Circolo Tennis per dirti quello che avevamo fatto insieme. È solo che non…non ho capito niente in quel momento. E non avrei mai e poi mai provare a… >>.
Lasciò la frase a metà sapendo che Eleonora avesse compreso. Tra le due cadde un profondo silenzio. Ognuna era immersa nei propri pensieri e nelle proprie colpe.
<< Ti prego, trattala bene >> sospirò Veronica dopo qualche minuto << Non farle altro male >>.
<< Non ho mai voluto fargliene in realtà >> rispose l’altra passandosi una mano tra i capelli mentre non poteva fare a meno di domandarsi dove fosse e cosa stesse facendo.
<< Ne sei innamorata, Domenghi? >>.
Il volto di Eleonora prese letteralmente fuoco e iniziò a tossire. A quel segnale, la più grande esibì un mezzo sorriso.
<< Allora la lascio in buone mani >>.
Questa volta toccò alla più piccola guardarla con aria interrogativa.
<< La settimana prossima parto. Primo imbarco come allievo, starò via quattro o cinque mesi >>.
<< Oh >> disse sorpresa l’altra allungando una mano verso di lei << Allora buona fortuna >>.
<< Grazie >> replicò Veronica stringendogliela.
 
Sofia guardò la figura seduta sul motorino sotto casa dalla finestra della cucina mentre lavava le stoviglie sporche e sospirò. Era da martedì che vedeva Eleonora arrivare dopo cena e restare lì in attesa; quel giorno era venerdì. La prima volta era rimasta alquanto sorpresa e si era affrettata a chiamare Martina per avvisarla ma la figlia non era voluta scendere. Non le aveva raccontato cosa fosse accaduto tra loro ma doveva essere qualcosa di grave per spingere la ragazza a reagire in quel modo. Non voleva vederla, le aveva detto che non se la sentiva e quando le aveva domandato se fosse riuscita a perdonarla per qualunque cosa avesse fatto, si era limitata a stringersi nelle spalle. Eppure doveva farlo, si vedeva distintamente che stava male per quella situazione. Improvvisamente una leggera pioggia iniziò a cadere. Si tolse i guanti chiamando la figlia che accorse quasi subito.
<< E’ di nuovo giù >> l’avvisò semplicemente.
<< Oh >> disse Martina gettando una veloce occhiata alla finestra.
<< Sta piovendo, Martina >> le fece notare sua madre << Perché non scendi a vedere cosa vuole? >>.
<< Mamma…lei… >>.
<< Viene tutte le sere qui per parlare con te. Non merita nemmeno di essere ascoltata? >> la interruppe la donna provando a convincerla.
La ragazza chinò il capo.
<< Se non vuoi farlo per lei, fallo per te >>.
Martina alzò di scatto lo sguardò su Sofia. Era così evidente che stava male? In effetti, si sentiva uno straccio. A scuola, lei ed Eleonora si limitavano a guardarsi durante l’intervallo; nessuna delle due muoveva un passo verso l’altra ma entrambe sentivano distintamente gli occhi dell’altra addosso. Qualcosa era cambiato rispetto a prima, tra la più grande e Davide si era frapposta una certa distanza che la portava anche a parlarsi solo con brevi monosillabi. Non sapeva cosa fosse successo ma era sicuramente qualcosa di grave per stare in quel modo anche a distanza di giorni. Fece un respiro profondo e si voltò in direzione della porta di casa. Indossò il giubbotto e le scarpe, prese l’ombrello e gettò un’ultima occhiata alla madre che la stava osservando sorridendo.
 
Eleonora si passò una mano tra i capelli che si stavano bagnando. Non sapeva che altro fare per riuscire a parlare con Martina. Erano giorni che si appostava sotto il suo palazzo affinché, vedendola, le si avvicinasse. Al liceo aveva evitato di rivolgerle la parola per timore di come avrebbe reagito e non poteva rischiare di vedersi arrivare uno schiaffo morale in pieno viso davanti a tutte le persone che conosceva. Controllò l’ora e tornò nella posizione iniziale. Sarebbe tornata ancora, ancora e ancora finché non le avesse dato la possibilità di raccontarle quello che aveva fatto e cercare di rimettere a posto le cose con lei. Ne aveva bisogno. Dopo la chiacchierata con Veronica, si era sentita meglio; come se finalmente quel macigno che si portava sul cuore fosse stato tolto. E riflettendo in modo più oggettivo su ciò che conosceva della situazione tra Vittorio e Sara, era arrivata ad ammettere che lui era parecchio possessivo.
Chissà come stanno, si disse alzando gli occhi verso il cielo.
Si asciugò il viso nel momento in cui il portone si aprì rivelando la figura di Martina. Un sorriso le increspò le labbra ancor prima di rendersi conto che lo stava facendo. La ragazza le si avvicinò dopo aver aperto l’ombrello e fece in modo di coprire anche l’altra.
<< Ciao >> salutò Eleonora senza staccare gli occhi da lei.
<< Ciao >> replicò Martina col cuore che iniziava a batterle più forte nel petto come ogni volta che c’era così poca distanza tra loro << Dovresti tornare a casa se non vuoi ammalarti nuovamente >>.
La più grande scosse il capo e distolse lo sguardo per osservare la strada deserta.
<< E’ proprio come quella volta, non credi? >>.
La ragazza dai capelli rossi guardò nella sua stessa direzione e annuì capendo a cosa si riferisse. Pioveva anche la sera in cui le aveva confessato, con un bacio, di amarla.
<< Vai a casa, Eleonora >> le disse poi.
Ma l’altra scosse il capo mentre sentiva che quello era il momento giusto per rivelarle i suoi sentimenti. Se non l’avesse fatto ora, non avrebbe trovato più il coraggio di farlo.
<< Non posso >>.
<< Credi che venendo qui tutte le sere, tu possa cancellare quello che hai fatto? >>.
Eleonora si bloccò per un istante sentendo ancora il senso di colpa, più leggero di prima, pungerle lo stomaco; poi cercò la sua mano libera e intrecciò le loro dita stringendo dopo essersi accorta che Martina aveva provato a sottrarsi. Si guardarono negli occhi.
<< Ho parlato con Veronica e… >>.
La più piccola non la fece terminare. Lasciò andare l’ombrello, si liberò dalla sua presa e le avvolse il collo con entrambe le braccia. Non aveva bisogno di altre parole per capire cosa aveva fatto; sentirla pronunciare il nome e non il cognome dell’altra ragazza, le aveva fatto comprendere che aveva scelto la strada giusta, la strada della ricerca del perdono. Avvicinò il suo viso a quello di Eleonora e si bloccò quando le loro labbra erano a pochi millimetri. A chiudere quello spazio fu la ragazza dai capelli biondi che la baciò con impeto e passione. Martina chiuse gli occhi lasciandosi andare a quella sensazione di benessere e di felicità che la invadeva ogni volta che sentiva l’odore della sua pelle. E insieme a tutto questo, adesso c’era anche la consapevolezza che Eleonora avesse accettato e contraccambiato quello che provava. Quel bacio glielo stava facendo capire. Quando si sciolsero, la più piccola non lesse né dubbi né timori nello sguardo della bionda, era ridente e appagato come il suo. Poggiò la fronte sulla sua senza smettere di guardarla e fece un respiro profondo mentre posava una mano sul petto dove batteva il cuore. Eleonora le diede un altro bacio sulla guancia e le sorrise.
<< Cosa succederà adesso? >> chiese in un soffio.
<< Qualunque cosa succeda, la affronteremo insieme >>.
 
 
 
 
 
  
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