CAPITOLO
3
Quella volta fu lui ad arrivare in ritardo. Era lui che
stavano tutti aspettando in sala relax, seduti, stranamente
tranquilli.
“Ti è successo qualcosa?”, si precipitò a dirgli
Tom.
“Oh no, tranquilli, avevo solo da fare una commissione che mi
ha portato via più tempo del previsto.”, disse Georg, togliendosi sciarpa,
cappello e giacca.
“E cosa dovevi fare?”, continuò a domandargli
Bill, mentre si arrotolava una ciocca di capelli tra le
dita.
Riconsegnare un libro.”, disse Georg, sedendosi pesantemente
sul divano.
“Il solito libro di ieri?”, gli fece Gustav,
abbozzando un mezzo sorriso.
“Sì… quello. E scusami se ti ho
aggredito perchè mi stavi disturbando mentre leggevo.”, gli disse, “Scusami
davvero.”
“Oh no, tranquillo, figurati.”, rispose Gustav, con la
sua solita calma, “Lo sapevo che non eri in te quel momento!”
“Sì,
davvero, non so come ho fatto a perdermi per una cosa del genere!”, esclamò
Georg ridendo.
“Perchè? Che libro era?”, domandò Tom con
interesse.
“Era ‘La storia infinta.’, avete mai visto il
film?”, disse Georg, ingenuamente.
Gli altri tre si guardarono,
poi abbassarono la testa ed i loro occhi si fecero sfuggenti.
“Non
vi ho chiesto se avete visto i vostri genitori fare sesso!”, sbottò lui, stupito
dalla reticenza dei suoi amici.
“Beh… forse un paio di volte.”,
disse Tom.
“Mi associo.”, rivelò Bill.
Gli occhi si
spostarono su Gustav, l’unico che ancora non aveva parlato.
“Va
bene… l’ho visto anche io.”, disse, sentendosi indagato dai loro
sguardi.
“Lo hai restituito in biblioteca?”, gli fece
Bill.
“Sì… una cosa del genere.”, circumnavigò
Georg.
“Una cosa del genere?”, ribattè Tom.
I suoi amici sembravano essere diventati improvvisamente
curiosi.
“Cos’è tutto questo interesse verso quel libro?”, sbottò
Georg, lievemente infastidito.
“Beh… non leggi mai, dici sempre
che non ti piace farlo… parli appunto di doverne riconsegnare uno e a noi pare
strano. Tutto qui.”, spiegò con calma Bill.
“Almeno ti è piaciuto
per quello che hai letto, Georg?”, disse Tom, alzandosi e
stiracchiandosi.
“Sì… era carino, mi aveva anche preso, lì per
lì…”, confidò loro Georg, sentendosi un po’ stupido per quello che
diceva.
“Ah bene, stasera lo danno anche in tv se non sbaglio.
Guarda un po’ il caso.”, disse Bill, sghignazzando, “Sono sicuro che ti metterai
apposta a guardarlo perchè vuoi vedere se è uguale al libro!”
“Sì,
prendetemi pure in giro…”, fece Georg, ridendo.
“Prenderti in
giro?!? Noi?!?! Mai!”, esclamò Gustav, mettendosi una mano sul
petto.
“E sicuramente la settimana prossima ci sarà pure il
seguito in tv… La storia infinita due!”, disse Tom, sbuffando una
risata.
“Ti sei dimenticato del tre, Tom!”, continuò Bill nello
sfottimento generale di Georg.
“Che stronzi che siete.”, fece il
ragazzo, mandando indietro la testa sullo schienale del
divano.
“Sei tu che ti diverti con le robe per bambini!”, fece
Tom, “Non pensi di essere un po’ cresciutello?”
Non ci furono battibecchi, musi lunghi e
liti furibonde. Non c’era Bill che se la prendeva con Tom. Non c’era Tom che se
la prendeva con Bill. Non c’era Bill che se la prendeva con Gustav. Non c’era
Tom che se la prendeva con Gustav…
Insomma, non c’era nessuno che
se la prendeva con qualcuno.
La quiete prima della
tempesta?
Forse sì, forse no.
Tutti sembravano
essersi svegliati di buon umore. Tutti, tranne Georg. A parte la sua personale
condizione, tutto sembrava filare liscio. Non si sentiva in forma, per niente.
Gli facevano male la testa, il collo e le spalle. Pure il fondoschiena, seduto
su quello sgabello scomodo.
Gli pareva di essere un
catorcio.
Non aveva quasi chiuso occhio e, se aveva dormito, aveva sognato
il signor Metternich che lo inseguiva con il suo giornale arrotolato.
Aveva
incontrato la sua nipote antipaticamente crudele.
Gli altri tre lo avevano
preso magnificamente per il culo e, a quando stava intuendo dalle note suonate
da Tom, continuavano a farlo tutt’ora. Bill, sulla melodia del fratello, aveva
preso a cantare la celeberrima colonna sonora del film.
Gustav
sghignazzava alle loro spalle. Anzi, si stava quasi buttando in terra dalle
risate.
E lui, che quando si svegliava male era una belva, sentiva
che qualcosa laggiù iniziava a vorticare
paurosamente.
“Continuiamo per piacere?”, disse, cercando di
ignorarli.
“Ok… va bene…”, fece Bill, prima di scoppiare di nuovo
a ridere, trascinando dietro a sé anche gli altri due.
"Andate a
fanculo, va’!”, esclamò Georg, abbandonando il suo basso e uscendo dalla sala
prove.
Va bene, aveva preso a leggere un libro per bambini… e con
ciò? C’era qualcosa di male? Era punibile secondo codice penale?
No!
E per questo non voleva nemmeno essere preso continuamente per
il culo da quei tre deficienti che, forse, non leggevano quei libri ma, a
vederli, sembravano più che bambini. Se la stava prendendo per una cazzata, ma
siccome gli giravano le palle da quando si era alzato, era più che giustificato.
Andò in sala relax e si buttò sul divano, con le mani dietro la
testa. Tre secondi ed anche gli altri sarebbero arrivati, ricominciando a
sfotterlo perchè aveva fatto il permaloso.
Due...
“E
dai, Georg! Stavamo scherzando!”, fece Gustav, affacciandosi nella
stanza.
Ecco il primo.
“Andiamo! Non fare il
bambino!”, disse Bill.
Ecco il secondo. Ora mancava solo la
conclusione perfetta.
“Vuoi che ti vada noleggiare il film così lo
vediamo tutti insieme appassionatamente?”, esclamò Tom, infiocchettando un bel
pacchetto regalo che conteneva un sonoro…
“Vaffanculo!”, gridò
Georg, “Possibile che non sappiate mai capire quando è il momento di finirla con
le cazzate?”
“Piantala Georg! Sei tu quello che non sa stare allo
scherzo!”, fece Bill, incrociando le braccia.
“No, ti sbagli, allo
scherzo ci sono stato finché non è diventato pesante!”, proseguì Georg, che
intanto aveva iniziato a prendere le sue cose, “Siete voi che non riuscite a
contenervi mai.”
Indossò in fretta il giubbotto e la sciarpa e,
sotto gli occhi increduli dei suoi amici, se ne andò.
“Che sia
rimbambito?”, fece Tom, infilandosi le mani in tasca.
“Mah…”,
borbottò Gustav, “Secondo me… è diventato scemo.”
Guidò fino a casa, imprecando contro tutti quelli che si
impegnavano diligentemente a rispettare i limiti di velocità. Lasciò la macchina
nel parcheggio sotterraneo, insieme a tutte quelle dei proprietari degli altri
appartamenti.
Sopra la sua testa, in superficie, stavano tre
blocchi di appartamenti extra lusso. Vi si accedeva tramite un grande cancello,
con una carta magnetica, oppure facendosi identificare dal vigilante, dentro al
suo casottino, accanto al'entrata.
Nei pressi del centro della
città, di recente costruzione, ogni blocco era composto da pochi appartamenti.
Quello dove viveva lui, il terzo, era il più grande: aveva cinque piani, e
quindi cinque appartamenti di minimo centocinquanta metri quadri. L’aspetto
esterno era piuttosto lindo: muri lisci e bianchi, terrazzine, lunghe finestre,
balaustre con colonne.
L’ascensore lo portò direttamente davanti
alla porta di casa sua. Infilò le chiavi ed entrò, lasciandole poi abbandonate a
se stesse su una piccola mensola, affissa al muro, vicino alla porta.
A passi mesti andò verso camera sua e, una volta vicino al letto,
aprì le braccia e vi si buttò sopra, a faccia in giù.
Nei te
chilometri di strade aggrovigliate che aveva percorso, si era pentito di essersi
comportato irragionevolmente, irrazionalmente e deficientemente come aveva
fatto. Gli altri volevano solo scherzare, mica offenderlo! Ma lui niente, pareva
essere diventato ancora più permaloso di Bill.
E tutto per uno
stupido, cretino, idiota, imbecille libro.
E di nuovo, libro per
B-A-M-B-I-N-I.
Quando aveva smesso di essere un bambino? Forse
verso di dodici, tredici anni e in quel momento, che ne aveva venticinque
suonati, era un po’ troppo tardi per attaccarsi a ‘La storia
infinita’.
Sì, era meglio chiamare tutti gli altri e
scusarsi.
Ma lo avrebbe fatto forse più tardi…
In
quel momento aveva sonno, tanto sonno…
Con la mente impastata, non seppe
riconoscere se il trillo che sentiva era il telefono oppure la sveglia… o anche
il citofono. Ma visto che la sveglia sul comodino non dava segni di vita ed il
suo cellulare aveva come suoneria ‘Fear of the
Dark’ degli Iron Maiden, il drin-drin che sentiva era senz'altro il
campanello.
Andò lentamente verso la porta, stropicciandosi gli
occhi e tirandosi le palpebre, per svegliarsi meglio. Guardò dallo spioncino ed
una testolina bionda, dai lineamenti fini, stava ad aspettare che le venisse
aperta la porta. Era Helen.
Con la mano pesante, afferrò la
maniglia e la spinse in basso. Lei, silenziosamente entrò dentro
l’appartamento.
“Ma… hai dormito vestito per caso?”, gli domandò,
squadrandolo per cinque perenni secondi.
“No, è che… sì, diciamo
di sì.”, fece Georg. Era troppo difficile articolare i
pensieri.
“Ah bene…”, disse lei. Poi, dall’impercettibile
movimento delle sue narici, Georg comprese che era meglio andare a darsi una
lavata.
“Accomodati.”, le disse, “Vado a darmi una
sistemata.”
“Ok.”, fece lei, sorridendogli.
Non era
la prima volta che veniva a casa sua, forse poteva essere la quarta o la quinta,
ma sembrava già sentirsi a suo agio. Velocemente, si sedette sul divano, prese
il telecomando ed accese la tv mentre lui non riusciva nemmeno a coordinare i
piedi nel modo corretto.
Ma dopo doccia e vestiti puliti, anche
lui ragionava meglio. Dette uno sguardo veloce all’orologio appeso in bagno…
erano le sei e mezza?!? Aveva dormito ininterrottamente da mezzogiorno, ora in
cui aveva messo piede in casa, fino alle sei e mezza…
E dato che
ci pensava, gli era venuta anche una fame da lupi. Tornò da Helen con l’idea di
portarla a mangiare fuori e gliela propose, ma lei negò con la
testa.
“No, non ne ho voglia.”, fece, con una smorfia, “Ci
facciamo portare qualcosa dal cinese e lo mangiamo qua?”
“Mmhh….
Beh, può andare.”, disse lui. Non gli piaceva molto la cucina cinese, ma poteva
accontentarsi per una sera.
Lei, rapida come sempre, prese il suo
telefono e cercò il giusto nome in rubrica, ordinando ciò che pensava fosse
adatto per entrambi.
L’aveva conosciuta tramite amici di Gustav,
qualche mese fa e, prima lentamente, poi sempre più di frequente, avevano
iniziato ad uscire insieme. Non che si potessero dire fidanzati, tutt’altro, ma
erano semplicemente due che si frequentavano e che stavano bene insieme. Helen
era carina, anzi molto carina, dolce e simpatica. Anche intelligente, lavorava
come assistente del direttore di un noto giornale di moda tedesco e, per avere
solo ventitre anni, era una che ci sapeva fare con gli altri. In pratica,
otteneva sempre quello che voleva.
Dopo aver riposato il telefono,
prese il suo ragazzo per la maglietta ed iniziò a baciarselo di gusto, lasciando
che la televisione continuasse a riportare le notizie del
giorno….
Era una che aveva sempre iniziativa, che non si faceva
trascinare da nessuno. E queste era un particolare che a Georg non andava molto
a genio.
In certe cose, a lui sarebbe piaciuto, diciamo,
‘attaccare il discorso’… Ma, come era successo in quel momento, o era lei
ad iniziarlo, oppure sfoderava la classica e indelebile scusa del ‘scusami ma
ho un po’ di mal di testa’.
Non c’era solo quel particolare
che lo infastidiva un po’, ma anche il fatto che Helen era una persona un po’
troppo diretta. Era una che le cose non le mandava a dire dietro, le diceva
direttamente in faccia, senza preoccuparsi di cosa poteva scatenare nell’altro.
Poteva essere un pregio, a volte, ma spesso nelle sue mani diventava un’arma per
mettere in ridicolo gli altri.
Una volta lo aveva fatto con Tom e
lui, se non fosse stata una bella ragazza, le avrebbe quasi risposto con un bel
‘vaffanculo nana’, data la sua bassa statura. Ma siccome era carina aveva
chiuso un occhio ed era passato sopra al suo ‘il look hip-hop trasandato
andava moda negli anni ottanta, aggiornati’.
Non erano anime
gemelle, anzi, tutt’altro: solo due persone che si trovavano bene insieme, senza
volersi impegnare né obbligarsi in qualcosa di più. Fine della
questione.
“Merda!”, esclamò Helen, prendendo a
rivestirsi.
“Dai… vado io.”, disse Georg.
“No,
faccio io.”, fece lei, dandogli un bacio schioccante.
Il fattorino
la attendeva alla porta con le sue buste colme di cibo e, dopo averle
ripassate nel microonde, si servirono la cena sul divano.
“Scusami
ancora per ieri sera ma è stata una giornataccia. Anzi, è stata pessima.”, le
disse Georg, mentre si mangiava i suoi spaghetti alla
non-sapeva-che-cosa.
“Non ti preoccupare, ne ho fatto un dramma
per niente.”, fece Helen, arricciando il suo nasino, “Cosa è
successo?”
“Sembravano tutti incazzati, o meglio, lo erano
davvero. Alla fine ce ne siamo dovuti tornare a casa per fatti nostri dopo
nemmeno mezz’ora di prove.”
“Mi dispiace.”, disse lei, “Di chi era
la colpa?”
“Di tutti e di nessuno. Ognuno aveva i suoi motivi per
essere arrabbiato.”
“E il tuo qual era?”, gli
chiese.
Georg preferì tacere sulla questione, inventandosi che si
era alzato male.
“E oggi? E’ andata meglio?”
Tacque
anche su quello, dicendole solo una parziale verità, cioè che si era un’altra
volta levato con la luna di traverso.
“Come mai? Dormi poco la
notte?”
E di nuovo sviò la risposta.
“Mi dispiace
che in questi ultimi tempi siate un pochino in crisi.”, fece lei, “Ma vedrai che
tutto si risolverà, è solo una cosa passeggera.”
“Sì, lo spero
anche io. Ovviamente sai cosa devi fare.”, disse Georg, guardandola
seriamente.
Lei si passò due dita sulla bocca. Se l’era
immaginariamente cucita.
Finirono di mangiare in silenzio, guardando
distrattamente la tv.
“Non c’è nient’altro in tv?”, fece Helen,
afferrando il telecomando ed iniziando a fare zapping alla ricerca di qualcosa
di interessante.
Ogni canale veniva rimpiazzato da un altro nel
giro di pochissimi secondi e, tra un’immagine sospesa ed
un’altra…
“Ferma! Torna indietro…”, esclamò
Georg.
“Visto qualcosa di interessante?”, disse l’altra, facendo
zapping al contrario.
“Ecco… ferma qui.”, fece
lui.
Trasmettevano l'immagine di un ragazzino che, in quella che
pareva una vecchia soffitta, stava spostando un materasso e, dopo averci
appoggiato sopra il suo zaino, vi si sedette a gambe incrociate, con un libro
aperto tra le mani.
“Che film è?”, fece Helen,
spazientita.
“Sembra… curioso.”, balbettò Georg, cercando di
sembrare il più disinteressato possibile.
Il bambino iniziò a
leggere e….
“Ah! Sì, ho capito… è quella storia infinita… due
palle!”, esclamò Helen, cambiando inaspettatamente canale.
“E
dai!”, protestò Georg, cercando di riprenderle il telecomando di mano “Rimettilo
lì.”
“No, io non lo voglio vedere.”, fece lei, sfuggendogli, “Non
l’ho mai sopportato.”
“Perchè?”, le chiese.
“Perchè
è uno di quei classici film dove ti dicono sempre di credere ai tuoi sogni ed
alle tue speranze… mpf! Ma fatemi il piacere! Rifilare queste sciocchezze ai
bambini può far loro solo del male!”, sbottò lei, “E poi siamo troppo grandi per
vederlo.”
Era inutile obiettare. O faceva come voleva lei, oppure
c’era da litigare. E visto che lo aveva già fatto una volta quella mattina,
poteva anche piegarsi alla sua volontà.
Comunque aveva ancora una domanda da
farle.
“E tu cosa sognavi, da bambina?”, le chiese, quasi con aria
di sfida.
“Di diventare una fotomodella.”, rispose lei, con una
smorfia sulla faccia.
“E perchè non hai seguito il tuo
sogno?”
“Perchè sono troppo bassa. La realtà dei fatti ha
costretto il mo sogno a frantumarsi. Ecco perchè i bambini dovrebbero crescere
con il vero senso delle cose. Così quando diventano grandi e capiscono come gira
veramente il mondo non ne rimangono delusi.”, disse lei, amaramente, “E il tuo?
Qual era il tuo sogno?”
“Beh… diventare un musicista, ci ho
creduto e lo sono diventato.”, le rispose.
Lei rimase un attimo in
silenzio, poi spostò i suoi occhi sullo schermo e riprese a fare
zapping.
“Questione di culo. Ti sei trovato con le persone giuste,
nel momento giusto e nel luogo giusto.”, sibilò lei, quasi pareva
invidiosa.
Se veramente non avesse già perso il controllo quella
mattina con i ragazzi, l’avrebbe sbattuta fuori di casa in quell’istante,
dicendole che non la voleva più vedere.
Ma era stata fortunata.
E lui era comunque sempre troppo buono con
lei.
“Guarda, questo sì che è un bel film.”, disse Helen, che non
si era accorta dello stato fumogeno in cui riversava Georg, “Ti
dispiace?”
“Che cosa è…”, fece lui,
sconsolato.
“Guardia del corpo… quello con Whitney Houston…”,
disse lei, contenta.
Gesù… era il film che odiava più di tutti in
assoluto.
“Vai… inizia pure a guardarlo, io devo fare una cosa nel
frattempo.”, le disse, alzandosi dal divano.
“E cosa?”, fece lei,
guardandolo interrogativamente, quasi scocciata.
“Una… cosa… di
là.”, balbettò, chiudendosi in camera.
Non aveva da fare un cazzo,
ma si mise a girellare per la sua stanza a raccogliere i vestiti sparsi a terra
ed a riassettare il letto ancora disfatto. E poi doveva farsi passare la rabbia
che gli era fermentata dentro, altrimenti sarebbe scoppiato in un eccesso d’ira
poco appropriato. Non gli piaceva dare di matto, lo odiava, e preferiva sempre
ritrovare la calma, piuttosto che urlare in faccia alla
gente.
Dopo qualche minuto Helen bussò alla sua porta,
chiedendogli se c’era qualcosa che non andava.
“No, tranquilla, è
tutto a posto.”, le disse. Stava mettendo nel sacco bianco di cotone tutti gli
abiti da lavare, così quando la mattina successiva sarebbe venuta la domestica
li avrebbe sistemati lei.
“Credo che tu te la sia presa per
quello che ti ho detto. Non è così?”, fece lei, appoggiandosi allo stipite della
porta.
Georg sospirò e contò fino a dieci.
“No, ti
ho detto che va tutto bene. Adesso fammi finire qua, poi torno da
te.”
“Ma hai una domestica, falle fare a lei queste cose.”,
ribatté Helen, continuando a provocarlo.
“Ci metto solo altri
cinque minuti.”, disse Georg, sperando di essere più che
convincente.
“Guarda che possiamo vedere un altro film, se vuoi.”,
disse Helen, indicando la televisione alle sue spalle.
“Ti ho
detto che arrivo subito!”, le gridò contro Georg, “Perchè devi sempre ribattere?
Perchè non capisci mai quando è il momento di… chiudere quella maledetta
bocca!”
Ecco.
Lo aveva fatto.
Era
esploso di nuovo.
Lei, da prima sorpresa, poi straniata ed infine
incazzata, si voltò sui tacchi, prese la sua roba e, senza dire una parola, uscì
dall’appartamento.
Georg buttò a terra gli abiti raccolti, dando
loro un calcio e facendoli volare per aria.
Si sedette sul letto
sospirando.
Che cosa gli stava succedendo?
Perchè
era diventato così irascibile?
Non lo era mai stato.
Mai.
Sempre tranquillo, calmo e
pacifico.
Make love not
war
Eppure ultimamente
non aveva fatto altro che perdere il controllo per niente. A dire il vero, Helen
gli aveva dato un buon motivo per incazzarsi: in pratica gli aveva detto che
aveva avuto successo solo per culo!
Ma il resto delle volte?
Non aveva senso, per niente.
Ultimamente, tutto
sembrava andare storto.
I discografici avevano affilato i denti
per stritolarli ben bene.
Il loro sesto album non stava
raggiungendo il tetto delle vendite dei precedenti: era in vetta alla classifica
da quando era uscito, cioè da ben quattro settimane, ma al terzo posto, mai al
primo. I singoli si erano fermati massimo al quarto. La critica era stata come
una ghigliottina: aveva mozzato le loro quattro teste, definendo le loro nuove
canzoni come ‘una maionese impazzita dei vecchi
successi’.
Alcune date erano saltate perchè l’organizzazione
del tour aveva combinato dei casini tremendi. Su venti concerti, nemmeno uno era
andato in sold out. Il resto aveva venduto solo poco più della metà dei
biglietti.
I giornalisti stavano ricamando rose e fiori su di loro
ed il titolo più quotato sulle riviste era: Tokio Hotel, bolla di
sapone?. Cavolo, erano quasi dieci anni che erano diventati famosi ed ancora
stavano lì a discutere sul fatto che fossero stati solo una meteora di inizio
millennio o un gruppo destinato a durare!
Ma il problema più
grosso era che il gruppo non era più unito come una volta. La pressione dei
media, della casa discografica, le critiche pesanti, la sfiga che dilagava…
insomma, era inutile stare a psicoanalizzare ogni singola causa del loro
apparente declino. Quello che stava succedendo a loro era capitato a milioni di
altri gruppi famosi e si poteva immaginare benissimo senza stare troppo a
dilungarsi.
Ma siccome era una persona ottimista, era uno che
stringeva i denti ed andava avanti, non si era mai fatto prendere dallo
sconforto. Sperava semplicemente in un tempo migliore, in un
riscatto per lui e per gli altri. Prima o poi sarebbe arrivato. E se non
succedeva, allora fanculo a tutto. Si sarebbe speso tutti i soldi in droga e poi
lo avrebbero ritrovato morto in una camera d’albergo, abbandonato a se
stesso.
Sì, certo, Georg avrebbe fatto quella fine? Sbuffò,
scazzava anche nei pensieri.
Si tolse dalla camera e tornò a guardarsi la
tv. Dopo qualche minuto di zapping, la tv venne fermata su un canale preciso e,
visto che non c’era nessuno a prenderlo per il culo, si guardò pacificamente
quel film così tanto criticato dai suoi amici e dalla sua
ragazza.
“Ma questa è un’altra storia…”, fu la frase
pronunciata dalla voce fuoricampo che concluse il film.
Beh, la
tecnologia e gli effetti speciali utilizzati non erano molto di qualità, o
meglio, al momento in cui fu girato erano state utilizzate sicuramente le
migliori avanguardie cinematografiche ma ora si vedeva lontano un miglio che
tutte le creature fantastiche erano degli manichini animati.
Tutto
sommato non era stato poi un filmaccio, come lo avevano dipinto. Aveva una
morale un po’ classica, cioè credere nei sogni e nelle speranze perchè
altrimenti la vita si sarebbe ridotta ad una sorta di automazione robotica. Il
Nulla era quindi il male cagionato dal mondo reale su quello fantastico: la
perdita della speranza e dell’immaginazione dell’uomo si ripercuotevano su
Fantàsia, facendola inghiottire dal Nulla.
Non aveva potuto
seguire il film dall’inizio, lo aveva preso dal momento in cui Atreiu perse il
Fortunadrago Falkor in una tempesta causata dal Nulla. Lui non aveva letto
niente del genere nel libro, si era arrestato molto prima e gli venne la
curiosità di sapere quanto la sceneggiatura cinematografica si fosse accostata
alla storia descritta dall’autore. Sicuramente, quel Michael Ende aveva avuto
un’immaginazione fervidissima per scrivere qualcosa del genere. Lui non ne aveva
mai avuta molta, non si era mai perso in visioni di mondi come Fantàsia…
Se fosse vissuto nella Storia Infinita, poteva sentirsi in parte
responsabile del dilagare nel Nulla!
Sorrise a quel pensiero,
prima di mettersi sotto le coperte ed addormentarsi.
Ta-dah! Eccomi ancora con il nuovo capitolo!
Qualcuna di voi ha commentato dicendomi che i capitoli sono più corti del mio solito... sì, è vero, mea culpa! Mi metterò sui ceci, in ginocchio, in compagnia di Georg...
Per adesso siamo solo all'inizio, siamo ancora in fase di transizione, diciamo che ogni capitolo mi serve per introdurre qualche elemento nuovo oppure specificare una situazione già precedentemente rappresentata...
Dopo questa specificazione, passo ai ringraziamenti!
CowgirlSara: lo so che nella tua menticella già si sta formando il possibile risvolto della trama! Lo so! Lo so! Ti conosco, tu e i tuoi filmini! XD Sono sicura che già stai fermentando.... a proposito! E con Georg, l'altra sera? eheheh!
_Pucia_: sisi, l'autore Michael Ende è tedesco, precisamente di Garmish. Ci hai proprio indovinato, ho solo tenuto nascosto questo particolare perchè non lo ritenevo importante. Dopo aver letto che Georg veramente non legge libri, ho pensato: magari manco lo sa che è suo connazionale! XD Supposizione mia, personale, magari poi è stato suo vicino di casa... chi lo sa? XDDD Brava! Complimenti!
Dark_Irina: se ti sei informata da sola, benissimo! XD se ti sei anche vista il film, nel frattempo, meglio ancora! Grazie per la recensione!
LaTuM: eheheh, che i libri siano pericolosi è cosa risaputa! Pericolosissimi, e Georg ne imparerà a sue spese... via! Ho detto troppo! XD bene, hai parlato della bibliotecaria bruttina... mmm, personaggio che si rivelerà molto interessante (insieme al nonno psicotico!)... Il tuo amico Mulo ti ha fornito il film? Benebene! Guardatelo attentamente! Ma sappi che gli accenni che faccio sono sul libro, che è per molto versi totalmente differente dal film... era tanto per dirtelo, se non ce la fai a leggerlo tranquilla! Su wikipedia c'è il suo riassunto (fatto male, ma c'è). Ci sentiamo su msn! Ciaooo!
Picchia: i tuoi maledetti amichetti ora sono recintati, ho usato il filo elettrificato, così se tentano la fuga se prendono la scossa! Eccheppalle! Sto Georgtreiu mi sta facendo andare il cervello in pappa... grazie per aver notato il sarcasmo nascosto nelle mie descrizioni! Come ho detto prima di iniziare i ringraziamenti, questi primi capitoli servono ad introdurvi nella mia mente malata... già dal prossimo si aprirà la storia vera e propria! Quindi hai ragione tu: la calma prima della tempesta...
Kltz: ho letto il tuo nome spesso tra l'elenco dei preferiti delle mie storie! Ma che piacere trovare una tua recensione! Grazie mille, davvero! Spero che tornerai di nuovo a lasciare un 'pensierino', come li chiamo io! E grazie per i complimenti, su questo sito spesso è il nome ad attirare i lettoni, non tanto le storie!
_Princess_: allora siamo in due, perfetta reincarnazione dei nostri sogni notturni! eheheh! Lui si sogna di essere Atreiu e noi sognamo lui! Hai colto perfettamente nel centro!
Sososisu: eeeeehhhh non sei l'unica con il cervello in folle per il nostro amato Giorgino! Secondo me sta iniziando a riscuotere un certo successo in questa sezione... coalizziamoci! Portiamo il suo nome oltre i confini di Fantàsia... ok, basta con lo sclero, cerchiamo semplicemente di aumentare la sua popolarità, visto che di storielline su tom e bill ce ne sono già anche troppe! Occupiamoci anche del tenero Gugu... poverino, si sente solo e poco considerato...
Lidiuz93: scusa se non ho risposto alla tua mail, ho preferito ringraziarti per i complimenti sull'altra storia qui, adesso! Grazie quindi per la recensione adesso e per la mail, sono felice che ti siano piaciute entrambe le storie!
Alanadepp: nono, tranquilla, non farò alla My Fair Lady! O forse sì... o forse no? Ecco, vedi! Anche io per ringraziare te parto con la disconnessione mentale! ehehehe! .... credevi diventasse il cavallo? Non sarebbe stato niente male... un bello stallone.... aspetta, mi asciugo la bavetta... ok, basta, sennò poi mi disconnetto veramente! eheheh!
Ciribiricoccola: non sai quanto ci metto per scrivere il tuo nick, ogni tre secondi sbaglio... tra ciribiricoccola e chichibio mi si sono attrigate le dita! Eccoti il terzo capitolo! Spero che la tua ansia sia diminuita, altrimenti c'è lo xanax, funziona! ehehehe! Ci sentiamo bella!