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Autore: Stay away_00    16/07/2013    2 recensioni
Essa inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia, poi sospirò in modo quasi teatrale.
-Voglio giocare.-
Annunciò.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Klaus, Mikael, Rebekah, Mikaelson, Tatia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutte le storie hanno un inizio, la maggior parte cominciano con quel teatrale “c’era una volta”, lasciando spazio alla fantasia e raffigurando un mondo completamente diverso dalla realtà in cui viviamo.

Anche noi potremmo cominciare con quella frase, quella che amano milioni di bambini, perché presenta una prospettiva felice, un lieto fine. Chi infondo non ne ha bisogno? Chi non ha bisogno di credere che dopo la tempesta ci sia qualcosa di meglio? Un principe, un castello… magari una donna. Eppure il lieto dine non c’è sempre, le storie terminano quasi sempre in malo modo, oppure semplicemente non hanno una fine, e poi ci sono quelle più particolari, in cui la fine è semplicemente l’inizio ed è di questo che parleremo, della fine che ha dato via all’inizio, della vita che è stata spesa per quel “per sempre”, ma questa volta, non sarà felice.


 Un bambino stava piangendo, chiuso nella sua camera, con le ginocchia sbucciate portate al petto e l’aria stanca, afflitta, mentre suo fratello se ne stava li ad osservarlo, quasi con aria di superiorità con la spada regalatagli da suo padre stretta in una mano.

 Non avrebbe mai saputo come consolare suo fratello, non avrebbe mai saputo che parole dire, che gesti usare, non sarebbe mai riuscito a spiccicare parole, forse perché sapeva che suo fratello si trovava nel torto. Aveva tanto insistito per combattere con lui, che era più grande, aveva già alcune sfide alle spalle, naturalmente non degne di un campione, ma poteva definirsi abbastanza capace per la sua tenera età, suo fratello lo aveva sfidato e in quello stesso istante piangeva, stupido.

 -Niklaus.-

 La voce di loro padre tuonò nella stanza, era un uomo abbastanza burbero, odiava che suo figlio si dimostrasse tanto debole, e odiava anche che proponesse a suo fratello di giocare con un arma che doveva avere l’utilità di difendersi.

 Forse seguendo quegli ideali la mano scattò alla mano del figlio piangente, le lacrime di quest’ultimo si stopparono e il suo sguardo sorpreso si posò su quello di suo padre, mentre si portava una mano tremante alla guancia e si lasciava sfuggire un ultimo, impercettibile, singhiozzo.

 Poco dopo abbassò lo sguardo e stesse in silenzio, era sicuro che tacere era l’unico modo per attenuare l’ira di suo padre, quell’ira che a parere suo era ingiustificata e stupida.

 Poco dopo la venuta di Mikael e del fratello, un’altra persona andò ad assistere al dolore del bambino, una graziosa bambina vestita di azzurro, dagli occhi dello stesso colore e con morbidi boccoli biondi che le ricadevano lungo le spalle.

 Vedendola in quel momento nessun uomo avrebbe mai pensato che non fosse munita di nessuna grazia, che anch’essa amava giocare con la spada e che le sue giornate trascorrevano allegre insieme ai suoi fratelli, essere l’unica donna in famiglia non era una gioia per la bambina, doveva rendere felice sua madre e allo stesso tempo essere degna delle aspettative e della compagnia dei suoi fratelli.

 Il viso di Niklaus si rasserenò mentre sua sorella si avvicinava e le accarezzava delicatamente una guancia, con fare amorevole e quasi materno, poi dalla guancia passò ad accarezzargli la mano e poi la afferrò con una presa salda, costringendolo ad alzarsi e ad avvertire un lieve bruciore alle ginocchia, che ovviamente non diede a vedere.

 Lui non era debole.

 Era quello che si sarebbe ripetuto all’infinito, per giorni e giorni, era quello in cui avrebbe creduto sino a quando qualcuno non gli avrebbe dimostrato il contrario, non voleva essere succube di suo padre, ne di suo fratello, non voleva dipendere da sua sorella, voleva… voleva essere autonomo, uno di quei guerrieri pieni di gloria, per cui l’onore era tutto. Non avrebbe mai ammesso che l’unica cosa che voleva era rendere fiero di lui suo padre, non avrebbe mai ammesso che desiderava ardentemente vedere quella scintilla accendersi nei suoi occhi, scintilla, che come purtroppo sapeva non sarebbe mai sbocciata, Mikael era chiuso nelle sue convinzioni e così sarebbe stato, sempre.

 Strizzò per un attimo gli occhi, poi fece qualche passo, seguendo quella che era sua sorella, seguendola come aveva sempre fatto, fidandosi di lei.

 Sospirò non appena l’aria fresca dell’autunno gli sfiorò il viso, si asciugò le lacrime e sorrisi a Rebekah.

 -Giochiamo?-

 Chiese la bambina in tono insicuro, temendo che il fratello si arrabbiasse, poi si portò la mano alle labbra e abbassò lo sguardo, facendo un piccolo passo e scoccandogli un bacio sulla guancia.

 Niklaus ghignò prima di cingere i fianchi della ragazza per qualche secondo, poi cominciò a farle il solletico, il tempo di capire quello che stava accadendo che essa già aveva cominciato a correre.

 Non ci volle molto prima che esso cominciasse a rincorrerla, ridendo, forse realmente per la prima volta da quando era cominciata quella giornata, forse perché era quello che lo rendeva realmente felice e poteva anche non dedicarsi a suo padre per qualche attimo.

 Solo qualche attimo.

 Si inumidì le labbra e feci per afferrare sua sorella quando una ragazza si piazzò di fronte a lui, bloccando la sua corsa e gli sorrise, il ragazzo non poté fare a meno di notare che alla bambina mancava il canino sinistro e trovò quel particolare estremamente divertente.

 Essa inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia, poi sospirò in modo quasi teatrale.

 -Voglio giocare.-

 Annunciò.

   
 
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