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Autore: Stay away_00    17/07/2013    1 recensioni
Essa inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia, poi sospirò in modo quasi teatrale.
-Voglio giocare.-
Annunciò.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Klaus, Mikael, Rebekah, Mikaelson, Tatia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niklaus le cinse i fianchi per attirarla a se e baciarle lentamente il collo, mentre lei ridacchiava divertita tra le sue braccia.

Alle volte credeva di amare quell’uomo, altre invece, pensava che non avrebbe mai potuto odiare nessuno nel mondo in cui odiava lui, le scatenava dentro una marea di sentimenti che non riusciva a comprendere, una marea di sentimenti che bruciavano nel suo petto e sembravano scatenare un incendio nella sua anima, alle volte era troppo, semplicemente troppo, forse per quello aveva cercato una scappatoia, per quello aveva deciso di non rischiare e cadere in braccia altrettanto forti, ma più sicure.

Quell’uomo, infatti non avrebbe mai potuto sapere cosa stava accadendo nel cuore della ragazza, quell’uomo, infatti non avrebbe mai compreso quali erano i suoi reali sentimenti, sia verso di lui, che suo fratello.

Tatia si voltò e posò delicatamente una mano sulla guancia del ragazzo, studiando i suoi lineamenti e puntando il suo sguardo in quegli occhi che sembravano fatti di ghiaccio, ma che in quel momento esprimevano un calore che lei non avrebbe mai pensato che si potesse provare, quella sensazione che cominciava nello stomaco e poi ti scoppiava nel petto.

Abbassò appena lo sguardo prima di increspare le labbra in un timido sorriso, poco dopo fece per unirle a quelle di lui. Ma proprio in quel momento una voce femminile alle loro spalle li fece sobbalzare.

-Rebekah, sorellina. –

La salutò l’Klaus, senza preoccuparsi del tono irritato che traspirava dalla sua voce, senza preoccuparsi di mostrarsi quasi arrabbiato, per aver interrotto quel momento di intimità tra lui e quella donna che diceva di amare, ma non si rivelò scortese quando sua sorella gli chiese di passeggiare con lei, lui accettò.

 

Erano ormai svariati minuti che camminavano lungo quel prato, il suo preferito di Rebekah, quel luogo dove da bambini avevano trascorso intere giornate, quel luogo dove tutto sembrava diventare inerente ad un’altra dimensione, quasi come se ci fosse qualcosa di magico, come se gli spiriti capissero di chi erano figli.

-Cosa ti turba? – Chiese suo fratello ad un certo punto, notando il silenzio che ormai era calato su di loro, silenzio che si manifestava ogni volta che sua sorella aveva qualcosa di importante da dirgli, come quando gli aveva raccontato che suo padre aveva intenzione di sfidarlo con la spada, a quel tempo aveva appena quindici anni, era ancora un ragazzino, ragazzino ancora perso nelle sue paure, ancora perso in tutto quello che accadeva, perso nelle convinzioni che egli gli aveva inculcato, consapevole di essere completamente impreparato di fronte a quello che gli sarebbe accaduto, e di quello Rebekah ne era a conoscenza. Conosceva tutto di suo fratello, avrebbe potuto descrivere ogni minimo dettaglio ad occhi chiusi.

Lei scosse il capo, come se fosse in lotta con se stessa, mentre si portava una mano al cuore e prendeva un piccolo respiro prima di sorridere in mondo ras sicuramente a Niklaus, poco dopo parlò:

-Niente che non possa rimettersi in senso, mi dispiace Nik.-

Quelle furono le sue uniche parole, parole che scatenarono qualcosa nella mente dell’uomo, pensieri, che sapeva non avrebbe dovuto fare.

Non si fidava ciecamente delle persone che gli stavano intorno, alle volte aveva dubbi persino su se stesso, alle volte osservava quella figura su una superficie riflettente – che sarebbe potuta essere persino le acque tranquille del fiume che scorreva vicino al suo villaggio –  e si chiedeva come mai quell’uomo non riuscisse a rendere fiere le persone che gli stavano intorno, si chiedeva come mai non eccellesse particolarmente in qualcosa, qualsiasi cosa, per rendere orgoglioso suo padre.

O anche se stesso, per sentirsi soddisfatto della persona che era, ma in quel momento non c’era nulla che lo rendesse particolarmente felice, in quel momento nulla aveva un significato preciso, in quel momento la sua realtà era costituita dall’oscurità, più pericolosa della notte e al suo centro c’era la luna, piena, luminescente, attraente. Significativa. Anche se per lui tutto quello era ancora sconosciuto.

Fu distratto da quei pensieri quando sentì la mano di sua sorella posarsi sulla spalla, esortando a camminare più veloce.

Esso non aveva il coraggio di chiedergli per cosa si dispiacesse, forse temeva ad ascoltare quella risposta, perché sicuramente non le sarebbe piaciuta, e lo capì nel momento in cui varcarono la soglia della loro capanna.

Li, tra le braccia di Elijah, suo fratello, c’era la donna che amava, quella che poche ore prima era stata stretta da lei, quella che poche ore prima gli aveva detto di amarlo.

Rimase spiazzato, la realtà aveva perso consistenza intorno a lui, anche la luna era sparita, lasciando il posto all’oscurità più totale e ad una valanga di sentimenti che non sarebbe mai riuscito a comprendere: Odio, rabbia, terrore e furia.

Erano così forti da fargli girare la testa, così veri da poterli sentire scorrere nelle sue vene, molto simili a veleno.

Solo, in quel momento si sentiva completamente e irrimediabilmente solo, forse fu quello il motivo che lo fece scattare in avanti –appena la ragazza si fu allontanata – a colpire il viso di suo fratello con un pugno.

Una, due, tre volte, sino a quando non sentii quella rabbia attenuarsi e far strada al vuoto che piano piano si stava impadronendo di lui, far strada a quel “niente” che lo aveva circondato sino a quel momento e che si era insinuato nel suo essere.

-Traditore.-

Mormorò lasciandosi cadere contro la parete, mentre Elijah rivolgeva un’occhiata furente a sua sorella e la rabbia si impadronì nuovamente di Niklaus, tanto velocemente come prima lo aveva abbandonato e forse avrebbe potuto far diventare quel sentimento il suo appiglio, forse avrebbe potuto trasformare quel niente in tutto, qualcosa di pericoloso, una vendetta ch desiderava quanto in quel momento desiderava la donna che lo aveva tradito.

Fece per colpire nuovamente suo fratello quando la voce di sua madre lo colse alla sprovvista, lei era immobile, sulla soglia, con un cesto di panni puliti tra le mani e l’aria severa, li scrutava entrambi, attentamente, poco dopo posò il cesto sul tavolo e si avvicinò ai due in un tempo che sembrava quasi infinito.

Il dolore quasi prese una forma diversa, quando la mano di Esther, colpì con forza il viso del figlio che per un attimo, solo un attimo, aveva pensato che la rabbia e l’odio potessero essere una soluzione.

Si sbagliava.

Erano l’unica soluzione. 

   
 
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