Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Il giardino dei misteri    17/07/2013    4 recensioni
Sara Orlandi frequenta il quinto liceo scientifico in un paese di tremila anime ed è sempre stata sola. Suo padre non ha mai voluto sapere niente di lei, abbandonando sua madre prima ancora che nascesse, e sua madre, beh, l'ha dovuta crescere da sola. Ma non è mai riuscita veramente a fare la madre. A quarant'anni pensava a truccarsi, uscire il sabato sera e andare alla ricerca dell'anima gemella. E Sara, se l'era spesso dovuta cavare da sola.
A scuola era anche peggio. Tutti la ignoravano e la trattavano male, prendendola di mira. La prima di Eleonora, la ragazza più odiosa e subdola dell'Istituto, che si prendeva gioco dei ragazzi come se fossero soldatini.
E poi, c'era Luca, tanto bello quanto stronzo. Il ragazzo per il quale Sara aveva preso una cotta colossale dai tempi delle medie. Luca ha sempre ignorato la presenza di Sara. Se ne ricordava solo per i compiti o per essere aiutato, fino a quando un giorno una strana passione li unisce ...
Spero che vi piaccia. Buona lettura ^.^
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

VI.

 

Quella mattina mi alzai alla solita ora e dopo aver sistemato ogni cosa, mi diressi a scuola. Non avevo ancora realizzato che Luca e Gino fossero parenti. Ero rimasta come paralizzata, bloccata, pietrificata. Luca continuava ad essere presente nella mia vita, in un modo o nell’altro e io non riuscivo a togliermelo dalla testa. Lo pensavo ventiquattro ore su ventiquattro, trecentosessantacinque giorni su trecentosessantacinque. Tentavo di distrarmi invano. Tentavo di convincermi a lasciar perdere inutilmente. Non c’era verso. E più lo pensavo, più stavo male. Perché capivo che non potevo averlo. Adesso, poi, che con Eleonora andava tutto a gonfie vele, potevo definitivamente gettare la spugna e farmene una ragione per sempre. Ma, non ci riuscivo, perché la mia mente era sempre col pensiero a lui. L’unico modo per dimenticarlo era fuggire via. Andarmene da quell’orribile posto e lasciarmi tutto alle spalle. Non potevo gettare la mia vita al vento solo per un ragazzo che nemmeno sapeva che esistessi! Ma, adesso non potevo farlo. Non potevo andarmene. Dovevo tenere duro. Dovevo sopportare e stringere i denti. D’altronde era sempre quello che avevo saputo fare fin da piccola : sopportare. Andare avanti. Ogni mattina era dura alzarsi, ma dovevo farlo per me. Una volta che avrei terminato il liceo tutto sarebbe stato più bello ed io avrei iniziato una vita migliore.

 

Arrivai a scuola alle otto meno dieci. C’era la solita confusione che si genera in un liceo. Ragazzi e ragazze impegnavano il tempo in vari modi prima di entrare in quel “carcere” chiamato comunemente scuola. C’era chi ripassava per  le interrogazioni o i compiti, chi chiacchierava senza alcuna preoccupazione, chi era al bar a fare colazione, chi discuteva con le amiche e chi, come Luca, era in compagnia dell’ “anima gemella”. Non potei fare a meno di provare orrore e disgusto. Luca ed Eleonora si erano sistemati in un angolo del cancello e si stavano baciando spudoratamente davanti a tutti. Lei lo accarezzava e gli sussurrava parole all’orecchio, con fare languido e seducente, e lui ammiccava come un pesce lesso.

Mentre li guardavo, schifata e gelosa al tempo stesso, un brivido mi percorse la schiena. Eleonora non sarebbe cambiata mai. Perché Luca non voleva capire che si stava rovinando con le sue stesse mani? Lei lo stava usando di nuovo. Lo stava prendendo in giro, senza pietà, senza scrupoli. Era subdola. Lei voleva divertirsi. Voleva solo portarlo a letto e sbarazzarsi il più presto possibile di lui. Luca non lo aveva ancora capito. E si stava facendo abbindolare un’altra volta. Avrei voluto che lo capisse da solo e che magari si accorgesse di quanto io lo amassi, a differenza di lei, che voleva solo usarlo. Mi faceva schifo e avrei voluto spiaccicarla al muro. O anche solo darle uno schiaffo così forte da farle provare il dolore.

Mi avviai in classe, schifata e disgustata. Poco dopo entrarono i due fidanzatini mano per la mano. Il mio stomaco già chiuso, si rivoltò sottosopra come un calzino nella lavatrice e non provai a toccare cibo fino all’uscita da scuola. Per tutto il tempo, non fecero altro che lanciarsi occhiatine e baci, mentre io li guardavo con disgusto.

La mattinata passò alquanto veloce, nonostante le due noiosissime ore di matematica.  All’una, quando la campanella suonò, fui una delle prime a catapultarmi fuori. Volevo scappare via e rintanarmi nella mia camera a suonare e pensare. Lì forse mi sarei risollevata. A scuola ne avevo viste già abbastanza. Non ne potevo più. Odiavo tutti.  Volevo tornare dritta a casa, per tenere tra le mani la mia piccola e dolce chitarra. La mia compagna di avventure e di disavventure, di gioie e di dolori. La mia compagna di vita. Non vedevo l’ora di sfogarmi con lei. Perché lei mi capiva, a differenza di persone in carne ed ossa che non mi comprendevano per niente!

 

Stavo camminando spensieratamente, quando mi sentii chiamare.

<< Orlandi, Orlandi aspetta, aspetta.>>

Mi si gelò il sangue nelle vene. Conoscevo benissimo quella voce. Sapevo di chi fosse. E non volevo stare ad ascoltare. Non ne avevo voglia. Troppe parole, troppe. Parole che non ero più disposta ad ascoltare. Ma, quella voce insistette ancora e ancora. Ed io, mi sentii così fragile, che non potei fare a meno di udirla e di volerla ascoltare. Il dolce suono delle sue parole mi rimbombavano nella mente e mi piacevano. Anche se, non avevo voglia di ascoltare quello che Luca avrebbe voluto dirmi, né parlargli. Non volevo di nuovo trovarmi di fronte ai suoi bellissimi occhi. Volevo essere lasciata in pace. Sicuramente, voleva essere aiutato per gli esercizi di matematica per il giorno dopo. Stavolta, giuro, non l’avrei aiutato. Che lo aiutasse Eleonora, che era così brava e bella! Io non volevo sapere niente. Perché veniva a rompermi la testa ogni volta? Perché? Quando aveva bisogno, allora si, che si ricordava di me. Sennò io non c’ero. Non esistevo. Non valevo nulla per lui.

Quando mi raggiunse, era tutto trafelato. Mi prese per un polso e mi costrinse a voltarmi. Io ne fui imbarazzata e lo guardai dritto negli occhi. Sorrideva.  I suoi occhi erano vispi e ridenti, lo sguardo dolce da cucciolo e i capelli arruffati, come piacevano a me. Nonostante questo, mi imposi di rimanere fredda. Fredda e distaccata. Non potevo sciogliermi nuovamente di fronte  a lui. Dovevo piantarla di dirgli sempre si. Dovevo essere distaccata.  Non ero mica la sua serva!

<< Orlandi, finalmente!>>

<< Che vuoi, adesso?>> dissi in modo più freddo possibile.

<< Incazzati, oggi, eh?>>

<< Senti, dimmi che vuoi e lasciami in pace. Se sono incazzata sono fatti miei!>>

Lui mi guardò un po’ storto. Evidentemente, non era abituato a questo comportamento da parte mia.

<< Ok, chiedo scusa.>>

Io lo guardai un po’ seccata, ma lui non se ne rese conto.

<< Ok, ho bisogno del tuo aiuto>> disse lui.

<< Come se non lo avessi capito!>> pensai.

<< Oh, grazie non l’avevo capito. Forza, spara>> gli dissi sarcastica.

<< Orlandi?>>

<< Mm?>>

<< Orlandi?>>

<< Mm? Ma che vuoi?>> urlai.

<< Mi stai facendo paura!>>

<< Piantala, stronzo.>>

<< Si può sapere che hai, oggi?>>

<< Saranno pure cazzi miei, eh?>>

<< Ok, ok. Come non detto.>>

<< Stavamo dicendo?>> chiesi io più seccata che mai.

<<  Ho bisogno del tuo aiuto>>

<< Che cosa vuoi, ora?>>

<< Beh, come sai io ed Eleonora ci siamo rimessi insieme e …>>

<< … e allora saranno fattacci vostri>> dissi seccata al sentir nominare quella scimmia.

<< Aspetta,>> mi disse lui. << lo so che la cosa non ti riguarda,ma ho bisogno del tuo aiuto. Ascoltami.>>

Io annui perplessa.

<< Voglio dedicarle una canzone.>>

<< E io che c’entro?>>

<< C’entri perché tu scrivi divinamente e mi devi aiutare per scriverle una canzone d’amore!>>

Rimasi come paralizzata.

<< Cosa?! Io avrei dovuto aiutarlo a scrivere una canzone? Per Eleonora, per giunta?! Ma era diventato pazzo? Cosa si era fumato, eh?!>>

<< Cosa?! Ma sei impazzito?>> dissi io allibita.

<< Perché no?>>

<< Perché è così e basta. Tu puoi benissimo scrivergliela da solo la canzone.>>

<< Credimi ci ho provato, ma non ci sono riuscito. Non trovo le parole adatte. Solo tu mi puoi aiutare. Tu sei la mia ultima speranza.>>

<< Non ci penso neanche. Scervellati e vedi che le parole verranno fuori da sé. Io non voglio avere a che farci.>>

<< Ma perché?>>

<< Perché … perché non voglio immischiarmi nei tuoi affari.>>

<< Ma ti ho solo chiesto un aiuto!>>

<< Si, infatti, è solo per quello che ti servo!>> dissi arrabbiata.

Gli voltai le spalle e me ne andai. Mentre, lui mi seguiva disperato.

<< Sara, aspetta … ti prego, mi devi aiutare … ti prego.>>

<< La risposta è no. Non ti aiuterò, perché è quel che ho sempre fatto. Non  voglio ritornare sulla questione. Lasciami in pace. Va’ a trovarti   qualcun ‘ altro. >>

<< Ti prego, ascoltami.>>

<< Non voglio farlo.>>

<< Ti sto chiedendo un favore.>>

<< Pure io: lasciami in pace!>> dissi con gli occhi lucidi e con la gola stretta in una morsa.

<< Senti>> mi disse prendendomi per il polso e costringendomi a voltarmi << Io sarò stato anche stronzo in passato e me ne pento, ma tu non sarai da meno se rifiuterai di aiutarmi!>>

<< Troppo comodo, adesso.>>

<< Perché mi fai questo?>>

<< Perché sono stanca di essere al tuo servizio. Quante volte ti ho aiutato, io, eh? Quante? E tu quante volte mi hai offeso? >>

<< Hai ragione e me ne pento solo ora.>>

<< Si, adesso che devo scriverti quella schifosa canzone!>>

<< Hai ragione. Ma tu aiutami a scrivere una canzone e io ti aiuterò in quello che vorrai e ti darò ciò che vorrai.>>

<< Non puoi darmi ciò che voglio.>>

<< Cosa vuoi, insomma Orlandi?>>

<< Che tu mi lasci in pace!>>

Lui mi guardò dritto negli occhi, poi si inginocchiò.

<< Che stai facendo? Alzati di là! Alzati subito da là!>>

<< Sara Orlandi … scrivimi una canzone, ti prego!>>

<< Alzati di là!>> dissi alquanto imbarazzata.

<< Non lo farò se tu non mi dirai di si.>>

<< Certo che sei stronzo forte, eh!>>

<< Allora … ?>>

<< Allora, alzati.>>

<< Scrivimi una canzone.>>

Sospirai. Quell’individuo era capace di far perdere la pazienza anche ai santi. E su di me aveva un effetto pazzesco. In un modo o nell’altro, alla fine, mi fa sempre dire di si. Sempre. E anche quella volta, nonostante le mie buone intenzioni, mi fece cedere. Gli avrei scritto la canzone per la sua amata Eleonor!

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 Allora? Come vi è sembrato questo capitolo?  A me è piaciuto più di quello passato. Finalmente qualcosa inizia a muoversi tra loro due, nonostante siano molto lontani ancora!

Vi auguro buona lettura.

Fatemi sapere cosa ne pensate. Recensite numerosi come sempre!

Un bacio!

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Il giardino dei misteri