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Autore: SanaToadstool    17/07/2013    2 recensioni
Derek Hale era stato lontano per troppo tempo da Beacon Hills, ma scelse comunque di ritornarci per un motivo. Non avrebbe mai immaginato che quello stesso motivo sarebbe diventato anche la ragione più valida per imparare a vivere, e per ritornare ad amare.
[Dal 4° capitolo:]
Certo, Derek non avrebbe indugiato nel fargli visita a lavoro, ma, come giusto che sia, ha sempre nutrito rispetto per il suo lavoro, che comporta importanti responsabilità e poche distrazioni. Ma iniziava a sentire la tensione scorrergli nelle vene, l’ansia e la sofferenza sotto forma di pensieri ingarbugliati e frastornanti sovraffollavano la sua mente, e per ultimo, ma non meno importante, una sensazione di impazienza divorava la capacità di distrarsi dal motivo della sua complessiva agitazione: l’assenza di chiarimenti, di parole o di litigi, di confessioni e di verità; l’assenza di mezzi e momenti per poter fare tutto questo; l’assenza di Stiles. Questo flusso di scoperte che avveniva in lui non si fermava, approfondiva sempre più una faccenda che era già troppo chiara, e non serviva strapazzarsi i capelli con le mani, accovacciato a terra con i gomiti poggiati sulle ginocchia, perché non sarebbe cambiata: a Derek mancava Stiles.
[STEREK]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#Doesn't matter where you are ‘cause my home is where you are

«Non riesco ancora a capire perché prendere in ostaggio Allison: non è tramite lei che avrebbe potuto trovare Derek» parlava Boyd, picchiettando con l’indice destro sul tavolo di casa Lahey. Sapeva che, avendo finalmente svelato al suo vecchio amico la causa per cui Erica e Peter erano stati ammazzati, una rivelazione sarebbe giunta. Poi, d’un tratto, l’illuminazione: Isaac era l’unico ad avere ancora un legame con Derek, a custodire nella propria mente gran parte delle sue progettazioni per attaccare il branco nemico e, dunque, a sapere dove si stesse nascondendo. E a provare qualcosa di nascosto e di sincero per la giovane cacciatrice che, casualmente, era caduta nelle grinfie di una degli alpha.
«Non sarebbe morta, non avrebbero mai-»
«NON E’ VERO» gridò Isaac «non avevano alcuna pietà, l’hai detto anche tu!». Boyd non rispose, l’atmosfera si intensificava, e Isaac aveva la necessità di dire a qualcuno la verità. Col passar del tempo l’amicizia con Scott si solidificò, fino a diventare uno dei punti cardini della sua vita, eppure, paradossalmente, costui non avrebbe potuto essere quel qualcuno a cui confessare un sentimento del genere, perché l’oggetto del suo amore gli riguardava, aveva il suo cuore. «Credevo di avere un’opportunità con quella sorta di sacrificio che ho fatto per salvarle la vita, e così è stato... Per dieci minuti. Poi è andata via e dopo un paio d’ore Scott è ritornato a casa trionfante» confidò, eccezionalmente irrequieto, tanto da non riuscire a trattenersi sulla sedia per più di una manciata di secondi. Isaac Lahey era il tranquillo e il diplomatico, secondo i suoi amici, così tanto da non parlare mai delle sue vere emozioni, ma era anche quello nostalgico di un periodo andato e di una gioia mai ottenuta. «Non me ne sono pentito... Perché lei è felice così».

Il giorno dopo sembrava infinito per Stiles, era troppo stanco e sovrappensiero per poter affrontare il lavoro con il suo solito sorriso a trentadue denti. Non riusciva a dare il meglio di sé – non che fosse assai complicato un appostamento ai confini –, se non nel maledirsi spiritualmente per esser stato da sempre la persona capitata nel posto sbagliato fra persone tanto diverse da tenergli nascoste cose essenziali. La sua mente era così confusa e annebbiata dal pensiero di voler conoscere ciò che era successo realmente, che nemmeno considerava la possibilità di esser stato abbindolato per il suo bene, affinché avesse la vita ancora salva. Altrimenti, che motivo avrebbero avuto Scott e Isaac per mentirgli?
Arrivata la sera, Stiles si precipitò a casa di Scott, e non avrebbe sloggiato da lì finché la verità non sarebbe venuta a galla. Scott era al piano superiore, in camera sua, consapevole dell’arrivo del suo compagno e delle sue intenzioni irremovibili. «Voglio sapere perché Derek è andato via senza dire nulla» ingiunse Stiles, ancora dietro la porta, «voglio sapere come gli alpha ci hanno effettivamente trovati, perché non è stato Derek» continuò spalancandola, «voglio sapere tutto, ne ho il diritto».
«Va bene» rispose Scott apparentemente tranquillo alzandosi dal letto, sul quale, poco tempo prima, oziava, mentre le budella gli si attorcigliavano per l’agitazione, «ti dirò tutto ciò che so». «Deucalion voleva farmi fuori» spiegava il lupo, timoroso dello sguardo dell’uomo avanti a lui, deluso e ferito «l’ho capito quando l’ho incontrato, prima non sapevo che il suo obiettivo fossi io. Non voleva uccidere solo Derek, e pare che non lo sapesse nemmeno lui».
«Spiegati» rispose, portando i pugni sui fianchi.
«Una degli alpha prese Allison in ostaggio e Isaac, per salvarla, ha dovuto rivelarle dove si nascondesse Derek» confessò, affrontando quegli occhi che temeva come non mai. Erano lucidi, ma privi di luce, indignati e increduli allo stesso tempo. Lo sceriffo fece un gesto con la mano, per permettere a Scott di continuare a raccontare: «lei credeva ancora che Derek potesse essere la “carta vincente” per farmi fuori, prima che diventassi un nuovo e vero alpha. Grazie a ciò che seppero tramite Isaac, piombarono nel covo di Derek e... Lì hanno ucciso Peter».
«Beh, non credi che questo sia un motivo valido per andare via da qui?» disse Stiles, sottintendendo la morte dello zio di Derek, che, nonostante fosse stato un mezzo psicopatico, era ad ogni modo l’unico zio ancora in vita e stava provando a guadagnarsi un frammento del cuore già distrutto di suo nipote. Poi di nuovo un cenno, «credo che... Lo abbiano tratto in inganno. Derek non ha voluto dire molto sulla morte di Peter, ma da ciò che ho intuito ne è rimasto scioccato al punto di restare fermo, in ginocchio, a guardarlo, mentre quei bastardi avrebbero potuto avventarsi contro di lui. Ma non l’hanno fatto».
«Perché non era la priorità» continuò Stiles.
«Deucalion inizialmente voleva che Derek mi uccidesse - non voleva sporcarsi le mani - e che si unisse al loro branco, come già sai. Derek lo aveva già capito e si rifiutò nel preciso istante in cui lo scoprì, perciò, in questo caso, non si poteva prevenire, ma curare. Quindi ha preferito agire in prima persona, senza persuadere qualcun’altro per farmi fuori» dichiarò, per poi sedersi nuovamente sul letto. Si udivano un paio di voci lamentose provenienti dalla tv al piano di sotto, probabilmente sintonizzata su una telenovela, l’irritante bubolare dei gufi, che annunciava l’arrivo della notte, e persino il respiro caotico di Scott, alle orecchie di un comune umano quale è Stiles, a causa di un rigido silenzio abbattutosi nella camera. «Il resto lo sai già»
«Quindi non hai tralasciato nessun dettaglio su ciò che è successo col tuo branco? ». Scott annuì.
«Perché non me l’hai detto prima? Mi piace di più questa versione, sai? »
«Per proteggerti»
«Ma proteggermi da cosa, Scott!?» rispose più esasperato che mai «Derek in quello stato non sarebbe stato in grado di far del male a una mosca! Non c’erano altri probl-»
«Per proteggerti da te stesso» interrompendo, Scott scattò verso di lui «Ti conosco bene. E’ stato meglio per te credere che ci avesse traditi e abbandonati... Altrimenti avresti sofferto molto di più, perché sarebbe successo ciò che abbiamo cercato di ritardare, e che ora è sicuro più della morte».
«E sarebbe?»
«Che provi qualcosa per lui».
Probabilmente il più confuso fra i due era Scott, sorpreso dalla reazione dell’amico, dal suo sguardo a dir poco stupefatto e confuso. La determinazione con cui era sopraggiunto in casa McCall, che gli serviva per opprimere il licantropo con miriadi di domande si era volatilizzata, e questo si constatava dal suo comportamento nei seguenti cinque minuti: restò imbambolato, sembrava quasi essersi pietrificato, e con sé anche la sua mente e il suo cuore, che erano soliti a fremere di gioia o di paura o d’altro in questi casi. Poi improvvisamente si muoveva confusamente e balbettava qualcosa di indecifrabile. Stiles lo sapeva, si è sempre avvisto negli ultimi tempi delle sue stesse reazioni al sol sentir parlare di lui, ma non ne era molto entusiasta, ne era quasi spaventato. Forse ascoltarlo ad alta voce per la prima volta, da qualcuno che non fosse nemmeno sé stesso, era diverso dall’averlo intuito, era una garanzia. Durata circa 10 anni, secondo il suo miglior amico, giacché in quei giovani anni il piccolo e logorroico Stiles era alla ricerca del vero se stesso... E poi avrebbe sicuramente scoperto Derek.
 

Era così tardi, forse erano già le 3 di notte, sul pavimento c’era un bicchiere pulito e una bottiglia di Jack Daniel’s quasi del tutto vuota, in cucina non c'era nessuna pentola sporca. A quest’ora, se ci fosse stato ancora suo padre sotto quel tetto, sarebbe già stato obbligato a filare a dormire con la pancia piena di cibo. Suo padre amava parlare, desiderava diventare il confidente numero uno di suo figlio, poter essere il suo pilastro, tuttavia c’era sempre qualche condizione, qualche coincidenza o qualche impegno ad impedirlo  – e a volte, erano loro due stessi a farlo. I suoi tentativi, dunque, si arguivano dai gesti, indispensabili per il vigore del più piccolo, manifesti segni d’affetto paterno mai sbiaditi. Ma ivi non c’era, e faceva male tutto molto più dello stomaco. Appena tornato a casa, ancora stordito dalle troppe confessioni che aveva recepito ma non assimilato completamente, si rinchiuse in camera sua, istintivamente a chiave, e, poggiatosi sfiancato alla porta, scivolò a terra in preda a mille emozioni, munito di tante lacrime per combatterle ed espellerle. Si sentì di nuovo Stiles, l'adolescente stupido e indifeso, incapace di distinguere persino verità e fandonie. Forse non era il modo giusto per accogliere la realtà, in quanto l’unico era quello di farsene una ragione: Scott gli aveva mentito; Derek stava per andarsene di nuovo. Non sapeva cosa fosse meno doloroso, perché nessuna delle due concretezze avrebbe avuto un lieto fine. Stiles sentiva spazio immenso e totalmente vuoto nel suo cuore ampliarsi maggiormente; nessuno era lì per ingombrarne prepotentemente un pezzo; nessuno avrebbe potuto badare a cotanta maestosa quanto spaventosa radura, recintata da sentimenti angoscianti e false e longeve speranze. In questo stato da solo non avrebbe potuto. Nella camera regnava il buio, nonostante uno sprazzo di luna crescente penetrasse all’interno di essa tramite la finestra, spalancata. Soffiava vento fresco, ma Stiles non lo avvertiva, dentro faceva caldo il doppio, dopo aver buttato giù anche il resto del contenuto della bottiglia.
Dalla finestra non filtrava solamente aria, luce o insetti, poiché fungeva persino da ingresso per misteriosi e fuggitivi licantropi. Tante volte i suoi amici snodabili s’intrufolarono in camera sua, così tante che ci aveva fatto l’abitudine. Questa volta aveva la vista offuscata, gli occhi lucidi e la testa che gli girava per poter alzare il capo e vedere Derek, che attraversò con flemma l’apertura semirettangolare e che si accingeva passo dopo passo a sedersi di fianco a lui. Esordì il lupo per spezzare disperatamente quel silenzio assordante per l’anima: «Scott è un buon amico, non ti ha mai detto nulla perché sapeva che avresti scoperto fin troppo per poter restare ancora in vita». Sospirò. «Penso che avresti intuito lo scopo di Deucalion, avresti persino provato a spiegarlo a Scott. Peter ed Erica, una volta compreso a cosa Scott era destinato, hanno fatto una brutta fine»
«Sono morti per lo stesso motivo?»
«Subito dopo averlo scoperto. Deucalion non voleva intralci. Non arrabbiarti con Scott, non credo che lo meriti»
Calò nuovamente il silenzio, ma in compenso Stiles riacquisiva lucidità.
«Ho provato con tutte le mie forze, ma non riuscivo a reagire... Aveva fiutato Scott e non so per qual motivo mi ha risparmiato la vita»
Facendo leva sui talloni, incedé accovacciato e si sistemò di fronte a Stiles, che finalmente volse il volto verso l’alto, incontrando gli occhi verdi e spaventosamente saggi del licantropo, ad una distanza sempre minore.
«Perché sei tornato qui?» chiese, non temendo più la risposta.
«Questo lo vogliono sapere Scott e Isaac, oppure lo vuole sapere Stiles?» protendendosi e cingendogli le spalle, Derek continuò «Tu» e le mani salirono, accarezzando le morbide e umide gote dell’altro, «L’unico che si è sempre preoccupato per me, in un modo o nell'altro, di cui posso fidarmi...». Privo di natura ormai d'ogni parola, si sporse verso di lui, poggiò le sue labbra ruvide su quelle carnose dell’altro, per baciarlo con passione, desiderio, assaporando quel contatto tanto bramato, i loro respiri, che solleticavano vicendevolmente i loro visi, quando era possibile riprendere fiato, e le dita di Stiles, che si insinuarono dapprima fra i suoi capelli, e poi le braccia, che si cinsero strettamente attorno al suo collo. Stiles non voleva lasciare quella presa e lo baciava, lo baciava e basta, senza privarsi per un secondo di questa esigenza; era reale, ma non voleva rischiare, quel momento lo avrebbe ricordato per l’eternità.
Il ritmo si affievolì e Stiles, che non parve mai così esausto e incapace di chiacchierare petulantemente, aveva bisogno in tutti i modi di conferme. «Non volevi andare via di nuovo da qui?» sussurrando, ottenne una risposta «Non l'ho mai detto: casa mia è qui, con te». E, alzandosi, giurò a se stesso di non permettere più a nessuna lacrima di rigare il suo viso prezioso. Gli porse le mani, Stiles si era alzato e, tenendogliele strette, Derek giurò ancora a se stesso di essere quella persona che lo avrebbe fatto sorridere sinceramente come stava già facendo. Stava alloggiando con il dovuto permesso nel suo cuore grande e bisognoso d'affetto, giurò d'essere la sua spalla forte. Stiles gli prese il volto e lo baciò ancora, avanzò di qualche passo, mentre Derek arretrava tanto da lasciarsi cadere sul letto, e ammise a se stesso che anche per un uomo senza speranze come lui arriva il momento in cui amare ancora.

"Poi ricordò meglio.
E poi c’era Stiles."






Aleksander With - My home is where you are: questa è la canzone da cui deriva il titolo di quest'ultimo capitolo!
Beh, tutto qui. Spero che vi sia piaciuta! Menomale che ero indecisa se rendere l'ultimo capitolo un po' più hhhhot... L'ho reso ancora più diabetico di quanto mi aspettassi.
A questo punto, dato che siete arrivati fin qui a leggere, non vi costerà nulla sorbirvi un altro po' ciò che ho da scrivere u_ù... Infatti, voglio approfittarne per ringraziare tutte le persone che hanno letto questa fic!
Ringrazio chi ha recensito i vari capitoli, siete stati fondamentali: Natina, jlenia1974, iloveserietv, KiloCharlie05,
Sole_Luna_ (che ringrazio doppiamente perché hanno anche aggiunto sta roba nelle seguite), eufrasia7887, Grinpow; ringrazio molto chi l'ha messa fra i preferiti: chibisaru81, Fiore_Del_Male, glippolis90, iceathena, it_sok, _Karen_; anche chi l'ha messa fra le ricordate: atolo9, martab78, gio_6 (che l'ha anche aggiunta alle seguite, doppio grazie!); infine, grazie a tutti quelli che l'hanno inserita nella lista delle seguite: alucard51, anna1991, barbara78, Darkdubhe, ERISd, HaChiElriC, Lady_Wolf_91, luna23, marycate, Olivier_hiwatari, sabry140695, SARAHPOXY, Senna_, SilviAngel, SpitfulAngel, Stilinski24, tata3lella, topolinia, xharrysnecklace, xxzioVoldy e TUUUUTTI gli altri che l'hanno letta - voi, silenziosi ma fondamentali - EBBASTA.
Alla prossima! :)

   
 
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