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Autore: mikeychan    17/07/2013    0 recensioni
Donnie salva una ragazza da un gruppo di malviventi, scoprendo che…
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Donatello Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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-Allora a più tardi, ragazzi!- salutò Donnie, con una mano sul borsone a tracollo.
-Sicuro che non vuoi che veniamo?- chiese Leo, un po’ titubante.
Donnie scosse il capo: -Posso farcela, tranquilli. Ho bisogno di un po’ d’aria fresca-.
E girando i tacchi, se ne andò, sparendo nelle fogne per prendere la moto di Raph.
Erano trascorsi circa due mesi da quando Donnie si era trasformato in un coccodrillo mutante e in quelle otto settimane il genio si era sentito soffocare dalla sin troppa protezione riservatagli dalla sua famiglia.
Aveva provato a spiegare che stava bene e se la sentiva di tornarsene il “topo da laboratorio” di sempre, ma nulla. Gli erano sempre sul collo, a chiedergli come stesse, se avesse bisogno di qualcosa…
E lui, malgrado apprezzasse sentirsi così benvoluto, voleva un po’ di privacy.
“Non è mica chiedere tanto!”, aveva pensato molte volte.
E finalmente, dopo lunghe riflessioni, aveva capito come essere libero per un po’, almeno…
 
Donnie rombava sulle strade della Grande Mela con occhi brillanti di felicità. Attraverso il suo casco viola fissava la sua città natale. La parte scoperta della sua pelle era accarezzata dalla gelida aria di novembre. Con quella giacca nera addosso, freddo non ne sentiva molto.
Le ombre lo nascondevano dal caos serale delle 22:10 mentre qualche passante cercava di raggiungere frettolosamente la sua casa, per evitare rogne. I grattacieli si stagliavano maestosi contro il cielo notturno, riflettendo la splendida luna piena che ammorbidiva i contorni di soffici nubi blu.
-Finalmente un po’ di pace!- si disse felicemente, svoltando a destra.
Era sulla 45esima e aveva da poco superato l’appartamento di Casey Jones.
-Anche se odio dirlo, i miei fratelli mi stavano soffocando!-.
Donnie accelerò sino ai 190 km/h, curvando in avanti il suo busto. File di lampioni illuminavano la carrozzeria rossa della moto, lasciando brillare le parti cromate e la marmitta.
Ben presto, però, l’attenzione della tartaruga ricadde su un urlo, delle risate e un groviglio di ombre che si muovevano confuse in un vicolo sul lato destro della strada.
-Che diavolo sta succedendo lì?- mormorò Don, ora decisamente più serio.
Rallentò la sua moto sino a quando usò entrambi i piedi come fermi, sull’asfalto un po’ umido di precedenti piogge. Gli occhi nocciola si mossero rapidamente e un altro buio vicolo, sul lato opposto della strada, gli offrì un rapido parcheggio per la sua vettura…
 
-Che cosa ci fa una balena nel nostro territorio?!- schernì sonoramente una voce dura.
-Facciamone salsicce, così potremo venderle e rimorchiare soldi!- ne seguì un’altra, meno intensa.
-Io dico di ucciderla e basta!- ringhiò la terza, intrisa di veleno.
Donnie, che nel frattempo aveva raggiunto il vicolo, si bloccò all’ultima frase. Era buio, è vero, ma una luce rossastra, proveniente da un night club, mise in evidenzia tre tipi loschi e una figura incastrata fra un cassonetto della spazzatura e il muro est.
Donnie avrebbe giurato di aver visto un paio di occhi nocciola, lustri di pianto. Dalla fugace veduta di un familiare tatuaggio a forma di dragone viola, il genio intuì che i nemici erano i Purple Dragons.
-D’accordo, allora- mormorò Don, afferrando il Bo: -Stasera si balla-.
Il Purple Dragon con la cresta da punk azzurra si avvicinò alla vittima con un coltello a serramanico; il suo ghigno fu ben evidenziato dai riflessi dei piercing sulle labbra. Gli altri due teppisti sghignazzavano, agitando i loro tubi di ferro.
-Game over, balena!-.
Alzò il coltello, la vittima chiuse gli occhi per non guardare. Il suo cuore batté intensamente, aspettando il dolore che avrebbe messo fine alla sua vita.
Fu questione di un attimo: l’urlo di vittoria che l’uomo aveva dato fu bruscamente interrotto da un tintinnio e un affondo nelle membra. Ben presto, un odore ferroso si levò nell’aria fredda, catturando l’attenzione della figura nascosta nell’ombra.
-Che… che cosa?- balbettò l’uomo, attonito.
Donnie alzò il capo, mostrando il suo letale sguardo. Fece una smorfia al sangue che continuava a cadere lungo la sua mano, dal palmo dove il coltello si era affondato.
-Mai sentito parlare di giustizieri notturni?- schernì Don.
Ignorando il dolore nella mano, tirò il braccio destro del nemico verso di lui e una testata violenta lo stordì. Il genio si sfilò con forza l’arma dalla mano, scagliandola lontano. Lanciò il suo Bo rotante verso l’altro teppista che stava avvicinandosi alla vittima e lo fece cadere pesantemente in terra.
-Ti faccio vedere io!- urlò l’ultimo Purple Dragon, alle spalle del genio.
-Tu credi?-.
Don si accorse del tubo che stava scontrandosi contro la sua nuca e si accovacciò sulle ginocchia: calcolando mentalmente un tempo minimo di reazione, si destreggiò in una mossa sorprendente.
Eseguì un calcio, portando la gamba sempre più in alto, trasformandola in una spettacolare rovesciata: la caviglia della tartaruga colpì sonoramente la testa del nemico, il quale emise un gemito e crollò K.O.
Donnie si portò alle spalle del nemico prono in terra, rimettendosi in piedi e afferrando il suo Bo.
-Ecco fatto-.
Da un debole piagnucolio, Donnie si ricordò del paio di occhi nocciola che aveva visto prima e si avvicinò cautamente alla vittima ancora accanto al cassonetto.
-Sta bene?- chiese dolcemente: -Non è ferita, spero-.
-L… la ringrazio- gemette con voce cristallina ma incrinata: -La prego, non mi faccia del male-.
Don sospirò: -Non ne ho alcuna intenzione-.
-La prego, signore… non mi guardi, non si avvicini a me!- implorò la ragazza, singhiozzando.
Il genio, il quale si stava avvicinando sempre più, cercò di rassicurarla.
-Andrà tutto bene. Il mio nome è Donatello e ho 17 anni. Tu?-.
L’altra si schiacciò contro il muro: -Ambra… ho anch’io la tua età, Donatello…-.
-Hai un bellissimo nome, come i tuoi occhi- sorrise il genio, accovacciatole dinanzi.
-Ti prego, non guardarmi- implorò Ambra: -Sono un mostro orribile-.
-Non credo proprio- rispose il genio: -Sai, anch’io non sono un comune ragazzo-.
Ambra si rilassò un po’ e si ritrovò la mano di Donnie sulla sua; arrossì un po’ ma la paura di mostrarsi la assalì nuovamente. Ricordi tristi la spaventarono terribilmente.
-Dove abiti?- chiese Don, con tono dolce e sensuale.
-Sulla… 47esima, al quarto piano-.
-Allora ti accompagno- si offrì Don, rimettendosi in piedi: -Non mi va di lasciarti da sola. Ti fidi di me?-.
-Mi fido, ma…- sospirò Ambra: -Donatello, sono orrenda-.
Il genio scosse il capo e sorrise: -Non credo affatto, Ambra-.
Ambra cedette e si rialzò in piedi, togliendosi il mantello ampio e terra d’ombra che le ricopriva il corpo.
Don la osservò e capì il motivo di tanta riluttanza nel farsi vedere.
-Sono obesa- disse, in un sussurro.
Ambra aveva dei lunghi capelli castani, che ricadevano dolcemente sulle spalle. Le sue gote erano lustre di lacrime; indossava una candida collana di perle, in tono al braccialetto. Portava un ampio maglione viola, a collo alto, su una gonna nera, come i tacchi corvini ai piedi e le calze.
-Sono un mostro Donatello-.
Fu allora che, grazie alla luce del night club, la ragazza notò la mano rugosa e verde di Don. Il suo sguardo memorizzò le tre dita, le gambe verde oliva, le ginocchiere marroni e i piedi nudi con due dita.
Il genio sorrise colpevolmente, distogliendo lo sguardo.
-Sei diverso anche tu- mormorò Ambra, in un sussurro meravigliato.
-Adesso hai capito?- disse Don, afflitto: -Io credo che non ci sia nessuno più carina di te, Ambra-.
La ragazza arrossì e dolcemente afferrò il casco di Don, il quale non era entusiasta di farselo togliere.
-Permettimi di guardarti, ti prego. Ti fidi di me?-.
Il genio ridacchiò alla stessa frase già detta prima e annuì. Il casco fu rimosso e un piccolo sospiro sfuggì dalle labbra rosee di Ambra. Non era spaventata.
-Abbiamo gli stessi occhi- ammise con semplicità: -Indossi una bandana, perché?-.
-Sono una tartaruga mutante ninja e il viola è il mio colore preferito. Il Bo è la mia arma-.
-Il viola è anche il mio colore preferito. Mi fa sentire protetta e al sicuro- rivelò Ambra.
Don si sentì imbarazzato e distolse lo sguardo solo per evitare di farsi vedere completamente rosso.
-Andiamo a casa?- chiese Ambra, mentre il vento le scosse i capelli.
-Sicuro. Andiamo con la mia moto-…
 
************************************
 
L’appartamento di Ambra era molto confortevole. Le mura erano tinte di crema, mentre lucide toghe di legno erano accompagnate da mobili di noce e tappeti prevalentemente viola, di varie tinte. Il soggiorno presentava un divano, una tv e una libreria.
La cucina, invece, era bianco panna e un grosso frigo metallizzato accompagnava perfettamente quei colori. L’unico bagno era rosato, con una doccia, una vasca e una lavatrice. Infine, la camera da letto di Ambra era graziosa.
Completamente lilla, dalla scrivania all’armadio, era piena di poster di ragazze magre, computer e band famose, come i Simple Plan.
-Hai un bell’appartamento, sai e si gode una vista meravigliosa di New York- disse Donnie.
Si affacciò alla finestra del soggiorno, osservando le perle di luci all’orizzonte, contrastanti con il bianco splendente della luna piena.
-Grazie- sorrise Ambra: -Puoi toglierti la giacca se vuoi-.
Il genio annuì: -Sì, non serve qui. La temperatura è più gradevole-.
-Ho i riscaldamenti accesi, Donatello-.
Il genio e Ambra scoppiarono a ridere, dopo un lungo sguardo buffo. Quello che il viola non poté fare a meno di notare fu il dolce sorriso che mostrava la fossetta sulla guancia di Ambra. Era un animo dolce, peccato per l’alone di tristezza che l’avvolgeva.
-Sei carino, lo sai?- disse, poi, notando anche la macchia rossa sulla mano gonfia: -Sei ferito!-.
Il genio ricordò il coltello del Purple Dragon che aveva parato nella sua mano e osservò il profondo taglio bluastro sulla sua pelle. Adesso comprese perché si sentiva anche un po’ deboluccio.
Ambra lo fece accomodare dolcemente sul divano lilla e gli chiese di attenderla un istante.
Nella pace che regnava sovrana in quell’appartamento, il viola sentì una vibrazione proveniente dalla cintura. Guardò e raccolse il tarta-cellulare, dove lo aprì e osservò la serie di chiamate e messaggi.
-Leo, sei sempre lo stesso- borbottò con una risatina.
Ambra tornò dalla zona notte con una cassetta del pronto soccorso in mano. Non appena vide Don che armeggiava con il cellulare si ritrasse un po’.
-Scusami, ti ho interrotto?-.
-No, no!- la stoppò il genio: -Figurati, controllavo solo i messaggi di mio fratello, tutto qui-.
Ambra si sedette accanto a lui, incuriosita: -Hai un fratello?-.
-Tre, per la precisione- spiegò Don, mentre Ambra cominciò la pulizia della ferita: -Leonardo è il primo, Raphael, poi ci sono io e infine Mikey, più giovane di un anno. Il nostro maestro e padre è un topo mutante di nome Splinter-.
-Incredibile!- mormorò Ambra, affascinata: -Ma… come puoi raccontarmi tutto questo se mi conosci appena?-.
-Il tuo sguardo mi ha fatto capire che cuore puro hai. Quindi no, non ho alcun timore nel parlarti di me!-.
-La tua famiglia è molto fortunata ad averti sai?- espresse Ambra, avvolgendo la mano nelle garze.
Donnie spalancò gli occhi, con un battito in meno. Aveva sentito bene? Guardò il volto paffuto di Ambra… lei era così sincera ma tanto triste.
-Ambra…- disse gentilmente: -Posso… posso chiederti perché sei tanto triste?-.
Lei sorrise amaramente: -Perché mi odio perché non posso cambiarmi. Sono orrenda… insomma, guardami! Ho cominciato a buttarmi sui cibi dopo la morte di mio padre, la persona che tenevo di più e mi sono persa-.
Il genio non poté fare a meno di notare una fotografia appena alla parete dove capeggiava la porta della cucina, dinanzi a lui. Era sicuramente Ambra, ma molto magra e bella. Abbracciava un alto uomo dai capelli castani e gli occhi verdi, sorridenti.
-Quella ero io, prima che mio padre morisse di cancro, due anni fa- spiegò Ambra.
-Sei ancora bella per me- disse Donnie.
-Ho provato a dimagrire, ho provato a uccidermi, ma continuo a mangiare- pianse l’altra: -Ero una ragazza di sessanta chili… ora sono quasi sui 185-.
-Ambra, io ti aiuterò a realizzare il tuo sogno!- sorrise il genio, più che convinto.
-L… ho farai d… davvero?-.
Donnie annuì ma prima che potesse rispondere, la vibrazione del telefono catturò la sua attenzione con un lieve solletico al fianco destro.
-Scusami- disse e si affrettò a leggere il numero sul display: -E’ Raphael. Pronto?-.
-DONNIE! Dove sei?-.
-Calmati, Raph. Sto bene e…-.
-Donnie, è successa una cosa terribile! Ci serve il tuo aiuto!-.
Donnie guardò Ambra, spaventata e deglutì: -Cosa è accaduto?-.
-Mikey… l… lui…-.
-Calmati, Raph e dimmi tutto!-.
-L… lui si è bruciato! Corri, ti prego!-.
Il genio udì un urlo di dolore proveniente dal suo fratellino e il suo cuore affondò…
Chiuse il telefono e guardò Ambra, spiegandogli la chiamata.
-Vai Donatello e… se puoi, torna a trovarmi. Mi piace la tua compagnia-.
-Anche a me…- e Donnie se ne andò, mentre lo sguardo di Ambra lo seguiva…

  
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