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Autore: The_Perfect_Sky_Is_Torn    17/07/2013    7 recensioni
-Ricominciamo da capo, che ne dici, Harry? Di nuovo Boo & Hazza, come una volta.- Mormora, cullando dolcemente i soprannomi che si sono dati a vicenda.
-Non possiamo ricominciare da capo, amore, come se tutto questo non fosse mai esistito…- Soffia Harry, mordendosi il labbro. Poi, però, vedendo la faccia disperata di Louis, riprende a parlare.
-Ma possiamo andare avanti, lasciarci ogni cosa alle spalle. Dovremo lottare, ma io sono pronto; tu, Lou? Combatterai questa guerra con me?- Domanda, intrecciando la propria, grande mano con quella piccola del castano, che la stringe.
-Verrei anche all’inferno con te, Haz. Lo sai.- Ridacchia a quel punto Louis.
#Larry.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Can we start it all over again?





Louis si toglie le scarpe e si butta a peso morto sul divano, accendendo la TV su un canale che sa già di non guardare. Non gli importa di quale film possano trasmettere, a quell’ora, dopotutto è solo per avere un qualche rumore intorno, che lo illuda di non essere completamente solo. È questo che fa, da quasi una settimana: si illude, finge che tutto vada bene.
 
E allora perché sente quel vuoto all’altezza dello stomaco, quel peso che gli schiaccia il cuore? Perché non riesce ad avere nemmeno un briciolo di sano appetito e l’unica proposta accettabile gli sembra quella di lasciarsi marcire lì, per sempre?
 
Harry non c’è, ecco il perché, e senza di lui tutto sembra troppo grande e inutile, che si parli della casa o della vita. Louis non riesce a stare senza di lui, sente il magone salirgli in gola al solo pensiero, assieme ai sensi di colpa; tutto ciò che riesce a pensare, in fondo, è che il riccio l’ha mandato via lui, gli ha ordinato di oltrepassare la porta e non tornare più. Quanto darebbe, per rimangiarsi quelle parole affrettate! Quanto pagherebbe, per tornare indietro e rincorrere le spalle larghe del suo ragazzo che, dopo una litigata particolarmente forte, se ne andava, curvo, gli occhi colmi di lacrime!
 
Louis odia quando Harry piange, e non sopporta che lo faccia per lui; eppure era stata colpa sua, se le sue guance ancora da bambino erano state bagnate dalle lacrime, ancora e ancora. Colpa sua che aveva perso la pazienza e aveva urlato, scatenando la reazione dell’altro. Colpa sua, che per paura gli aveva detto di andare via.
 
Eppure, pensava che sarebbe tornato. L’aveva aspettato, i primi giorni, in attesa di fare pace, combattendo con la voglia di chiamarlo per primo, e il riccio non era venuto.
 
È ormai una settimana che Louis si fa forza, cerca di resistere a quell’assenza bruciante che gi toglie il respiro; è ormai una settimana che si è convinto che Harry non voglia più avere nulla a che fare con lui, e quindi cerca di non cadere in tentazione e mandargli un messaggio, per chiedergli di tornare. Implorerebbe, supplicherebbe, si umilierebbe, pur di non stare così male, in questo momento.
 
Ma dov’è il coraggio, quando serve? Il castano non ce la fa, annega nel suo stesso dolore, e intanto la televisione trasmette film sdolcinati delle due di notte a sordi ascoltatori, con ben altre cose per la mente.
 

***


Sobbalza, Louis, quando squilla il campanello. Forse si era addirittura addormentato, perché all’improvviso è confuso, non ricorda più nulla, se non che è notte e che nessuno dovrebbe cercarlo a quell’ora. Si alza lentamente e va alla porta, sperando che non sia una qualche fan che ha trovato il suo indirizzo. Non lo sopporterebbe, non ora.
 
-Chi è?- Domanda, sospirando.
 
-Louis.- Mormora una voce, al di là del legno; una voce che il castano riconoscerebbe ovunque, anche distorta e lontana come la sente in questo momento. All’improvviso sente il cuore esplodergli nel petto, il respiro accelera, deve chiudere gli occhi per qualche secondo e assicurarsi che sia tutto reale.
 
-Harry, cosa… cosa ci fai qui?- Mormora, tremante, contro quel muro che ancora non si decide ad aprire. L’altro tace, non risponde, ma è lì, Louis lo sente, e solo il pensiero lo fa rabbrividire. Non resiste, non gli importa più dell’ora e neanche di essere impresentabile, spalanca la porta di botto.
 
Il riccio, prima appoggiato pesantemente al battente, quasi cade a terra, perdendo l’equilibrio; per fortuna, Louis è pronto ad afferrarlo. Gli ci vogliono pochi secondi per collegare l’odore di alcol di cui è impregnato il riccio con la sua voce confusa di poco prima, così, sorreggendolo, lo accompagna fino al divano dove stava pochi secondi prima.
 
-Harry, hai bevuto?- Domanda, preoccupato, tirandogli via i capelli dalla fronte, e pensando confusamente che, anche in quello stato, è bellissimo. L’altro annuisce, e Louis sospira, indeciso sul da farsi. Il riccio, che solitamente regge abbastanza bene l’alcol, è messo davvero male, già per metà incosciente. All’improvviso Louis ha paura, un cieco terrore che possa succedergli qualcosa, perché davvero, è pallido come un cadavere ed ha un aspetto che non promette nulla di buono.
 
-Harry, mi senti?- Sussurra, vicino al suo orecchio, preoccupato dalla mancanza di reazioni. Esclama il suo nome un paio di volte, quando si rende conto che il riccio sembra ormai andato. Il cuore a mille contro la cassa toracica, lo prende di peso e lo porta al bagno, dove lo fa sedere sul pavimento.
 
-Haz, devi vomitare, su.- Mormora, prima di rendersi conto che il riccio, messo così, non può davvero fare nulla. A questo punto gli sorregge la testa con la sinistra, mentre con la mano destra gli infila due dita in gola, cercando di fargli espellere almeno un po’ delle schifezze che ha mandato giù. Ci vuole poco prima che lo stomaco del riccio crolli e riversi nel water cose risalenti anche a giorni prima. Harry tossisce ora, scosso dai conati, già più presente.
 
Louis prende un asciugamano e glielo passa sul volto, per ripulirlo, poi lo aiuta a rialzarsi, accorgendosi con sollievo che sembra riuscire a stare in piedi anche da solo, nonostante barcolli un po’. Lo riporta sul divano, dove il più piccolo si stende, sentendosi finalmente a casa.
 
-Hai guidato in queste condizioni?- Chiede Louis, incredulo e preoccupato, pensando cupamente a ciò che sarebbe potuto succedere, una volta che Harry ha annuito.
 
-E come mai sei venuto qui?- Domanda, aspettando con ansia le parole del compagno, che gli arrivano lontane, pasticciate, ma in fondo incredibilmente lucide.
 
-Stavo male, e ho pensato di dover andare a casa… E la mia casa, in fondo, è questa…- Sussurra, contro la pelle del divano, le guance appiccicate a quel materiale morbido ma bollente. Sorride Louis, sentendo la risposta, e si va a sedere assieme al suo (ex?) ragazzo, lasciandogli una carezza sulla schiena.
 
-Come stai, ora?- Mormora, con affetto, tracciando con la punta delle dita il profilo della sua spina dorsale. Per quanto gli dispiaccia che si sia ridotto in quelle condizioni, non può non pensare che finalmente è lì, con lui. La voragine che ha nel petto gli sembra già meno profonda.
 
-La pancia…- Geme a questo punto il riccio, facendo una smorfia. Ha ancora in bocca il sapore amaro del vomito, ma non riesce a farci troppo caso, perché il suo stomaco gli sta lanciando segnali di protesta.
 
-Ti fa male?- Chiede Louis, pensando al da farsi, già un po’ in ansia. Il riccio annuisce, strisciando la pelle contro il divano e sbuffando, cercando di girarsi per trovare una posizione meno dolorosa. Il castano lo osserva qualche secondo, poi intuisce quale potrebbe essere il problema.
 
-Hai mangiato qualcosa, prima di bere?- Domanda, già sapendo la risposta.
 
-Non ho cenato…- Borbotta infatti il riccio, il viso contratto.
 
-E a pranzo?- Chiede infine Louis, scostandogli i capelli dalla fronte. Harry arrossisce, pur concentrato sul dolore, e trova appena la forza per mormorare un “Niente” appena udibile. Il castano sospira, perché sa quanto Harry perda l’appetito, se è giù. Evidentemente, questa volta lo è stato parecchio.
 
-Aspettami qui, vado a vedere se ho qualcosa di commestibile in dispensa…- Lo rassicura Louis, passandogli le dita sulla fronte appena sudata. Gli occhi verdi dell’altro però si spalancano, terrorizzati, e il riccio scuote la testa, con forza.
 
-Vengo con te.- Contratta, per quanto faccia fatica anche solo a tirarsi a sedere. Louis lo guarda negli occhi, capisce che non vuole rimanere solo, non con i fantasmi di incubi ancora non completamente dissolti che gli girano attorno. Lo aiuta ad alzarsi e, sorreggendolo, lo porta fino in cucina, dove crolla su una sedia, tenendosi lo stomaco con una mano. Louis fruga nella dispensa, cercando qualcosa di buono, ma si è scordato di fare la spesa e così non ha praticamente nulla. Alla fine, decide di scaldare un po’ di latte e metterci dentro una generosa razione di cereali, quelli che piacciono ad entrambi.
 
Harry appoggia il mento sul tavolo mentre lo guarda, che si muove veloce per la stanza, e pensa a quanto sia bello, e a quanto sia stato stupido a lasciarselo scappare. Solo in quel momento gli viene in mente che si è introdotto a casa sua alle tre di notte, probabilmente svegliandolo, e rompendogli le scatole con i propri problemi. Arrossisce, per quanto già sia un pomodoro, e cerca di tirare fuori la voce mentre mormora qualche parola di scuse, veloce, imbarazzata.
 
-Scusa di che, piccolo?- Gli domanda Louis, sinceramente stupido, ed Harry, a quel soprannome, sente il cervello andargli in pappa.
 
-Per… per esser venuto qui, a quest’ora… E averti disturbato, dopo… Mi avevi detto di…- Il riccio cerca di mettere insieme le parole, ma non riesce a ripensare a quella sera, non riesce a dire “Mi avevi detto di non tornare più”, perché ha paura che l’altro gli dia ragione, lo butti fuori, anche se sa che Louis non lo farebbe mai. Il castano gli si avvicina, gli porge la sua tazza bollente con i cereali che volteggiano in superficie ed un cucchiaio, poi gli si siede affianco. Gli fa segno di mangiare e il riccio lo fa, quasi per paura di contraddirlo, e anche perché, dopotutto, sono giorni che sta a digiuno, e il mal di stomaco sta diventando sempre più insistente.
 
-Non pensare a ciò che ti avevo detto, non ora, per favore…- Lo supplica il castano, perché davvero non riesce a reggere la scintilla di disperazione che si è accesa negli occhi verdi del suo ragazzo. Gli guarda le mani, strette intorno alla tazza e al cucchiaio, e si accorge di quanto tremino, incontrollatamente. Gli sfiora appena le dita lunghe, quasi cercando di fermarle. È impossibile che riesca a mangiare in quelle condizioni.
 
Gli toglie tutto dalle mani e se ne appropria, sotto lo sguardo confuso dell’altro, poi prende una cucchiaiata di cereali e gliela porta alle labbra, come ha fatto tante volte con le sue sorelle, da piccolo. Il riccio si vergogna un po’, ad essere imboccato come un neonato, eppure Louis è incredibilmente dolce quando si prende cura di lui, tanto da non dargli la voglia di ribattere… E così apre la bocca, inghiotte, si pulisce le labbra, sentendo il latte caldo bruciargli in gola e andare ad alleviare un po’ quel dolore insopportabile.
 
Ha paura che Louis possa stancarsi, che lo consideri un peso, anche perché, insomma, sono le tre di notte, no? E invece il castano continua, con dolcezza, fino a che Harry non svuota la tazza.
 
-Va meglio?- Chiede, a voce bassa.
 
-Grazie, Boo…- Mormora a questo punto il riccio, annuendo. Le fitte si sono diradate, il suo stomaco pare approvare e anche il saporaccio in bocca si è quasi dissolto.
 
Louis si alza, porgendogli un braccio come appiglio, e lo invita a tornare sul divano con lui; l’altro non si fa pregare, purché restino insieme. Gli tremano le gambe, probabilmente cadrebbe senza supporto, anche perché gli gira un po’ la testa, ma non è nulla di preoccupante, decide.  I due si stendono insieme sul divano, Harry accoccolato sul petto di Louis, come ha fatto tante volte quando aveva gli incubi. La testa gli scoppia, eppure lì in mezzo si sente quasi bene, finalmente.
 
-Perché l’hai fatto, Haz?- Domanda Louis ad un certo punto, quasi non riuscendo più a trattenersi.
 
-Che?- Chiede il riccio confuso, il naso affondato nella maglietta del maggiore.
 
-Perché ti sei ridotto così, stasera?- Precisa allora il castano, lasciandogli una carezza sui capelli per togliere durezza alla domanda. Harry alza un po’ il mento, cercando di guardarlo, ferito.
 
-Davvero me lo chiedi, Lou?- Soffia, lo sguardo fragile ma allo stesso tempo duro. Louis annuisce, non capisce, o probabilmente non vuole capire; e quel suo sguardo lontano, distante, fa gelare il cuore di Harry, che, l’alcol ancora nelle vene, non riesce a trattenersi dall’alzare la voce.
 
-Vuoi davvero sapere perché sono entrato in quel bar che sapeva di schifo e ho ordinato bicchieri su bicchieri di cose che non avevo neanche mai provato, fino a non capire più niente? Vuoi davvero sapere perché ho ingurgitato talmente tanta roba da non ricordare più il mio nome? Semplicemente perché non riuscivo, non riesco a stare senza te! Ogni secondo di questa settimana è sembrato durare un decennio! Avevo nello stomaco quella costante sensazione di vuoto e quel peso sul cuore che ti toglie il respiro, non sapevo più dove sbattere la testa, capisci? Semplicemente era tutto troppo… troppo forte, non riuscivo a sopportarlo, mi sentivo soffocare; alzarsi dal letto la mattina mi sembrava quanto mai inutile, non avevo neanche la forza di fingere di stare bene con i ragazzi, al punto che ho smesso di rispondere alle loro chiamate! Sai quante volte ho trovato Liam o Niall o Zayn fuori dalla porta di casa mia che bussavano per cercare di entrare? Sai quanti messaggi mi hanno mandato? Non lo so neanche io a dirla tutta, ero talmente distrutto da non riuscire più neanche a sopravvivere, ed è per questo che mi sono ubriacato, volevo sentirmi leggero almeno per mezzo secondo, volevo poter fare un respiro, uno solo, che non fosse impregnato di dolore, che non mi ricordasse la tua assenza! Volevo poter stare un minuto almeno senza pensare a quanto il tuo profumo fosse buono o a quanto mi mancassero i tuoi occhi, dannazione, perché pensare a te e saperti distante era come avere un coltello infilato nel cuore, che raschia, raschia, sbrindella quel poco che ne rimane. Eppure non è servito a nulla, bere ti ha solo reso più reale nella mia mente, il tuo viso infestava i miei occhi, non riuscivo più a reggere tutto quello! E forse volevo anche morire a quel punto, mi sarebbe bastato farla finita, e così mi sono messo in macchina, sperando di avere fortuna; e invece queste stupide mani mi hanno portato qui, da te, come sempre, perché la cosa più dolorosa è sapere che per te ritornerei ogni volta, non importa quanto grande sarebbe l’umiliazione, non importa cosa potresti farmi, io tornerei, perché senza di te non so stare, senza di te sto male di quel dolore che ti attanaglia le budella e ti distrugge, lentamente! Tornerei, perché senza di te sono debole, non sono nessuno!- Urla, senza controllo, mentre grosse lacrime pesanti prendono a scendere dai suoi occhi verdi. 
 
Si rende confusamente conto che probabilmente avrebbe dovuto tenere per se almeno la metà di tutte le cose che gli sono sfuggite dalle labbra, ma non riesce a darci peso, perché tutto il dolore sta lentamente defluendo fuori dall’angolino che aveva occupato dentro di lui, e ciò gli fa male, dannatamente male. Più di ogni altra cosa lo scuotono quelle lacrime insopportabili, pastose, di quelle che scendono lentamente e ti lasciano il magone per tutta la giornata.
 
E Louis, beh, Louis resta zitto, cercando di non andare in iperventilazione, perché qualcuno sembra aver appena aspirato tutta l’aria dalla stanza. Chiude gli occhi e cerca di assimilare quello che ha sentito, ma è come cercare di assorbire veleno e restare indenni; non ce la fa, non riesce ad accettare ciò che il riccio gli dice, e soprattutto non riesce ad ammettere di averlo ridotto in quello stato con le proprie mani, perché se lo facesse, probabilmente, finirebbe per impazzire. E la stessa cosa capita ad Harry, si sente andare fuori di testa, e dentro di lui l’alcol, la rabbia e la sofferenza si mischiano formando un veleno tutto nuovo, che lo spinge a buttare fuori tutto quello che, per mesi, ha sempre taciuto.
 
-Tra tutti i dannatissimi momenti, proprio questo dovevi scegliere per stare zitto? Non chiudi mai la bocca; ADESSO  non hai niente da dire? Hai almeno un’idea della confusione che sto facendo in questo momento? Hai idea di quanto mi piacerebbe semplicemente accettare di dovermene andare dalla tua vita, senza starci male così tanto? Perché, sì, fa male, maledettamente male. Durante questa settimana mi sono svegliato ogni mattina pensando a quanto fossi stato stupido, a lasciarti scivolare via da me. Ho passato le giornate guardando le foto di noi due insieme, per poi strapparle tutte in un momento di rabbia e finire su internet, a cercarne altre. Mi sono ripetuto migliaia di volte quanto fossi una nullità, quanto non ti meritassi, quando schifo facessi, e non cercare adesso di dirmi che non è vero, non se devi farlo per pietà! Se davvero ti avessi meritato non mi avresti mandato via! Se non fossi solo un bastardissimo errore, non avrei dovuto passare ogni singolo minuto a guardare il cellulare aspettando un tuo messaggio, illudendomi che mi avresti chiesto di tornare! Questo sono, un illuso; ho creduto per così tanto tempo in noi, ho creduto che ce l’avremmo fatta, e adesso guardaci! Guardami, guarda me! Sono un cantante di fama internazionale che sta blaterando da ore di cose che domani mattina nemmeno ricorderò, ubriaco fradicio, e per di più all’unica persona che non le avrebbe dovute sentire! Sono uno schifo Louis… Non mi stupisco che tu non mi voglia, non mi stupisco di essere un errore per te… Ma accidenti, allora perché fa così male? Solo perché sono maledettamente dipendente da te, dalla tua voce, dal tuo respiro… Solo perché sono innamorato e ho osato credere di essere ricambiato… So di essere uno stupido, ma è stato più forte di me… Ed eccoci, ecco dove siamo. Credevamo di essere arrivati in alto, e invece ci siamo buttati direttamente all’inferno. Non riesco a sopportare tutto questo, non più! Non posso più fare finta di niente mentre dentro mi sento crollare, non posso più fingere quando ti vedo con lei, o quando devi smentire la nostra storia in un’intervista… E non riesco a sopportare la distanza che è creata tra di noi, mi manca quando tutto era più facile, quando la mattina lasciavo la sveglia suonare fino a quando non mi venivi a dare il buongiorno con un bacio, quando la notte mi abbracciavi se avevo gli incubi… Ti sei mai accorto di quante ne ho passate piangendo con la faccia sul cuscino, perché tu dal piano di sotto non sentissi? O magari di tutti i sorrisi finti che ti regalavo dopo aver ricevuto solo occhiate fredde e distanti? Non ti sei mai accorto di quanto ci siamo allontanati? Io sì, e mi sento davvero un coglione per non averti fermato quando ancora potevo, perché speravo che l’avresti fatto tu… Ma evidentemente non era abbastanza importante per te, non lo è mai stato… Dillo, dimmelo una buona volta, che tutto quello che scrivi su Twitter per ordine dei Manager lo pensi sul serio… Ammettilo, una buona volta! Per te siamo stati solo una stronzata, vero? Uno sbaglio, come hai detto l’altra sera! Le ho imparate a memoria, le parole che mi hai detto, lo sai? E me le sono ripetute il giorno dopo, quello dopo ancora, oggi soprattutto, ad ogni bicchiere di qualcosa che aveva il puro scopo di stordirmi! E ti chiedo scusa, scusa mille volte, per essere piombato a casa tua in questo modo, per averti riversato addosso questo fiume di parole che neppure ricordo più, per il casino, perché lo sai, o forse lo sapevi, che non sono molto bravo con le parole, ma insomma, scusa… Anche per essere tornato, dopo che mi avevi chiaramente detto di andare via per sempre… Ma il fatto è che non ci riesco, Louis, non riesco a fare a meno di te… Non posso lasciare che tutto finisca così, perché nonostante tutto io ti amo, Louis, io ti amo ancora!-
 
Singhiozza ora Harry, sentendosi soffocare, e si prende la testa tra le mani, rotolando giù dal divano e accoccolandosi sul pavimento, appoggiando la fronte bollente sulle ginocchia. Piange disperatamente, con forza, riversando all’esterno tonnellate e tonnellate di dolore, lo stesso di cui ha imbottito ogni singola parola di quel discorso troppo confuso e troppo frammentato per sembrare lucido, e che nonostante tutto lo è. Harry potrebbe giurarci, quel groviglio di frasi è la cosa più sincera mai uscita dalle sue labbra.
 
E forse anche per questo piange, perché ora che ha detto tutto si sente nudo, debole, davanti a Louis che ancora non ha detto niente, e lo fissa, attonito, sentendo la testa girare per via del sovraccarico di informazioni. Anche i suoi occhi azzurri si riempiono di lacrime, mentre lentamente apre e richiude la bocca, incapace di tirare fuori la voce. Strizza le palpebre e due grosse gocce cadono dalle sue ciglia, impastandogli il palato con il sapore salato.
 
Si lascia scivolare vicino al riccio, piano, con lentezza esagerata, e si accerta di mantenere le distanze, senza sapere davvero che fare. La sua testa è affollata di domande, tutte incomplete, rapide, dolorose; pulsano, si spintonano, distruggendogli la mente. Come ha potuto essere così cieco? Come è riuscito a non accorgersi di tutto quello che stava accadendo, della sofferenza di Harry, la persona che conosce meglio al mondo, anche più di se stesso? Sa meglio del riccio stesso tutti i suoi gusti, le preferenze, le più minuscole e irrilevanti abitudini… Come ha potuto ignorare la falsità nei suoi sorrisi, il grido d’aiuto nei suoi occhi, che ora, a ben pensarci, non vede brillare di pura felicità da fin troppo tempo? E soprattutto, soprattutto… Come ha potuto il riccio credere alle sue parole? Come ha potuto convincersi che tutte le brutte cose dette durante un momento di collera gli venissero dal cuore? Come gli ha creduto, o meglio come si è fatto credere? Era Harry troppo debole o lui troppo convincente?
 
E Louis si sente morire, ancora, per forse la millesima volta in questa settimana, rendendosi conto di non aver amato abbastanza, di non aver mai dimostrato a sufficienza al riccio quanto davvero tenesse a lui, quanto ogni suo sguardo fosse fondamentale anche solo per farlo sopravvivere… Ha sempre e solo voluto rendere il suo ragazzo la persona più felice della Terra, pensava che sarebbe riuscito a strappare la luna al cielo per portargliela in regalo, e invece non è riuscito neppure a convincerlo dei sentimenti che li legavano. Si sente un fallimento totale, Louis, ripensando a tutti gli sbagli commessi per colpa della stanchezza, dello stress, dell’ansia. Ingoia secchiate di sensi di colpa, guardando il riccio, e rendendosi conto dello stato in cui l’ha ridotto.
 
Ingoia lacrime vedendo Harry fare lo stesso, pochi centimetri più in là, e quando un singhiozzo più forte degli altri gli scuote le spalle, facendogli affondare le dita pallide tra i capelli indomabili, non riesce letteralmente a trattenersi e poggia la sua mano, minuscola, su quella enorme del minore.
 
Il riccio sobbalza, quasi perdendo l’equilibrio, piangendo più forte se possibile; non si scosta però, facendo perdere un battito a Louis.
 
-Haz…- Chiama allora, le tre lettere rese quasi incomprensibili dalle lacrime e dai brividi che lo scuotono, ma piene, dense di una supplica feroce, perché l’altro lo guardi, perché si calmi, perché lo ascolti. E Harry capisce, capisce sempre quando si tratta del castano, anche in quella situazione. Fa uno sforzo e alza gli occhi, tirando su con il naso, bruscamente, senza tuttavia riuscire a frenare le lacrime, che imperterrite gli attraversano il viso arrossato, colandogli fin sul collo e sulla maglietta.
 
Louis cerca gli smeraldi verdi che gli hanno rubato il cuore e vi ci pianta le iridi azzurre, sentendosi finalmente completo, perché non può esserlo senza Harry specchiato nei suoi occhi, come non lo è un cielo senza il proprio prato su cui stendersi. Ha pochi secondi per capire cosa fare, e la sua mente è talmente confusa che non riesce a capire più nulla; e allora non pensa, agisce d’istinto, e l’unica cosa che l’istinto gli suggerisce di fare in quel momento è unirsi alla sua parte di puzzle, per bearsi qualche secondo di un paradiso dal quale si è chiuso fuori per davvero troppo tempo.
 
E allora non chiede, non permette all’insicurezza di fermarlo, e appoggia le proprie labbra sottili su quelle piene e rosse del riccio, che sussulta e singhiozza contro di lui, prima di lasciarsi andare ad uno di quei baci che ti fanno viaggiare metri e metri oltre le stelle. Cielo e prato finalmente si riuniscono, ed è come se fossero passati anni dall’ultima volta, perché si scoprono, piano piano, assaggiandosi l’un l’altro, come a riprendere conoscenza con qualcosa che si era perso. All’improvviso il sangue torna a circolare nei loro cuori infreddoliti, e di colpo entrambi riprendono a pompare non più sangue, ma vita, che li pervade, li fa tornare per la prima volta dopo settimane a sorridere per davvero; sorridono infatti, uno contro la bocca dell’altro, e mentre le loro lingue si ritrovano si regalano pian piano calore, spazzando via le lacrime, spazzando via il dolore.
 
Riempiono i polmoni dei reciproci profumi e finalmente si sentono bene, si sentono completi, senza più voragini del petto, senza più ferite, senza più singhiozzi.
 
All’improvviso Harry però si stacca, si tira dolorosamente fuori da quella situazione, balbettando il nome dell’altro. Il castano capisce, torna a farlo dopo tanto tempo.
 
E Louis all’improvviso ritrova le parole, ritrova nell’aria tutte le frasi che non ha avuto il coraggio di pronunciare, e le afferra, infilando le dita tra i ricci scompigliati del suo ragazzo, sentendo lo stomaco riempirsi di farfalle. Lo bacia con dolcezza sul naso, prima di prendere un respiro profondo.
 
-Non pensare che intenda chiudere questa faccenda semplicemente con un bacio, Harry… Non credere che non abbia capito che, questa volta, non è abbastanza… So che farlo ora è stupido, ma per prima cosa voglio scusarmi…- Inizia, indeciso, prendendo fiato e mettendo allo stesso tempo un dito davanti alle labbra del riccio, che sembra già deciso ad interromperlo, per dirgli che lo ha già perdonato.
 
-Le meriti tutte, le mie scuse. Avevo promesso a me stesso che sarei stato il fidanzato migliore del mondo, che non ti avrei mai fatto del male, che non ti avrei mai fatto piangere... Volevo più di ogni altra cosa renderti felice, farti sentire bene. Ero convinto che sarebbe stato facile, che sarebbe bastato l’amore per suggerirmi le mosse giuste da fare. E invece ho scoperto, andando avanti, che le cose sarebbero state mille volte più difficili. Forse ti ho portato a pensare che per me non fosse un peso fingere, forse ho recitato talmente bene la mia parte da convincerti che stessi bene con Eleanor… E invece non era così, ci stavo male anche io, e ogni singola volta che uscivo con lei non potevo non pensare a quanto mi sarei divertito di più se al suo posto ci fossi stato tu; perché lei non è niente, non è mai stata niente, in confronto a noi due. Ogni foto che dovevo fare insieme a lei, ogni singolo bacio che ero costretto a darle, e soprattutto ogni singola volta che tu uscivi con qualcuna, anche solo un pomeriggio, per farti fotografare, sentivo un colpo al cuore. E così ho iniziato a chiudermi, a sentirmi soffocato in mezzo a tutta questa recita… E lo stress, i concerti, i continui impegni, le bugie, i sorrisi finti… Era tutto troppo difficile da sopportare, capisci? Non… Non ho mai voluto prendere le distanze da te, ti giuro, ma… Ad un certo punto l’ho fatto senza neanche accorgermi, e… Dio, Harry, davvero, scusa. So di essere stato freddo e assente negli ultimi tempi, so di non averti dimostrato davvero tutto l’amore che provavo. Sono stato stupido, impaziente, lunatico, e così ho solo fatto male ad entrambi… Ma ti giuro, non l’ho mai voluto, non è mai stata mia intenzione! La settimana scorsa, quando abbiamo litigato… Ero arrabbiato, infuriato, davvero; non so perché ho detto ciò che ho detto, ti giuro, ti giuro con tutto il cuore, che non lo pensavo minimamente, neppure una parola… E quando ti ho detto di andare via… L’ho fatto perché avevo paura, temevo che mi avresti mandato a quel paese tu per primo, perché so di essere stato davvero un bastardo, e… Se l’avessi fatto non l’avrei sopportato, Hazza! Così non sono riuscito a trattenermi, ho cercato di prendere il controllo, di evitare il dolore, non pensando a quanto ne stavo infliggendo a te… Ho sperato, nei giorni successivi, che tu tornassi, che mi mandassi un messaggio, anche solo per dirmi quanto ero stato coglione, e invece nulla… Così ho pensato che mi avessi ascoltato, che te ne fossi andato, che mi avessi già dimenticato, che stessi meglio senza di me e i miei continui problemi, e… So che sono stato stupido, ma non riuscivo ad accettare tutto questo… Non ti ho mai chiamato per paura che confermassi la mia teoria, ero terrorizzato, perché non volevo perderti, sei la cosa più preziosa che ho… E non ho mai neanche lontanamente immaginato quanto vicino ci stessi andando comportandomi così! Ti giuro, questa settimana è stata terribile anche per me, Haz… Perché, a differenza di tutto quello che può trasparire dai miei gesti, neanche io riesco a stare senza di te, è una tortura lenta che mi consuma il cuore e il cervello… E non riesco ancora a capire come tu possa aver creduto alle mie parole di quella sera, Harry, dico sul serio! Come hai potuto pensare che fosse tutto vero? In quale assurda maniera ti sei convinto che io non ti volessi più, che non ti amassi più? Io sono innamorato di te e di tutte le tue piccole cose, curly, e non posso sopportare il pensiero di non avertelo dimostrato abbastanza spesso ultimamente.-
 
È un fiume di parole quello che esce dalle labbra sottili del castano, senza alcun controllo; troppe cose taciute, troppi gesti incompresi, troppo bisogno di mettere finalmente le cose in chiaro, per tacere. E sorride a questo punto Louis, pensando a ciò che sta per dire, e a quanto sia dannatamente vero. Sorride perché Harry lo guarda con la bocca spalancata e senza più piangere, incredulo, il verde negli occhi finalmente acceso di speranza.
 
Riprende fiato il castano, prima di ricominciare a parlare, più lento, la voce all’improvviso dolce.
 
-Amo i tuoi occhi verdi, quegli stessi occhi che avevo giurato di far brillare, e che invece ho contribuito involontariamente a spegnere, come le lucine di Natale nel caldo di agosto. Faremo uno strappo al calendario, però, te lo prometto; dicembre arriverà talmente in fretta che non te ne accorgerai neppure, e questa volta non fuggirà via tanto presto. Amo il tuo sorriso, accompagnato da quelle fossette adorabili che ultimamente si nascondono troppo spesso. Giocherò a nascondino con loro, d’ora in poi, e ti assicuro che riuscirò a trovarle e le riporterò sulle tue guance, perché, piccolo, il tuo sorriso illumina il mio mondo come nessun altro. Amo la tua voce, così roca di prima mattina, quando ti sei appena svegliato, e così vellutata mentre cantiamo insieme in studio, al punto che mi capita di dimenticare le parole ascoltandoti. La amo quando accarezza il mio nome, quando sussurra, ruvida, mentre facciamo l’amore, e quando diventa dolce, quasi bambinesca, mentre ti accarezzo i ricci e ti coccolo sul divano, la sera. Ecco, anche i tuoi ricci amo, così morbidi e ribelli, che se ne vanno in giro per conto loro e rivelano sempre su quale fianco hai dormito la notte. Amo le tue labbra,  un rosso lucchetto di cui io sono la chiave; così morbide, così rosse, così… irresistibili. Amo le risate che facciamo insieme, quando io faccio una battuta stupida e tu ridi lo stesso, facendo scoppiare anche me, perché quando lo fai il mio cuore è felice, leggero. Amo quando guardiamo un film la sera tardi e tu ti addormenti a metà per la troppa stanchezza, e nel sonno ti accoccoli addosso a me, affondando il naso nella mia maglietta, e all’improvviso non riesco più a seguire cosa succede sullo schermo perché non riesco a distogliere gli occhi da te, così assurdamente tenero e fragile in quei pochi momenti. Amo anche quando giochiamo a calcio e ogni tanto mi tocca farti fare goal apposta, sennò te la prendi e inizi a blaterare cose senza senso; oppure quando cuciniamo insieme e tu non mi fai praticamente toccare nulla, perché altrimenti sai che farei un disastro, e così finisce che tu fai tutto e io ti guardo, sempre così incredibilmente perfetto, anche con il naso sporco di farina e il pomodoro per la pizza che ti imbratta la maglietta… Amo quando la notte ti prendi tutto il lenzuolo per te e mi lasci al freddo, e poi per vendetta la notte dopo io faccio lo stesso, però prima di addormentarmi cedo sempre e vado a prenderti una coperta dal divano; e addirittura amo quando litighiamo per chi deve fare la doccia per primo, e quando vinci tu io resto seduto fuori dalla porta, ad ascoltarti mentre canti i Coldplay a voce talmente alta che potrebbero sentirti anche i vicini. Amo quando mi sfiori durante un concerto o un’intervista, e all’improvviso sento dentro così tanti brividi che vorrei urlare al mondo che sei solo mio. Amo ogni singolo particolare di te, fino ai più minuscoli, e sarebbe totalmente inutile ed impossibile enumerarli tutti adesso, ma sappi solo questo: io senza di te non sono niente; sono come una bussola senza il suo veliero, un paio di virgolette senza la propria frase, una chiave senza lucchetto… Inutile, senza forza, senza vita. Io la vita la rubo dalle occhiate che mi lanci mentre facciamo l’amore, dai tuoi sorrisi quando scherziamo insieme, dal tuo tocco quando ci baciamo, e stringi il mio mento tra le dita, facendomi sentire piccolo.-
 
Louis ormai non riesce più a parlare da quanto ampio si è fatto il suo sorriso, eppure va avanti, perché ha visto le guance di Harry diventare rosse, i suoi occhi riempirsi di fuochi d’artificio, e le sue fossette spuntare all’improvviso, senza doverle andare a cercare; una lacrima, per una volta di gioia, striscia lungamente fino a raggiungere le sue labbra rosse, e Louis a quella vista quasi piange a sua volta, perché si sente davvero minuscolo in quella situazione, fin troppo giovane per provare tali emozioni, e allora non resiste, bacia di nuovo il riccio, più in fretta, cercando di riversare tutto l’amore che non ha saputo dimostrargli in ogni gesto, in ogni sospiro, in ogni lievissimo contatto.
 
E contro le sue labbra canta, canta tutto quello che non potrebbe spiegare neppure con un discorso di mille parole.
 
-I’ll be here, by your side, no more fears, no more crying…-
 
E mentre Harry raccoglie quella promessa, riponendola nel cuore gonfio, si sporge in avanti e sussurra, al posto di intonare le parole: -Devi essere tu, solo tu.- E Louis sorride, sentendosi giusto per una volta, e sfrega forte il proprio naso contro quello dell’altro.
 
-Ricominciamo da capo, che ne dici, Harry? Di nuovo Boo & Hazza, come una volta.- Mormora, cullando dolcemente i soprannomi che si sono dati a vicenda.
 
-Non possiamo ricominciare da capo, amore, come se tutto questo non fosse mai esistito…- Soffia Harry, mordendosi il labbro. Poi, però, vedendo la faccia disperata di Louis, riprende a parlare.
 
-Ma possiamo andare avanti, lasciarci ogni cosa alle spalle. Dovremo lottare, ma io sono pronto; tu, Lou? Combatterai questa guerra con me?- Domanda, intrecciando la propria, grande mano con quella piccola del castano, che la stringe.
 
-Verrei anche all’inferno con te, Haz. Lo sai.- Ridacchia a quel punto Louis, per poi aggiungere: -E a proposito lasciarci ogni cosa alle spalle, che ne dici di buttarci anche il tuo nuovo appartamento?-
 
Harry sembra non capire, confuso, e allora il castano precisa, guardandolo negli occhi: -Rimani qui con me?- E il riccio sorride, annuendo, prima di accoccolarsi tra le braccia del maggiore, che lo stringono, facendolo finalmente sentire a casa.
 
-Però poi rischio di non andare più via.- Lo prende in giro allora, strofinando il naso contro la sua pancia e catturando il suo profumo.
 
-Non ti lascerò mai più andare via, Harry. Ti giuro, hai finito di dormire da solo.- Mormora Louis contro i capelli ricci del ragazzo, riscaldandogli il cuore.
 
E all’improvviso chiudono la porta in faccia a tutte le paure, a tutti i giudizi sbagliati, a tutte le insicurezze, e rimangono solo loro due e il loro amore a scaldare la stanza; non importa cosa succederà, non importa il “domani mattina”: Harry e Louis sorridono, si sfiorano, si baciano dolcemente, si amano in questa notte di lacrime e parole, e si sentono bene, finalmente bene, liberi e innamorati, cielo e prato uniti in un abbraccio destinato a durare, entrambi lo giurerebbero, per sempre.









-BUONASERA.
Per prima cosa, se siete arrivati in fondo a questa... "cosa", grazie. Grazie di cuore. 
Questa OS è la prima storia che io abbia mai finito in tutta la mia vita, dico sul serio; è stata l'unica che sono riuscita a portare a termine. Per questo, nonostante sappia benissimo che non è affatto bella, l'ho voluta mettere, così, perchè, dio, ancora non ci credo che ci sono riuscita!
Inoltre, da un po' volevo fare una OS Larry, perchè li supporto da, ormai, tantissimo tempo, e amo scrivere su di loro.
In ogni caso, io vi prego, vi supplico, di recensire. Ve lo chiedo davvero per favore, per me è importantissimo, perchè sapete, ho finito una cosa e adesso devo sapere se vale la pena di finirne altre... Per favore, un parere piccolo, anche solo "Fai schifo!" Dico davvero, lo accetterei, niente da ridire. Solo, per favore, ditemi che ne pensate. Io sono confusissima. Amo questa FF per certi motivi assurdi, ma odio come è uscita, l'avrei voluta scrivere mille volte meglio e non sono riuscita.
Mi sto mettendo in ridicolo, ma in fondo dopo questa posso anche dileguarmi. Ecco, evaporo.
Ciao a tutti, vi ringrazio infinitamente per aver letto, vi amo. <3
  
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