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Autore: Roev_Chan    18/07/2013    2 recensioni
"La musica è l'armonia dell'anima."
Roev è una studentessa del corso speciale per esorcisti. Pessimo carattere, fredda, asociale e silenziosa, quando non studia, lavora in un negozio di strumenti musicali nella città della Vera Croce, nascondendo a tutti la sua incontenibile passione: ama suonare il pianoforte. Ed è proprio questo che la farà cacciare nei guai, entrando (senza accorgersene) a far parte del sadico gioco del preside dell'Accademia, Mephisto Pheles...
///
-Facciamo un patto, Roev-Chan? ♥- 
-Un patto?-
-Si, un patto! A te piace suonare il piano, no? Bhe, io ti darò la possibilità di suonarlo ogni volta che vuoi, ma in cambio dovrai sottostrami e obbedire a ogni mio ordine! Ci stai?- [...]
-D’accordo, ci sto.-
-Sapevo che potevo contrattare con te, Roev-Chan! Ma ti avverto: se smetterai di suonare, io mi prenderò la tua anima! ♥-

[cap. 4 - "Il patto"]
Genere: Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mephisto Pheles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Mephisto aprì l’anta di un armadio di fianco alla scrivania e infilò la chiave in una serratura nascosta. Il passaggio era grosso sufficientemente da far passare sia lui che il blocco di ghiaccio che fluttuava ancora dietro di lui, sotto il suo controllo. Il passaggio dietro l’armadio era un lungo corridoio di mattoni grigi, illuminato da un piccolo candelabro ogni dieci metri circa, poi si svoltava e c’erano una lunga serie di scale che portavano a un altro tipo di corridoio, più spazioso del precedente ma un po’ meno illuminato. C’erano delle porte di ferro, blindate, lungo le pareti; che davano l’idea di essere una prigione. Il demone, mentre camminava, sentì formicolargli qualcosa sulla testa, così si tolse il cappello.
-Fratello, dove siamo?- Sbadigliò Amaimon strofinandosi il musetto peloso da criceto.
-Devo sbrigare una faccenda urgente, Amaimon.- Disse Mephisto sbrigativo ma sicuro di sé. Entrò nell’ultima porta del lungo corridoio e si ritrovarono in un’ampia stanza, buia e senza finestre, che puzzava di chiuso e di muffa in una maniera terribile. Amaimon arricciò il nasino e i baffetti bianchi si mossero al ritmo di quel gesto stizzito.
-Sembra di stare a Gehenna…- Commentò.
-No.- Ribatté Mephisto –Gehenna è peggio, fratellino mio…- Accese un interruttore che illuminò il centro della sala, dove stava un tavolo di metallo su cui fece appoggiare il blocco di ghiaccio. Amaimon si fece serio all’improvviso, poi si alzò dal capo del fratello e zampettò lungo i vestiti per tornare a terra e tramutarsi nella sua forma di Assiah.
-Che cosa le è successo?- Chiese -…e perché ha la spada di nostro fratello Egyn?- Mephisto incrociò le braccia.
-Gliel’ho data io.- Rispose.
-Se verrà a saperlo saranno guai…- Mormorò Amaimon, ma senza alcun cenno di preoccupazione. Mephisto lo ignorò alla grande.
-Ho bisogno che tu vada a Gehenna, Amaimon, a portare un messaggio a uno dei nostri fratelli. Ma senza che nostro padre lo sappia.- Amaimon assunse un’espressione contrariata, osservando a lungo Mephisto.
-A chi devo portare un messaggio?- Chiese.
-A Iblis.-
 
 
Iblis il Re del Fuoco non era sicuramente famoso per la sua pazienza, ma era comunque lì, davanti ai suoi fratelli.
-Perché mi avete fatto chiamare?- Borbottò. La sua forma di Assiah era circa quella di un ragazzo sui venticinque, con la pelle scura e capelli rossi. Indossava una giacca smanicata di pelle beige e imbottita di pelo bianco, e dei pantaloni a tema militare, accompagnati da dei pesanti anfibi neri.
-Vedi caro fratello, avrei bisogno che tu spezzassi quel blocco di ghiaccio, ma senza toccare la ragazza che è rinchiusa all’interno.- Gesticolò Mephisto sorridendogli il più cordialmente possibile. Iblis rimase un attimo a fissare i suoi fratelli, per poi avvicinarsi al blocco, esaminandolo con i suoi fiammeggianti occhi gialli.
-…è impossibile scalfirlo senza farle del male.- Disse il demone in tono grave –Però dipende ovviamente in che modo intendi distruggerlo…- Estrasse un enorme machete con la lama color cremsi da una cintura che gli pendeva al fianco.
-Sicuramente non tagliandolo in due…- A Mephisto vennero i brividi mentre Amaimon sembrava quasi gioirne –Perché non provi a fonderlo… mooolto lentamente? Dopotutto questo è ghiaccio demoniaco, per te sarà una passeggiata, no?- Suggerì abbozzando un sorriso furbo. Iblis lo squadrò e i suoi occhi gialli si illuminarono.
-In cambio cosa ricevo?- Dare per ricevere. Logica comune dei demoni. Mephisto ci pensò un attimo.
-Ti offro una cena in completo stile Assiah, che ne dici?- Iblis aggrottò la fronte.
-Generoso come al solito, eh, Mephisto? Mi fai chiamare nel mondo degli uomini per sciogliere un pezzo di ghiaccio.- Brontolò colpendo il blocco con il machete. Amaimon e Mephisto saltarono per la sorpresa del colpo. Iblis sputò una fiammata dalla bocca e il ghiaccio cominciò a sciogliersi, senza sfiorare Roev. Poi, il suo lavoro si fece più preciso e meticoloso non appena il ghiaccio fu abbastanza sottile da essere frantumato con una manata. In pochi minuti, la ragazza fu liberata dalla sua prigione di ghiaccio. Mephisto si avvicinò in fretta e la prima cosa che fece fu di nascondere la Murasame sotto il mantello, per poi occuparsi di Roev. Iblis stava lustrando il suo machete con cura maniacale e non gli aveva staccato gli occhi di dosso –Mi devi un favore…- Gli disse rinfoderando l'arma –…altrimenti dirò a Egyn dov’è la sua spada.- Mephisto fece una smorfia, ma si sforzò di sorridere.
–Non so di cosa tu stia parlando.- Iblis indicò Roev.
-Se davvero ti sta così a cuore la vita di questa ragazzina umana, non mi avresti fatto scomodare. Ti ripeto che mi devi un favore.- Mephisto fece breve e sarcastico inchino, poi prese in braccio la ragazza e camminò a lunghi passi verso le sue stanze, seguito da Amaimon.
-Che ci vuoi fare con lei?- Chiese il Re della Terra. Mephisto guardò Roev con malinconia, ma senza scomporsi troppo. Continuò a camminare verso le camere, senza proferire parola.
 
 
Roev aprì gli occhi. La sensazione di calore che le aveva pervaso il corpo era causato da uno spesso stato di coperte di lana e piumoni. Non riuscì a mettere del tutto a fuoco il luogo in cui si trovava, ma appena fu sveglia del tutto, si accorse di non essere nella sua stanza. Guardò a lungo le fantasie dorate delle pareti color rosso vino, e osservò quel grosso letto baldacchino in cui dormiva. La stanza era in penombra, dal lato opposto del letto c’era una candela bianca che illuminava debolmente la stanza. Sapere che c’era quella debole luce a tenerle compagnia la rassicurava, ma non molto. Si alzò in piedi di scatto e guardò le coperte contrariata: erano rosa. Quel fottuto color rosa che Mephisto tanto adorava. Non le ci volle molto per capire dove si trovava. Scostò le coperte con ribrezzo e si alzò in piedi. Le gambe le cedettero, facendola cadere sul pavimento di moquette in modo patetico. Si rialzò quasi subito. Si sentiva debole e senza alcun filo di energia. La prima cosa che le saltò all’occhio fu Murasame: la katana era appoggiata al muro, proprio di fronte a lei. La ragazza fece mente locale e improvvisamente ricordò tutto. Stava per andarsene, quando…
-Dove stai andando?- La candela si spense e calò l’oscurità più totale. Il panico prese il sopravvento quando si sentì afferrare la caviglia. Roev si lanciò in avanti, allungando il braccio alla cieca mentre con l’altro si teneva stretta alla moquette. Non riusciva a trovare la spada –Vieni qui, dove scappi?- Quella voce le pareva familiare, ma non riusciva a capire di chi diavolo era. Era troppo spaventata.
-Lasciami!- Afferrò uno dei lembi della decorazione del fodero di Murasame e tirò debolmente la spada verso di sé. Senza pensarci su due volte la estrasse e la lama blu metallico risplendette, illuminando la stanza. Una mano la disarcionò dall’ arma, che si conficcò sul soffitto, senza smettere di produrre la debole luce azzurra. La figura le afferrò entrambe i polsi e glieli tenne ben stretti dietro la schiena, per poi sollevarle la testa con l’altra mano, mentre allungava il collo verso di lei. Bastò per farla impallidire.
-A… Amaimon…?- Fece lei deglutendo. Amaimon la teneva ben stretta.
-Non sei felice di vedermi?- Chiese il demone mentre prese ad accarezzarle il collo con le unghie affilate. A Roev corse un brivido freddo che le percosse l’intero corpo. Il cuore cominciò a martellarle nel petto all’impazzata.
-Che cosa vuoi?-
-Sono io che faccio le domande qui.- E le ficcò le unghie in gola. A Roev mancò il respiro, si sentì soffocare per il dolore e la paura. Non riuscì ad urlare. Fu solo quando lui si calmò e la lasciò andare, che lei si fece scappare gemito. Amaimon afferrò Murasame e la rinfoderò, per poi appoggiarla al muro, dove prima si trovava. Successivamente, aprì la finestra e ne andò senza dire nulla. Roev rimase da sola, nella stessa posizione in cui lui l’aveva lasciata. Si toccò il collo e avvertì le ferite che gli aveva provocato: si guardò la punta delle dita, macchiate del suo sangue che colava dalle ferite. Provava dolore, ma non riuscì a trovare le forze per lamentarsi. Si alzò semplicemente in piedi e si diresse nel bagno in fondo alla camera. Fece scorrere l’acqua e si levò il kimono blu chiazzato di sangue. Si pulì il collo e applicò dei cerotti che trovò nell’armadietto di fianco al lavandino. Quando ebbe finito tornò in camera e aprì il cassettone di fianco al letto baldacchino. C’era un’uniforme all’interno, la sua uniforme. La riconobbe per un piccolo strappo nel lembo della camicia e del fondo dei pantaloni rovinato, a forza di pestarlo. Si vestì in fretta, la cravatta la appoggiò sulle spalle, senza legarla attorno alla camicia, si mise in tasca i calzini e la Murasame a tracolla. Era pronta per andarsene. Afferrò la giacca, avviandosi lentamente verso la porta che dava al corridoio. La aprì con delicatezza, guardandosi attorno vigile. Per fortuna non c’era nessuno. Le sue scarpe da ginnastica piazzate di fianco alla porta attirarono la sua attenzione; le afferrò velocemente e corse scalza lungo il corridoio. Le piastrelle in marmo le congelavano i piedi, ma questa non la fermò. Guardando fuori dalle enormi finestre si accorse di essere piuttosto in alto, doveva raggiungere il piano terra il prima possibile. In fondo al corridoio notò dei corrimano, così si catapultò verso quelli e trovò le scale. Scese in fretta senza mai fermarsi, fino al piano terra, dove c’era l’ingresso. Controllò che non ci fosse nessuno nella sala, si piazzò in un angolo e attese un paio di minuti in silenzio, stringendo la katana. Di punto in bianco, agì senza pensarci su due volte, e si mise a correre più svelta che poté. Si sentiva troppo debole, ma il pensiero che dietro il grosso portone di ingresso sarebbe stata libera, era più forte del suo stato. Con una spallata la porta si spalancò, e si trovò nell’enorme cortile, correndo verso il cancello. Fu un istante: un attimo prima che potesse raggiungere il cancello, fu afferrata da qualcosa.
-Dannazione, ancora tu?!- Amaimon spiccò un balzo fenomenale fino al balcone dello studio di Mephisto, tenendo la ragazza per un braccio. Aprì la porta finestra e la gettò nella poltrona, afferrando un lecca-lecca dal piattino di porcellana posto su un mobile a fianco.
-Il mio nobile fratello non c’è, e mi ha ordinato di tenerti d’occhio fino al suo ritorno.- Disse Amaimon sedendosi sulla scrivania. Roev si imbronciò.
-Come un cane da guardia, insomma.- Replicò. Lui la ignorò.
-Ha detto che avresti tentato di fuggire, e così è stato. Io ti ho fermata.- Giocherellò con un pupazzetto a forma di coniglio –Adesso non ti perdo di vista.- Rimise il coniglio al suo posto e la osservò intensamente, ma con apatia. Roev distolse lo sguardo cercando di essere più indifferente possibile. Prese a camminare a grandi passi verso la sala dove stava il pianoforte. Magari suonando un po’ si sarebbe schiarita le idee. Appoggiò la sua roba sul divano, ma prima di sistemarsi davanti al piano si voltò di colpo. Il demone la stava seguendo mentre mangiucchiava caramelle. La sua presenza la irritava, cercò di ignorarlo il più possibile. Si sedette  e cominciò a premere i tasti, ascoltando ogni nota che producevano. Era da tanto che non suonava, si era un po’ arrugginita. Cominciò a esercitandosi suonando la scala di do, ma prima che potesse finire, il rumore sordo di un sacchetto di plastica che esplodeva la fece sobbalzare, distogliendole la concentrazione.
-Amaimon!- Lo rimproverò Roev  voltandosi di scatto –Esci di qui, vai via.- Lo intimò mentre lui mangiava delle patatine. Lui si guardò attorno.
-Dici a me?- Chiese sinceramente sorpreso. Roev per poco non rotolò via dalla sedia. “Che tonto.” Pensò. Lo faceva apposta o era davvero fatto così? Si toccò i cerotti sul collo ricordandosi cosa le aveva fatto, senza aggiungere altro, cercando di concentrarsi nuovamente sulla musica. Improvvisamente non riuscì più a fare niente. I pochi e violenti ricordi che aveva di Amaimon la turbavano non poco. Il primo incontro con lui era stato mesi fa, lui l’aveva accompagnata da Mephisto e le aveva fatto ingurgitare una caramella alla ciliegia. A quel tempo non era ancora in grado di giudicarlo, ma non le era sembrato una cattiva persona. O meglio, demone. Il loro secondo incontro fu strano. Lui, senza motivo se l’era presa con lei, le stava per spaccare il braccio, e per difendersi Roev gli aveva mollato un pugno in faccia, facendogli sanguinare il naso. Il terzo incontro… un disastro. Amaimon l’aveva cercata durante la missione al luna park, trovandola nel labirinto degli specchi, e l’aveva picchiata. Era finita all’ospedale per quello. Svarianti lividi sul corpo, un paio di costole rotte, una vertebra scheggiata e viso sfigurato: erano gli esiti degli esami dell’ospedale. Poi era arrivato Mephisto, e l’aveva guarita con i suoi poteri. Già, Mephisto. Chissà dove diavolo era. Le aveva fatto qualcosa da quel ricovero, se lo sentiva.
-Dov’è Mephisto?- Chiese la ragazza al demone. Amaimon si grattò il capo, guardandola disinteressato.
-Non ne ho idea, ma vuole che ti tengo d’occhio.-
-Si, questo me l’hai già detto.- Ribatté irritata, distogliendo lo sguardo. Amaimon si alzò in piedi di colpo e le si avvicinò di fianco, continuando a guardarla. Roev tentò di ignorarlo il più possibile, ma non resistette, e continuò a spiarlo di sottecchi. Il demone allungò una mano verso il suo viso e le strizzò il naso –Che diavolo fai?!- Roev lo allontanò gridando e alzandosi in piedi di colpo, cercando di apparire più minacciosa possibile, ma lui sembrava non curarsene.
-Non ho dimenticato il pugno che mi ha dato.- Le disse mettendosi le mani in tasca. La ragazza si massaggiò il naso.
-E io non ho dimenticato quello che TU mi ha fatto.- Sguainò velocemente Murasame e gliela puntò dritta in gola, ma lui non mosse ciglio –Se non ci fosse stato Mephisto a curarmi, sarei ancora sul letto dell’ospedale con la faccia bendata e la flebo attaccata!-
-Tu stai fingendo in realtà.-
-Taci!-
-Fai tanto la dura, la forte, ma non lo sei.- Continuò Amaimon, reggendo il suo sguardo con fermezza e calma glaciale.
-Ti ho detto di stare zitto! Io ti detesto, Amaimon! Odio te, odio Mephisto, e ogni altro demone sulla faccia di questa terra!- Gridò mentre la voce cominciò a tremarle in gola, ripensando al passato.
-Menti anche ora.- Ribatté di nuovo accennando un mezzo sorriso, ma senza cambiare espressione.
-Ma chi sei tu, per dirmi che sto mentendo? Non ti azzardare a giudicarmi, non ne hai il diritto! E adesso vattene, io non sono una bambina e tu non sei la mia balia!- Agitò la spada ma senza colpirlo, poi si voltò di scatto. Non fece in tempo a raccogliere la sua roba che lui le afferrò il braccio costringendola a voltarsi. Avvicinò il viso a quello di lei, baciandola a una guancia. Roev arrossì violentemente e lo spinse via, tremando leggermente per quel gesto così inaspettato quanto affettuoso, che non si sarebbe mai aspettata di ricevere.
-Mio fratello dice che se voglio restare qui ad Assiah devo imparare ad atteggiarmi come gli essere umani. Ti chiedo scusa per quello che ti ho fatto.- Per tutta risposta, Roev gli mollò un ceffone in pieno viso. Amaimon rimase impassibile, ma non smise di guardarla.
-Bastava un scusa.- La ragazza rinfoderò la katana e raccolse le sue cose, avviandosi a grandi passi verso lo studio di Mephisto –Scusami anche tu.- E senza aggiungere altro, se ne andò.
   
 
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