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Autore: Mick_ioamoikiwi    18/07/2013    1 recensioni
'Hai un nuovo caso'.
Quella al telefono era la voce di Grissom, era ora di alzarsi. Non era ancora spuntato il sole, ma Las Vegas aveva fretta di vedere Nick Stokes al lavoro.
Omicidio, prove, laboratorio, prove, assassino, confessione.
Un giro sempre uguale, ma ogni volta qualcosa dentro di lui cambiava.
La scientifica aveva bisogno di lui. Ma qualcuno, là fuori, ne aveva più bisogno.
Genere: Drammatico, Fluff, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Nick Stokes, Warrick Brown
Note: Lime | Avvertimenti: Non-con
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- Questa storia fa parte della serie 'viva las vegas.'
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Capitolo 8

 
La camera da letto era decisamente diversa da qualsiasi altra avesse mai visto Warrick: puzzava di chiuso, pareti lerce e ammuffite, come se da tempo nessuno entrasse in quella casa. Il letto non era neanche un letto, ma un misero materasso bucherellato qua e là dalle tarme e con qualche molla che usciva, seppur in modo poco evidente. “Neanche un barbone ci vivrebbe qua dentro”, pensò l’agente: la finestra che dava sul cortile interno lasciava entrare qualsivoglia insetto, piccione o animale che potesse arrampicarsi sulle pareti, a causa della mancanza del vetro. Niente tende o tappeti, ma in compenso c’era una moltitudine di stracci e fazzoletti sul pavimento, alcuni addirittura insanguinati.
«Dovremmo chiamare il dipartimento di igiene per fare un bel controllo, e ora al lavoro.»v. Un bravo agente sa dove cercare delle prove: sotto il letto, negli armadi, dentro il materasso.
Warrick prese dal suo kit un coltellino, per facilitare la ricerca di indizi nella fodera del materasso. Iniziò con l’allargare il buco più grosso e cominciò a togliere l’imbottitura. Dopo quasi un quarto d’ora di gommapiuma e pacchettini di cocaina, Warrick cominciò a perdere le speranze decidendo di dedicarsi a un altro mobile, infondo non era quello che interessava a loro per risolvere il caso a cui lavoravano.
Tuttavia in quello stesso istante tirò fuori un paio di mutandine rosse: «Perfetto, questa si che è pesca buona.», si disse ironicamente mentre le infilava in uno dei soliti sacchettini per le prove, dopo averle accuratamente fotografate e catalogate.
 
«Devo darmi da fare se voglio finire questa indagine.» Nick era decisamente nervoso al contrario dell’amico.
Non avevano ancora prove decenti per puntare su un possibile sospettato, ora come ora tutti potevano essere colpevoli, tutti avevano dei buoni moventi per uccidere Munroe. E loro erano lì che si giravano i pollici in attesa di una svolta. Warrick lo chiamò entusiasta: «Ho trovato qualcosa.» Nick si alzò da inginocchiato per spostarsi nella stanza accanto.
«Cos’hai trovato?»
«Guarda qua.»
Mostrò la prova appena raccolta, gongolando. La vista di quell’oggetto provocò un debole sorriso dell’agente che gli stava di fronte.
«Bhe, direi sicuramente che sono da donna!» Fece, ridacchiando.
«Già, qualcuno, anzi, qualcuna faceva visita spesso a Richards.»
«Non affrettiamo le cose, magari ha solo rimorchiato una nuova ragazza da far entrare nel giro e prima l’ha dovuta iniziare.»
Warrick dovette dargli ragione. «Amico, dov’è finito il tuo ottimismo?»
«Dopo tutti questi anni alla scientifica uno perde l’ottimismo, perché al novanta per cento delle volte si finisce con l’aver torto sulle cose importanti e avere ragione sulle cose inutili. Ultimamente io sono troppo ottimista sul punteggio dei Red Socks, e poi cosa succede? La partita la vincono gli avversari.»
«Bhe, sai, questo non è proprio un paragone da fare adesso.»
«Ma per me il football è importante!» Risero entrambi.
«Nick, falla finita.» Disse Warrick, ancora con il sorriso sulle labbra.
«Ma è vero...»
«Rimettiti al lavoro su!»
«Veramente io sono di grado superiore al tuo, non puoi darmi ordini.»
«Su allora, nonnina, torna a fare l’uncinetto.» Lo canzonò.
«Nipotino, niente paghetta questa settimana.» Rispose Nick per le rime.
«No, aspetta.»
«Ormai, glielo dirò a zio Grissom, a te niente paghetta.»
Così dicendo se ne tornò a fare il lavoro che doveva finire ma, come se fosse stato a chiamarlo il diavolo in persona, il cellulare di Nick prese a squillare, il nome sul display dimostrò quanto potesse essere vero il detto “Parli del diavolo e spuntano le corna”.
«Dimmi Gil.»
«Nick, qui al centralino c’è un pacco per te, è di una certa Lucinda Munroe.»
«È la figlia della vittima del caso a cui stiamo lavorando io e Warrick.»
«Va bene, più tardi passa a ritirarlo, oggi la segretaria è piuttosto nervosa.»
«Grazie zio.» Si pentì subito di averlo detto.
«Cosa?»
«No niente è stato uno sbaglio, grazie.»
“Sembra che oggi io sia destinato a non fare niente di buono”, pensò. Lasciare Warrick lì da solo era impensabile, visto quanto era successo ad una recluta lasciata nelle mani del collega. E lui di certo non voleva perdere un amico.
Fecero gli ultimi rilevamenti in casa: qualche prova indiziaria collocava o, per meglio dire, poteva collegare Lucinda nell’appartamento, Nick trovò delle tracce di rossetto su un preservativo usato e Warrick invece una collanina con le iniziali L.M., sotto un mobile della camera.
Qualcosa si mosse nella testa di Nick, l’idea che forse l’assassino sembrava vicino a lui, e che avesse l’aria di una persona semplice e furba, sembrava quanto meno la proposta più plausibile. Come Lucinda, e quel pacco al centralino forse era la svolta di cui aveva bisogno.
«Nick.»
Warrick lo stava chiamando da quanto? Cinque, dieci minuti? Si era perso nei suoi ragionamenti, ma quel pacco misterioso lo attirava in modo esasperato.
«Cosa c’è?»
«Va...tutto bene?»
«Si, perché?»
«Sei rimasto imbambolato per un bel pezzo a fissare il vuoto.»
«Pensavo. La figlia di Munroe mi ha spedito un pacco alla centrale.»
«Spera che siano dei semplici calzini e non qualche bomba pronta a esplodere o peggio, qualche miniatura.»
«Molto spiritoso davvero.»
«Sei parecchio nervoso, vedi di calmarti.»
«Si mamma.»
«Andiamo va.»
«Guido io.»
 
 

 

   
 
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