Più
che
nemiche, erano sorelle. Partecipante al contest omonimo.
“Alla
veneranda età di novantuno anni, riesco ancora
a ricordare e ad essere coinvolta sentimentalmente nella storia di due
ragazze,
che ora hanno un’età di poco inferiore alla mia.
Vedi, Tom, certe cose si
imprimono sulla pelle come cicatrici, e te le porti dietro per tutta la
vita.
Mi piace raccontare questa storia alle giovani generazioni,
affinché possano
capire il vero valore della complicità tra
fratelli.” Ero seduta sulla mia
vecchia poltrona a dondolo, quella che a Tom piaceva tanto. Tom
è mio nipote,
adesso ha sedici anni. Quando gli raccontai la storia ne aveva solo
sei, e gli
insegnò a rispettare il sentimento dell’amicizia.
Aveva la faccia furba di una
volpe, e la tenerezza di un cucciolo di cane. Passavo le ore a
raccontargli le
storie, gli aneddoti, come di
solito
i giovani le chiamano. “Dicevo, queste due sorelle vivevano
proprio nella casa
accanto alla mia. Le case di una volta erano molto più
grandi e semplici di
quelle di oggi, e non c’erano tutti i comfort che ci sono
oggi. Ma questa è
un’altra storia, che un giorno ti
racconterò.
Le
due sorelle si chiamavano Avery e Leigh. Non erano sorelle di sangue,
ma tutto
il mio paese le considerava tali. Leigh era la più piccola,
aveva solo dodici
anni; era stata adottata un anno prima dai miei vicini. Avery aveva
diciotto
anni, e nonostante tutto, la sua sorella adottiva le piacque molto.
Erano
entrambe bionde, ma i loro capelli davano il meglio di sé
sotto il sole.
Diventavano davvero splendidi. Ed è questa la storia che
voglio raccontarti,
Tom.
Erano
le persone più in empatia che conoscessi, ma un giorno,
vedi, Tom, un giorno
andò tutto all’aria.” Arrivata a quel
punto, giusto per aggiungere un po’ di
suspense, presi in braccio il mio piccolino, che era rimasto supino sul
tappeto
persiano fino ad allora. Credo che gli piacesse veramente ascoltare le
mie
storie. Ripresi la narrazione: “Passarono cinque anni dal
giorno in cui Leigh
venne adottata, cinque anni di amicizia profondissima. Poi
arrivò il giorno in
cui Avery compì ventitré anni e
desiderò i capelli biondi di una volta. Col
tempo, infatti, i suoi capelli color del miele si trasformarono in una
zazzera
color del fiele. Era molto gelosa di sua sorella, i cui capelli
splendevano
aurei più che mai. Per essere precisa, desiderò
proprio i capelli di sua
sorella, e da quel giorno, comprendendo che i suoi capelli sarebbero
rimasti
tali e quali, cominciò la rivalità che
portò tutto alla rovina. Le gare ai
capelli più belli erano sempre più frequenti;
Leigh era sicura di averli molto
più belli della sorella, e viceversa. Litigavano sempre
più arditamente, ed
arrivarono persino a picchiarsi. Come reagiresti se ti dicessi che
tutt’oggi
non parlano tra loro? Poveri noi, quella rivalità le
distrusse.” Misi giù Tom,
forse si era stancato di stare sulle mie ginocchia. Mi chiese come
avessero
potuto rompere un’amicizia così bella per una cosa
così stupida, ed io mi
sorpresi di quanto fosse intelligente il mio piccolino. Gli risposi,
allora,
che la gelosia è la cosa più meschina di questo
mondo: sarebbe capace di
renderti un assassino, quel mostro che si insinua dentro di te. Ed
è davvero
difficile liberarsene una volta per tutte. Poi mi chiese come
andò a finire, e
così chiamai a me tutti i ricordi di quel periodo,
affidandomi alla memoria che
ormai era diventata selettiva, dato
che ricordava solo alcune cose; per mia fortuna, erano solo cose belle.
“Allora
finì che io diventai amica di entrambe, in tempi diversi:
questo vuol dire che
Leigh non sapeva che io fossi amica di Avery, e viceversa di nuovo.
Questo viceversa porta i guai, mi
sa. Ognuna di
loro mi parlava male della sorella; mi accorsi ben presto che il loro
astio era
molto più forte di quanto immaginassi. Ma io rimasi neutrale
nella mia
posizione, non diedi ragione a nessuna delle due. Sai una cosa? Risolsi
un bel
niente, e continuarono ad odiarsi per tutta la loro vita. Sai
un’altra cosa? Oggi
verranno entrambe qui, farò un ultimo tentativo. La speranza è l’ultima a
morire, ricordalo per sempre, Tom.” Appena
finì di raccontare la storia, arrivò Avery. Aveva
festeggiato il suo
ottantasettesimo compleanno un mese e dieci giorni prima. La feci
accomodare.
Leigh si fece
“Quello,
Tom, fu il giorno più bello della mia vita”.
Risposi così alla lettera che mi
aveva mandato pochi giorni prima, chiedendomi di raccontare il giorno
che
ricordo con maggiore felicità proprio come se avessi dovuto
raccontarlo ad un
bambino di sei anni.