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Autore: Volleydork    18/07/2013    2 recensioni
Avevo sempre cercato di avere tre certezze nella vita, tutte irrimediabilmente distrutte.
La prima era che le fette di pane imburrato cadono, sui vestiti, dalla parte del burro. Abigail mi aveva dimostrato il contrario. Forse aveva a che fare con l'essere figlia della dea dell'amore.
La seconda era che nessuno dormiva con tanto gusto con quanto lo facevano i gatti. Tristan si era dato da fare a disilludermi anche su questo, addormentandosi sotto i miei occhi durante una lezione di traduzione.
La terza era che non c'erano altri campi per semidei oltre al mio. Ma, stando alle parole di Elliott, mio padre e compagnia non erano gli unici a essersi impegnati sotto questo aspetto.
Perché, va bene tutto, va bene che arriva la fine del mondo e tutto il resto, ma preferirei che non dovessimo chiedere aiuto a quei fricchettoni degli dei greci...
Ah, scusate! Non mi sono presentata: io sono Selina Potter, figlia di Odino.
***
E io non ho ancora finito di ammorbarvi con le mie long su Percy Jackson.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In cui scopro di poter fare la fine di un arrosto
 
 
 
Mi avvicinai al petto di Tristan e allungai le mani verso il fuoco. Le fiamme crepitavano e ondeggiavano al vento gelido di Nifheimr, mentre fuori dalla grotta calava la notte. Da ormai tre giorni avanzavamo nel gelo e nella neve e mano a mano il castello dei Giganti di Ghiaccio si faceva sempre più vicino. Purtroppo, mano a mano, le provviste si facevano anche sempre più scarse.
Il ragazzo mi passò un braccio attorno alla vita. "Giuro che, quando torniamo a casa, non mi lamenterò più che ho freddo."
Sorrisi. "Se torniamo," aggiunsi.
"Sii ottimista."
"Scusa, non me la sento."
Ero particolarmente laconica quella sera. Tristan rispettò la cosa e tacque. Il giorno dopo nevicava. Nevicava da quando eravamo arrivanti al cuore del regno dei Giganti di Ghiaccio. Il bianco era davanti, dietro e di fianco a noi. Tristan mi strofinò le braccia per farmi caldo.
“Smettila, sai che posso fare quella cosa della stufa.”
“Allora falla e non lasciarci qui a congelare.”
“Va bene. Anche se rischiamo di morire annegati, sprofondando in una buca scavata dal mio calore.”
Mormorai 'fuoco' nel linguaggio delle rune e sentii un piacevole tepore diffondersi nel mio corpo. Istintivamente Tristan mi strinse con più forza.
“Tris, non sono fatta di gomma, se fai così mi soffochi,” protestai. Lui borbottò qualche scusa con la bocca affondata tra i miei capelli. Qualche minuto dopo ci addormentammo, stesi davanti al fuoco che andava spegnendosi.
Speravo che il sonno mi avrebbe portato un po' di sollievo; invece anche quella notte sognai Luna. Capitava ormai da giorni: regolarmente la mente mi riproponeva ricordi alterati o mondi alternativi in cui lei non aveva fatto altro che far finta di morire e tornavamo insieme al campo. Era una questione psicologica, me l'aveva spiegato lei stessa quando avevamo undici anni: le avevo raccontato che ogni tanto sognavo mia mamma che tornava da qualche posto dicendo che era tutto uno scherzo. Quella notte Luna venne a tenermi un discorso sull'influenza dei gamberi nella letteratura occidentale, e nonostante il discorso fosse tanto assurdo da indurmi in un'altra occasione alle risate, la mattina dopo mi svegliai con le lacrime agli occhi (cosa che, dopo tutto, mi accadeva da giorni, ormai). Me le asciugai con un gesto rabbioso. Se Tristan lo notò non lo diede a vedere, ma mentre facevamo colazione mi batté una mano sulla schiena.
Riprendemmo la strada verso la reggia dei Giganti. Finalmente, mentre calava la sera, arrivammo sotto le mura del castello dei Giganti. Niente fossato, niente muro di cinta. Non c'era mai stato molto nel regno dei Giganti di Ghiaccio che potesse rappresentare una minaccia (a parte i Giganti di Ghiaccio).
"E se ci muovessimo?" chiese Tristan, impaziente.
"Un attimo! Sto pensando a come faremo entrare, non a cosa mangerò per cena!"
"Oh, cielo, ci stai ancora pensando?" Senza aggiungere altro cominciò a girare attorno al castello. Lo seguii, fino a quando lo sentii esultare sottovoce. Vidi che tirava fuori dallo zaino una corda con un rampino, appostato sotto una finestra.
"Aspettami davanti alle porte del castello, ti vengo a prendere," disse cominciando a far roteare il rampino. Lo osservai sparire dentro una finestra e mi andai ad acquattare dietro un mucchio di neve, attendendo (con poca pazienza) qualche segno di Tristan. Mi sarei fatta torturare prima di ammetterlo ad altri, ma ero un po' preoccupata. Mi aveva pure lasciato il suo zaino.
 
***
 
Rotolai sul pavimento di ghiaccio e per prima cosa mi guardai intorno alla ricerca di un posto dove nascondermi. Quindi sgattaiolai sotto una panca e controllai che il corridoio fosse vuoto: solo una guardia sull'angolo, evidentemente troppo stupida per accorgersi del ragazzo appena saltato da una finestra.
"Ricorda: il passaggio dall'altra parte è chiuso. Niente vie di fuga."
Sgusciai lungo la parete del corridoio, una mano stretta sull'elsa di un pugnale, il passo leggero. La guardia era di profilo. Alta possibilità di essere notato. A pochi metri dal gigante, questo si voltò e, vedendomi, emise un verso di sorpresa. Scattai, tentando di non perdere la presa sul ghiaccio, e con un gesto fulmineo lo colpii alle ginocchia. Il gigante cadde in ginocchio e a quel punto lo sgozzai. La pelle bianca, dalla sfumatura quasi azzurrina, fu percorsa da rivoli di sangue bluastro.
Stavo per rimettere nel fodero il pugnale, quando arrivarono di corsa due guardie.
"Giù le armi!" gridò la prima, puntandomi contro una lancia. Sospirai per il fastidio e decisi di ricorrere al mio talento per tirarmi fuori dai guai. Lasciai cadere il pugnale sporco di sangue e alzai le mani sopra la testa.
"State tranquilli, sono disarmato," dissi in tono rilassato.
"E quello, allora?" chiese la guardia, puntando la lancia verso il secondo pugnale che avevo appeso alla cintura.
"Oh, questo! Ma questo non è un pugnale, non vedete?" Feci per prenderlo e mostrarglielo, ma il Gigante mi intimò di non toccarlo.
"Fermo dove sei!"
"Sssh," dissi portandomi un dito davanti alla bocca. "Non dovete gridare tanto, c'è gente che non deve essere disturbata qua in giro. Non lo vedete? –‏ E indicai il gigante morto –‏‏ Sta dormendo."
Le due guardie spostarono lo sguardo da me al cadavere e poi di nuovo su di me e corrucciarono la fronte, confusi dal potere della mia voce.
"Non ti credo..."
"Vieni a controllare, allora."
Entrambe si avvicinarono.
"Non mi sembra proprio il caso di fare tanta confusione per chiamare altre guardie, sta solo riposando."
Una volta che la prima guardia si fu inginocchiata a terra, estrassi il pugnale e glielo piantai nella schiena, uccidendola sul colpo, poi mi girai di scatto verso la seconda.
"Incredibile come si addormenti in fretta la gente, vero?" esclamai. Il gigante mi fissò in silenzio, sotto shock. "Forse è il caso che tu mi conduca fuori dalla porta principale."
"Cosa?" biascicò la guardia, con lo sguardo stralunato.
"Fuori. Sono un intruso. Devi condurmi fuori. Non è il caso che tu allerti gli altri, sono talmente insignificante... Cerchiamo di non farci notare, va bene?"
Nascosi i cadaveri e mi lasciai guidare nel castello, osservando attentamente gli ambienti attorno a me e cercando di memorizzare passaggi e percorsi. Quasi tutti gli arredamenti erano di legno scuro e varie sfumature di blu e azzurro. In un paio di occasioni ci infilammo in passaggi segreti nascosti dietro specchi e armadi. (Passaggio dello specchio: terza chiave del mazzo, lunga e sottile. Porta direttamente all'entrata del castello.) Durante il percorso riuscii a farmi dire dov'erano tenuti gli ostaggi: nei sotterranei. Era probabile, ma temevo in una botta di originalità da parte dei giganti e di scoprire che li avevano chiusi in chissà quale torre.
"Ehi – esclamai prima di uscire dal passaggio segreto – non dovresti mandare via le guardie? Sai, sarebbe noioso perdere tempo a spiegare chi sono, visto che devi solo portarmi fuori."
Il gigante annuì in uno stato ormai semi-catatonico e io mi sporsi per verificare che ci fossero effettivamente delle guardie davanti all'ingresso (e infatti c'erano).
"Basta che vai da loro e dici: il re ha detto di andare a controllare che le spade in armeria siano tutte state affilate.
Ripetendo la frase mentre la diceva il gigante, mi assicurai che le due guardie fossero persuase abbastanza da andarsene senza fare domande scomode. Appena sparirono dietro l'angolo uscii dal mio nascondiglio, aspettai che il gigante aprisse la porta e poi lo uccisi. Con un pezzetto di spago feci un nodo sulla chiave che apriva il portone e mi diressi ad affrontare quella che ormai consideravo la mia (incazzatissima) ragazza, che avevo lasciato al freddo ad aspettarmi.
 
***
 
Guardai Tristan arrivare, battendo il piede per terra e tenendo le braccia incrociate sul petto, nella perfetta interpretazione della madre che osserva il figlio disobbediente.
"Mi spieghi tutta questa messinscena?" sbottai mentre si avvicinava.
Per risposta mi sventolò davanti un mazzo di chiavi.
"La messinscena è stata fatta per queste, per la conoscenza dei passaggi segreti del castello e per sapere la via d'uscita."
Afferrai al volo le chiavi.
"E adesso cosa facciamo?" gli chiesi. "Hai seminato cadaveri ovunque."
"Quello che vedi tu è uno solo, quindi dire che ho seminato cadaveri è esagerato. Quanto al cosa fare, pensavo di andare a proporre una grigliata con gli altri giganti. Selina, ma me lo chiedi?"
"Mi riferivo al gigante morto, cretino. Lo buttiamo nel fossato?"
Tristan si strinse nelle spalle; lo presi come un cenno d'assenso e insieme scaricammo il corpo sull'acqua ghiacciata, poi lo coprimmo alla bell'e meglio con la neve. Entrando nel castello, seguii Tristan nella rete di cunicoli che, mi spiegò, gli era stata mostrata dal gigante. Scendemmo ogni scala che incontrammo sulla nostra strada.
Ci fermammo sentendo delle voci provenire dall'altra parte del muro.
"Non solo vi siete fatti fregare da un gruppo di ragazzini, ma non avete neanche catturato quelli a cui eravamo interessati," esclamò in tono derisorio un gigante.
"Non c'è bisogno di discuterne ancora!" protestò un altro.
"Ma non ne avete ancora discusso con me. Quindi vi hanno sottratto l'anima di Balder e il figlio di Loki e la figlia di Odino vi sono scappati? Su tre l'unico che avete preso è questo qui." Si sentì un tintinnio di catene.
Mi allontanai dal muro e mi girai verso Tristan. "Adam è qui."
Lui si irrigidì e fissò prima me, poi il muro, con gli occhi spalancati. “Non riesci a passare attraverso il muro?”
“Prima dobbiamo aspettare che gli altri giganti se ne vadano.”
Rimanemmo entrambi con le orecchie incollate alle pietre della parete. La discussione andò avanti ancora qualche minuto, poi i rumori cessarono.
“Non puoi, tipo, vedere attraverso il muro?” bisbigliò Tristan.
“Scegli: o guardo o attraverso il muro. Non mi sono allenata a fare a lo sforzo mentale che richiede la magia,” gli risposi con una punta di irritazione.
“Allora tentiamo la fortuna?”
“Penso sia quello che abbiamo fatto finora.”
Presi un profondo respiro, afferrai Tristan per un braccio e feci un passo attraverso il muro. Dall'altra parte fu il turno di Tristan di sorreggermi. Sembro una mammoletta, ve lo concedo. Ma immaginate di fare quattro ore di studio, non interrotto. Aggiungete il fatto che mi allenavo poco (quindi era come fare quattro ore di studio dopo un mese di inattività). Il risultato è uno studente rimbambito e alquanto esausto. Le mie condizioni erano quelle.
Tristan mi lasciò andare quasi subito per correre verso la cella in cui, vidi, erano rinchiusi Adam e Abigail. Cercò freneticamente la chiave delle celle, fece scattare la serratura e si precipitò all'interno. Abigail venne svegliata dal rumore ed emise un debole grido.
“Tristan...”
Non indossava più la giacca, solo la felpa, aveva le mani rosse dal freddo, profonde occhiaie sotto gli occhi e un labbro spaccato. Era brutta. Adam non era in condizioni migliori: qualcuno gli aveva procurato un grosso livido sullo zigomo, anche lui era senza giacca e sembrava provato da mancanza di sonno. Aiutai Abigail ad alzarsi in piedi, poi, d''istinto, mi tolsi il giubbotto e glielo misi sulle spalle. Lei se lo strinse addosso con un gemito di gratitudine. Tristan fece lo stesso con Adam.
“Dove sono Percy e gli altri?” chiesi ad Abigail.
Lei indicò tremante un corridoio perpendicolare al nostro. “A destra. Ma Luna?” Non risposi, e scattai mezzo trascinando la ragazza. Trovammo gli altri in un'altra cella, tutti insieme. Annabeth e Percy dormivano appoggiati uno all'altra, Talia e Nico guardavano nel vuoto con aria assente e Clarisse camminava su e giù con passo frenetico. Fu la prima a vederci: si gettò contro le sbarre della prigione e prima che potesse dire niente con uno 'sssh!' ansioso e irritato la tenni a bada. Tristan aprì la cella, mentre Talia e Nico svegliavano gli altri due.
“Facciamo in fretta – mormorò Abigail con un filo di voce – tra poco i giganti torneranno.”
“Conosci i loro orari?”
Abby annuì con lo sguardo angosciato.
“Sel? – Mi girai verso Tristan – Non riesci a trovare l'entrata per il passaggio segreto?”
Guardai la parete mordendomi il labbro inferiore per l'angoscia. Posai una mano sulla pietra fredda e chiusi gli occhi cercando di capire se c'era un modo per sentire la presenza di un passaggio segreto. Dopo qualche minuto di estenuante attesa per gli altri, sentii di trovarmi in una zona più fredda. Feci un passo a destra.
Freddo.”
Tornai di un passo a sinistra.
Freddissimo.” “Tristan, passami le chiavi.”
Tastai velocemente le pietre del muro, trovai una fessura e infilai la chiave che Tristan aveva usato per entrare nei passaggi segreti. La chiave girò, qualche meccanismo scattò e una parte del muro ruotò su se stessa. Ci infilammo nel corridoio di corsa e richiudemmo il passaggio dietro di noi. Mentre cercavamo la strada verso l'uscita, chiesi ad Abigail cosa fosse successo a loro dopo la cattura.
“Selina, Luna dov'è?” insistette lei. Non risposi, ma rimasi a fissare dritta davanti a me un punto nel vuoto, senza pensare a nulla. Poco dopo sentii Abigail singhiozzare. Clarisse mi si avvicinò.
“Vuoi sapere di Luna, non è vero?” sussurrai. Lei non ebbe neanche bisogno di chiedere. Serrò la mandibola con gli occhi pieni di rabbia e tristezza. Ricordai cosa mi aveva detto Luna su di lei: la sua migliore amica era morta nella guerra contro i Titani; e cercai di immaginarmi quanto dovesse essere duro per lei questo secondo colpo. A quanto avevo capito aveva pochi amici. Volevo fare qualcosa per confortarla, ma mi sembrò ridicolo che lo scricciolo del gruppo cercasse di consolare una ragazza grossa come un armadio.
“È ad Asgard, adesso,” dissi. “Glielo devono, con quello che ha fatto.” “Come se contasse qualcosa, per me.” Intanto Clarisse lottava per trattenere le lacrime. Tristan aveva messo al corrente gli altri della notizia. Adam si avvicinò ad Abby, che si stava asciugando le lacrime, e le passò un braccio attorno alle spalle.
“Dobbiamo passare a prendere le loro armi,” mi ricordò Tristan. Annuii distrattamente. In un tentativo goffo di tirarmi su il morale, mi diede un bacio sulla guancia. Sorrisi nella sua direzione e lui ricambiò. Una volta finita l'avventura avrei dovuto ringraziare Adam e Abigail.
“Selina, puoi controllare se siamo nell'armeria?” mi chiese il figlio di Loki fermandosi.
Con uno sforzo guardai attraverso il muro. “Non ci siamo ancora – dissi – andiamo più avanti.”
“Aspetta. È meglio se io vado a cercare l'armeria da solo, mentre voi mi aspettate qui.”
“Sei sicuro? E se ti scoprono?”
“Devo correre il rischio. Conviene di più fare così che uscire tutti allo scoperto.”
“Fai in fretta – intervenne Abigail – tra poco i giganti verranno a controllare se siamo ancora in cella.”
“Vi tenevano sotto stretta sorveglianza,” osservai. Lei annuì cupamente.
“Un paio di giorni fa hanno deciso che non ci avrebbero lasciato dormire fino a quando non gli avremmo detto dove eravate.”
Tortura psicologica. Sono diventati raffinati i giganti,” pensai con acidità.
Tristan richiamò la mia attenzione. “Riesci a farmi passare dall'altra parte?”
Lo presi per mano e, richiamando le forze, lo accompagnai attraverso il muro. Prima di scomparire, disse: “Quando tornerò, batterò tre volte contro la parete. Se entro un quarto d'ora non torno, scappate.” Non dissi niente per non fare la figura della piagnucolona, ma dentro pregavo con tutte le mie forze che non gli accadesse niente. Mi sedetti a terra e contai i minuti. Letteralmente: il mio orologio aveva un cronometro. Al mio fianco Abigail si addormentò in un minuto netto, così come Adam. Nico si appoggiò al muro con noncuranza e fece per portarsi una mano all'altezza del fianco, in un riflesso istintivo, ma la spada con c'era. Così, facendo finta di niente, la sprofondò in tasca.
È stata tua l'idea di gettare i vostri oggetti personali per creare una traccia da seguire?” gli chiesi.
Lui annuì. “Ha per caso il mio anello?” mi domandò in tono speranzoso.
Frugai un po' nel mio zaino e restituii a ciascuno quello che aveva lasciato per strada, poi tornai ad affogare nella mia angoscia. Cosa avremmo fatto una volta usciti dal castello? Adam, Abigail e gli altri erano troppo esausti per scappare, senza contare che non avevamo più cibo. Avevo bisogno di mettermi in contatto con Heimdall. Forse potevo contare sul suo udito finissimo, ma ci avrebbe sentiti da un mondo all'altro?
"Annabeth."
La figlia di Atena si voltò di scatto verso di me.
"Sì?"
"Sai perché i Giganti cercavano me e Tristan?"
Scosse la testa.
"Io lo so." Abigail si era svegliata. "Avevano bisogno del sangue dei tre figli degli dei più importanti: Odino, Thor e Loki. Serve a loro per risvegliare Midgardr, che adesso dorme sul fondo dell'oceano, ed è lì dalla rinascita del mondo dopo il primo Ragnarok."
"Come fai a saperlo?"
"Ne hanno parlato mentre mi credevano addormentata. Selina, è vitale che almeno uno di voi tre si salvi e scappi, quando avranno scoperto la nostra assenza."
"Allora sarà Adam – risposi – io Tristan non lo lascio indietro." Controllai l'orologio: erano passati tredici minuti. Il cuore accelerò i battiti.
"Tristan, torna, anche se non hai trovato le armi!"
In quel momento sentii tre colpi. Scattai in piedi, feci passare un braccio attraverso il muro e trascinai Tristan verso di me, stringendolo in un abbraccio.
"Siamo passati troppo in fretta dalla fase 'ti odio e non voglio neanche toccarti' a quella di ragazza eccessivamente apprensiva, non trovi, Selina?"
Non risposi, ma lo strinsi forte e lo lasciai andare. Ognuno riprese le sue armi e guidammo in fretta il gruppo verso l'uscita, intanto discutevo con Tristan su cosa fare per farci aprire un varco da Heimdall.
“Lo chiamiamo,” disse lui con semplicità.
“Funzionerà?” chiesi.
“Comunque non abbiamo altra scelta. Se non ci sente, la missione è fallita, perché non possiamo certo sperare di sfuggire ai giganti in questa landa desolata con due che stanno dormendo in piedi. Se ci sente, allora siamo salvi. Non vedo altre alternative.”
Non potemmo continuare il discorso perché Abigail, gli occhi rossi per il pianto, venne in cima alla fila per tirare un ceffone a Tristan. Tornò subito al fianco di Adam, mentre Tristan si girava verso di me, contrariato.
“Non hai neanche provato a difendermi.”
“Te lo meritavi, lo sai.”
“Lo so, è questo che mi scoccia.”
“Sei immaturo.”
“Dimmi qualcosa che non so.”
Grazie al senso dell'orientamento di Tristan raggiungemmo l'uscita del castello. Appena prima di uscire dal passaggio segreto Tristan si girò verso gli altri.
“Ragazzi, vi devo chiedere di correre. C'è un posto dove nascondersi abbastanza vicino, ma è tassativo che non ci facciamo vedere. Da lì poi chiameremo Heimdall, sperando che ci senta. Altrimenti la missione finisce qui.”
“Possiamo fidarci di te?” sbottò Talia.
“Potete,” le assicurai. Lei mi guardò un po' scettica.
“Non abbiamo tempo per discutere. Io vado ad aprire la porta principale.” Così si congedò. Si diede un'occhiata in giro, corse fuori con al chiave giusta già in mano e spalancò il portone. Tutti gli corremmo dietro, nella neve. Li guidammo in un piccolo nascondiglio e da lì ci mettemmo a chiamare Heimdall con tutta la nostra voce, sperando che ci sentisse prima lui dei giganti. In quel momento questi dovettero accorgersi dell'assenza dei loro prigionieri, perché suonò l'allarme, che in parte coprì le nostre grida. Il portone si spalancò e dei giganti uscirono di corsa, guardandosi intorno e annusando l'aria. Fortunatamente non eravamo sottovento, quindi avrebbero fatto molta fatica a sentire il nostro odore.
Improvvisamente si sentì un rombo e a un centinaio di metri da noi comparve un buco nero delle dimensioni di una porta.
“Andiamo!” urlai.
Pur con il vantaggio sui giganti riuscimmo tutti quanti a saltare dentro il passaggio appena prima che uno di questi ci raggiungesse. Il portale si chiuse subito dietro di me, ma mentre lo attraversavo inciampai e mi trovai sdraiata a pancia in giù su un tappeto di erba fresca. Rialzandomi vidi gli altri occupati ad abbracciarsi gridando “ce l'abbiamo fatta!”. Ricaddi a sedere, debole per il sollievo che provavo.
“Siamo vivi,” mormorai.
Guardandomi intorno, però, mi accorsi che qualcosa non andava: non riconoscevo il posto, non sembrava Asgard.
“Tristan,” lo chiamai. Lui si girò verso di me.
“Non siamo ad Asgard.”
Lui corrugò la fronte e si guardò intorno.
“Hai ragione,” disse infine.
Lo feci notare agli altri, che cominciarono a guardarsi attorno perplessi. Clarisse sembrava sul punto di dire qualcosa, ma venne interrotta dall'arrivo di un corvo a me familiare.
“Muninn!” esclamai vedendolo.
Ciao, tesoro. Mi dispiace ma non porto buone notizie.”
“Cosa è successo?”
Heimdall vi ha mandati qui su Alfheim perché Asgard è stata attaccata dai giganti di fuoco e tuo padre sta combattendo contro Surtr, perché Fenrir non si è visto in giro. Pensiamo che ti stia cercando.”
I miei amici avevano sentito solo metà del dialogo, ma la mia faccia doveva dire molte cose, perché mi guardavano angosciati.
Cosa è successo?” chiese Nico.
Deglutii. “Asgard è stata attaccata.”
Ci fu un momento di panico. Quando gli altri si furono calmati, Abigail chiese: “Cosa facciamo?”
Adesso tu e Adam dormite, che ne avete bisogno.”
Intendevo riguardo ad Asgard!”
Be' – mi grattai la nuca – direi che è il caso che i figli diano una mano ai genitori, no?”
La mia proposta riscosse il favore generale. Mi stupii che dopo tutto quello che avevano passato, fossero ancora entusiasti di mettersi in azione. Per noi di Campo Nord era, molto probabilmente, l'attaccamento verso quella che ritenevamo anche un po' una seconda patria, oltre alla terra. Forse Clarisse era ansiosa di vendetta. Ma Nico, Percy, Talia e Annabeth? Come mai avevano ancora tanta energia?
Lo chiesi a Percy mentre Adam e Abigail dormivano. Lui mi guardò stupito.
Come perché? Siamo diventati amici, no? Questo basta a farci sentire legati ad Asgard.”
Tacqui, con la sensazione di aver fatto una figuraccia. Mentre si allontanava, pensai che mi sarebbe piaciuto combattere al loro fianco.
Ma Fenrir mi sta aspettando e ha voglia di giocare con me. Non posso deluderlo.”

 
 
 
 
 
 
 
 
***
Angolo dell'autrice:
 
Questo capitolo è stato un parto, e non lo nascondo. Purtroppo ho affrontato un periodo di totale abbattimento emotivo perché mi sono innamorata sul serio di un mio amico, che è gay, e poi ho cercato di fingere di avere una vita sociale (che in effetti sono riuscita a farmi). In ogni caso vi ringrazio se avete la pazienza di aspettare i nuovi capitoli, perché sono una persona un po' incostante (si è notato, eh?), ma se voglio finire una cosa, ci riesco, pur con i miei tempi.
Vabbè, basta giustificazioni.
Vi lascio col nuovo capitolo. Spero di riuscire ad aggiornare ad agosto, spero, perché vado in un posto dove è difficile prendere la linea.
Ciao a tutti e buona lettura!
  
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