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Autore: _mari    18/07/2013    7 recensioni

“Benvenuta nella nostra Community! La metteremo in contatto entro quarantotto ore con un partner scelto dal computer, analizzando i dati da Lei a noi forniti. In breve dovrebbe ricevere la mail con l'indirizzo di posta elettronica del Suo nuovo compagno. Cordiali saluti." 
Improvvisamente lo schermo lampeggia: è arrivato un nuovo messaggio. Guardo il computer inarcando un sopracciglio, apparentemente indifferente. 
Lo apro e leggo: “odioinomidilogin@chat.com”, di certo un nome più originale del mio. 
Lo aggiungo subito ai miei contatti: ebbene sì, sono curiosa, e quanto lo sono. Questa storia mi sta coinvolgendo più del dovuto.
Un sito per conoscere la propria anima gemella online, una serie di situazioni imbarazzanti e inverosimili che non finiranno certo dopo un incontro.
{capitoli da revisionare!}
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagome
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un anno che non aggiorno, eh? Che vergogna, che vergogna! Spero di non aver perso completamente i miei pochi lettori, anche se vana è la speranza. 

Mi scuso ancora per la mia estenuante lentezza e vi avviso che non manca molto alla fine!

Buona lettura!

 

 

 

Capitolo 11 – E poi?

 

 

 

Sono attonito, sbalordito, sconvolto dalla risposta della giovane, tutt’altro che calma e pacata. Che diavolo, una volta che tentavo di essere gentile! La ignoro, digrignando i denti e ringhiando. Sango porge un asciugamano alla mocciosa e tenta di placare la sua ira, blandendola. «Dai, ti possiamo aspettare mentre ti cambi» continua la ragazza, mettendole una mano sulla spalla. «Sango, ribadisco, no, non vengo. Andate pure senza di me» Il tono di Kagome è sempre più minaccioso, e la sua rabbia, mal celata da un’innaturale calma, le conferisce un atteggiamento ancora più inquietante. Miroku la interrompe con fare affabile e il mio cervello continua a mandarmi segnali d'allarme per l’aura omicida della ragazza, di cui il mio amico sembra non accorgersi. «Be’, allora io e Sango-chan andiamo! InuYasha rimarrà con te fino a che non sarai pronta!». Il libertino lancia un fugace ed eloquente sguardo all’amica della mocciosa e, in meno di dieci secondi, i due corrono via dall’appartamento, lasciando Kagome e me soli e a bocca spalancata. Dannato traditore! Che cavolo sta succedendo?! Quegli idioti!
«Al diavolo!» sbotta la ragazzina e poco dopo emette un terribile grido «Sango, questa volta me la paghi!». Mi tappo le orecchie con forza; il suo acuto strillo ha dilaniato e distrutto i miei sensibilissimi timpani, come se un migliaio di spilli si fossero conficcati in essi.
«Razza di una scema! Ci sento fin troppo bene!» Kagome si affloscia su se stessa e mi guarda sconsolata, con un espressione corrucciata, un misto tra rassegnazione e rabbia. La osservo accigliato di rimando, finché lei non abbassa lo sguardo e arrossisce, facendo, così, imporporare anche le mie gote.
«Non ti muovere da qui» pronuncia le parole con un tono perentorio ed imperioso e, alzandosi, corre in bagno a lavarsi. Come si permette di darmi ordini?! Che ha in testa quella mocciosa? Non la sopporto.
Mi guardo intorno, scrutando la cucina e il salone, mentre odo lo scroscio dell'acqua sulla sua pelle: il profumo dolciastro di Kagome è ovunque e mi pervade, prepotente. Un miagolio giunge alle mie orecchie e, abbassando lo sguardo, trovo un micino che mi scruta intimorito. Ricordo le parole sarcastiche che la giovane mi ha rivolto durante l’incontro al parco divertimenti, dicendo che la compagnia di quell’animale è più piacevole della mia. Ah! È questo l’essere più simpatico di me: bene, a noi due, gatto! Sedendomi sul divano, inizio a giocare col micio, con un ghigno stampato sulle labbra, dimenticandomi della situazione assurda e dell’odio che matura sempre di più dentro di me verso Miroku: tiro in alto le zampe anteriori dell’animale, costringendolo ad una goffa e scomoda camminata sulle sole posteriori. La mia vittima tenta di divincolarsi, invano, quando il profumo della ragazzina si fa più intenso, più insopportabile: levo gli occhi dalla mia preda ed eccola lì, la mocciosa, seduta sul bracciolo della poltrona, con indosso solo un misero accappatoio attillato, che lascia scoperta gran parte delle gambe lunghe, snelle e perfette, sulle quali si rincorrono e rotolano gocce d’acqua, mentre si strizza i capelli in un lindo asciugamano rosa, sorridendo sorniona. L’animale mi graffia una gota nel momento in cui, distratto dalla giovane, allento la presa sulle sue zampine. «Stupido felino!» ringhio, e il micio, soffiando corre tra le braccia di Kagome, che ride soddisfatta. «Buono, InuNeko, quello stupido non ti darà più fastidio» ridacchia, accarezzando il felino, che fa le fusa, mettendo in risalto la sua condizione privilegiata, come se stesse dicendo: “Guarda, io sono qui a pascermi tra le braccia di questa bella e formosa ragazza, vestita solo di straccetti”. Deglutisco, cercando di stare calmo. Dannati ormoni! «Vado ad asciugarmi i capelli e a vestirmi, vedi di stare buono: dato che ormai siamo qui, ci conviene sbrigarci e andare ad ammazzare quegli idioti il più in fretta possibile». Gli occhi di Kagome sembrano quasi fiammeggiare. Inarco un sopracciglio e inizio a parlare con nonchalance, accavallando le gambe: «Non estendere al plurale, cara» deglutisco ancora, scoprendo che il mio sguardo scivola sulle sue forme, quasi come un riflesso incondizionato, «sei tu che devi muoverti. Non sono io lo scemo cui è scoppiata in mano una lattina di birra, e poi, certo che sei l’antitesi della perfetta donna giapponese». Sospiro e appoggio il palmo della mia mano sulla fronte, lanciandole occhiatacce e continuando imperterrito la mia predica: «Per nulla remissiva, docile e amabile e direi, in compenso, incredibilmente sfacciata, priva di ogni pudore e decenza. Non dovresti girare così (vestita?) davanti ad un uomo!». La ragazza mi osserva, stupita probabilmente dal mio lieve imbarazzo, e prima diventa rossa di rabbia, poi sghignazza. «Ma non sei tu a dire sempre che sono una mocciosa, Inucchan?» ringhio, mentre assume una caricaturale aria da ragazza innocente «Non dovresti proprio provare il minimo interesse per il corpo di una bambina! E poi, questa è casa mia, razza di sciocchino. Vado a cambiarmi, “perfetto uomo giapponese”, che segue alla lettera l’etichetta». Mi strizza l'occhio e mi manda un bacio, con fare stucchevole ma stranamente gelido. Si alza, mi fa la linguaccia e si chiude la porta alle spalle lasciandomi senza parole, senza che io possa ribattere. Dannata, odiosa, ragazzina! Appunto, io non provo assolutamente nulla davanti a una cretina del genere. Sbuffo e lancio un’ultima astiosa e imbarazzata occhiataccia alla porta chiusa.

 

Mi asciugo svogliatamente i capelli, spazzolandoli, di tanto in tanto. Che situazione orribile: Sango è specializzata per mettermi in queste tremende e fastidiose faccende. Il pensiero di InuYasha, nell’altra stanza mi agita, stranamente. Osservo la mia adorata maglietta, fradicia di birra e la lancio sconsolata nella lavatrice: mentre programmo l’elettrodomestico sento un ringhio e la voce dell’hanyou che spezza la fragile quiete del mio appartamente.
«Dannato gatto!», ridacchio udendo queste parole, mentre mi dirigo in camera, dove sosto imbambolata almeno due buoni minuti per decidere una soluzione d’abito alternativa – cavoli, non avrei mai pensato di necessitare un cambio! -. Una sensazione di instabilità mi coglie all’improvviso. La testa mi gira vorticosamente e sembra che il pavimento sotto i miei piedi stia oscillando. Accade tutto in un attimo, senza che le mie sinapsi riescano a collegarsi tanto velocemente da capire la situazione. «Kagome!» Mi ritrovo sul letto, sotto il peso di qualcosa, o meglio, di qualcuno ben più solido di me: InuYasha. 
Il mezzo demone respira affannosamente sopra di me, mentre le sue mani sono appoggiate vicino alle mie orecchie e le braccia sono tese. Il mezzo-demone è chinato su di me, il suo volto è a pochi centimetri dal mio e ciocche di capelli argentei ricadono sul mio viso, solleticandomi le gote. Il sangue gli pulsa rapido nelle vene e riesco quasi ad udire il suono del cuore che lo pompa per il suo corpo atletico e, per un istante, quasi ipnotizzata, vorrei sfiorargli il collo, ma subito mi riprendo dal temporaneo incantamento con un moto d'irragionevole ira.
«Perché diavolo mi sei saltato addosso, razza di maniaco?!» sibilo le parole che escono dalle mie labbra con un suono acuto e stridente. InuYasha mi osserva sbigottito e arrossisce, tirandosi in piedi con un fluido movimento e dandomi le spalle. Il mezzo-demone si rassetta un po' i vestiti, scrollandosi di dosso parte delle schegge che sarebbero finite su di me insieme a pezzi di legno massicci, se non mi avesse protetta. «Mocciosa, ti stavo solo salvando dall’essere travolta dal tuo armadio, abbattuto dal terremoto. È così che mi ringrazi?» mi indica con un cenno della testa le ante fracassate del mobile, collassato a terra, insieme ad altri pezzi di mobilio e quadri, continuando poi dicendo «E comunque copriti». Il rossore invade ulteriormente le gote dell’hanyou e anche le mie. Mi sistemo rapidamente l’accappatoio che, nella caduta sul letto, si è scostato lasciando scoperta gran parte del decolté e delle gambe, e fisso basita l’armadio.
«Diamine! I miei vestiti erano dentro a quello!». Cambio discorso per dissipare l'imbarazzo di entrambi.
Lembi di tessuto sporgono dalle assi di legno, in parte sbriciolate dai tarli, abili scavatori di gallerie, in parte devastate dal terremoto. Mi alzo dal letto e prendo InuNeko in braccio: il povero micino miagola rumorosamente. Muovo qualche incerto passo quando una nuova scossa mi fa vacillare: le ginocchia cedono e InuYasha mi sostiene ancora una volta tra le sue braccia forti. Riesco a sentire ogni guizzo deii suoi muscoli, che si contraggono e rilassano.
«G-grazie» arrossisco violentemente e anche lui mi imita, sorpreso, «riesco a stare in piedi, tranquillo. Sono solo» sospiro, stringendo tra le braccia il micio «leggermente spaventata». Mi rendo conto, infatti, di stare tremando e che ormai nelle mie orecchie sento solo il suono del cuore che pulsa rapidamente sangue in tutto il corpo.
«Come ci sei riuscito? Ad essere così previdente e rapido, intendo». InuYasha inarca per l'ennesima volta un sopracciglio e mi guarda con un'espressione che mi suggerisce di avergli appena domandato qualcosa di estremamente semplice, anzi, banale e di facile intuizione.
«Mi pare ovvio». Ghigna e scrolla le spalle con fare smargiasso. Ecco, immaginavo che l'avrebbe detto. «Non sono un umano. Sono un mezzo-demone: ho percepito il terremoto qualche secondo prima che avvenisse e ho sentito anche lo scricchiolio delle assi che si frantumavano. Ho seguito solo il tuo profu...» si interrompe, correggendosi, cosa che mi fa rimanere alquanto perplessa e continua celere «Il tuo odore. Mi pare che tu possa ben immaginare il resto». Rimango esterrefatta alla sua spiegazione, mentre l'hanyou mi lancia alcuni vestiti dopo averli frettolosamente scrollati dalle schegge. «Ci dovrebbe essere qualche altra piccola scossa di assestamento, secondo i miei calcoli, ma ora vestiti, ragazzina».
InuYasha, ancora col volto in fiamme, esce dalla mia camera, lasciandomi sola. Il cellulare squilla: c’è un messaggio da Sango, che chiede notizie sulla nostra salute e che mi informa che starà con Miroku. Tutta la sera. Sgrano gli occhi leggendo celermente l’SMS e mi scappa una risata. Ovviamente non gradiscono compagnia. Mi infilo velocemente i vestiti e corro in sala: la camera è completamente nel caos. L'unico che sembra a proprio agio in quel disordine e che si staglia in mezzo alla stanza fiero, come un dio della guerra che osserva i cadaveri degli uomini caduti sul campo di battaglia è InuYasha.
«Ti conviene stare da Sango-san, se la sua casa non è messa peggio della tua» e mi indica un tubo che perde nella zona cottura, ovvero la mia piccola cucina.
«Sango non è a casa...» sospiro e, mangiandomi le parole e arrossendo, continuo «O almeno credo. Ha detto sarebbe stata con Miroku-san». La risata fragorosa e sincera di InuYasha mi coglie di sorpresa. «Chi ha tempo non perda tempo, giusto?». Lo osservo, incuriosita da quel moto di ilarità e mi siedo sul divano, studiando i movimenti dell'hanyou. Che fare ora? InuYasha sembra quasi avermi letto nel pensiero e mi parla con la solita arroganza mista ad indifferenza.
«Ora che dovremmo fare?» si gratta il mento con fare perplesso. Mi rendo conto che il mezzo demone probabilmente non si aspetta una risposta da me, ma anzi, sembra quasi aver posto quella domanda a se stesso, dimenticandosi della mia presenza.
«Penso proprio che andrò a casa a controllare la situazione: in fondo, se casa tua è ridotta in questo stato, non oso immaginare la mia» muove rapidamente verso la porta, dopo aver afferrato con altrettanta celerità la sua giacca.
«Kagome-san» accenna a mo' di saluto. Prima che varchi la soglia mi trovo a trattenerlo per il lembo della giacca. InuYasha mi osserva con la coda dell'occhio aggrottando le scure e ben delineate sopracciglia. Mi rendo conto del mio gesto impulsivo e lascio andare il lembo di tessuto, sentendo il calore affluirmi sulle gote. Il mezzo-demone si gira, sospira e il suo volto si contrae in una smorfia carica di ironia: «Paura a stare sola in casa, ragazzina?». Stringo le mani in due pugni finchè le nocche non diventano bianche per lo sforzo e, dopo aver inspirato a fondo mi preparo a rispondergli prontamente con un commento sarcastico, che però non riesco a pronunciare repentinamente come mi aspetto. Il mio sguardo si allaccia a quello del mezzo-demone, il cui mezzo sorriso appare più accattivante che mai. La frase che pronuncio, per di più, è completamente diversa da ciò che, un attimo prima, ricordavo di aver formulato nei miei pensieri in risposta alla sua provocazione e non sono la sola sorpresa alla mia infelice (?) uscita.
«Affatto, ma io vengo con te. Non ho intenzione di passare la mia serata a far nulla o meglio» continuo prima che mi possa interrompere, vedendo la sua espressione sempre più sbalordita e i suoi occhi sempre più sgranati «a riordinare il mio disastrato appartamento».
Afferro anche la mia giacca, le chiavi di casa e la borsetta. Dopo aver lasciato una piccola ciotola colma di cibo per gatti a InuNeko, lascio una luce accesa per il micio e chiudo la porta alle nostre spalle.
«Scendiamo dalle scale. Obiezioni?».
InuYasha scuote la testa e mi segue lungo la rampa di gradini, ammutolito dal mio tono lievemente aggressivo.
Meglio che passare la serata sola, giusto?

   
 
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