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Autore: L0g1c1ta    19/07/2013    2 recensioni
Dieci ragazzi e una professoressa.
Ognuno di loro ha una storia. Ognuno di loro ha un passato.
Passano insieme quattordici giorni di vacanze all'estero e insieme decidono di fare un rito per entrare nel Regno dell'Incubo, risvegliando l'Uomo Nero ed entrando nel suo mondo.
Mano a mano che esplorano il luogo si rendono conto che anche i Guardiani e altri spiriti si trovano costretti ad abitare in quest'isola ove sono ricercati dalla reale padrona del Regno: Macula Sanguinea.
Tra umani e spiriti si cuciranno rapporti d'amicizia o inimicizia.
Riusciranno a tornare a casa?
Riusciranno a sfuggire dalle mani della megera Macula Sanguinea?
Riusciranno a scampare alla morte?
Genere: Angst, Generale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nuovo personaggio, Pitch
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 2

IL RITO ANTICO

 

 

“Cosa?” chiese Fabi come se Farut avesse parlato in arabo.

“Hai sentito benissimo” rispose il ragazzo.

“Perché dovremo fare il tuo strampalato giochetto?” chiese Al in tono di sfida. L’afgano li lanciò un’occhiata piena di odio che subito cambiò mentre si girò verso il gruppo di amici.

“Insomma, perché no? Perché non dovremo fare qualcosa di interessante? Dopotutto è l’ultima serata anche per me vi ricordo” disse con tono gentile.

“Beh…il tuo ragionamento non fa una piega” rispose Fabi con un sorriso che nascondeva degli occhi seri e dubbiosi. Aveva qualcosa in mente, altrimenti non sarebbe venuto qui. Vorrà fargliela pagare, certo. Ma la ragazza era molto curiosa e sapeva che qualsiasi cosa stesse architettando Farut non ci sarebbe cascata. Aveva sempre gli occhi aperti durante le sue partite nei mondi dei videogiochi anche nella vita reale, avrebbe capito subito il suo tranello. Oltretutto l’afgano non era bravo a fare scherzi, anche di cattivo gusto. Sicuramente non era in grado di battere i gemelli spagnoli.

“NO!!!” una voce fece fermare i ragionamenti di Fabi. Leo si catapultò verso il braccio della sorella cominciando a tirarglielo con aria di chi cerca di essere ascoltato.

“Fabi, no! Lo faremo arrabbiare! Ci verrà a prendere! Forse ti farà del male solo perché hai voluto sfidarlo! Fabi, no!” il bambino continuava a tirarla per il braccio supplichevole, mentre l’afgano li lanciò uno sguardo interessato. Anche il piccolo teme della sicurezza della sorella? La sorella si chinò all’altezza del fratellino. Anche se lui, in confronto alla sorella, aveva un’altezza giusta per la sua età.

“Chi verrà a prendermi?” chiese con tono gentile. Intanto il piccolo aveva finito di tirarle il braccio.

“L’Uomo Nero. Ascolta Fabi, non dargli fastidio” Leo guardò la sorella in tono supplichevole. Crede ancora dopotutto. Ora che ci pensava, in confronto a pochi anni fa, non c’erano più molti bambini che continuavano a credere in queste creature misteriose come Babbo Natale o La Fata Del Dentino. Era qualcosa che si chiedeva spesso, senza avere una vera risposta. Fabi accarezzò la sua testa piena di ricci biondi con aria premurosa, come una mamma accarezza il suo bambino.

“Non verrà, noi stiamo solo giocando, non credo che l’Uomo Nero vorrà dare fastidio dei ragazzi solo perché si stanno divertendo” ma il bambino non sembrava del tutto convinto. Fabi usò il suo asso nella manica.

“E poi se vorrà avvicinarti a te io ti starò vicino e lo prenderò a pugni fino a fargli vedere le stelle” disse mostrandogli gli invisibili muscoli delle sue braccia magre. Leo sorrise. Sapeva che la sua sorellina lo avrebbe protetto.

“Ma se l’Uomo Nero dovrebbe prendere Niki?” chiese in tono preoccupato mentre si voltò verso la sua amichetta che intanto lo guardava interessato mentre Yoshi le traduceva ogni parola. Farut cominciò ad interessarsi alla vicenda.

“Allora dovrai fare il cavaliere: dovrai proteggerla come se fosse la tua donna, piccolo. Come se fosse la tua futura sposa” disse in tono serio, come se stesse parlando di una cosa vitale. Fabi era sorpresa. Da quanto tempo ti piacciono i bambini? Chiese con lo sguardo. L’afgano le rispose con uno sguardo serio come se volesse dirle: Da molto più tempo che tu possa immaginare. Almeno questo era vero. Nonostante si comportasse come un talebano, non avrebbe mai osato sfiorare un bambino. I bambini sono come il sole, sono indispensabili per il mondo, sono un bene prezioso, li ripeteva sempre suo padre. Leo intanto si era più che convinto.

“Come si gioca?” chiese in tono allegro.

“Allora, bisogna…”

“Io non credo sia una buona idea…” lo interruppe una voce. Ceci ODIA i giochi di mezzanotte. In un certo senso era il contrario di Fabi.

“Perché che problema c’è?” le chiese Mini.

“Ceci, non dirmi che hai paura, eh?” chiese con un sorriso lugubre l’altro gemello.

“No! Solo che non mi piacciono le cose dell’orrore…” aveva paura, si. Ma non voleva dimostrarlo. Dopotutto c’era Gianni a pochi passi da lei.

“A me la cosa interessa. Vorrei partecipare” disse Yoshi con tono allegro.

“私がプレイしたい!” disse Niki alzando la voce per farsi notare, quasi urlando.

“Dice che vuole giocare anche lei” tradusse Yoshi.

“Anche noi siamo d'accordo!” dissero insieme i due gemelli spagnoli.

“Io…credo di si…” disse Mino con tono preoccupato. Sarebbe accaduto qualcosa di brutto, il suo sesto senso non ha mai sbagliato, ma non lo ascoltava mai.

“Per me va bene, basta che non alzi le mani contro mia cugina” disse Gianni con tono di chi non deve contraddirlo.

“Io? Alzare le mani su una donna?! Non sono un terrorista ti ricordo…” rispose Farut con tono sincero. Anche questo era vero. Nonostante desiderasse che Fabi si buttasse dal terzo piano, non avrebbe osato alzare le mani su di lei. Nonostante lo avesse umiliato come l’ultima volta.

“Allora siamo tutti d’accordo? Ceci?” chiese l’italo-russa alla torinese.

“Come volete…” disse con un sospiro. Non era mai riuscita ad avere la meglio sugli altri. Era troppo timida per dire la sua, anche in questa situazione, nonostante avrebbe preferito fare altro.

“Bene. Allora, come si gioca?” chiese Fabi all’afgano.

“Prima di tutto bisogna prendere delle candele, posizionarle un po’ ovunque e accenderle. Ma le candele devono avere il numero degli anni dell’Uomo Nero, ovvero quattromila” nessuno riusciva a credere che quella specie di fantasma che rapisce i bambini potesse avere quattromila anni. Gli unici che non erano sorpresi erano Leo e Niki, nonostante Yoshi le traducesse tutto quello che dicevano gli altri.

“Poi bisogna, ovviamente, spegnere le luci, prendere una bambolina vestita in nero, mettersi in cerchio, ripetere per tre volte una specie di preghiera e uno di noi dovrà prendere un coltello e accoltellare la bambolina”

“E perché dovremo accoltellare una bambola?” chiese Al a Farut.

“Perché per entrare nel suo regno bisogna fare qualcosa per fargli aprire un portale verso il Regno dell’Incubo. In questo caso bisogna “ucciderlo” attraverso la bambolina ed entrare nel suo mondo” rispose come se lo spagnolo li avesse chiesto una cosa decisamente ovvia.

“Ok. Ma chi ha tutta questa roba?” chiese Mini con tono annoiato.

“Le candele e l’accendino ce l’ho io, ma non ho una bambolina” rispose l’afgano.

“Aspettatemi!” disse Leo mentre spariva dietro la porta. Dopo qualche secondo tornò con qualcosa di nero in mano e un cappello marrone chiaro, simile a quello degli esploratori, con una striscia blu che lo circondava.

“Ho trovato la bambola!” disse mentre la diede a Farut. Era una bambola di legno con un volto di donna vestita di nero, ma non era questo che fece inquietare la sorella. Aveva un volto di ghiaccio. Era questo che pensò la ragazza appena vide il suo viso. Aveva un’espressione vuota, appunto di ghiaccio. Un’espressione estremamente seria ed inquietante con occhi color bianco azzurro talmente intensi che sembrare di guardare delle sfere di neve.

“Leo, ma dove l’hai trovata?” chiese la sorella sospettosa.

“L’ho vista poco prima di venire qui. Era per le scale e così l’ho presa” rispose il fratellino.

“Forse è di qualche bambina, credo che dovremo restituirla” disse, finalmente, Ceci con la speranza che quella situazione possa sparire da un momento all’altro.

“Non credo che una bambina possa avere una bambola del genere” disse Fabi con tono molto serio. Lo stesso che usa quando gioca a “Ju On: The Grudge” o a “Silent hill”.

“Si ma…”

“Ceci se vuoi puoi sederti vicino a me quando ci dovremo mettere in cerchio” disse in tono gentile Gianni.

“Gianni continua a fare il playboy…” sussurrò Mini al fratello.

“Leo, perché hai preso il mio cappello?”

“Perché quando fai un videogioco di paura tu lo metti sempre, quindi pensavo che ti servisse” disse il bambino con un sorriso.

La ragazza si mise il cappello. Già. Quando gioca ai suoi videogiochi indossa sempre quel cappello. Non sa il perché ma le da molto coraggio. Si sente sempre la protagonista coraggiosa di quella strana avventura.

“Allora, cominciamo!”

 

Le candele con il numero quattromila vennero accese sopra il bancone della cucina. Le luci vennero spente. I ragazzi si misero in cerchio. Ceci aveva alla sua sinistra Gianni, poi Al era con Mini, Niki e Leo, Farut e Mino e alla fine Yoshi, e Fabi era alla destra di Ceci. Farut si alzò in piedi.

“Popolo! Abbassati i capi dinanzi al vostro Re!” tutti abbassarono la testa. Fabi invece teneva un occhio aperto per vedere il rito che venne detto in arabo per tre volte.

“الملك العظيم! عظيم الرب! ما تركت لنا النفوس الفقيرة في مملكتك حتى نتمكن من الاستمتاع في كل مجدها! في اسم ربك، وأنا أطلب منك أن تدخل أرضكم!”

Alla fine Farut prese un coltellino dalla tasca dei suoi jeans e cominciò a pugnalare la bambolina di legno. Ceci odiò ogni secondo di quel rito, la sua immaginazione pensava che la bambolina sarebbe ritornata dal Regno dell’Incubo in cerca di vendetta per averla distrutta in un modo così violento e orribile. Aveva una gran fifa. Senza motivo. Non capiva il perché.

“Popolo! Alzatevi dinanzi al Regno del Nostro Signore!” tutti si alzarono. Il rito era compiuto.

“الملك العظيم! عظيم…”

“MA CHE DIAVOLO STA SUCCEDENDO!?!?!”

I ragazzi si voltarono verso la voce, anzi l’urlo. Questa volta insieme agli altri anche Farut sbiancò, nonostante la sua abbronzatura.

“MA SIETE IMPAZZITI?! Voglio subito una spiegazione a tutto questo!” Gianni si fece avanti verso la donna.

“Professoressa Forlì, posso spiegarle tutto…”

“Non voglio spiegazioni da te Giovanni! Gelsomino, anche tu?! Dimmi cosa sta succedendo!” Mino si sentiva gli occhi di fuoco della sua professoressa sulla sua pelle. Per la prima volta in quattro anni ebbe paura di lei.

“Professoressa, stiamo festeggiando l’ultima serata insieme. Insomma…cercate di capire…questa forse è l’ultima volta che ci vediamo…” la professoressa lo interruppe.

“Vi ho detto che non potevate festeggiare! Dovreste fare le valigie, controllare che non abbiate dimenticato qualcosa, prendere i passaporti! È l’ultimo giorno in America e voi pensate ad una cosa talmente inutile! E cosa sono tutte queste candele!?” stava diventando una furia. Gianni si sentiva mortificato, perché era una sua idea e perché aveva messo nei guai anche sua cugina, Mino e Ceci. Mino e Ceci avevano lo sguardo sul pavimento, lo sguardo di Fabi era invece di puro odio. Non l’aveva mai sopportata. Dal primo giorno delle superiori. Inoltre aveva interrotto qualcosa che per lei era veramente importante. Gli amici cercarono di difendere i ragazzi.

“Mi scusi signora, potrebbe chiudere un occhio per questa faccenda piuttosto futile?” chiese Al con tono gentile. La professoressa si girò verso i due gemelli.

“La cosa non vi riguarda! Non dovreste essere nemmeno qui. Dovreste stare con gente come voi, con i portoghesi, insomma!”

“Signora, questi ragazzi sono spagnoli…”

“Ci mettono anche i cinesi! Ma come fate ad avere amici del genere? È tutta opera tua Fabiola, ne sono più che certa!” lo sguardo di odio di Fabi divenne di disgusto. Dava sempre la colpa a lei, anche se non aveva mai fatto niente di male. Solo perché sua madre veniva dalla Russia. Era certa che fosse così. Era qualcosa che non sopportava.

“Senta lei. Solo io posso parlare in questo modo alla mezzosangue! Lei non si deve permettere di avere quel tono!” Farut in confronto agli altri, dimenticò le buone maniere. Fabi non avrebbe mai creduto che l’afgano l’avrebbe mai difesa.

“E tu da dove verresti?! Fabiola non dirmi che alla tua età pensi già ad avere un fidanzato? Soprattutto Egiziano!”

“COSA!?! Io non oserei essere la fidanzata di questo armadio! E poi è afgano, professoressa…” disse cercando di avere un tono serio e calmo. Cosa che con lei le riusciva molto difficile.

“E io sarei un armadio!?” le urlò contro Farut.

“SILENZIO!” urlò Mini a tutto il gruppo. Tutti si girarono.

“Non lo sentite anche voi?” chiese la spagnola. Tutti tacquero.

 

Sussurri…

Molti sussurri…

Sembrano venire dalle pareti…

“Cosa sono…?” chiese a bassa voce Leo, che si era aggrappato di nuovo al braccio della sorella. Non c’era nemmeno il tempo di risponderli che accadde qualcosa di incredibile agli occhi di tutti.

Il pavimento si ruppe. Provocando un potente spacco in mezzo ai ragazzi e alla professoressa.

Altri spacchi…

Molto più grandi...

Stavano dividendo tutti quanti…

Ma la cosa incredibile era che dagli spacchi usciva piano piano una sostanza gassosa e nera che cominciava ad avvolgere tutta la stanza. Si spensero le candele. Nessuno riusciva a reggersi in piedi. Alcuni cercarono di raggiungere altri ragazzi. Al si avvicinò a Mini, Gianni prese la mano di Ceci che stava per perdere l’equilibrio, Niki e Leo si strinsero in un abbraccio, Mino e Farut si avvicinarono lentamente cercando di non inciampare, solo Fabi e Yoshi rimasero fermi credendo che se si fossero mossi si sarebbe distrutto il pavimento. Intanto la professoressa si era avvicinata a Gianni e Ceci con occhi pieni di rabbia.

“Non so come abbiate fatto, ma…” venne interrotta da delle risate…forse di bambini…pensò Fabi. Le risate provenivano dallo strano gas.

Accadde tutto molto in fretta.

Troppo in fretta anche solo per pensare.

Il pavimento crollò sotto ai piedi di tutti. Ma stranamente la caduta sembrava non finire più. Vedevano solo oscurità. Non riuscivano a muoversi. Qualcuno urlò. Forse Leo e Niki.

Continuarono a cadere…

A cadere…

Cadere…

C’era solo buio…

E oscurità….

 

  
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