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Autore: Ehybastaldo_    19/07/2013    2 recensioni
L'aveva fatto davvero! Meg mi aveva abbandonata a piedi, lì, al club.
E ora come ci tornavo a casa?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Carol, quella persona tanto diversa quanto
uguale a me, quella ragazza dal cuore grande,
quell'amica che c'è sempre. Grazie.
 

ERA UNA PROMESSA?
 
 
 
"Quello ti sta guardando il culo!"
Era iniziata così la sfida di sguardi col misterioso biondino dagli occhi celesti.
Io guardavo i suoi occhi, impietrita, lui guardava il mio culo, malizioso.
"Carol? Sei ancora viva?" Meg al mio fianco, sventolando una mano davanti al mio viso, richiamò la mia attenzione.
"Vado a dirgli due cose, così la smette di ridere con i suoi amichetti." Scampai appena in tempo dalle mani della mia amica, abbassando in tempo la spalla, per evitare che mi acciuffasse e mi fermasse.
"Se tu vai da loro, io me ne torno a casa!" La sentii urlare alle mie spalle, un pò per il volume alto che sovrastava le nostri voci, un pò perchè era seccata dal mio comportamento ambiguo. La immaginai con le mani chiuse a pugno dritte lungo i fianchi, tanto chiusi che perfino le unghie le stavano conficcando la sua stessa pelle; la fronte di sicuro era corrucciata in una smorfia di disappunto, mentre le narici erano leggermente allargate, giusto per far uscire dell'aria dal naso, spazientita dal mio stupido carattere da testarda.
Doveva conoscermi bene, però. Sapeva che quando mi interstadivo su una cosa era quella e basta, anche al costo di sbatterci la testa, farmi male e comunque portare la ragione dalla mia parte. Era quello il mio carattere, nessuno mi avrebbe cambiato. Anche se all'apparenza non si diceva.
Così, tra spintoni e prestando attenzione al mio equilibrio -i tacchi non erano d'aiuto- dovuto anche a qualche drink di troppo, mi feci strada verso quello che adesso sorseggiava tranquillamente qualcosa, a gambe accavallate, con due ragazze che lo continuavano a toccare. Ma a lui non sembrava interessato a quelle due oche che continuavano a stuziccarlo, spalmandogli in faccia le tette scoperte.
Stava in uno dei divanetti del privè del locale, uno di quelli che dovevi sborsare una paghetta di un anno, più tutti i risparmi che ti davano di nascosto la nonna al pranzo, la domenica.
Oppure, dovevi conoscere il proprietario e tutto era facile.
Spostai i miei capelli biondissimi su un lato della spalla, odorandone il profumo mentre svolazzavano davanti al mio viso. I bracciali scesero lungo il braccio, ritornando al loro posto quando il braccio tornò ad ondeggiare accanto al fianco.
Leccai le labbra asciutte, schioccando poi la lingua al palato, preparandomi almeno un discorso mentale che mi sarebbe servito per fargli abbassare la cresta al biondino.
Il ragazzo sorrise, copiando il mio gesto, forse troppo in trance, mentre fissava attentamente le mie.
Qualcuno, erroneamente, sbarrò la mia strada, arrestando quella che per me stava diventando una passerella, per gioco. Mi cominciava a piacere.
"Ciao dolcezza... Come mai tutta sola in un posto così?" I suoi occhi carichi di malizia fecero su e giù per tutta la lunghezza del mio corpo, striminzito in un tubino nero eccessivamente -e volutamente- corto, che lasciava il via libera all'immaginazione.
Fermai bruscamente la sua radiografia sbottando antiparicamente un "Levati dalle palle, coglione."
Sembrò sobbalzare sorpreso, forse per il tono che avevo usato, forse per l'aggettivo con cui l'avevo chiamato.
Non avevo peli sulla lingua, e questo lo sapeva solo chi mi conosceva solo fuori da scuola.
Poi sorrise, come se non gli era stato chiaro il messaggio diretto "Oh, ma che siamo tenere, anche." E provò a toccarmi una guancia. Forse era una carezza, forse voleva solo pizzicarla.
Ma non gli permisi nulla. Fepi appena in tempo un passo indietro, spostandogli la mano dal mio viso con uno schiaffo.
"Sai che potrei denunciarti?" Lo avvertii.
"Cosa?" Rispose solamente, ridendo nervoso.
"Per la mia bellezza illegale?" Provò a sdrammatizzare, cercando di far colpo con una battuta dei tempi della pietra.
Alzai un sopracciglio, scocciata e nauseata allo stesso tempo, finendo poi per sospirare e cercare di sorpassarlo senza andare oltre. Ma non ebbi i risultati sperati.
"C'è il mio ragazzo seduto proprio dietro te sul divano rosso. Ha delle mani, e non ha paura di usarle... Tantomeno su di te." Riuscii a sussurargli all'orecchio, nonostante la musica fosse forte, assordante.
Se c'era una cosa che avevo imparato sui maschi era che non volevano risse nei locali. Per ogni ambiente, ce n'era una.
Lo vidi irrigidire i muscoli, contrarre la mascella e preferì non fiatare alla mia provocazione. Fece un passo laterale e mi lasciò passare tranquillamente.
Sorrisi soddisfatta e tornai a camminare verso la mia meta. Ma dovetti fermarmi subito: il divano era vuoto.
Non una ragazza intenta a spalmarsi su qualcuno, non quel biondino che aveva studiato ogni minimo dettaglio del mio sedere, nemmeno lo dovesse ricopiare a memoria su un foglio di carta.
Mi guardai in giro, disorientata. 
Il club era gremito di gente, chi ubriaca, chi ancora con la mente per metà lucida.
Le spogliarelliste facevano il loro lavoro sui cubi posti qua e là per il locale, i barman si destreggiavano in piccoli spettacoli dietro i banconi, bramati da occhi sia femminili che maschili, il dj continuava a cambiare dischi, mischiando canzoni vecchie a quelle nuove, senza badare al caos sotto i suoi occhi, compiendo un perfetto lavoro, in quanto la pista piena di gente intenta a ballare. O almeno, a provarci.
"Cerchi qualcuno?" Sentii una voce al mio orecchio, particolarmente vicina. Non mi voltai, sorridendo sotto i baffi.
"Ti piace il mio fondoschiena?" Chiesi solamente, dopo una manciata di secondi attesi per una mia risposta alla sua domanda che non arrivò mai.
Una risata invase le mie orecchie, la mia testa, il mio cervello. Non era una risata di quelle forzate. No. Era una di quelle che ti vengono dal cuore, spontanee, che ti riempiono gli occhi di lacrime e che contagiano anche chi hai vicino.
Ed era questo l'effetto che aveva appena avuto su me. Stavo sorridendo anche io, ma senza motivo. Solo perchè quella risata era bella.
"Dovrei fare i miei complimenti ai genitori." Proferì  dopo, tornando serio e pericolosamente vicino.
Sentivo il suo fiato sfiorare la pelle delle mie palle scoperta, il suo petto sfiorare appena la mia schiena nuda. 
Era una tortura non potermi girare e fissare quelle iridi celesti che ora, immaginavo, si fossero fatti più chiari, cristallini.
"O alle ore spese in palestra e tutte le diete che mi impongo di seguire il più correttamente possibile per mantenerlo così." Lo informai con voce piatta.
Non che fossi diventata tutt'un tratto pazza e stavo raccontando la mia vita ad uno sconosciuto.
Sentii la sua mano appoggiarsi sul mio fianco sinistro, costringendomi a fare un mezzo passo indietro, fino a far combaciare la mia schiena al suo petto. In sintonia, respiravamo entrambi affannosamente.
"Sei perfetta così, Carol." E per un attimo chiusu gli occhi sopraffatta dal dolce e in contemporanea forte suono della sua voce così vicina al mio orecchio. Come lo pronunciava lui, il mio nome, non lo faceva nessun altro. Ed era altamente sexy il modo con cui lo pronunciava.
"Sai come la penso, Niall." Soffiai quasi sottovoce, forse perchè una parte di me sperava non lo sentisse, non di nuovo.
Mi costrinse a voltarmi, leccandosi le labbra prima di posarle sulle mie, zittendomi.
Era sempre così: arrivava, ad un certo punto, il momento di farmi smettere di dire frottole -come le chiamava lui- e per farlo, bastava una cosa: mandarmi in ecstasy. E lui, era anche bravo in questo.
La sua mano scese lungo la schiena, fermandosi a palpare, poi, il sedere. Smisi di baciarlo d'improvviso.
"Non può finire sempre così." Lo rimproverai, e lui alzò semplicemente gli occhi al cielo.
Quegli stessi occhi del quale quel pomeriggio di Dicembre mi fecero innamorare di un irlandese fottutamente sexy.
"Tu rendilo pubblico e poi ti lascio fare tutto quello che vuoi, senza interruzioni." Continuai insistente, incrociando le braccia sotto il petto.
Ma come poteva il capitano della squadra di football, per di più dell'ultimo anno di liceo, spifferare a tutta la scuola che se la faceva segretamente quando gli pareva con la sfigata secchiona dell'aula di scienze? Avevo perfino fatto la primina! Altro punto per essere classificata nella scala sociale con il termine 'sfigata'.
"Sei sexy." Provò a sorvolare sul vero argomento che ci teneva vicini quanto lontani.
Solo noi due conoscevamo le scappatelle in biblioteca dutante la ricreazione. Solo noi sue sapevamo a memoria ogni minimo angolo della stanza degli inservienti. Solo noi potevamo sapere la paura, quel giorno, quando ci ritrovammo per caso nell'ufficio del preside -per cause diversissime- come ci batteva forte il cuore quando per poco non venivamo scoperti. Solo io conoscevo la casa di Niall, come il suo letto, per tutte le volte che ci ero entrata con la scusa di essere il tutor del ragazzo. Sua madre mia aveva conosciuto, ed apprezzata, così. Vedendomi entrare ed uscire da quella casa come se fossi la fidanzata del figlio.
Ma non lo ero. Purtroppo.
Ci eravamo, in fondo, conosciuti così. Per colpa, o per fortuna, del preside Hinning, quando, quel giorno mi chiese cortesemente -quasi in ginocchio- di insegnare a Niall almeno le basi delle formule chimiche.
"Anche se sei secchiona, sei sexy."
Appunto.
Il suo lato da cazzuto non sarebbe mai andato via. Nemmeno dopo le mille prese in giro dove lo avvertivo che avrei stampato anche i giornali sulla nostra -non- relazione.
E lui rideva, perche sapeva che, in realtà, mi aveva in pugno. Non l'avrei mai fatto. Non sarei mai riuscita a stare un giorno, anche solo poche ore, senza averlo tra i piedi. Non sarei mai riuscita a prendendo il giro davanti ai suoi amici quando l'avvertivo per il nostro noioso incontro per la nuova lezione interessante di chimica. Non ce l'avrei mai fatta!
Non sarei riuscita a stare un giorno senza che i nostri sguardi si incontrassero; non sarei riuscita a stare senza le sue mani curiose addosso, la sua lingua nella mia bocca, le nostre gambe intrecciate sotto le lenzuola. E non solo quelle...
Chissà se i suoi amici avessero capito qualcosa, o anche solo si erano permessi a chiedergli cosa, in realtà, succedevano quei pomeriggi a casa sua, che passavamo facendo di tutto, tranne che studiare.
"Fanculo, Horan!" I nervi ormai erano a fior di pelle, e per non fare una stupida quanto inutile scenata, girai i tacchi e decisi che la festa per quella sera era finita.
La cosa che fece più male fu capire un attimo dopo che Niall non mi stava venendo dietro, non mi stava fermando. Non ci stava nemmeno provando!
Recuperai velocemente il cappotto e la borsa all'entrata, salutando poi il buttafuori che mi abbagliò con un sorriso carico di malizia. Era abituato a vedermi in quel locale, proprio per questo da qualche giorno mi faceva entrare a metà prezzo, se non gratis completamente. Forse si aspettava un pensierino in cambio, ma non mi sarei gettata così in basso!
Indossai l'indumento, sfilando intanto il cellulare dalla borsa. Digitando il numero che conoscevo a memoria, portai l'aggeggio all'orecchio aspettando i vari squilli che fece, senza ricevere alcuna risposta.
L'aveva fatto davvero! Meg mi aveva abbandonata a piedi, lì, al club.
E ora come ci tornavo a casa? 
 
 
"Mamma? Yuhuu, c'è nessuno in casa?" Una mano sventolava davanti ai miei occhi, riportandomi all'improvviso alla realtà.
Meg, truccata e vestita per una festa, mi fissava confusa, seduta al mio fianco.
"Stai bene?" Provò a chiedermi, preoccupata.
Sorrisi abbassando lo sguardo sulle mie mani. Presi un profondo respiro, sospirando poi.
"Allora... Mi dici come hai conosciuto papà?" Mi chiese di nuovo, ricordandomi il perchè mi ero persa a ripensare a quella sera.
Senza togliere il sorriso dalle labbra, ripensai a quella vicenda, quando uscii fuori dal locale, sola.
Dovevo ringraziare Meg, allora la mia migliore amica?
 
 
C'era un freddo glaciale. Ma avevano spostato gli iceberg a Mullingar?
Mi strinsi nel mio cappotto, strofinando una mano sul braccio, sperando di accaldarmi un pò, mentre con l'altra provai ad accendere il telefonino, misteriosamente spento.
Lo schermo, però, rimaneva nero. Non si accendeva.
"Fanculo!" Sbottai, gettandolo poi dentro la borsa e alzando lo sguardo.
La strada era vuota, tranne per quelle due/tre persone che stavano ritornando a casa. Meg era magicamente scomparsa, ma il giorno dopo mi avrebbe sentita.
Poteva benissimo venirmi dietro e bloccarmi in tempo. No?
Senza trovare alcuna soluzione, cominciai a camminare sul lungo marciapiede scuro della strada, canticchiando nella testa la musica che usciva dalla discoteca.
Era stata una bella serata, una di quelle che non si dimenticano facilmente. Ma alla fine era andato tutto a quel paese, come sempre d'altronde.
Ero una sfigata, questo era risaputo, ma peggio di tutte ero anche sfortunata! Ero a piedi, il cellulare era morto e quella strada scura non di certo era il luogo ideale per camminarci da soli a quell'ora. Forse erano le tre, le quattro. Non avevo nemmeno un fottuto orologio con me!
E Meg mi aveva abbandonata!
Svoltando l'angolo, sentii uno strano rombo di un'auto risuonare per la piccola via in cui mi stavo inoltrando. Mi arrestai immediatamente, impaurita.
Lo stesso suono venne ripetuto per altre quattro volte. Non era una sola auto, o almeno, non era un'auto vecchia come quelle che ero abituata a vedere in giro.
Poi sentii delle risate. La sua risata...
Alzai lo sguardo, sperando di vedere qualcuno, o meglio, speravo di vederci lui.
Ed infatti era lì, seduto sulla sua mini cooper nera, mentre continuava a fare lo spavaldo davanti agli occhi luccicanti dei suoi amici. Era uno dei più ricchi del paese; gli avrebbero anche leccato i piedi pur di essergli amici.
Poi capitò l'impossibile tutto in poco tempo.
"Invece di fare l'idiota, se hai benzina da sprecare, perchè non mi riporti a casa?" Mi maledii mentalmente l'attimo dopo aver detto quella cosa.
Tutti i presenti si voltarono dalla mia parte, scrutandomi per bene. Storcendo le labbra, per quanto fossi stupida, allentai la presa sul cappotto, facendo in modo che questo si aprisse leggermente.
Sul viso di Niall si aprì sorriso che andava da un orecchio all'altro, mentre notai con piacere gli occhi strabuzzati di quelli che gli stavano accanto.
"Ma quella non è la sfigata della nostra scuola?" Riuscii a sentire, mentre un brivido di freddo mi fece rabbrividire. Incrociai di nuovo le braccia al petto, nascondendo il mio corpo già poco coperto.
"Ammazza che sfigata!" Esclamò quello al suo fianco, sussurrando poi qualcosa che non capii.
Vidi Niall scambiare due parole con quei ragazzi, per poi ingranare la marcia e venirmi in contro.
Non sapevo se andarmene perchè mi stava per prendere in giro davanti a tutti i presenti, o rimanere ferma e vedere cosa voleva dirmi.
"Sali." Uscì dalla sua bocca.
Sali. Una parola, due sillabe. E che dovevo fare?
"O vuoi che consumi altra benzina?" Mi prese in giro, facendomi però sorridere.
Girai attorno all'auto, aprendo lo sportello e sedendomi al posto passeggero. Sfilai il cappotto e lo gettai sui sedili posteriori.
Quando agganciai anche la cintura, alzai lo sguardo verso il biondino, confusa.
"Non si parte?" Chiesi.
Lui rise, rise di nuovo di cuore. E mi dovetti trattenere dal saltargli addosso. Perchè riusciva a farmi perdere i sensi con solo la risata?
"Se mi dici la via..." Mi prese in giro e mi stampai una manata sulla fronte.
Sì, ci conoscevamo a fondo... Ma per non farci scoprire da nessuno, non mi riaccompagnava mai a casa. Quindi, non sapeva dove abitavo.
Dissi il nome della via, pregando mentalmente che i minuti passassero in fretta.
E così fu. Il viaggio era stato silenzioso, e al dire il vero non mi aspettavo il contrario.
Sfilai la cintura, recuperando il mio cappotto sui sedili posteriori. Ma quando ero ancora intenta a recuperarlo, la mano di Niall percorse la linea della mia schiena, facendomi scattare di nuovo sul posto.
"Che fai?" Chiesi confusa.
Lui sorrise semplicemente, passando una mano sotto il mio mento e attirandomi a sè, fino a far combaciare le nostre labbra.
La sua lingua si intrufolò nella mia bocca, iniziando una strana danza con la mia, che durò un bel pò. Ci staccammo, infine, solo per riprendere fiato.
"E questo?" Chiesi, un pò timorosa della risposta che avrei sentito da lì a poco.
"Il bacio della buonanotte, o del buongiorno... Dipende per come interpreti le cinque del mattino." Mi prese in giro, mentre si sistemava la maglia attillata.
I miei occhi vagarono confusi per tutta l'auto, le mie labbra formarono una smorfia.
Che voleva dire?
"Ci vediamo domani?" Propose dopo una manciata di secondi di silenzio.
Feci mente locale sul programma che avevo per il giorno dopo, e aggrottai la fronte.
"Siamo in vacanza, Niall. Vuoi studiare anche quando non si deve?" Lo avvisai, mentre un sorriso si fece spazio sul mio viso.
"Veramente ti voglio vedere anche dopo domani, e il giorno dopo ancora, e il mese prossimo."
Non saprei dire il perchè, ma improvvisamente il mio cuore aveva preso una strana velocità, la stessa violenza che provavo quando eravamo nel suo letto, lui dentro me.
"C... Cosa?" Forse avevo capito male io; avevo sonno, tutto mi era lecito!
"Hai capito bene. Voglio stare con te, domani e il resto della nostra vita." Ripetè la frase, stavolta fiondandosi sulle mie labbra.
Era una promessa?
 
 
"Che state facendo?" Sobbalzai, riconoscendo immediatamente la chioma bionda che aveva appena fatto capolinea sulla porta della stanza di Meg.
Mia figlia balzò dal letto, correndo nella direzione del padre e abbracciandolo forte. Quest'ultimo, non capendo, ricambiò lo stesso, gettando a terra la valigetta da lavoro nera.
Poi finalmente si staccarono, e il biondo dagli occhi azzurri scrutò per bene la figlia.
"Dove pensi di andare vestita così?" Chiese sconcertato.
Meg fece qualche passo indietro, recuperando il cappotto e una borsetta argentata dalla scrivania.
"A ballare, papà." 
Prima che l'uomo potesse aggiungere altro, la ragazza le saltò al collo, stampandogli un veloce bacio sulla guancia, per poi uscire di fretta dalla stanza, urlando un "Non mi aspettate svegli!", sbattendo poi la porta d'ingresso.
Gli occhi azzurrissimi di Niall si incastrarono ai miei. Poi sorrise.
"Perchè ho la vaga idea che tu abbia raccontato di noi a nostra figlia?" E a quelle parole, mi alzai, sorridendo.
Passai le mie braccia suo collo, mentre gongolando lo presi in giro.
"Però ho omesso la parte che quella sera abbiamo fatto per la prima volta l'amore." E mi baciò.

 
 
  
 
SAAAAAAAAAAAAALVE
*schiva un pomodoro*
 
Beh, è una os, e come sempre non so mai cosa dire lol
Quindi, se vi è piaciuta almeno un pochino, me la lasciate
una recensioncina? *occhi dolci*
 
Se volete sapere, mi sono ispirata a questa foto :3
Ma non è la tenerezza?
Addio c:
   
 
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