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Autore: Clockwise    19/07/2013    5 recensioni
Parlano, parlano, parlano, le voci acute, le risate sguaiate e stridule, le unghie curate che stringono i manici delle tazzine. I suoni sono discordi, la visione è sgradevole. Come ho fatto ad arrivare fin qui?
Sabato pomeriggio, caffè, amiche. Rendersi conto all'improvviso di quanto la realtà sia piena di menzogne e illusioni. E un caffè disgustoso.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caffè

 
Mi porto la tazzina alle labbra e bevo un sorso, reprimendo una smorfia di disgusto. Detesto il caffè.
Eppure continui a berlo.
Lo so, lo so, è un controsenso. Ma tutte le altre hanno preso caffè e cappuccino, non potevo mica essere l’unica a prendere il tè. E perché no? Perché… perché no, perché altrimenti avrebbero iniziato a fare domande, ‘Ma come, non lo prendi il caffè?’, ‘Ma come, non ti piace?’, ‘Ma come, finora l’hai sempre preso!’. Non posso certo chiedere del tè dopo anni che bevo caffè in loro compagnia senza emettere un suono. Anche se non lo sopporto. Lo fanno tutti, e tu non vuoi essere tagliata fuori, non è così? L’unica diversa, l’unica strana…
«Gladys, ci sei?»
Amyclaire mi sventola una mano davanti al viso. Mi rendo conto che mi stanno parlando, ma io non le ho ascoltate.
«Cos- Sì, certo, dimmi.»
«Ci stavamo domandando come fosse finita fra te e il ragazzo dell’altra volta, quel Tony...» chiede Jenny, un lampo di malizia negli occhi azzurri. Lei sa come è andata a finire.
«È finita, senza essere cominciata davvero. Quindi è meglio, no?» mormoro, tento di fare un po’ di ironia, gli occhi sulla tazzina. In realtà non è che me ne importi molto: Tony era solo un ragazzo come un altro, con cui avevo chiacchierato alla festa di un compagno di classe, niente di più. Ma si divertono a stuzzicarmi, lo so.
«Ah, Gladys! Sempre la solita noiosa!» esclama Sarah, roteando gli occhi in maniera esagerata. Le altre ridono. Stiracchio un sorriso, non devo prendermela, scherzano, lo so.
«Davvero, da quanto tempo non esci con un ragazzo, Glad?» insiste Claudia, sorseggiando il suo cappuccino. Io mi stringo nelle spalle, bevo un altro sorso di caffè, tanto per fare qualcosa. Il silenzio di dilata. Decido che posso cambiare argomento.
«Jen, hai già ascoltato il cd che ti avevo prestato?»
«Ah, sì, te l’ho riportato»
Posa la tazzina e si china a prendere la borsa. Rovista al suo interno e poi mi allunga il mio cd, Abbey Road.
«Ti è piaciuto?» Sorrido. Le ho consigliato io di ascoltarlo, è uno dei miei preferiti. Lei mi guarda disgustata.
«Scherzi? È tremendo, non ha una logica, le canzoni non hanno senso, non riuscivo a sentirle per intero.»
Le altre ridono. Io mi imporporo, gli occhi sulla tazzina.
«Non farmi mai più sentire roba del genere.»
«Sono i Beatles.» mormoro.
«Già, Gladys ha dei gusti musicali davvero assurdi.» asserisce Sarah.
Hey, io sono qui.
«E alquanto brutti.» conferma Jenny.
«Sono solo diversi.» tenta Amyclaire, con poca convinzione. Grazie, Amy.
«Restano brutti e antiquati. Andiamo, chi li sente più i Beatles, tranne mio nonno?» proclama Jenny, chiudendo la conversazione fra le risate delle altre.
Ignoro la rabbia che mi ribolle nelle viscere. Non vale la pena arrabbiarsi. Ti vengono le rughe se ti arrabbi.
Mi concentro sul caffè, le orecchie si sintonizzano sulla conversazione.
«E allora, dopo il film, mi ha offerto da mangiare, e abbiamo passeggiato, ci siamo baciati e… »
«E… ?»
«E… Ora sono la sua ragazza!»
Gridolini eccitati accolgono l’annuncio di una Sarah felice e soddisfatta. Un altro ragazzo, un ennesimo trofeo per la sua collezione.
Si congratulano, eccitate, così felici per te, iniziano a discutere del motorino del nuovo ragazzo, di come baci, di quante probabilità ci siano di andare più in là. Studio i loro volti, sono stufa delle loro parole. Sarah, al centro dei riflettori, non potrebbe essere più compiaciuta, più appagata; Amyclaire non le presta veramente attenzione, probabilmente pensa al suo ragazzo che l’ha mollata dopo un anno intero; Jenny è invidiosa perché un’altra volta Sarah ha ottenuto un ragazzo prima di lei; Claudia sembra la più allegra di tutte, ma in realtà anche lei pensa a quale ragazzo potrebbe essere il suo prossimo fidanzato. Alla fine, nessuna è veramente felice per Sarah, lo si vede negli occhi che non sorridono, nelle labbra tese, nei sopraccigli alzati, nei piedi che dondolano nervosamente sotto al tavolo.
E tu?
A me non me ne importa nulla, e me ne sto zitta. Forse sorrido un po’, ma non me ne curo. Tanto si dimenticheranno di me, come al solito.
Parlano, parlano, parlano, le voci acute, le risate sguaiate e stridule, le unghie curate che stringono i manici delle tazzine. I suoni sono discordi, la visione è sgradevole. Come ho fatto ad arrivare fin qui? A sedermi a bere caffè, il sabato pomeriggio, ad un tavolo con persone che non mi vedono neanche, che mi risultano sgradite, che non fanno che parlare di unghie, e borse e ragazzi, e conquiste, ciascuna tentando di surclassare le altre, di mostrarsi più forte, più bella, più simpatica. Tutte uguali, intercambiabili. Perché quella diversa, quella un po’ più originale, la si guarda con le sopracciglia aggrottate, poi le si voltano le spalle, perché ha osato essere se stessa. E io allora, che ci faccio qui? Perché da anni mi ostino a sedermi su questa sedia, a bere questo schifoso caffè, attorniata da smaglianti sorrisi di plastica, senza il coraggio di alzarmi e andarmene, lontano da queste finte amiche? Perché una volta erano amiche, amiche davvero, ma poi sono tutte cambiate, io sono cambiata, e ora cosa abbiamo in comune? Cosa c’entro io con loro? Forse sono io quella sbagliata.
Tiro indietro la sedia, poggio i piedi a terra. E d’improvviso, tanti bei momenti mi vengono davanti agli occhi. Feste di compleanno, abbracci, risate, segreti. Oh oh. Perché la tazzina tremola davanti a me? Quell’odiosa tazzina di caffè.
Basta, non pensarci.
Mi alzo. Forse mi guardano, forse mi parlano, non lo so. Probabilmente non se ne accorgono nemmeno. Prendo la borsa, rimetto la sedia a posto, me ne vado. Fuori dal locale, l’aria mi investe, asciuga quelle lacrime impudenti che mi erano sbucate negli occhi.
Niente più caffè. 




***
Scusate l'insensatezza e la depressione che questo testo mette addosso, è solo che volevo scriverlo, perché è quello che penso, e diverse volte mi sono trovata nella situazione della protagonista, ma non mi sono mai alzata. Insomma, sentivo il bisogno di sfogarmi, in qualche modo, ecco. Spero comunque che vi sia piaciuto, anche se mi chiedo come faccia a piacere una cosa simile. No, magari, spero che vi abbia fatto riflettere. Insomma, spero che sia servito a qualcosa. 
Grazie di aver letto, e vi chiedo di lasciare qualche recensione, ho bisogno di sapere quanto, come e perché faccio schifo. 
Ok, ora mi dileguo, e vado ad ascoltarmi Yellow Submarine, così mi tiro su. Ah, Abbey Road è un cd magnifico. 
Giuro che un giorno scrivo una storiella allegra e divertente, lo giuro.
E.
  
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