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Autore: Clarrie Chase    19/07/2013    10 recensioni
La storia è ambientata 5 anni dopo l'albo 29 di Monster Allergy.
Dal 2° Cap.:
Zick inspirò l’aria consumata dell’Antica Armeria e richiamò a sé tutte le sue forze per rimanere calmo: i passi lenti e costanti di Elena, accanto a lui, servivano da deterrente a quella brutta sensazione alla bocca dello stomaco che minacciava di mangiarlo vivo.
La nostalgia per un mondo a cui non apparteneva più da molto tempo.
Dal 3° Cap.:
« Non si consuma, se la fissi in quel modo? », lo prese in giro Teddy, avvicinandosi a lui ridendo. Zick gli mostrò la lingua: « Pensa a come guardi Lay, piuttosto. » replicò, prima di scoppiare a ridere.
Dal 4° Cap.:
« Fa tanto freddo. », sbuffò Elena, portandosi la coperta sopra gli occhi.
Evan sorrise, al buio. « Hai ragione. Credo che la caldaia sia di nuovo rotta. ».
« Di nuovo? », Elena spalancò gli occhi sorpresa, ma anche lei non si mosse, per evitare che la brandina scricchiolasse sotto il suo peso: « Zick non mi aveva detto che era rotta, prima. Avremmo potuto dormire da me, stanotte. ».
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Elena Patata, Zick Barrymore
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alloora <3 Grazie a tutti per le recensioni, prima di tutto! Poi, volevo avvisarvi che il prossimo capitolo tarderà ad arrivare perché la trama è cambiata in fase di svolgimento, perciò sto revisionando tutto quello che ho scritto e ci metterò un po', non sia mai che mi scappi qualcosa e ci siano incongruenze nei vari capitoli xD E poi, sono arrivata a descrivere il clue dell'azione e devo ammettere di trovarmi un po' in difficoltà D: Questi personaggi, prendono vita e fanno quello che vogliono infischiandosene delle mie idee D: è quasi spaventoso xD
Posso definire anche questo capitolo "di transizione". Non succede nulla di troppo importante per il momento, ma Evan è un gran chiacchierone e si fa sfuggire un sacco di cose...
E tra Elena e Zick si avverte qualcosa, una certa "tensione" ;D Beh, non lasciatemi proprio adesso, perché mi dovrò impegnare un sacco per sistemare tutte le cose che ho già scritto e non vorrei sprecare fatica xD Se mi lasciate un commentino anche a questo capitolo, mi farete un piacere <3 A presto!
L.  L.

 Strong Feelings



Ad Evan faceva uno strano effetto, vedere suo nonno Zob in carne ed ossa gironzolare per casa facendo vari lavoretti. Gli voleva così bene! Ed era così strano, vederlo vivo…
Elena, fino a quel momento lo aveva trattato più che bene, anzi! Era stata la prima ad essere gentile con lui. Zick faceva del suo meglio, si vedeva, ma in qualche modo Evan non voleva attirare troppo la sua attenzione. Eppure lo incuriosiva: si comportava in modo strano nei confronti dei mostri che girovagavano per casa. Li ignorava.
Sua nonna Greta era la solita donnina gentile che ricordava, anche se averla davanti così giovane gli faceva un bell’effetto: tra l’altro, non ricordava di averla mai vista così felice.
In quel momento, si stava complimentando con lui per la trovata della stanza nell’armadio: « E’ stata davvero una bella idea! Sei un Domatore pieno di risorse, sono sicura che tuo padre sarà fiero di te. ». Che amarezza, che nominasse proprio quel padre che non approvava il fatto che suo figlio volesse distaccarsi dal mondo dei mostri, non accettando né di combatterli, né di conoscerli.
« E’ stata una mia idea.  », replicò Zick a bassa voce, ma solamente Evan ed Elena lo sentirono.
I quattro erano nella serra di Greta, ad aiutarla ad annaffiare le piante prima che sparisse il sole.
Zob fece capolino dalla porta portando tra le braccia un grosso sacco di terra: nel vedere Evan rimase sorpreso, ma tentò di non darlo a vedere. Anche Evan, notarono Zick e Elena, aveva avuto una reazione strana nel vederselo passare davanti.
Il resto della serata trascorse piacevolmente, finché non giunse l’ora di cena e tutti, mostri, Domatori e Rifugiatori, si riunirono al tavolo.
Ancora, Evan notò che Zick sembrava ignorare completamente i mostri che, seduti dal lato opposto al loro del tavolo, trangugiavano i loro pasti facendo un sacco di chiasso. Cercò Elena con lo sguardo, come a chiedere una muta domanda, ma lei scosse impercettibilmente la testa, come a dire “ne parliamo dopo”. Il ragazzo dai capelli arancioni non aggiunse altro, e continuò a mangiare.
« Allora, Evan… Chi è tuo padre? », domandò Zob, a capotavola, guardandolo sorridente.
Ad Evan andò di traverso l’acqua che stava bevendo, e Zick gli diede alcuni colpetti – forse un po’ troppo forti – sulla schiena, per aiutarlo a ricomporsi. Elena sospirò di sollievo, nel vedere che finalmente Zick si stava abituando alla presenza di Evan.
Anche se, al contempo, Elena sentiva che qualcosa riguardo a quel ragazzo lo disturbava, e sentiva il desiderio di parlarne da sola con lui.
« Lui è… un’entomologo forense. ». Questa volta fu a Greta che andò di traverso il cibo. Zob diede dei leggeri colpetti alla schiena della moglie e sorrise amabilmente, segno che non aveva alcuna intenzione di continuare il discorso. Evan sorrise di nascosto: era stato proprio suo nonno ad insegnargli che nessuno vuole mai sentire parlare di un entomologo forense.
Zick ascoltava interessato. « Che cos’è un entomologo forense?  », chiese Elena, incuriosita.
« L 'entomologia forense è una branca dell'entomologia che studia i cicli vitali di quegli insetti che, sviluppandosi sui resti umani in decomposizione, sono utilizzabili ai fini della determinazione della datazione e delle cause della morte. » spiegò Evan, ripetendo ad alta voce la definizione che fin da bambino aveva imparato a sbobinare per impressionare i suoi amici.
Elena storse il naso ma Zick sorrise, « Forte! », esclamò, colpito.
Evan guardò Zick sorpreso, ma non disse niente. Che la sua permanenza lì stesse influenzando il suo futuro?
Non potendo esternare i suoi dubbi a nessuno dei presenti a quel tavolo, il ragazzo tenne i suoi pensieri per sé, continuando a mangiare.
« E tua madre cosa fa, invece? » chiese Greta, tentando di deviare la conversazione verso argomenti più leggeri.
Evan sorrise: « Mia madre organizza dei corsi di Autodifesa per le donne. », dichiarò orgoglioso. Zob guardò il ragazzo incuriosito. « Perdona la domanda, Evan, ma chi dei tuoi genitori è un Domatore? ». Evan si irrigidì un po’, assieme a Zick, che guardava suo padre con un cipiglio nervoso in volto.
« Mio padre. », rispose, senza voler aggiungere altro. Ma Zob insistette ancora: « Ah, sì? E lo conosco? ».
« Non credo. », affermò Evan, arricciando il naso con nervosismo. Zick si sorprese ad osservare quell’espressione che tanto spesso si ripeteva sul volto di Elena. Lei però non se ne accorse, impegnata a giocherellare con i piselli verdi che aveva nel piatto.Evan a quel punto sbadigliò, e Greta lo guardò quasi con affetto: Zick sbuffò, annoiato.
« Elena, pensavo che tu ed Evan potreste fermarvi qui, intanto che i tuoi genitori sono fuori casa. » proferì sorridente la madre di Zick, tenendosi il mento tra indice e pollice.
Elena e Zick si guardarono un istante, poi entrambi guardarono Evan.
« Per te va bene, Evan? ». Gli chiese timidamente Elena, guardandolo.
Se gli stava bene? Poteva forse rifiutarsi? « Certo.  », rispose educatamente, rispondendo al sorriso.
Elena e Zick si sorrisero a vicenda, e la cena proseguì piacevolmente, discorrendo di altri argomenti.
 
***
 
Elena era un po’ nervosa: non dormiva a casa di Zick da quando entrambi avevano 13 anni. Era un’abitudine che avevano rapidamente perso durante il passaggio dalle medie alla scuola superiore.
Era andata a casa sua per racimolare dalla sua stanza alcune cose per la notte: ciabatte, spazzolino, dentifricio, spazzola, pigiama… pigiama molto pesante, perché quella notte si preannunciava molto più fredda del solito. Si armò nuovamente del suo giubbotto più pesante ed uscì, chiudendosi la porta di casa alle spalle per tornare a casa Barrymore, dove Zick e Evan – assieme ad un sistema di riscaldamento con i fiocchi – la aspettavano.
Fu Zick ad aprirle la porta: lei entrò ed Evan la aiutò a togliersi il giubbotto. Solo allora Elena si rese conto che Evan indossava il vecchio pigiama di Zick, quello con gli alieni; trattenne una risata senza dire niente, ma il ragazzo dai capelli blu la guardò furbamente, facendole l’occhiolino.
« Mia madre ha sistemato tre brandine in salotto. », le comunicò Zick, un po’ imbarazzato.
« Ah, bene. », rispose Elena, percependo il disagio dell’amico. Evan non disse niente, seguendoli in salotto. « Allora, è un problema se uso il bagno per primo? », domandò Evan, tornando a torcersi le mani in vita. Zick scosse la testa e il ragazzo sparì rapidamente su per le scale.
Zick non ricordava di avergli spiegato dove fosse il bagno, quando gli aveva dato il suo pigiama.
Ad ogni modo, non appena i passi del ragazzo sparirono al piano di sopra, Zick si lasciò cadere pesantemente su una brandina. Elena si sedette sulla brandina accanto alla sua, guardandolo.
« Non devi dirmi niente? » gli domandò la ragazza, in attesa. Zick la guardò con i suoi grandi occhi blu in silenzio, ed Elena non disse niente. « Sto bene. », mormorò Zick, coprendosi gli occhi con il braccio. « Ti comporti in modo strano. ». Affermò Elena, a bassa voce.
« Non ho niente! », ripeté lui, piano.
« D’accordo. », gli concesse la Rifugiatrice dagli occhi castani, prima di aggiungere: « Inizia a far freddino, qui. ». Zick si alzò dalla brandina. « Vado a controllare il termostato. », annunciò il ragazzo, alzandosi.  Elena gli prese la mano: « No, rimani con me. », protestò, imbronciandosi. Zick arrossì appena, ma tentò di non darlo a vedere: « Non avrai mica paura! », esclamò, incredulo.
Elena roteò gli occhi. « Paura io? E di cosa? », rispose, tirandogli un pizzicotto sul braccio.
Zick gemette di dolore e prese a massaggiarsi la pelle offesa: « Ho capito, mi arrendo! ».
« Bene, bravo. », si congratulò Elena, guardandosi le unghie delle mani con aria soddisfatta. Zick le fece la linguaccia e prese a farle il solletico sul collo. Nella sala esplosero le risate di Elena che nel tentativo di allontanare le mani abili del ragazzo cercava di abbassare il mento per rendergli difficile toccarle il collo. Zick allora le immobilizzò le mani e prese a farle il solletico sulla pancia: Elena aveva le lacrime agli occhi dalle lacrime. « E smettila, dai! », esclamò esausta, con il respiro affannato. Zick si allontanò da lei ridendo, tornando a sedersi sulla sua brandina e tenendo gli occhi fissi su di lei: aveva i capelli disordinati, le guance rosse e il petto che si alzava e si abbassa rapido per l’affanno dovuto alle troppe risate.
 Adesso anche Zick iniziava a sentir freddo: « E’ meglio che vada a controllare il termostato. », disse, alzandosi ancora dalla brandina.
Elena lo seguì in punta di piedi, tentando di non farsi sentire: il ragazzo ignaro proseguì fino alla cucina dove, senza accendere la luce, cercò a tentoni il termostato sul muro. Cogliendo l’occasione, Elena si lanciò contro la sua schiena, circondandogli la vita con le braccia e gridando « Buuu! ».
Zick sobbalzò nel sentire Elena attaccarsi alla sua schiena con forza con entrambe le braccia, ma non si spaventò.
 Rimase fermo un momento, poi posò le sue mani su quelle di lei, strette sulla sua pancia. Elena si ritrovò ad arrossire furiosamente e ad essere mentalmente grata per il fatto che la luce fosse spenta, così che Zick non potesse vedere il suo imbarazzo. Ma che le prendeva? Si sentiva così… bene. Zick si voltò lentamente e ricambiò l’abbraccio, posando un bacio leggero tra i capelli di Elena: lei si irrigidì, sorpresa. « Zick… », mormorò piano, alzando il viso verso il suo. Anche se era buio, intravedeva bene la linea ritta del suo naso, i suoi grandi occhi blu che la fissavano seriosi e un po’ tormentati. Senza che se ne rendesse conto, si sollevò in punta di piedi per avvicinarsi di più: oh, da quando era diventato così alto? « Elena… ».
Evan accese la luce della cucina in quel momento, sorprendendoli abbracciati e vicinissimi: i ragazzi si separarono come se si fossero scottati. Il ragazzo dai capelli arancioni pareva non essersi accorto di quello che aveva interrotto, e si sfregava le braccia con forza: « Come mai fa così freddo? », domandò, battendo i denti.
Zick parve ricordarsi solo in quel momento il motivo per cui si trovava in cucina, così si voltò verso il muro e regolò la temperatura del termostato: « Così dovrebbe andar bene. », disse, a testa bassa, allontanandosi da Elena senza dire una parola.
Lei, dal canto suo, non sembrava ancora aver realizzato del tutto quello che erano stati in procinto di fare. Che cosa diamine le prendeva?
« Ehm… va tutto bene?  », le chiese Evan, quando Zick lo oltrepassò ritornando in sala.
Elena si riscosse: « S-sì, certo. », balbettò, regalandogli un sorriso poco convinto.
Evan aggrottò la fronte ma non aggiunse altro, e quel giorno si domandò ancora una volta se le sue azioni in quel presente potessero in qualche modo influenzare il suo futuro.
Fu il turno di Elena di usare il bagno, e poi di Zick. La ragazza ci mise così tanto, che quando finalmente arrivò il turno di Zick lui era veramente stanco morto: chiudeva gli occhi e sotto le palpebre tornavano ad ossessionarlo le formule dei logaritmi di Matematica Avanzata.
Aveva decisamente bisogno di dormire.
 
***
 
Erano sdraiati tutti e tre sulle brandine in salotto: Zick, a giudicare dai suoi respiri costanti e profondi, stava dormendo. Elena era sveglia ad ascoltare il rumore delle gocce di pioggia che si infrangevano sui vetri delle finestre del salotto, incapace di dormire. Evan era sveglio ma non parlava, mentre cercava di metabolizzare tutto quello che gli era accaduto in quella stramba giornata. « Evan, sei sveglio? », sussurrò Elena, a bassa voce.
Il ragazzo dai capelli arancioni aprì gli occhi ma non si mosse per non far rumore. « Sì. »
« Fa tanto freddo. », sbuffò Elena, portandosi la coperta sopra gli occhi.
Evan sorrise, al buio. « Hai ragione. Credo che la caldaia sia di nuovo rotta. ».
« Di nuovo? », Elena spalancò gli occhi sorpresa, ma anche lei non si mosse, per evitare che la brandina scricchiolasse sotto il suo peso: « Zick non mi aveva detto che era rotta, prima. Avremmo potuto dormire da me, stanotte. ».
Evan si morse le labbra per non rivelare altre informazioni per sbaglio; eppure gli veniva così facile, parlare con Elena. Era così gentile.
« Dicevo tanto per dire, non so se è rotta. », borbottò il ragazzo, dandosi mentalmente dello stupido. Elena non si accorse di nulla, e quando un lampo illuminò la stanza fu costretta a trattenere un grido di paura nel vedere Bombo passare per il corridoio davanti al salotto, diretto in cucina. Anche Evan se ne accorse.
« Porca bomba. », sbottò la ragazza, di malumore. Si alzò dalla brandina e seguì il mostro in cucina. Evan drizzò le orecchie per sentire quello che succedeva di là, ma al lampo seguì un forte tuono che quasi fece tremare la casa. Elena tornò pochi istanti dopo a stendersi nella brandina: batteva i denti dal freddo più di prima. « Se n’è andato? », domandò Evan, in un sussurro.
Elena annuì, poi, rendendosi conto che il ragazzo non poteva vederla, al buio, rispose. « Sì. Bombo cercava uno spuntino di mezzanotte per ingannare il tempo durante il temporale. ».
Evan ascoltava con interesse: non aveva mai avuto il tempo di vivere a stretto contatto con i mostri, a casa sua. « Evan, dove abiti? », gli chiese Elena, voltandosi verso di lui mentre la sua brandina scricchiolava. Il ragazzo dai capelli arancioni si morse la lingua, pensando velocemente a cosa dire.
« In un quartiere molto simile a questo, ma più vecchio. ». Non era una bugia, lui non sapeva mentire. « Ah. »
Elena non sapeva cos’altro aggiungere. Non conosceva Evan abbastanza da intraprendere una conversazione degna di questo nome, ma non riusciva nemmeno a dormire. E poi, faceva così tanto freddo! Rimasero in silenzio per un po’, finchè Evan non si decise a domandare una cosa che gli era frullata nella testa per tutto il pomeriggio. « Ehi, Elena. », sibilò, tentando di attirare l’attenzione della ragazza. « Sì? », gli rispose lei, incuriosita. « Per quale motivo Zick ignora i mostri di quest’oasi? ». Elena sospirò profondamente, triste. « Lui non li ignora, Evan. Non li vede davvero. ».
Evan spalancò la bocca dalla sorpresa: « Come sarebbe a dire?  ».
« E’ successo tanto tempo fa. Per colpa mia. ». Elena non aggiunse altro, ed Evan sentendo il suo tono triste non ebbe cuore di chiedere ancora, nonostante dentro morisse dalla curiosità. Questa, era una cosa che non aveva mai saputo, né immaginato. E da un lato lo incuriosiva pure. C’erano delle cose che ignorava, nel passato di suo padre. Perché suo padre, nel futuro da cui lui proveniva, era un Domatore.
Qualche tempo dopo, la stanchezza lo chiamò e finalmente Evan riuscì ad addormentarsi.
Anche Elena era quasi addormentata, quando all’improvviso la sua attenzione fu attirata da alcune parole pronunciate a bassa voce: « Non è mai stata colpa tua. », dichiarò Zick in un sussurro, con gli occhi aperti sul buio che avvolgeva la stanza.
Elena aprì gli occhi assonnati, semi consapevole di ciò a cui si riferiva Zick. « Fa tanto freddo, Zick. », mormorò, richiudendo gli occhi. « Mi spiace, Ellie. Credo che la caldaia si sia rotta. », rispose lui, preoccupato per l’amica. « Zick… ».
 «  … Sì? »
« Posso stendermi accanto a te? »
Zick trattenne il respiro: « …vieni. », disse, portandosi all’estremità della brandina ed aprendo la coperta per lei. Elena si con gli occhi socchiusi e si stese accanto a lui, in quella brandina minuscola che prese a scricchiolare così forte che Zick temeva che avrebbe svegliato tutti gli abitanti della casa. La ragazza si sistemò contro il suo petto, col viso a pochi millimetri dal suo mento. Zick riposizionò la coperta in modo da lasciarle il volto scoperto e tentò di farsi piccolo piccolo, perché Elena stesse un po’ più comoda.
Lei, comunque, sembrava del tutto inconsapevole dello sforzo del ragazzo, perché dormiva beatamente con un sorriso dipinto sul volto, finalmente al caldo. 
   
 
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