Serie TV > The Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: Lelahel    20/07/2013    6 recensioni
Chicago, 1923
"La Leonessa"
È con questo nome che la giovanissima cantante April Ford è conosciuta nella città di Chicago.
"L'Ibrido"
È con questo nome che è conosciuto il temuto e potente vampiro Niklaus.
Due persone completamente diverse, nella loro natura e nella loro personalità, ma le cui vite saranno destinate a incrociarsi proprio in una notte di fine estate, nella città di Chicago.
Il fuoco e il ghiaccio davvero non hanno nulla in comune?
[Dalla storia]
"Possibile che dove la notte è più buia ci sia tu?"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katherine, Pierce, Klaus, Nuovo, personaggio, Rebekah, Mikaelson, Stefan, Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

http://www.youtube.com/watch?v=V0_6FoOIlSQ

-Capitolo 5:Cause nothing's good i can explain, i'm falling down and caught up the rain-

Cause i turn myself into changes

the night i kissed you goodbye

cause nothing's good i can explain

i'm falling down and caught up the rain

i turn myself into changes

Your death is over.

(Pretty in Scarlet by Guano Apes)

La distese sul letto con tutta la delicatezza che gli riuscì.

April era ancora svenuta, e la ferita sul collo continuava a sanguinarle, anche se non molto abbondantemente come poco prima. Sul volto aveva un'espressione serena malgrado tutto, di chi si era appena addormentato aspettando che il mattino successivo giungesse.

Klaus sospirò, portandosi le mani sui fianchi e osservandola distesa sul proprio letto. Poche cose gli furono chiare quella sera, e tutte quante gli bastarono per definirsi un'idiota: aveva perso il gioco con Stefan e si era fermato prima di uccidere quella ragazzina, nonostante non gliene dovesse importare nulla della sua vita.

Doveva ucciderla, così come si era ripromesso di fare poche ore prima ma, quando aveva avvertito il sapore del suo sangue bagnargli il palato, non era riuscito a portare a termine l'opera.

Perché?

Non doveva interessargli nulla di lei: non doveva assolutamente provare rimorsi di coscienza al solo pensiero di strapparle via la vita e invece si era fermato. Si odiò per questo.

Si grattò la fronte e prese in mano la borsetta che la ragazza portava con sé sottobraccio, la lasciò sul comodino e poi...non seppe come comportarsi.

Non aveva alcuna voglia di starsene lì tutta la notte, in attesa che lei riprendesse conoscenza, ma si ritrovò a non avere nemmeno la benché minima intenzione di lasciare la stanza.

Rebekah era ancora fuori, sicuramente con Stefan a godersi le loro preziose notti di sangue, quindi, se lui avesse lasciato quella stanza, si sarebbe ritrovato da solo in salone oppure sul balcone che affacciava sulla strada.

Tra quelle opzioni, trovò stranamente più sopportabile quella di vegliare su di April.

Come scusante usò il fatto che, una volta sveglia, lui avrebbe dovuto cancellarle la memoria su quello che era accaduto.

Prese una poltrona in stoffa rossa con i bordi dorati e la condusse accanto al letto; April non si mosse di una virgola, quasi poteva sembrare morta se non fosse stato per il fatto che lui riusciva ad avvertire il suo lieve respiro.

Si chiese se lei sapesse ciò che lui aveva scoperto assaporando il suo sangue.

Ma da come si comportava, dal sorriso che dispensava ogni volta che la vedeva, dubitò che lei ne fosse davvero a conoscenza. Era un'ottima attrice, ma non fino a quel punto.

E lui non glielo avrebbe detto; in fondo che gli importava? Erano fatti suoi.

Passarono le ore, in cui gli unici che si mossero furono loro: April si girò su un fianco, lamentandosi nel sonno, e lui andò a prendersi un bicchiere di liquore con cui voleva far correre il tempo più velocemente. Ma quello rimaneva fermo ed immutato ogni volta che il suo sguardo si posava sul volto di April.

Cosa lo aveva colpito così tanto di lei?

Sì, era molto bella ma non era di certo l'unica ragazza avvenente che avesse mai incontrato.

Aveva una gran bella voce, ma di certo il mondo era pieno di talenti, anche maggiori di lei.

E non era di certo l'unica ad essere in quella condizione.

Allora cosa?

La osservò, ripensò a come lo aveva guardato la prima volta che i loro sguardi si erano incrociati, e gli sembrò di scorgere di nuovo quella luce in essi. Quella che....

Si tirò lentamente indietro verso il sedile della poltrona, quando si accorse che lei stava iniziando a svegliarsi. Le palpebre le tremolarono, tirò le ginocchia a sé e si rannicchiò su sé stessa come un riccio. Si portò una mano ai capelli non più coperti dalla cuffia; in quel movimento la spalla premette sulla ferita ben fasciata e April si lasciò sfuggire un gemito di dolore.

Quando aprì gli occhi e li puntò su di lui, fu come se non lo avesse riconosciuto.

Klaus restò immobile, come farebbe una preda che cerca di fuggire al suo predatore.

E, in quell'occasione, i predatori erano gli occhi di April, che molto presto si sarebbero macchiati del colore ombrato della paura.

Il momento arrivò prima del previsto; la ragazza ricordò con estrema rapidità tutto quello che era accaduto qualche ora prima e scattò a sedere sul letto, strisciando indietro dalla parte opposta a quella del vampiro.

Klaus la osservò con assoluto disinteresse, aspettandosi la tipica scenetta in cui lei gli chiedeva che razza di abominio fosse e si metteva a gridare aiuto a squarciagola.

Solitamente la evitava quella parte, arrivando dritto a tappare la bocca della sua vittima con un bel morso letale alla base del collo. Ma lei gli aveva scombussolato la tabella di marcia. Di nuovo.

La scena andò diversamente da come l'aveva prevista.

April capitolò a gambe all'aria giù dal letto, con un assordante tonfo. Non si fermò a sostenere il dolore causato dalla caduta, tanto era spaventata, e non si accorse nemmeno che la risata di Klaus non era di disprezzo ma di puro divertimento.

Lei, tra le sue malcapitate vittime, era di certo la più divertente.

Tu...tu...” La ragazza scattò in piedi, puntandogli il dito contro e non riuscì a mettere in ordine due parole dotate di senso compiuto.

Ma non perché fosse a dir poco terrorizzata. Il vampiro capì che questo era dovuto puramente al suo malessere fisico, non appena vide che stava di nuovo per perdere i sensi e che il suo viso si era fatto troppo pallido.

Con uno scatto veloce, le fu di fronte e la sorresse prendendola per le spalle. Lei lo guardò; la paura nascosta nei suoi occhi era immensa ma non aveva la forza di poterla liberare, tanto era il dolore. Continuò a farfugliare qualche parola che persino lui non comprese.

Klaus fece salire le proprie mani al volto di lei, sorreggendolo con forza tra di esse prima che la testa le cadesse all'indietro.

Puntò gli occhi nei suoi, raggiunse i suoi ricordi e i suoi pensieri vincolandoli al suo volere.

Non ricorderai nulla di ciò che ti ho fatto questa sera.” Klaus pronunciò lentamente quelle parole, con voce incolore e lasciandosi osservare dagli occhi scuri di April. La luce insita in essi iniziò lentamente a cambiare; da spaventati, divennero improvvisamente svuotati di qualsiasi tipo di emozione e sensazione.

Quello sguardo era legato a quello del vampiro e ai pensieri che lui stava obbligandola ad avere.

Non ricorderò nulla di ciò che mi hai fatto.” ripeté la ragazza, persino la musicalità della sua voce sembrò affievolirsi mentre parlava.

Klaus venne preso da un insensato moto di colpa, che quasi gli impedì di proseguire con il soggiogamento; scosse la testa e in quella maniera riuscì a ritrovare il vero sé stesso.

Hanno cercato di derubarti e sei stata ferita, ma tutto si è risolto per il meglio. Io ti ho...aiutata.” continuò a mentire; aveva sempre pensato di saperlo fare davvero fin troppo bene, ma mentre guardava gli occhi di April ne ebbe la conferma.

Lei era ancora spenta, privo della vitalità che la caratterizzava.

La ragazza ripeté anche quelle frasi, ogni parola una pugnalata nel petto del vampiro.

Alla fine, quando ormai tutti i ricordi della ragazza erano stati sostituiti con quelli imposti da Klaus, lei sbatté le palpebre.

I suoi occhi scuri si animarono nuovamente di quella luminosità che era tipica di loro. Si guardarono attorno, scrutando ogni singolo centimetro dell'appartamento di lusso in cui si trovavano e poi si posarono sullo sguardo su Klaus. Quando accadde questo, quella luce cambiò di nuovo ma il ragazzo non seppe dire se in qualcosa di positivo o negativo. Forse nessuna delle due cose, in fondo non si conoscevano nemmeno.

Niklaus.” April pronunciò il suo nome.

Sorpresa?

Confusa?

Spaventata?

A Klaus parve davvero impossibile tradurre quell'espressione sul bel viso di lei.

Che ci faccio qui?”

Non ricordi? Sei stata aggredita.” Klaus preferì essere parecchio sintetico con lei; non aveva alcuna voglia di parlare. Anzi, desiderò con tutto sé stesso che la giovane lasciasse al più presto l'appartamento. Distolse lo sguardo da lei; April stava passandosi una mano tra i capelli spettinati, poi la portò sulla zona del collo dove Klaus vi aveva posto una benda fatta alla meglio.

Le sue dita vi corsero sopra e April si lasciò andare ad un lieve verso di dolore.

Sì, ora ricordo.” disse, annuendo.”E tu mi hai salvata.”

Quando alzò lo sguardo su di lui e le sue labbra rosse si allargarono in un sorriso, Klaus giurò di avvertire qualcosa all'altezza del petto. Qualcosa che lo rendeva felice, ma allo stesso tempo malinconico, perché lui non l'aveva salvata da nessuno.

L'unica persona che aveva salvato era se stesso.

Però, lasciarsi guardare in quel modo, come se non fosse un abominio ma qualcuno a cui si deve almeno un sorriso di ringraziamento, lo fece sentire bene.

Il tutto durò solo un secondo, il tempo necessario per permettergli di memorizzare quel sorriso e poi tornare in sé.

Lo avrebbe fatto chiunque.” disse, e quell'ennesima bugia lo ferì perché ne ricavò un altro sorriso da parte di April.

Lei si guardò poi attorno, affascinata dalla bellezza di quell'appartamento dalle pareti rosse e le decorazioni dorate, il suo sguardo si soffermò poi su un quadro sopra il camino della stanza dove vi era rappresentato un paesaggio innevato che le sembrò di poter toccare con mano.

Potrei quasi ripensarci su di te.”

Se ne uscì poi con quella frase, quando si accorse di essersi mostrata troppo meravigliata da quel quadro. “Non sei un imbecille come credevo. Qualcosa di cavalleresco forse ce l'hai.”

Quelle frasi lo fecero sorridere, malgrado racchiudessero un'offesa nella prima parte.

April non era elegante e raffinata come si mostrava sempre, da come aveva parlato era un po' maschiaccio, ma nella seconda parte della frase aveva mostrato di essere la tipica ragazza di vent'anni che ama, di nascosto, le favole con gli eroi.

Aveva imparato a vedere così tanto in una persona nel corso dei secoli, ma non se n'era mai accorto, forse perché non si era mai realmente soffermato ad andare oltre il sangue che scorreva loro nelle vene. E poi, lui era ben lontano da essere un cavaliere per lei.

Un grazie può anche bastare.” le disse, facendosi di nuovo freddo.

April restò colpita dal suo tono; lo seguì con lo sguardo mentre le dava le spalle e prendeva il bicchiere ripieno di liquore che aveva abbandonato sul comodino. Quel liquido ambrato era rimasto intrappolato nella sua prigione di vetro per troppo tempo e reclamò di essere liberato non appena Klaus ne ebbe bisogno.

Il vampiro sentiva gli occhi della ragazza su di sé, e si sforzò di fare finta di nulla.

Beh, allora...ti ringrazio.” April si mosse, Klaus lo capì dal rumore dei suoi passi che schiacciavano il tappeto persiano in mezzo alla stanza.

Questi poi si fermarono improvvisamente, il vampiro si voltò verso lei, giusto in tempo per vederla portarsi la mano alla fronte, come se la testa le stesse vorticando.

Vacillò; sarebbe caduta da un momento all'altro, ma Klaus si mosse rapido: abbandonò il bicchiere sul comodino, fece un passo verso lei, e le circondò il bacino con la braccia. April posò le mani sulle sue spalle, usandole come punto di sostegno e alzò gli occhi in direzione del viso di Klaus.

La vista le si offuscò, a causa forse della ferita ancora pulsante, perciò non riuscì subito a mettere a fuoco il viso marmoreo di Klaus, così tremendamente vicino.

Quando poi i suoi occhi scuri affondarono in quelli chiari di lui, la ragazza si sentì avvampare: i loro visi erano davvero troppo poco distanziati, tanto che alla ragazza sembrò di essere baciata dal respiro freddo e letale di lui.

Klaus non mostrò alcun tipo di disagio, continuò a sorreggerla a sé con decisione, impedendole così di accasciarsi a terra. “Forse è meglio....che ti accompagni.” le propose e lei divenne più rossa.

Ma era davvero così timida?

Non ci aveva mai fatto caso; era sempre così solare e logorroica delle volte, che la timidezza sembrava essere lontana anni luce dal suo essere. Forse anche lei cambiava in sua presenza?

Non ci penso nemmeno. Vado da sola.” ribatté lei, orgogliosamente. “Se mi salvi una volta, sono una principessa. Se mi salvi due volte, sono un'idiota.”

Che morale becera e priva di senso.” Klaus affilò lo sguardo, trovando in quelle parole una valida motivazione per sorridere. Ma si trattenne; la vicinanza tra i due si era oramai fatta soffocante. “Non fare storie e lascia che ti accompagni.”

April lo fissò a lungo, continuando a massaggiarsi la fronte. Alla fine annuì, vedendosi costretta ad accettare la proposta di Klaus.

Va bene. Ti ringrazio.” disse di nuovo e senza esitazione.

Quelle parole lo colpirono ancora: era impossibile che così poche lettere riuscissero ad entrargli dentro in quella maniera così profonda.

Pensò di prenderla in braccio e condurla fuori, ma gli sembrò essere troppo galante e sdolcinato come gesto; preferì dunque portarsi il braccio di lei alle spalle e aiutarla a raggiungere l'uscita della stanza. April tese il braccio verso il comodino dove aveva abbandonato la borsa, ma non si accorse che qualcosa cadde fuori da essa.

I due lasciarono così l'appartamento.

* * * * *

L'alba arrivò troppo presto.

April non riuscì nemmeno a prendere sonno, che già arrivò per lei il momento di alzarsi.

Cercò di mettere in ordine gli avvenimenti di quella notte, ma le risultò estremamente impossibile.

Le importò ben poco di scegliere il vestito adatto e optò per uno più semplice e leggero che non indossava da secoli, e guardò il proprio riflesso allo specchio.

Guardò i suoi occhi, e pensò a quelli di Klaus, così come lui le aveva detto di chiamarlo l'ennesima volta in cui lo chiamò con il suo nome per intero.

L'aveva portata a casa a piedi e lasciata davanti alla porta del suo appartamento; non le aveva nemmeno permesso di poterlo invitare ad entrare che era già scomparso nella notte, come un corvo che si mimetizza nell'oscurità più profonda.

Ma, a parte questo, pensava solo ai suoi occhi mentre la guardava.

Erano carichi di mistero. Si diceva che fossero lo specchio dell'anima ma in lui ne sembravano ritrarre di più, di anime.

O forse nessuna.

Era una sensazione difficile da descrivere.

Sei un rottame.” si disse, senza peli sulla lingua. Il suo riflesso la osservò indifferente.

Terminò di prepararsi, decidendo di lasciarsi i capelli sciolti sulle spalle per poter coprire la benda, e si diresse verso il locale di Gloria.

Mentre camminava lungo le strade affollate di Chicago, tenendo gli occhi puntati sui propri piedi , i quali proseguivano lungo il marciapiede, pensò a ciò che aveva programmato per quella giornata.

Dopo il lavoro, doveva vedersi con Christopher, ma non ne ebbe alcuna voglia. Si fermò di colpo e, senza accorgersene, batté infastidita un piede sul terreno. Due attempate signore la guardarono come se fosse pazza.

Dannazione, ma perché non riusciva proprio a toglierselo dalla testa?

Erano giorni che pensava a lui, anche quando l'aveva trattata malamente, ma non ne capiva proprio il motivo.

Cos'aveva di particolare quel tizio?

Decise di annullare ogni suo pensiero che si rivolgesse a lui e riprese a camminare. Doveva trattarsi del fatto che le aveva salvato la vita quella notte, per quello pensava continuamente a lui, ma non fu una scusa.

Anche prima di quell'avvenimento si era ritrovata più volte a pensare a lui.

Sciocca.

Senza nemmeno accorgersene, si ritrovò sul marciapiede opposto a quello dove era situato il locale di Gloria, e lo trovò circondato da uomini in divisa e giornalisti armati di enormi macchine fotografiche. Parcheggiato accanto alla strada vi era un enorme veicolo scuro, arrecante un simbolo a croce rossa sullo sportello. Riconobbe inoltre alcune delle sue colleghe disperse tra la folla, sconvolte e in lacrime.

Preoccupata, attraversò velocemente la strada rischiando di farsi investire da un'auto, e si fece largo tra la calca di persone che stavano circondando l'entrata.

Non riuscì ad andare oltre, poiché un omone della polizia allargò le braccia e impedì ai curiosi di proseguire oltre; lungo il tappeto rosso che apriva l'entrata corsero alcuni paramedici con una barella coperta da un telo bianco macchiato di sangue.

Quella scena rievocò nella mente di April ricordi ancora troppo nitidi per non poterle fare male; si portò una mano sulla bocca e scosse la testa incredula e spaventata. Cercò di cogliere tra la miriade di voci che la circondavano qualcosa che le spiegasse cos'era appena successo, ma quelle si accavallavano tra di loro e venivano poi trasportate via dal vento.

Decise di chiedere ad una delle persone che aveva vicino; posò la mano sulla spalla di un ragazzo poco più alto di lei per poter attirare la sua attenzione.

Scusatemi, sapete dirmi cos'è successo?” gli domandò, trattenendo il tremore nella propria voce.

Il ragazzo la guardò stupito; le sue spesse sopracciglia scure si ridussero a due semplici linee rette e le iridi verdi degli occhi la scrutarono con attenzione. Ci fu un attimo in cui le parve quasi che stesse trattenendosi dallo scoppiare a ridere, ma April pensò di sbagliarsi.

Cosa c'era da ridere mentre trasportavano via un cadavere?

Hanno ucciso una ragazza stanotte. Hanno trovato il cadavere dentro il locale questa mattina.” le rispose lui, con un espressione seria sul volto.

April lo trovò impossibile; il locale di Gloria era tranquillo e non era mai capitato nulla del genere. Lanciò un'occhiata verso i giornalisti, che cercavano di sfuggire al controllo dei poliziotti e dei detective per poter scattare la miglior foto da mettere in prima pagina. Li trovò simili agli sciacalli che volevano avventarsi un'ultima volta su quel cadavere.

È...terribile.” sussurrò, guardandosi attorno alla ricerca di un viso conosciuto. Il ragazzo, forse più piccolo di lei di qualche anno, continuava a guardarla come se trovasse impossibile la sua presenza là.

Sono Stefan Salvatore.” Le si presentò, tendendole elegantemente la mano, mentre l'altra rimase abbandonata dentro la tasca del suo completo scuro.

April ci mise un po' a comprendere ciò che le era appena stato rivolto; continuava a guardarsi attorno e a spostarsi ogni tanto, quando qualcuno cercava di uscire dalla folla.

Abbassò lo sguardo sulla mano di Stefan e la strinse velocemente. Lui le fece un rapidissimo baciamano.

April Ford.” rispose, e un brivido le corse lungo la schiena quando la presa di Stefan si fece leggermente più decisa. C'era qualcosa nei suoi occhi che la intimorì come mai nessuno aveva fatto prima.

Ritrasse subito l'arto.

E...si sa il nome di quella povera ragazza?” domandò, dopo essersi ripresa da quel momento di inquietudine.

Stefan annuì, tornando a guardare l'entrata del locale di Gloria. “Sì, ma non ne sono proprio sicuro. Sai, sono appena arrivato e potrei sbagliarmi...” ammise, alzando le spalle.

Ad April parve che al ragazzo importasse ben poco di ciò che stava accadendo attorno a lui ma associò subito quella sensazione ad uno sbaglio.

Chi era così insensibile da non curarsi della morte di una povera ragazza?

E di chi si tratta allora?” domandò preoccupata.

Stefan volse la testa nella sua direzione, tacque per qualche istante che sembrarono durare un'eternità poi sospirò.

Mi sembra si chiamasse...” disse, inizialmente pensieroso. “Violet. Violet Stiller.”

* * * * *

Sarebbe solo questo il motivo?”

Rebekah lo guardava come fosse diventato improvvisamente pazzo, cosa di cui lui stesso era ormai certo.

Restò seduto sul davanzale della finestra, con lo sguardo rivolto verso la strada dove quelle insignificanti formiche camminavano lungo i marciapiedi. Alcune persone sorridevano, altre parlavano tra loro, altri ancora proseguivano soli per la loro strada non curandosi del mondo che li circondava. Inspiegabilmente, si ritrovò ad immedesimarsi con loro, poiché anche lui proseguiva per la sua strada per troppi secoli.

Da solo.

Ma, prima o poi, la solitudine di quelle persone sarebbe terminata in un modo o nell'altro, attraverso l'incontro con la persona che li avrebbe accompagnati in quel cammino per un'intera vita.

Oppure incontrando la morte.

A lui, però, sembrava non essere concessa nessuna delle due cose.

Sì, Bekah. È solo questo il motivo.” rispose Klaus; distolse lo sguardo dalla strada sotto i suoi occhi e li posò sul taccuino da disegno che teneva tra le mani. Aveva disegnato ciò che gli era passato per la mente, senza organizzarsi o programmare nulla: aveva lasciato che la sua mano scorresse libera sul foglio, tratteggiando con la matita le linee di quella figura che sembrava ancora priva di forma.

Non era un volto, non era un paesaggio, era solo la parte di un soggetto che gli era rimasto talmente impresso, che il suo inconscio lo aveva spinto a ritrarlo.

Due occhi. Scuri, intensi, dolci.

Non era difficile riconoscere a chi appartenessero.

Rebekah sospirò, restando sulla soglia della porta con le mani sui fianchi e piegando la testa da un lato, le labbra scarlatte erano imbronciate, tipico segno che la ragazza non era soddisfatta da tale risposta. “Hai ucciso per molto meno.” gli ricordò.

Vuoi farmi la morale ora?”

Klaus si sentì oppresso da tutte quelle domande; bastava già quella vocina nella sua testa a dirgli che era innaturale per lui aver risparmiato la vita di quella ragazzina, più sua sorella che lo guardava come se fosse fuori di testa non gli era molto d'aiuto.

Pensavo ti stesse simpatica, la leonessa.”

Simpatica? Diciamo che non mi ispira così tanta antipatia da desiderare di ammazzarla non appena la vedo, ma reputarla simpatica è esagerato.”

Rebekah spalancò le braccia e Klaus sbuffò stancamente, tornando a guardare di nuovo il paesaggio oltre quel vetro. Quella volta puntò gli occhi verso il cielo velato di nuvole; era chiaro che di lì a poco sarebbe piovuto parecchio.

Nik, che ti sta succedendo? Non è da te perdere una sciocca sfida per degli stupidi rimorsi di coscienza!” esclamò ancora Rebekah.

Fece un passo verso il fratello per avere la sua completa attenzione.

Ma non la ottenne.

Klaus continuò a fissare il cielo, cogliendo le sfumature più scure all'orizzonte dove il temporale stava per avere inizio. Chiuse il taccuino di colpo, quando notò che lo sguardo della sorella si era abbassato sui fogli tra le sue mani. “Se proprio ci tieni, stasera vado a caccia e ne ammazzo un'altra, che ne dici?”

Non sei divertente. Non ti sarai preso una cotta per quella tipa spero?” lo interruppe Rebekah.

E lo fece sorridere.

Una cotta?

Trovò ridicolo ciò che lei gli stava dicendo; sentiva un legame con quella ragazza, qualcosa che si poteva spiegare dallo sguardo di April, ma ancora non sapeva ben definire di cosa si trattasse.

Ma di certo non aveva nulla a che fare con quello che Rebekah sosteneva.

Per lui esisteva solo un tipo di amore, quello che non sarebbe mai morto e che sarebbe andato ben oltre i limiti finiti della vita. Per questo sapeva che non ne avrebbe mai provato un altro nel corso della sua eterna vita. E quella April era, doveva, essere ben lontana da quel sentimento.

Una cotta?” ripeté, prima divertito, poi mostrandosi infastidito da come la sorella lo sottovalutasse. “Ma lo sai con chi stai parlando, o no?”

Rebekah non si lasciò intimidire dallo sguardo accusatorio del fratello, si strinse le braccia al petto e inarcò le sottili sopracciglia.

Sarà....” disse.

Decise di tagliare il discorso perché litigare con il fratello non era nelle sue intenzioni. Poco le interessava.

Farò finta di crederti.”

Klaus sbuffò e tornò a guardare fuori dalla finestra; delle volte sembrava che fosse lui il fratello minore e lei quella più grande che cercava di metterlo sulla retta via. Con la coda dell'occhio, la vide dargli le spalle e avvicinarsi alla soglia della porta. Si fermò di colpo, i suoi occhi chiari si erano posati su un punto vicino al comodino, si piegò e raccolse una specie di volantino.

Che cos'è?” domandò Klaus, allungando il collo per poter soddisfare la sua curiosità, ma senza muoversi dal punto in cui si trovava.

Rebekah si girò il foglietto tra le dita e fece spallucce. “Dev'essere tuo. È l'invito ad una mostra d'arte.” disse, posò il foglio sul comodino accanto al letto e se ne andò, non accorgendosi di come il fratello la stesse guardando confuso.

Quel volantino non era suo, ne era certo.

Lanciò il suo taccuino sul letto e si avvicinò a passo svelto verso il comodino. Osservò il foglietto sgualcito, dove le scritte scure sembravano essersi quasi sbiadite e si domandò da dove fosse uscito. Rammentò poi che in quel punto aveva posato la borsetta di April; doveva esserle caduto dall'interno quando lui l'aveva portata fuori dall'appartamento.

Lei amava l'arte. Un po' come lui.

Oppure qualcuno le aveva dato quel volantino e lei lo aveva accartocciato e gettato dentro la borsa poiché non gliene importava nulla. Le opzioni potevano essere molteplici e lui non avrebbe mai potuto scoprire quale fosse quella vera.

Strinse il pugno attorno al foglio e sentì il bisogno di fare solo una cosa.

* * * * *

Quando si diresse al locale di Gloria e lo trovò chiuso per lutto, non ne rimase sorpreso.

Ringraziò il cielo di non aver incontrato la strega sulla sua strada; non aveva voglia di avere grane anche con lei e sapeva quanto quella donna potesse essere vendicativa e antipatica.

Non seppe quindi come passare la serata: fare il terzo incomodo con Rebekah e Stefan, dopo aver perso la sfida con quest'ultimo poi, non gliene veniva proprio. Magari poteva scegliersi una bella e giovane ragazza di cui cibarsi e passare così la serata alla ricerca di una vittima abbastanza gratificante.

Prese quella decisione.

S'incamminò lungo il marciapiede vuoto. Sembrava che quella notte nessuno avesse preso la decisione di combattere il proibizionismo e divertirsi ed era tutta colpa di Stefan Salvatore.

La cosa lo fece sorridere.

Continuò a camminare, ascoltando i suoi passi che solitari si muovevano nel buio. Pensò quasi di doversi arrendere: non avrebbe incontrato anima viva lungo la strada e né tanto meno una ragazza da poter far fuori.

La serata sarebbe andata in fumo, come al solito.

Poi, lo sentì.

Quel profumo tipicamente femminile.

Era lontano, ma non abbastanza da poter sfuggire al suo olfatto. Klaus ne seguì la scia, sentendolo sempre più vicino ogni passo che compiva. Pian piano, quello divenne sempre più definibile: sapeva di fiori in primavera; era dolce e accattivante.

Irresistibile.

Riusciva a stimolare il suo appetito come non mai.

Sorrise soddisfatto dal pensiero di essere riuscito a trovare qualcuno da sacrificare alla sua noia.

Un respiro.

Era flebile, impercettibile all'orecchio umano e ogni tanto si arrestava per poi riprendere ad intervalli irregolari. Man mano che si faceva più vicino, svoltando un angolo e notando in lontananza quello che doveva essere un parco dove non era mai stato prima, si accorse che quel respiro era in realtà attraversato da brevi singhiozzi.

Ne sentì uno più forte, involontariamente sfuggito alle labbra di qualcuno che stava provando a trattenerlo a stento.

Klaus si fermò; gli sembrò di riconoscere il timbro di voce di quella persona, attraverso quel breve attimo.

Mise tutti i pezzi in ordine: quel profumo invitante e conosciuto, quella voce, il rumore di quelle lacrime che lo infastidivano....la figura che sedeva di spalle su una panchina, nascosta tra alcuni alberi.

April.

Malgrado ne vedesse solo i capelli e la schiena incurvata, capì che doveva trattarsi di lei.

E stava piangendo, con il volto nascosto tra le mani e le spalle nude che tremavano insieme ai singhiozzi.

Klaus la osservò restando nascosto nell'ombra, chiedendosi per quale motivo ella si trovasse da sola in un parco, dopo la paura che il ripper aveva fatto scoppiare nelle strade di Chicago.

E sopratutto per quale motivo stesse piangendo.

Lei alzò la testa di scatto e Klaus deglutì. Non si era nemmeno accorto di essersi avvicinato così velocemente a lei, tanto che la ragazza si era resa conto subito di non essere sola.

I due si guardarono per un lungo momento; malgrado li illuminasse un unico lampione, entrambi furono capaci di studiarsi i volti a vicenda.

Klaus scorse gli occhi lucidi di lei; le lacrime le avevano rovinato il trucco e questi era colato lungo le sue guance, lasciando delle scie scure lungo la pelle.

April ne provò immediatamente imbarazzo; le asciugò con il dorso della mano e si girò dall'altra parte. Klaus distolse lo sguardo, seccato da come sembrava aver perso persino il controllo dei propri movimenti.

Possibile che dove la notte è più buia ci sia tu?” gli domandò la ragazza, azzardando una risata molto poco spontanea.

Continuava a nascondere il viso alla vista di Klaus, tenendolo rivolto verso la parte opposta.

So nascondermi bene nell'oscurità.” ammise lui, sapendo che April non avrebbe mai potuto ben tradurre quell'espressione.

Vista anche la disperazione che sembrava possederla, era persino improbabile che ci provasse solo a capirla, quella frase.

Cos'è successo?” domandò poi il vampiro.

Stava per domandarle esplicitamente “perché piangi?” ma si fermò prima di poterlo fare, preferendo sostituire quelle parole con una domanda meno diretta.

Lei, allora, lo guardò, il volto ancora macchiato dalle lacrime che lo avevano investito e con l'imbarazzo che aveva abbandonato i suoi occhi. Quelli, come sempre, non riuscivano a contenere le emozioni della ragazza e le lasciarono libere di poter essere smascherate dallo sguardo di Klaus.

Perché t'interessa?” domandò allora la ragazza, leggermente più fredda e alzando lievemente le spalle.

Il ragazzo restò per qualche istante in silenzio, sapeva di non poter rispondere ad una domanda a cui non sapeva rispondersi nemmeno da solo.

Hai ragione.” disse solo, essendo sincero sia con lei che con sé stesso.

April sbatté le palpebre, sbalordita da come l'espressione sul viso di Klaus avesse assunto un'altra forma.

Non me ne importa.” concluse lui e fece per andarsene, lasciandola lì nel buio, come doveva essere.

Ma gli occhi di April lo stavano seguendo e lui, inevitabilmente, non poté che domandarsi cos'avrebbe visto in essi se si fosse voltato per incrociarli nuovamente.

Sono sola.”

I piedi di Klaus si fermarono al pronunciarsi di quelle parole.

April le aveva dette senza preoccuparsi di nascondere il tremore della voce. In esse, vi era tutta la sofferenza e la disperazione che la solitudine era capace di creare.

Lui lo sapeva benissimo; la solitudine era l'unico demone che lo spaventava e che sapeva di non poter combattere.

Guardò il volto della ragazza, i suoi occhi.

Ecco cosa l'aveva colpito così tanto di lei: il fatto che come lui sembrava non avere nessuno che le stesse accanto.

Come aveva fatto a non accorgersene?

Il mondo era pieno di persone sole, ma lui non ci aveva mai fatto caso, tanto era stato concentrato sulla sua, di solitudine. April era un chiaro emblema della solitudine, ecco spiegata la motivazione per cui si era così fissato con lei.

Lei continuava a piangere, come una bambina che aveva appena ammesso una colpa. Scosse la testa e tornò a guardare un punto davanti a sé.

Klaus si ritrovò a camminare verso di lei e in quei semplici movimenti le diede la spinta necessaria per farla continuare a parlare.

Avevo solo un'amica in questa città, solo una persona che tenesse a me...ed è morta.” continuò a dire la ragazza; Klaus si faceva man mano più vicino ad ogni parola che lei pronunciava.

Si fermò, quando fu poi alle sue spalle; April doveva parlare dell'ultima vittima di Stefan.

L'aveva vista stare con lei diverse volte nel corso di quelle serate.

Non...” Si bloccò, quasi non riconobbe il suono della propria voce mentre si accingeva a pronunciare quelle parole. “Non hai una famiglia con cui stare?”

April rise nervosamente, gli lanciò una lunga occhiata e un'altra lacrima le scorse lungo il viso. “Pensavo che qui tutti lo sapessero, visto che la gente non sa farsi gli affari suoi...” disse, portandosi una mano sulla fronte.

Un'altra cosa che sembravano avere in comune era la rabbia che nutrivano verso la gente in generale. April sembrava una ragazza che amava circondarsi di persone ma non perché le amasse, bensì perché non voleva restare sola. La solitudine la si poteva vivere anche tra mille persone, ma era meglio provarla nella voce della gente che in quella del proprio silenzio.

Klaus sospirò; non ebbe il coraggio di domandarle qualcosa riguardo la sua famiglia perché aveva paura che, così facendo, avrebbe riacceso dei ricordi riguardanti la sua. Le si sedette accanto, mantenendo comunque una debita distanza, e congiunse le mani tra loro, posandole poi sopra le ginocchia.

April provò un brivido correrle lungo la schiena, avendolo comunque più vicino di quanto credesse. Si strinse nelle spalle e sospirò. Un tuono in lontananza annunciò l'arrivo di un violento acquazzone, ma nonostante questo nessuno dei due si mosse dal punto in cui si trovavano.

Non hai genitori? Fratelli o sorelle? Proprio nessuno?” Klaus ruppe il silenzio, parlando con voce soffusa per non violarlo più del dovuto.

Volse lo sguardo verso April; lei sembrava stare deliberatamente evitando il suo.

I suoi occhi scuri fissarono un punto di fronte a sé, perso nell'oscurità che pervadeva quel piccolo parco.

I miei genitori sono morti quando ero molto piccola e sono cresciuta in una sottospecie di orfanotrofio....”

La ragazza ignorò la vocina dentro la sua testa che stava ricordandole che aveva accanto uno sconosciuto e iniziò a raccontare.

Le era capitato solo con pochissime persone di raccontare parte della sua vita; tutti gli altri non si erano affatto curati di domandarle della sua solitudine, e quindi, ascoltare le proprie parole pronunciare quella che non era mai stata una fiaba, le provocò uno strano senso di estraneità. Come se la voce narrante di quel racconto non fosse la sua, ma quella di una terza persona a lei completamente distaccata.

Klaus restò in silenzio, attendendo che continuasse.

Non gli era mai importato di sentire le storie di quegli umani, ma in quel caso non poté fare a meno di voler ascoltare: April sembrava così simile a lui per molti versi, che gli sembrava di riascoltare quasi sé stesso.

Il mio sogno è sempre stato quello di diventare una cantante, di non essere più sola e di non vivere più nella miseria.” April scosse la testa, quasi ritenesse sé stessa una stupida per aver sperato di inseguire quel sogno. “Violet è stata l'unica persona ad essermi amica da quando sono giunta qui. E ora l'hanno uccisa...”

La voce le si incrinò nuovamente e non ce la fece a trattenere le lacrime; le nascose affondando il viso nei palmi delle mani.

Klaus s'inumidì le labbra, seccato. Per un attimo si pentì di esserle andato in contro e di doversi sorbire quella tipica lagna da fanciulla umana, bisognosa di sicurezze e affetto.

Poi, pensò a sé stesso, e ricordò che il motivo per cui era lì era proprio perché la solitudine di April era la sua. Si spaventò di fronte a quel pensiero, allora era più vicino a quegli esseri di quanto credesse?

Senti, la gente viene ammazzata praticamente ogni giorno...e molte persone perdono degli affetti in questo modo. Ti basti pensare che il mondo è appena uscito da una guerra a dir poco catastrofica.” Klaus iniziò a parlare con freddezza, quasi volesse rimproverarla di quella sua debolezza. La sua voce però colpì April, tanto che la ragazza tirò su con il naso e volse gli occhi lucidi nella sua direzione.

La vita non è eterna, quindi gli affetti sono destinati a finire con essa. Ma questo non vuol dire che non ci sia opportunità di ricostruirseli. È vero, fa male perdere qualcuno a cui si vuole bene....ma nell'immensità c'è sempre qualcuno che ti ne vorrà. Ancora. Di nuovo.

Klaus concluse il discorso senza nemmeno accorgersene, e si sentì un tale idiota nell'averlo appena terminato a quella maniera.

Odiava i sentimentalismi umani, odiava quelle vane speranze in cui si nascondevano per poter combattere l'oscurità della vita, odiava quelle emozioni e quei sentimenti a cui si aggrappavano disperatamente per dare un senso alle loro vite empie e brevi.

Eppure era consapevole del desiderio di sentire quelle parole rivolte da qualcuno a lui. Solo a lui.

Dio, da quando gli importava di contare per qualcuno che non fosse solo Rebekah?

Ricordò poi che non erano i suoi soli pensieri a fargli compagnia e lanciò un'occhiata in direzione di April: lei lo stava guardando intensamente, quasi stesse cercando di cogliere un barlume di luce tra i suoi pensieri, tra le emozioni che aveva represso quasi un millennio prima pur di non lasciarsi possedere e indebolire da esse.

Ti...senti solo anche tu?” April parlò con titubanza, quasi avesse paura a smascherare la fragilità del vampiro.

Ma quella paura, quella che si era soliti provare davanti alla verità, colpì principalmente lui.

Sapeva di sentirsi solo, sapeva di esserlo, sapeva che lo sarebbe stato del tutto se avesse perduto Rebekah, ma era sempre stato così orgoglioso da negare quella realtà persino a sé stesso.

Guardò April, colei che avrebbe dovuto incolpare o probabilmente ringraziare per tutti i dubbi che erano insorti nella sua mente, e non seppe cosa dire.

Annuire o negare? No, tacere era ancora meglio.

Era più giusto che quella verità restasse muta per entrambi, sia per il suo animo che per la mente di April.

Pensa a ciò che ti ho detto.” le disse solo, freddo e rude come doveva sempre essere.

Si alzò lentamente in piedi, nel momento in cui sentì un tuono risuonare tra le nuvole scure nel cielo, segno che la pioggia era ormai imminente. “Ora devo andare.”

Non le volle dire nient'altro, né “ci vediamo” e né tanto meno un “stammi bene”; pensò fosse meglio per entrambi che non si vedessero mai più. Avrebbero dovuto portare avanti da soli le loro solitudini, senza ferirsi a vicenda come sarebbe successo.

April gli faceva ricordare quanto desiderasse essere apprezzato da qualcuno,ma Klaus, invece, era per lei il pericolo più grande che potesse esserle vicino.

Ma cosa gli importava?

Aspetta.”

Prima che si allontanasse nell'oscurità, prima di tornare alla sua di solitudine, la voce di April lo richiamò.

Voltandosi verso lei, la vide in piedi di fronte alla panchina, con le braccia strette al petto come per ripararsi dal gelo che era sceso insieme alle prime gocce di pioggia. Quella iniziò a scendere pian piano sempre più incessantemente, mentre i loro occhi continuavano ad osservarsi nel più totale silenzio.

Grazie.”

April pronunciò quella parola con un sorriso sulle labbra.

Lo stava ringraziando per aver unito la sua solitudine a quella di lei?

No, Klaus capì che il concetto era molto più semplice di quanto sembrasse : la ragazza lo stava ringraziando per esserle stato accanto, anche se per pochissimi secondi.

Klaus non ebbe il coraggio di rispondere con quella semplice parola con cui gli umani replicavano ad un ringraziamento e quindi si limitò a rispondere con un cenno della testa prima di allontanarsi.

Sentiva ancora gli occhi di lei osservarlo, cogliendo gli ultimi istanti della sua immagine, ma il vampiro decise di non farci caso.

Intanto, in compagnia della loro rinnovata solitudine, arrivò la pioggia battente.



Buonsalve a tutti, signore e signori! :3

Stranamente sono un po' soddisfatta di questo capitolo e mi piacciucchia. Spero che non sia una cosa puramente soggettiva e che anche qualcuno di voi abbia gradito! xD

Non ho molto da dire al riguardo: la situazione tra Klaus e April si sta lentamente evolvendo e il cambiamento a cui entrambi stanno facendo fronte sta diventando man mano più evidente.

Ma purtroppo il tutto è correlato al dramma della morte di Violet di cui, diciamocelo, Klaus è in parte responsabile....

Vi avviso, per la vostra gioia, che questo è il penultimo capitolo che pubblicherò.

No, non abbandonerò la storia , ma partirò per 15 giorni e quindi, dopo il prossimo capitolo, quello seguente verrà pubblicato nella seconda metà di Agosto.

Spero che comunque continuerete a seguirmi e che non mi abbandonerete.

Bene, ci tengo a ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia e coloro che recensiscono, spronandomi ad andare a avanti.

Grazie anche a chi ha inserito questa storia tra le preferite e le seguite.

Vi auguro di passare un bellissimo weekend e alla prossima!

Ciao a tutti, un bacione.



   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: Lelahel