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Autore: Prongs4    20/07/2013    4 recensioni
"Si dice che il sangue sia più denso dell'acqua. È quello che ci definisce, ci lega, ci maledice, per alcuni il sangue significa una vita di ricchezza e privilegi. Per altri una vita da servitù!" cit. “Dark Shadows”
Narcissa Black, una ragazza spensierata e a tratti frivola, entra brutalmente a contatto con quello che è il mondo reale, la realtà che la circonda. Sullo sfondo della prima guerra magica inizia la maturazione di un personaggio (per certi versi) travagliato dalle continue perdite che si susseguiranno: a partire dal suo rapporto con le sorelle, dalla fuga di Andromeda, dall'unione di Bellatrix ai Mangiamorte, cosa che la cambierà radicalmente, tutto questo affiancato dal suo viscerale amore per Lucius Malfoy.
{Personaggi: Narcissa, Andromeda, Bellatrix Black, Lucius Malfoy, Rodolphus e Rabastan Lestrange, Famiglia Black}
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Rodolphus Lestrange, Sorelle Black | Coppie: Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Ted/Andromeda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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"Si dice che il sangue sia più denso dell'acqua. È quello che ci definisce, ci lega, ci maledice, per alcuni il sangue significa una vita di ricchezza e privilegi. Per altri una vita da servitù!" cit. “Dark Shadows”

 

Prologo                                                                 

 

Nessuno di noi è mai, completamente, se stesso. Anche la persona più indipendente,   che non si fa condizionare dagli altri e pensa con la propria testa non potrà mai dire di non essere stata influenzata neanche una volta da fattori esterni: se non ci si impone sin dall’infanzia una ferrea strada da seguire, ma si accetta di vivere il corso degli eventi e di farsi idee analizzando la realtà, ogni secondo che si vive, ogni parola che si ode e si pronuncia, ogni scena a cui si assiste, ogni gesto che si compie, plasma la propria persona e ciò che col tempo si  diventerà; dunque ogni attimo vissuto, giorno dopo giorno, anno dopo anno, trasforma alcuni tratti caratteriali, facendo cambiare opinione, idee e istinti, fino a giungere a quella che è l’ultima forma, ultima poiché al processo di maturazione viene messo un freno dall’irreversibilità della morte.
Nel mondo delle grandi famiglie di purosangue, l’obiettivo di cui streghe e maghi si fanno onero è quello di allontanare i propri eredi da un eventuale discostamento d’opinione da quelli che sono  i principi da seguire, così da evitare un conseguente affermarsi di convinzioni personali e sbagliate. La personalità di ogni piccolo purosangue è quindi affinata, curata e modellata fin dai primi anni di vita, quando la mente è più fresca e recettiva, e anche e soprattutto facilmente malleabile. Si cerca dunque di controllare e condurre  direttamente il ragionamento che deve sfociare in una consapevole certezza della loro potente ed importante posizione.
Quindi sin da quando si percepisce in un bimbo il primo segno di raziocinio e comprensione, gli si spiega che fra i maghi solo coloro che hanno alle spalle celebri antenati sono degni di esercitare la magia, che deve essere sfruttata costantemente come potere. Le menti non hanno neanche il tempo di porsi domande disinteressate sul fatto che ciò sia giusto o meno e se e quando dovranno rifletterci su, giungeranno ad una sola, indiscussa, conclusione: le loro origini e il loro preziosissimo sangue, rappresentano effettivamente un motivo per essere considerati al di sopra di un qualunque mezzosangue o Sanguesporco.
Da molte generazioni quindi, tutti coloro dal sangue puro sono stati dell’idea che non poteva esistere onore più grande di far parte di quel mondo a cui, a parer loro, tutti desideravano appartenere. Altresì sono stati dunque disposti a mantenere qualunque legame li vincolasse, seppure in maniera asfissiante, a quella realtà che tanto vera non sembrava poi, fatta di pizzi, riverenze, apparenti buone maniere ed ipocrisia.
Coloro che non hanno accettato di condurre una vita con una maschera costantemente sul viso, e soprattutto il fatto che qualcuno abbia tentato di imporli come pensare e come trascorrere la loro esistenza, sono stati da sempre etichettati come traditori del loro sangue.
Privati dei benefici, dei privilegi e della dovizia dovuti ai loro cognomi, ma dotati tuttavia di qualcosa che coloro rimasti fedeli alla famiglia non avrebbero mai potuto ottenere interamente, se non affatto, ovvero la libertà. Libertà di pensiero, di frequentare persone a proprio piacimento, libertà di esprimere le proprie emozioni, da cui neppure loro, gli ‘inattaccabili, intoccabili e intaccabili’ erano esenti.
Ogni grande famiglia purosangue è stata svergognata dal tradimento di alcuni suoi membri e la stessa famiglia Black, che rappresentava la nobiltà magica per eccellenza, non aveva potuto evitare, nel corso dei secoli, di macchiarsi di quest’onta, recidendo tuttavia i rami secchi, con un gesto tanto simbolico quanto realmente significativo.
Nell’albero genealogico dei Black che si trova al numero dodici di Grimmuald Place, vi sono alcuni nomi, una volta accompagnati da immagini, oscurati da una bruciatura. Quella bruciatura, per quanto riguardava la famiglia e tutto il mondo magico purosangue, implicava una sola cosa: a causa del loro tradimento quei soggetti venivano considerati addirittura inesistenti.   

Pensandoci, Narcissa provava un brivido di paura ed angoscia. Era da tempo che sua sorella Andromeda si comportava in modo a dir poco strano, e lei temeva di perderla per sempre; temeva, come poi effettivamente sarebbe stato, di non vedere più nell’albero genealogico, fra lei e Bellatrix, il sorriso di Andromeda, ma una macchia annerita che si sarebbe dovuta imporre anche sul cuore di chi una volta le aveva voluto bene.
La secondogenita di Cygnus e Druella era al settimo anno e giravano voci molto poco lusinghiere su di lei tra i compagni Serpeverde: si pensava che frequentasse un ragazzo del suo anno, di Tassorosso, e purtroppo Cissy, quel tiepido pomeriggio d’autunno, ne aveva avuto una conferma quasi esplicita: sua sorella era innamorata di uno sporco, insignificante, nato babbano.
Nella sua testa si ripeteva questi tre aggettivi, e più se lo figurava più le sembrava impossibile quanto inammissibile che sua sorella, sangue del suo sangue, potesse mischiarsi con tale feccia.
Ma la verità era che dopo anni di  rassegnata sottomissione, l’apparentemente docile Andromeda, aveva iniziato a rivendicare la tanto agognata libertà.
Aveva conosciuto approfonditamente un suo compagno e aveva assaporato cosa volesse dire essere se stessi, apprezzati ed amati per come si è veramente.
Sebbene all’inizio Narcissa aborrisse al solo pensiero di ritenere veritiere quelle voci, da tempo ormai era consapevole di come stavano le cose e quel venerdì si era ritrovata ad affrontare apertamente lo spinoso ed al contempo delicato argomento ‘Ted Tonks’. Lei  e Andromeda ne avevano discusso. Anzi, parlandone, avevano finito col litigare. E di brutto anche. Avevano già avuto dei diverbi in passato, come tutte le sorelle,  ma era stato per delle sciocchezze: piccole critiche da parte di Andromeda per la occasionale ma eccessiva frivolezza della sorella o da parte di Narcissa per lo scarso grado di considerazione in cui Meda teneva a mente le parole della famiglia, non trattando abbastanza freddamente quelli ‘inferiori’ a lei.
Era iniziato tutto quando Narcissa, nella corrispondenza, peraltro scarsa, tra lei e la sorella Bellatrix, si era fatta sfuggire le chiacchiere che vedevano come protagonista Andromeda, scatenando così l’ira della sorella maggiore.
Non era un mistero che Bellatrix fosse particolarmente legata a Dromeda, l’unica da cui lei, sempre guardinga, sull’attacco e spesso crudele, si lasciava consigliare, riservandole, a lei come anche a Cissy, un trattamento a suo parere ‘magnanimo e privilegiato’. Inutile dire che oltre alla furia e al disgusto per il pensiero che sua sorella potesse aver a che fare con un nato babbano, Bellatrix sentiva la cosa come un tradimento personale nei suoi confronti. Andromeda infatti sapeva benissimo quale fosse la sua accanita ed intollerante posizione verso quegli ibridi e già solo questo sarebbe dovuto bastare per esiliare dalla sua mente un qualunque pensiero che non fosse di ribrezzo nei confronti degli indegni.
A quanto pareva poi, per non rischiare che la sorella si compromettesse ulteriormente, aveva affidato ad un aspirante mangiamorte, allo stesso anno di Andromeda, il compito di fare una visitina allo spasimante della Serpeverde, per minacciarlo. Una visitina con tanto di bacchetta e fatture, s’intende. Il ragazzo era finito in infermeria, e il brillante piano di Bellatrix per allontanarli, le si era rivoltato contro.
La reazione di Andromeda fu così violenta che palesò quasi del tutto lo stato delle cose, facendo infittire quelle che prima erano pure supposizioni, ma che iniziavano a trovare un fondo di verità.
Ed ecco che Narcissa, sconvolta e amareggiata, aveva detto ad Andromeda, senza tanti preamboli, che era soddisfatta dell’accaduto poiché aveva rappresentato la giusta punizione per entrambi.
Quando vide il viso della sorella, di solito piuttosto tranquillo e gentile, gonfiarsi per l’indignazione, per un millesimo di secondo si pentì delle sue parole, salvo ricredersi mentre incassava i suoi insulti altrettanto spietati.
Andromeda l’aveva ferita nel profondo, forse senza rendersene conto e senza dubbio involontariamente, e questo era stato ancora peggio, perché era segno che le aveva riversato addosso insulti non solo per farle del male, ma perché i pensieri le erano scivolati fuori dalla bocca sotto forma di parole senza che potesse frenarli  e lei ne era convinta davvero, probabilmente anche da molto tempo; le aveva detto che era solo una sciocca ragazzina, ignorante in fatto d’amore, che pensava che il suo sorriso superbo e i suoi bei boccoli biondi l’autorizzassero a giudicare tutto e tutti.
Le aveva urlato, con un fare saccente e di cruda superiorità di cui Bellatrix sarebbe stata molto fiera se rivolto a un qualunque Mezzosangue o Sanguesporco, che essere intelligenti volesse dire avere la capacità di pensare con la propria testa, non ripetere a pappagallo idee o pettegolezzi delle sciocche donne purosangue che lei prendeva ad esempio con tanta devozione e attenzione. Le aveva infine intimato, ad un tratto con un dolore insopportabile negli occhi, di restare fuori dalla sua vita e dalle sue scelte. Evidentemente era in qualche modo venuta a sapere dei racconti che Cissy aveva fatto a loro sorella, che avevano dato vita ad una serie di reazioni a catena.
Quando infine il volto della bruna aveva iniziato a calmarsi e sgonfiarsi, con il corpo tuttavia ancora tremante per la rabbia e la frustrazione, Narcissa, che l’aveva ascoltata in silenzio, (muta sorpresa in viso) le aveva rivolto il più gelido dei suoi sguardi, trafiggendola con i suoi occhi diventati duri come il ghiaccio e in fondo alla pupilla infuocati. Il suo viso era una perfetta antitesi. Gli occhi combattuti tra freddo disprezzo o ira a stento trattenuta, il naso fremente e le labbra rigide ben strette, in una smorfia di disapprovazione ed austerità.
Alla fine aveva sputato tra i denti un «Sarai accontentata», dopodiché era uscita dalla sala comune, facendo ticchettare più del solito il tacco basso delle sue scarpe verde smeraldo, naso all’aria ed espressione sdegnata.
Entrò in un’aula per avere un posto sicuro e un secondo di tempo per calmarsi e si conficcò le unghie nel palmo della mano, per trattenere le lacrime.
Ma nonostante i suoi innumerevoli sforzi, una lacrima riuscì a fuoriuscire dai suoi occhi socchiusi, per poi scendere lungo una guancia rosata arrivando quasi al collo, dove venne malamente scacciata con un gesto secco dalla mano di Narcissa, che vi lasciò un lievissimo graffio rossastro.

  
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