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Autore: niallsredcheeks    20/07/2013    3 recensioni
Ecco, adesso lo vedeva e non era cambiato: settantanove, il suo assassino.
Settantanove, come le insuficenze prese a scuola.
Settantanove, come le volte in cui sua madre le aveva detto che non era brava a nulla.
Settantanove, come le cicatrici che le segnavano il petto.
Settantanove, come i chili che non riusciva a perdere.
Settantanove, come gli anni di suo nonno quando morì.
Settantanove, il numero che la stava uccidendo.
Settantanove, il numero assassino.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Numero Assassino

 

 

In quel giorno di metà dicembre, il tempo non era dei migliori e così neanche il suo umore, che le era sceso all'incirca sotto i piedi. Inoltre, a completare quel quadretto di piena - per quanto le fosse possibile fare dell'ironia - allegria e felicità, il cane pestifero dei vicini non aveva smesso un attimo di abbaiare, costringendola ad accendere la radio, così da evitarle la rottura dei timpani e anche di altro.
Non le piaceva particolarmente lamentarsi ma, grazie a quella bestiaccia, stava decisamente arrivando al limite e ciò era strano, per due semplici motivi: non era il tipo di persona che perdeva la calma e poi, nonostante non lo dimostrasse, amava i cani ma, a quanto pareva, quella sottospecie di lucifero le stava dando del filo da torcere. Eppure doveva ingoiare il rospo o si sarebbe ritrovata a gridare come un'assatanata contro un cane, e farsi riconoscere dal vicinato come una squilibrata non rientrava proprio nei suoi piani.
Oh, ma chi voleva darla a bere?!
Il cane era solo una stupida scusa per essere arrabbiata ed era solo un "qualcosa" su cui esternare la sua collera repressa da tempo.
Ma perché era arrabbiata? Beh, per il semplice motivo che la stava uccidendo. Silenziosamente, ma lo stava facendo, e nessuno avrebbe potuto fare nulla per salvarla dall'oblio un cui stava cadendo. Sapeva che, una volta finita dentro, sarebbe stato difficile uscirne, a meno che non ne avesse avuto la forza. Ed era quello il punto: lei non era forte; lei era piccola, fragile e sensibile, proprio come un castello di carte. Un soffio improvviso e tutto sarebbe crollato, e sapeva che non avrebbe avuto più la forza di ricostruirsi di nuovo.
A passo strisciato si diresse in cucina dove, in un piccolo angolo buio - nascosto persino dalla luce del neon - , si trovava il suo silenzioso assassino che, paziente, la stava aspettando.
Lo stomaco prese a contorcersi - segno che l'ansia stava per arrivare - e, con passo tremolante, salì su quella piattaforma di metallo, fredda.
Ecco, stava arrivando. Il suo assassino si stava materializzando, pronto a darle una stilettata al cuore.
Ecco, adesso lo vedeva e non era cambiato: settantanove, il suo assassino.
Settantanove, come le insuficenze prese a scuola.
Settantanove, come le volte in cui sua madre le aveva detto che non era brava a nulla.
Settantanove, come le cicatrici che le segnavano il petto.
Settantanove, come i chili che non riusciva a perdere.
Settantanove, come gli anni di suo nonno quando morì.
Settantanove, il numero che la stava uccidendo.
Settantanove, il numero assassino.
Quando sentì l'auto dei suoi genitori parcheggiare nel vialetto di casa scrollò il capo, scese dalla bilancia e con uno scatto fulmineo corse alla porta, spalancandola.
“Finalmente siete arrivati. Ce ne avete messo di tempo!” borbottò stizzita, accennando un piccolo sorriso a suo padre che, con nonchalance, aveva fatto una smorfia verso sua moglie.
“Tutto bene, tesoro?” le chiese, sfilandosi la giacca e appendedola all'appendiabiti.
“Hai dei dubbi?” sorrise lei, mordendosi silenziosamente l'interno della guancia.
Che la farsa abbia inizio!

  
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