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Autore: SpencerReidFever    20/07/2013    0 recensioni
-La paura ci assedia come un’ombra minacciosa. È uno stile di vita. Ormai continua routine.
A scuola non educano, cercano di farci entrare in testa un paio di teoremi e regole grammaticali, lo sanno che quei pochi di noi rimasti a scuola diventeranno contadini o entreranno in guerra.-
Angela vive in Italia,in un paese distrutto dalla guerra tra due famiglie della "mala del brenta" un'associazione criminale. Angela troverà l'amore in questa guerra e quando le verrà portato via, decide di farsi forza e denunciare la malavita. Ma questo ha un prezzo.. in seguito a minacce di morte viene inserita in un programma protezione testimoni e portata in America.. ma molte sorprese la attendono.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo 1.

 

-Love is louder than war.-
 

È una tipica mattina di metà Gennaio, mi alzo verso le sette e vado a vestirmi in bagno, leggins di pelle nera, una maglia a maniche lunghe bordeaux con delle borchie dorate sulle spalle, mi trucco con matita nera, mascara e rossetto rosso, indosso scarpe col tacco nere tempestate di borchie dorate. Poi metto una catena al collo, bracciali ai polsi.
Vado in cucina dove c’è mia madre che mi ha preparato la colazione; latte e cereali, mio padre è già al lavoro.
Vado a lavarmi i denti e prendo la mia borsa, indosso il giubbotto di pelle ed esco.
Passo davanti a casa della mia amica Marina, è una ragazza alta con riccissimi capelli biondi e occhi verdi. È già fuori che mi aspetta, mi stampa un bacio sulla guancia per salutarmi.
“Buongiorno Angie!” mi saluta allegramente
“Buongiorno a te Mary!” la saluto con altrettanto entusiasmo.
Tiro fuori le sigarette e gliene offro una.. gliene devo un bastimento in realtà.
Arrivammo a scuola in anticipo, ci sediamo sul muretto all’entrata dove il nostro gruppo al completo ci aspetta: Michele, Tommy, Serena e Jacopo. Li saluto con un bacio sulla guancia, tranne Michele che lo bacio sulla bocca. Non so ancora cosa c’è tra di noi.
Michele e Tommy non sono più a scuola con noi. A sedici anni hanno lasciato gli studi per lavorare in un supermercato, in realtà,lo sanno tutti, è tutta una copertura, non ne parla nessuno, so bene in realtà qual è il compito di Michele. Spaccia. Mentre Tommy è quello che taglia la roba. Ma cerco di non pensarci.
Stiamo chiacchierando  un po’.
“Hanno sgamato Enrico” ci rivela Tommy  sputando per terra
“Chi?” domando preoccupata sperando di aver capito male.
“Oh tranquilla non il clan.. la polizia!” mi tranquillizzò Tommy.. in un certo senso. Almeno era ancora vivo. Enrico era come un fratello per me
ma era entrato nel clan sbagliato e aveva chiuso i rapporti con tutti noi.
Suonò la campanella, baciai Michele, salutai Tommy e entrai insieme a Jacopo, Serena e Mary.
Verso metà della terza ora udimmo dei colpi di pistola provenire dall’ingresso, Mary mi strinse la mano facendomi avvertire tutta la sua paura, la professoressa continuò la lezione, vidi Jacopo allungare il collo verso la finestra per vedere cosa fosse accaduto all’ingresso e poi sgranò gli occhi.
Mi spaventai a quella reazione “Jacopo.. che è successo?” chiesi, in realtà volevo solo sapere il nome della vittima. “Uno schifoso piedi piatti!” sibilò con un ghigno, sentii Marina rilassarsi .
A nessuno importava dei poliziotti, c’era una sorta di odio ingiustificato verso di loro .
Dopo altre tre ore uscimmo finalmente dalla scuola non facendo caso alla “Scena del crimine” sul cancello di ingresso.
Mentre tornavamo a casa ricevetti un messaggio da Michele
“Da me alle 16!” sorrisi “Ok” risposi semplicemente.
“Angie tu e Michele state insieme allora?” mi chiese Marina.
“Non stiamo assieme.. facciamo sesso! Non provo dei sentimenti per lui!” spiegai alzando le spalle.
“Vi vedrei bene!” aggiunse facendomi ridere.
Era solo attrazione fisica e a me stava bene così, ogni volta che facevamo sesso lui diceva di amarmi, non gli rispondevo mai.
Pranzai a casa con mia madre e mio padre che appena finito il suo piatto di pasta, mi stampò un bacio sulla fronte, uno sulle labbra di mia madre e tornò al lavoro.
Alle 16 mi presentai a casa di Michele , aveva quattro più di me e suo fratello (strano ma vero) è uno sbirro, mi aprì lui. Non lo avevo mai incontrato di persona Michele era alto con i capelli biondi e gli occhi azzurri, mentre il fratello era un po’ più basso con i capelli castani e gli occhi nocciola molto più dolci di quelli del fratello.
“Posso aiutarti?” mi chiese sorpreso di vedermi
“Cerco Michele!” dissi, lui mi fece entrare e chiamò il fratello a gran voce.
Quello  comparve dopo poco lasciandomi un umido bacio a fior di labbra davanti al fratello.
“Dunque lui è il mio fratellone Bruno.. lei invece è Angela!” ci presentò
“Beh piacere!” disse porgendomi la mano che strinsi energicamente.
La sua voce era familiare, ma non ricordavo dove l’avevo già sentita, in quale occasione.
Michele mi portò in camera sua cominciando a baciarmi freneticamente e mi tolse i vestiti io feci altrettanto con lui lasciando uscire dalla mia bocca qualche risata e gemito.
Circa mezz’ora dopo sono sul suo letto distesa.
“Piccola devo farmi una doccia se vuoi vatti a prendere qualcosa da bere in frigo, ti raggiungo in cucina!” mi disse prima di baciarmi.
Mi infilai i miei vestiti e poi andai a prendere una lattina di sprite dal frigo, ignorando Bruno col suo sguardo di disapprovazione che mi perforava le spalle.
Mi sedetti di fronte a lui sul tavolo della cucina guardandolo con aria di sfida.
“Sai per caso come va il lavoro di mio fratello?” mi chiese facendomi innervosire parecchio.
“Non so niente del suo lavoro!” risposi mentendo
“Andiamo..sei la sua ragazza e vuoi farmi credere di non saperne nulla? Con chi dovrebbe parlarne se non con te?” mi disse indagatore.
“Prima di tutto chi ti ha detto che sono la sua ragazza, me lo scopo quando mi gira.. tutto qui! E in secondo luogo non mi piacciono gli interrogatori!” sbottai perdendo la pazienza.
Gettai la lattina vuota nel cestino e presi la borsa decisa ad andarmene, mi infilai le scarpe mentre arrivava Michele.
“Piccola dove vai?” mi chiese
“A casa almeno io non vivo in un commissariato!”borbottai
“No tesoro! So che è un rompipalle ma ti prego rimani!” mi disse cominciando a baciarmi il collo.
“No dai Michele.. non voglio!” dissi cercando di togliermelo di dosso.
Per tutta risposta lui mi prese per i polsi e mi sbatté sulla  porta d’ingresso.
“Non mi importa di quello che vuoi!” ringhiò a denti stretti.
Non era la prima volta che era violento ma mi fece molta più paura del solito.
“Dai cazzo! Lasciami!” gridai nel panico.
“Che cazzo fai Michele sei impazzito?” gridò il fratello togliendomelo di dosso.
Cominciarono a gridarsi addosso e io non so neanche perché scoppiai a piangere e uscii di corsa da quella casa.
Volevo andarmene da questa città di merda!
D’un tratto sentii una porta sbattere, allungai il passo per paura che fosse Michele e che mi stesse inseguendo.
Ma non era Michele che gridava il mio nome, era la voce familiare a cui non riuscivo a dare un volto “Angela!” gridava Bruno in mezzo alla strada, mi fermai e mi asciugai le lacrime.
“Ehi mi dispiace per il suo comportamento e anche per il mio!” esclamò una volta che mi fu vicino col fiatone.
Mi sentivo uno schifo francamente. Bruno mi asciugò una lacrima che mi rigava la guancia e che non ero riuscita a trattenere. Mi sento strana il mio cuore batteva forte e il respiro diventò corto e affannato, chiusi gli occhi beandomi di quella carezza.
“Ti accompagno a casa!” mi sussurrò regalandomi un sorriso, lo seguii nel garage e mi porse un casco.
“In moto?” chiesi sorpresa.
“È  un problema?”mi chiese di rimando.
“No solo che.. non sei proprio il tipo da moto!” scherzai.
Lui ridacchiò e tolse il cavalletto della moto e la portò fuori.
Mi sistemai dietro di lui e strinsi la sua vita, mise in moto e partì portandomi a casa senza che gli dessi alcuna indicazione.
Non mi sorprese in realtà nel quartiere ero abbastanza  popolare.
Tolsi il casco e lo fece anche lui, dedussi che voleva parlare.
“Scusa ancora!” mi disse
“Conosco Michele.. so che perde la testa ogni tanto..” lo tranquillizzai
“Veramente parlavo di me!Mi dispiace per come mi sono comportato!” spiegò Bruno passandosi una mano sulla testa rasata.
“Ma che dici.. anzi dovrei ringraziarti per aver calmato Michele e avermi accompagnata a casa!” lo ringraziai
“Beh non è giusto che una ragazza della mia età debba andare in giro con la scorta per il proprio quartiere!”disse con un furbo sorriso citando le mie stesse parole di pochi anni prima, in un attimo mi fu tutto chiaro.
“Sei tu?” domandai con un filo di voce scioccata.
“Oh.. ti ricordi..” mi disse timidamente.
Il cuore accelerò i battiti mentre la mia  mente rivedeva quel salvataggio di tre anni prima. Sorrisi e poi mi tirai su la manica del giubbotto  scoprendo il polso sinistro mostrando la scritta araba tatuata.
“Significa Angelo oscuro l’ho fatto dopo il nostro incontro pensando a te.. anche se non sapevo chi tu fossi!” gli rivelai provocandogli un sorriso.
Nessuno sapeva il significato del mio tatuaggio. Gli occhi di Bruno si illuminarono, mi prese delicatamente  il polso per vedere meglio la scritta, poi mi guardò negli occhi senza perdere il suo sorriso, colsi l’occasione, volevo farlo. Posai le mie labbra sulle sue, inizialmente lui si irrigidì sorpreso dalla mia spigliatezza, ma poi si lasciò andare, mi prese il viso tra le mani, mentre sentivo i fuochi d’artificio ovunque nel mio corpo.
Ad un tratto la magia svanì e si staccò da me.
“Angie… noi non possiamo..” mi disse sospirando addolorato
“Perché no?” chiesi delusa
“Può essere pericoloso, ho sei anni in più di te, il posto dove viviamo non concederà mai che tu possa avere a che fare con me che sono un carabiniere!” mi rispose
“Bruno.. io sono maggiorenne!” dissi cercando di trattenere il dolore
“Può essere pericoloso..” ripeté ma nella sua voce capii che stava cedendo
“Non mi importa!” replicai avvicinandomi a lui
“Potresti soffrire..” continuò
“Non mi importa!” ripetei senza smettere di avanzare verso di lui.
“Noi non dovremmo.. dimmi di no!” chiese implorante ma non lo voleva davvero. Non risposi mi limitai a guardarlo intensamente.
“Sei sicura?” mi chiese ancora in un sussurro.
“Sì!” risposi decisa senza perdere il mio sorriso.
In un attimo la magia tornò, le sue labbra furono nuovamente sulle mie ricreando dei fuochi d’artificio in tutto il mio corpo, mi aggrappai al suo collo mentre lui mi stringeva i fianchi, aprii la bocca  permettendo alla sua lingua di accarezzare la mia. Sorrisi in quel bacio. Dopo qualche minuto ci staccammo per riprendere fiato, la felicità si impossessò del mio cuore.
Nei giorni seguenti io e Bruno continuammo a vederci di nascosto da Michele, era irascibile e non sapevamo come avrebbe potuto reagire.
Una settimana dopo invitai Bruno a casa quando mia madre uscì per andare a trovare la zia.
“Sai che non devi sentirti obbligata a fare niente che tu non voglia vero?” mi domandò una volta che fummo rimasti soli.
“Lo so.. sul serio.. mi farebbe piacere stare con te Bruno!” risposi con un sorriso malizioso.
Cominciò a baciarmi dapprima in modo lento poi più rapido e passionale facendomi distendere sul divano mentre mi accarezzava le cosce, gli tolsi la maglietta e lui fece lo stesso con la mia, mi tolse i leggins e io gli slacciai le braghe, cominciò a baciarmi dietro al collo facendomi eccitare sempre di più, ansimavo, gli tolsi le braghe.
“Sei sicura?” mi chiese affannato
“Mai stata più sicura!” gli soffia sulle labbra.
Mi sorrise e tornò a baciarmi strusciandosi su di me facendomi sentire l’affiorare insistente del suo desiderio, lo toccai attraverso i boxer facendolo gemere, lo accarezzai, ma lui dopo un po’ tolse la mia mano e cominciò a lasciarmi una scia umida di baci dal collo fino all’elastico degli slip.
Mi baciò l’ombelico e mi tolse le mutande ormai fradice, ansimai. Mi guardò malizioso e poi affondò il viso nella mia intimità strappandomi un gemito più forte degli altri e facendomi sgranare gli occhi.
Ad un tratto si staccò e cercò i suoi jeans  con lo sguardo.
“Prendo la pillola!” lo informai provocandogli un sorriso compiaciuto.
Mi baciò ancora, aprii le mie gambe facendogli intendere che volevo di più.
Scivolò dentro di me mentre mi teneva le cosce strappandomi un gemito.
Per la prima volta feci l’amore in vita mia e fu fantastico arrivammo all’apice insieme sentendomi sazia e soddisfatta d’amore. Mi chiedevo come facessi prima a vivere senza amore, senza Bruno, senza sapere che potevo essere felice amando.
L’amore di cui tanto si sente parlare, l’amore delle canzoni, l’amore delle farfalle, l’amore.. quell’amore che è più forte della guerra.
Dopo esserci coccolati un po’ ci rivestimmo e mangiammo uno spuntino.
“Devo andare!” disse verso le diciassette
“Nooo! Ti accompagno giù però!” gli dissi infilandomi le scarpe al volo.
Così feci, lo accompagnai alla sua moto parcheggiata davanti al mio condominio, ci baciammo a lungo per salutarci.
“Sono felice di averti ritrovata!” esclamò ad un millimetro dalle mie  labbra , sorrisi felice.
“Anche io!” mormorai stampandogli un ultimo bacio.
“Ma bene! Vedo che vi divertite molto assieme!” disse la voce di Michele accompagnata da alcuni suoi battiti di mano, guardammo verso di lui .
“Insomma fai tanto il moralista fratellone.. ma te la scopi eh?!” disse facendoci percepire la nota carica di rabbia nella sua voce.
Non mi piaceva la situazione che si stava creando fra i due fratelli.
“Michele lui non è come te!” esclamai.
“Zitta puttana!” gridò quello secco facendomi tremare.
“Ehi non parlarle così!” gridò più forte Bruno mettendosi davanti a me, gli stringo il braccio facendogli capire il mio allarme. Lui si girò verso di me.
“Shhh.. tranquilla!” sussurrò dolcemente Bruno accarezzandomi la guancia per poi stamparmi un bacio. Michele approfittò di quel suo momento di distrazione e tirò fuori la pistola facendomi sussultare.
“Bruno!” gridai per avvertirlo.
Lui non fece in tempo a voltarsi, uno sparo, un botto che lacerò l’aria, un botto come ne ho sentiti tanti.
Michele sparò. Sparò al fratello.
Bruno venne colpito al petto e cadde all’indietro, cominciai a piangere. Mi chinai, lo sorressi.
“Bruno ti prego guardami!” dissi tra i singhiozzi
“ Mi.. mi dispiace di non.. non essere riuscito a proteggerti!” sussurrò balbettando, prima di rovesciare gli occhi all’indietro e spirare.
Boccheggiai , per poi disperarmi:
“No no cazzo!!” gridai strappandomi i capelli e urlando mentre le lacrime non accennavano a smettere di uscire. Mi alzai di scatto, in quel momento arrivò mio padre di ritorno dal lavoro, Michele puntò la pistola verso di me e sparò ancora, chiusi gli occhi pronta a seguire Bruno, Michele non capiva che mi stava facendo un favore. Sentii il rumore dello sparo e un corpo che cade.. ma questo corpo non è il mio. Vidi mio padre a terra davanti a me privo di vita con un colpo in testa  e una pozza di sangue che si allargava sull’asfalto. Michele era sorpreso quanto me!
“Piove! Piove!” urlarono i passanti. Michele scappò. Scappò perché ha capito che una volante sta arrivando, quando c’è la guerra si inventano i linguaggi in codice.
Io caddi sulle ginocchia sotto choc. Guardai un punto fisso con le lacrime che continuavano a scendere inarrestabili.
 
La sera mi trovai in commissariato, mi sentivo un vegetale, mia madre  pianse, ma poi si tirò su, so cosa pensa: che deve essere forte per me.
Forte.  Prima forte significava non piegarsi alla guerra e ora.. ora significa avere la forza di chiudere gli occhi… di chiudere gli occhi e rivedere il corpo di Bruno che cade, il corpo di Bruno che mi guarda, mi parla, e il corpo di Bruno senza vita con un rivolo di sangue secco che gli esce da un angolo della bocca.
I carabinieri erano tutti incazzati, tutti tristi.. per aver perso un compagno.
Il commissario Solmi mi fece sedere di fronte a lui, mi chiese chi fosse stato.
 E io raccontai tutto. Ma proprio tutto! Raccontai della mala del Brenta, raccontai del supermercato, dello spaccio di Michele, della moto e degli affari loschi in cui quell’assassino, l’assassino della mia anima era imboscato.
“Potresti testimoniarlo in tribunale?” domandò il commissario
“Sì!” risposi secca con una punta di rabbia nella voce.
Il mio rancore era tanto.. volevo giustizia.. ne ero come affamata, una cosa mai provata.
Poi entrò un agente.
“Mi scusi commissario è arrivata una lettera per la ragazza dove c’era un biglietto e un proiettile calibro 9!” disse l’agente.
“La stessa pistola che ha ucciso le vittime!” disse il commissario.
Vittime. Vittima. Deriva dal latino victima e significa sacrificio. Si erano entrambi sacrificati per me, per farmi vivere.
“La prossima volta non sarai così fortunata!” lesse l’agente.
Scoppiai nuovamente  a piangere.
“È stata tutta colpa mia!” dissi tra i singhiozzi.
“No tesoro.. non è stata colpa tua!” mi disse mia madre stringendomi.
“Vorrei introdurvi in un programma di protezione testimoni!”  ci informò il commissario consegnandoci un  fascicolo rosso.
“Qui c’è la vostra nuova identità aprite pure!”aggiunse poi.
Mi morsi il labbro e aprii.
 
 
 

Ciao questo è il primo capitolo e finalmente la storia comincia a prendere forma, spero che vi piaccia, mi lasciate una recensione? Baci SpencerReidFever

 

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