CAPITOLO
4
Davanti alla porta di vecchio legno tarlato e vetro
opaco, stette almeno tre minuti a pensare se avesse fatto bene ad entrare oppure
no. Non sapeva il motivo di tutta quella indecisione, fatto stava che la sua
mano era appoggiata al pomello senza avere intenzione di spingerlo in
avanti.
Alla fine prese un profondo respiro e lo fece. Di nuovo,
lo scampanellio si diffuse per tutta l’angusta libreria e, tra due file di
scaffali, comparvero gli occhiali color lilla.
“Buongiorno!”,
esclamò la ragazza e poi, dopo qualche secondo, “Tu sei il ragazzo di
ieri.”
“Sì, sono io.”, fece Georg, togliendosi gli occhiali da
sole.
Lei gli sorrise e gli fece cenno che poteva dirle cosa
desiderava.
“Ehm… il libro… quello che ho riconsegnato.”, prese a
balbettare.
“Sì?”, fece lei, disse lei,
avvicinandosi.
“Ce lo ha ancora?”, chiese.
“No. Lo
abbiamo venduto.”, disse la ragazza, aggiustandosi gli occhiali sul
naso.
Georg rimase qualche secondo in silenzio, aspettandosi che
lei gli dicesse che stava scherzando.
“No, non sto scherzando. Lo
abbiamo venduto sul serio.”, disse poi ridendo, come se gli avesse letto la
mente.
“Ah…”, fece Georg, mascherando la sua
delusione.
“Per un attimo ci siamo anche spaventati, quando non lo
abbiamo trovato in negozio, l’altro ieri.”, proseguì lei, tornando tra gli
scaffali per riprendere il suo lavoro, “Avevamo in programma questa vendita da
diverso tempo ormai…”
Mentre parlava, prendeva i libri, se li
rigirava tra le mani, li esaminava attentamente, li catalogava su un grosso
quaderno appoggiato su uno sgabello e poi li riponeva tra gli
scaffali.
“Mi dispiace aver causato tutti questi danni, io non mi
ero neanche lontanamente immaginato che…”, prese a dire Georg, accortosi della
gravità della sua azione, ma poi lei lo interruppe.
“Oh no! Si
figuri! E’ stata tutta colpa di mio nonno. Sa, è un po’ arteriosclerotico e,
quando lo ha prestato a lei, non si è ricordato che lo stavamo per vendere. Poi,
ovviamente, si è anche completamente dimenticato di lei. Quando mi ha
riconsegnato il libro, glielo dico sinceramente, mi ha fatto resuscitare!”, gli
rivelò lei.
“Ah!”, esclamò Georg, ridendo.
“Ancora
non riusciamo a fargli capire che non ha più l’età per lavorare… io sono qua
dentro da un anno, per aiutarlo, e a volte penso di impazzire! Sposta i libri,
dimentica tutto, mi fa perdere la pazienza!”, disse lei, ridendo, mentre
annotava sul suo quaderno, “Comunque, a parte questo… desidera
qualcos’altro?”
“Beh… mi sarebbe molto piaciuto continuare la
lettura di quel libro.”
La ragazza posò la sua penna e lo guardò
un po’ straniata.
“Dice sul serio?”, gli
chiese.
“Sì… a parte tutto, si è rivelato essere un bel libro.”,
fece, sentendosi piccino come una mosca per l’imbarazzo.
“Beh, mi
dispiace, come le ho detto non è più in nostro possesso e quella era l’unica
copia che avevamo. Ma se vuole abbiamo altri capolavori della narrativa
fantastica da leggere.”, disse lei.
“Ho capito… va bene, come non
detto.”
“Mi dispiace… Quella era una particolare edizione, per
appassionati di collezionismo. Valeva anche molto.”, gli spiegò lei, “Ho la
possibilità di farle avere un’altra copia, ma sicuramente nel giro di mezz’ora,
se va in un’altra libreria, lo troverà anche in edizione
economica.”
“Va bene… allora arrivederci.”, le
disse.
“E’ stato un piacere rivederla.”, disse la ragazza,
porgendogli la mano e sorridendogli.
Nessun segno di
riconoscimento sulla sua faccia. Proprio non aveva capito chi era. Meglio così,
gliene importava il giusto. Dette una sistemata al suo codino, inforcò di nuovo
gli occhiali da sole ed andò verso l’uscita.
L’altra volta gli era
rimasta più antipatica, ora era stata più professionale e gentile con lui.
Sempre nel suo maglioncino giallo a bottoni e in una gonna grigia che le
arrivava al ginocchio, continuava a personificare il prototipo della
bibliotecaria brutta.
“Non è poi così male.”, sentì dire dalla
ragazza.
Con la mano appoggiata alla maniglia, si voltò e le
chiese cosa avesse detto. Lei, in mezzo al corridoio, se ne stava con le mani
congiunte.
“Intendevo… il vostro nuovo album. Non fa tanto schifo,
a me piace molto. Forse, come dicono le recensioni, non è molto originale
rispetto agli altri, ma è sempre bello.”, disse, aggiustandogli nervosamente gli
occhiali da vista.
“Ah… pensavo che non mi avessi riconosciuto.”,
disse Georg, sorpreso.
“Beh… sono cieca come una talpa, ma quando
voglio ci vedo più che bene!”, fece lei, ridendo, “Mi dispiace che la stampa vi
dia tanto contro.”
“Cosa ci vuoi fare, ce la dobbiamo sorbire e
basta.”, le rispose.
Lei gli sorrise di nuovo, gli fece cenno con
la mano e se ne tornò tra gli scaffali.
“Quando potrò tornare per
il libro?”, le chiese.
Fu lei quella volta a chiedere di poter
ripetere, affacciandosi di nuovo nel corridoio.
“Il libro… torno
la prossima settimana?”, si specificò meglio.
“Anche dopo
domani!”, fece lei, ridendo.
Quando entrò dentro la sala relax, trovò David seduto
sul divano, che si massaggiava le tempie. Brutto
segno.
“Buongiorno…”, gli domandò, “Cosa c’è?”
“No,
niente, solo un problema da risolvere.”, rispose lui.
“Che genere
di problema? Grave o no?”
“Dai, Georg, è tutto a posto,
tranquillo.”, cercò di rassicurarlo David, ma non fu
efficace.
“Sembra che tu non abbia dormito da un mese. Cosa c’è?”,
gli fece, risoluto.
“Due date in Spagna su quattro sono saltate. Non abbiamo
venduto abbastanza biglietti.”, gli rivelò.
Ecco qual era la
questione…
“Avevamo stabilito una soglia al di sotto della quale
il concerto non si sarebbe tenuto e… è risultata essere un po’ troppo alta.”,
specificò David.
“E… e adesso?”, fece Georg, mentre si toglieva
annoiato la giacca e la sciarpa. Quella notizia proprio non ci
voleva.
“Che cosa adesso? Quale soglia?”, esclamò Gustav, entrando
sorridente nella sala relax.
“Alcune date spagnole sono saltate
perchè non abbiamo venduto i biglietti che ci aspettavamo.”, gli spiegò Georg,
facendo decadere il sorriso che aveva sulla sua faccia.
“Davvero?
Ma siete sicuri?”, chiese Gustav, grattandosi la testa, con il giubbotto tra le
mani, “Ma… abbiamo sempre fatto il sold out in
Spagna.”
“Evidentemente adesso non più.”, disse
Georg.
“Non capisco cosa abbiamo fatto di sbagliato questa
volta.”, fece Gustav, “Non mi sembra che l’album faccia così schifo! Per me era
ottimo come tutti gli altri!”
“Forse siamo passati di moda,
Gustav.”, disse Georg, “Forse non abbiamo tenuto conto che un cambio di stile
poteva farci più che bene…”
“Appena lo sapranno gli altri due… non
voglio nemmeno immaginarmelo…”, disse Gustav amaramente.
Ed
infatti, quando Bill e Tom arrivarono e lo seppero, non la presero tanto bene.
Tom se la rifece inaspettatamente col fratello, accusandolo di essere il
problema fondamentale del gruppo.
“Le tue canzoni fanno schifo
Bill, sono sempre tutte uguali!”, gli diceva.
“Guarda che le
scriviamo tutti assieme!”, gli rispondeva l’altro, giustamente perchè la sua
affermazione era più che veritiera.
“Sì, ma mentre noi altri
eravamo più propensi a buttarci verso melodie più rock… tu sei voluto rimanere
nelle solite canzoncine!”, contrattaccò Tom.
“Non è vero, non sono
stato io, è stata una decisione presa da tutti! Quindi è colpa di tutti noi se
questo album fa schifo e non vende! Non prendertela con me solo perchè abbiamo
già litigato una volta stamani!”, lo zittì Bill.
“Tom, tuo
fratello ha ragione.”, provò a dire Gustav, “E’ il gruppo che compone le
canzoni… non lui e basta. E’ colpa di tutti noi se stiamo andando
male.”
“Sì, Tom, è così…”, annuì Georg.
Era quella
la verità.
“Abbiamo perso un pochino il nostro smalto. Vorrà dire
che ci impegneremo di più la prossima volta.”, fece Gustav, anche lui
naturalmente ottimista.
“Se ci sarà una prossima volta!”, esclamò
Tom, “Se l’album va così male, la casa discografica ci straccia il contratto in
mano e ci troveremo col culo per terra!”
“Guarda che non abbiamo
mica venduto tre copie, adesso siamo al terzo posto qua in Germania! Vorrà dire
qualcosa!”, disse Bill, “E anche nelle altre nazioni… non dico che siamo al
primo, ma quasi!”
“Io non sono così ottimista come voi. Anzi, la
vedo piuttosto brutta. Se in Spagna abbiamo dovuto cancellare tre date su
quattro, secondo me si scatenerà una specie di effetto a catena… e non saranno
le uniche date a saltare.”, fece Tom, esponendo chiaramente il suo pessimistico
punto di vista.
“Vedremo col tempo, adesso non possiamo pensarci.
Dobbiamo provare.”, disse Georg, guardando il suo orologio.
Mentre
suonavano, pensava a cosa sarebbe potuto davvero succedere… Tom poteva averci
visto bene: se si fosse veramente avviato il domino, era probabile che anche
nelle altre nazioni sarebbero state cancellate alcune date. Per non parlare di
quello che stava per raccontare la stampa, appena lo avesse saputo! Sicuramente
nei prossimi periodici già si sarebbe parlato della disfatta totale dei Tokio
Hotel!
C’era da impegnarsi, da buttare fuori il sudore. Potevano
fare poco, tranne che rimboccarsi le maniche, studiare per bene le canzoni e
puntare tutto sui concerti. L’album non era abbastanza rock? Allora lo sarebbero
stati on stage, sul palco. La pubblicità non era stata efficace a fare vendere
il loro prodotto? Ci avrebbero pensato loro dal vivo.
Di solito,
succedeva sempre che dopo il tour c’era un lieve incremento delle vendite.
Secondo lui quella era la strategia giusta per rimettersi in carreggiata. E
dovevano finirla di litigare, di prendersi a brutte parole e di accusarsi a
vicenda. Quel difficile momento li stava mettendo alla prova e loro non dovevano
fallire, assolutamente.
Mentre stavano provando ‘Wir sterben
niemals aus’, David entrò dentro alla sala prove,
interrompendoli.
“Brutte notizie?”, fece Bill, posando il
microfono sulle gambe.
“No, fortunatamente ne ho una buona. Sono
riuscito a contrattare con la redazione di Viva per farvi fare un’esibizione
unplugged… tanto per vedere se riusciamo a tirare su un po’ l’audience
dell’album… L’abbiamo fissata per la prossima settimana, esattamente per
venerdì.”, disse David, sperando di far loro cosa
gradita.
“Beh… oggi è mercoledì… c’è un po’ troppo
poco tempo… non ce la faremo mai a prepararci.”, fece Tom, dopo un rapido
calcolo mentale.
“Vorrà dire che ci chiuderemo qui dentro e ci
faremo un culo così.”, disse Gustav, contento dell’opportunità che era stata
loro data.
“Sì, ma io ho una vita privata al di fuori di qua!”,
sbottò Tom, poco gentilmente.
“Però sei il primo a sparare a zero
su di noi, ad accusarci di essere la rovina del gruppo!”, lo riprese Bill,
esasperato al massimo dall’atteggiamento inconcludente ma critico del
fratello.
“Ragazzi! Ragazzi!”, esclamò Georg, prendendo le redini
della situazione, “Basta litigare. Ora lavorare. Cerchiamo di non strozzarci con
le nostre stesse mani.”
Deciso e sicuro, riuscì a ristabilire la
calma e ben presto finirono le canzoni da provare. Nel pomeriggio, si
ritrovarono di nuovo chiusi nello studio, così come il giorno successivo. Non
mancarono momenti di tensione, provare per tre ore consecutive la mattina e per
quattro nel pomeriggio avrebbe sfiancato anche il più stacanovista dei
musicisti. Ma era bene non farsi scappare quell’occasione, quell’esibizione live
in unplugged poteva segnare, anche se durava solo 45 minuti, l’inizio della
fine… oppure la fine della sfiga.
***
Si
rigirava il cellulare in mano, cercando di capire se era una buona idea
richiamare Helen oppure no. Non la sentiva da quando avevano litigato, anzi, da
quando l’aveva aggredita verbalmente, due giorni prima.
Lei non
aveva chiamato, forse ancora era arrabbiata. O forse lo aveva mandato
letteralmente a quel paese. Era meglio accertarsene.
“Mi fanno
male le mani…”, si lamentò Gustav, mentre se le scaldava aprendo e chiudendole
continuamente.
“Dai, non fare il bambino.”, gli fece Tom, “Anche
noi siamo stanchi.”
“Voglio andare a casa… sono disfatto.”,
riprese Bill, “Che ne dite se stasera stendiamo qui e riprendiamo domani…
Abbiamo gia fatto due ore di prove, può anche bastare.”
“No,
dobbiamo fare di più. Faccio questa chiamata e poi ripartiamo.”, fece Georg,
prima di mettersi il telefono all’orecchio ed allontanarsi un po’ dai
tre.
Attese per qualche secondo, poi Helen
rispose.
“Ehm… ciao…”, le fece, non sapendo come
esordire.
“Ciao… che vuoi.”, rispose lei,
secca.
“Volevo solo… insomma, mi volevo
scusare.”
“Mh… e poi?”
“Beh… scusami, ho
fatto una cazzata. Non ti dovevo aggredire in quel modo, ero solo molto nervoso
e… ho perso il controllo, scusami ancora.”
“Senti, adesso ho da
fare… ti chiamo io più tardi. Ciao.”, fece lei, chiudendo ermeticamente la
chiamata.
In quel momento prese una decisione: se lo richiamava,
va bene, tutto a posto. Se non lo richiamava, tante grazie. Ad essere sincero
non era poi così tanto pentito di averla trattata in quel modo… ma con lei, in
fin dei conti, ci stava bene.
Chiuse il telefono e richiamò gli
altri al lavoro.
Si
rallegrò nel vedere un piccolo fascio di flebile luce oltrepassare il vetro
opaco della porta della libreria. Erano le sei, le prove erano finite circa una
mezz’ora prima e la punta delle dita della mano destra gli facevano un male
cane. Entrò dentro, rallegrandosi del caldo che trasmetteva quell’atmosfera un
po’ cupa e legnosa del locale.
La poltrona si girò si se stessa
ed il vecchietto, con un libro sulle gambe, prese a scrutarlo da capo a piedi.
Georg si bloccò, come se fosse stato pietrificato dallo sguardo della medusa.
L’ometto, reggendosi la pipa, che emetteva sbuffi di fumo, per un attimo sembrò
non ricordarsi di lui…
“Tu sei quello che entrò l’altro giorno…
quando pioveva.”, fece, alternando parole a fumo.
“Sì… sono io.”,
disse Georg piano, avendo quasi paura.
“Mh…”, fece l’altro, “E
cosa sei venuto a fare?”
“A comprare un libro.”, fece, come un
sussurro.
“Cosa?”, esclamò il vecchietto, evidentemente un po’
sordo.
“A comprare un libro, signore.”, disse Georg, aumentando il
volume della voce.
“Pensavo fossi tornato a rubare!”, disse
l’ometto, rimettendosi in bocca la pipa e rivoltando la
poltrona.
Cazzo… altro che vecchio rimbambito come diceva la
nipote.
“Nonno! C’è qualcuno?”, sentì dire proprio dalla ragazza,
che doveva essere da qualche parte nello studio.
“No, non c’è
proprio nessuno, parlavo da solo!”, rispose lui, indignato ma con sarcasmo, “Non
sono così pazzo come credete voi!”
Un rumore di passi in
avvicinamento. Sua nipote sbucò fuori dalla porta vicino alla scrivania dove
stava leggendo l’arzillo nonnetto.
“Bentornato!”, disse, porgendo
la mano al ragazzo.
“Adesso ho capito tutto!”, sbottò il vecchio,
dopo averli osservati per qualche istante, “Tu sei venuto a corteggiare mia
nipote, non è vero? Io li conosco i tipi come te! Siete tutti
uguali!”
“Nonno, per carità…”, fece la ragazza, avvicinandosi a
lui, “Non importunare i clienti.”
“Clienti un corno! Lo sai cosa
stava facendo l'altro giorno prima di entrare qua dentro? Lo
sai?!?”
“Sì, nonno, lo so cosa stava facendo.”, disse lei
accondiscendente, mentre cercava di farlo calmare.
“Era inseguito
da delle ragazze che volevano arrabbiarsi con lui! E’ un donnaiolo! Ascolta tuo
nonno, una volta ogni tanto, noi vecchi siamo la voce della saggezza!”, continuò
a sbraitare l’ometto, mentre la nipote non sapeva più che pesci
prendere.
“Nonno, per favore. Questo ragazzo è un cliente. Se
continuerai così lo farai scappare.”
“Mpf! Cliente! Si chiamano
così oggi i fidanzati! Ma fammi andare nel mio studio… e controlla che non rubi
niente!”, fece lui, scendendo dalla sua poltrona ed avvicinandosi a piccoli
passi alla porta dello studio. Si voltò, dette ancora una rapida occhiataccia al
ragazzo, fece sbuffare la pipa e poi chiuse l’uscio.
Georg non
sapeva se scoppiare a ridere o se scappare via.
“Lo perdoni ma… ma
oggi ci sta meno del solito con la testa.”, disse la ragazza,
imbarazzatissima.
“Ti ho sentito!”, gridò il vecchietto da dentro
la sua stanzetta.
La ragazza roteò annoiata gli
occhi.
“A volte è insopportabile, altre non dà problemi.”, disse
lei, abbassando il tono per non farsi sentire.
“Ma è simpatico.”,
disse Georg.
“Oh sì, provi a starci insieme una giornata intera!”,
fece lei, ridendo, “Comunque il suo libro è arrivato, è sulla
scrivania.”
“Ah, bene!”, fece Georg, “Però, per cortesia, me lo
daresti del tu?”
“Beh… come vuoi!”, fece lei, sorridendo ancora,
mentre glielo porgeva “Ecco. Sono riuscita a trovare una prima edizione, ben
rilegata, con ancora la copertina intatta. C’è solo un piccolo orecchio a pagina
centosettatacinque.”
“Va più che bene, hai fatto anche troppo in
un solo giorno!”
“Beh, non è così difficile trovare certi libri.
Se mi avessi chiesto, che so, ‘I racconti di Canterbury’ nella prima
edizione stampata, avresti dovuto aspettare degli anni!”
“Oh no,
per adesso mi accontento di questo…”, fece Georg, che poco era interessato ad
altri libri che quello.
“Fai bene, non è che qua ci siano molti
bei libri come quello. Sono tutti vecchi tomi per appassionati di
antichità.”
“Piace anche a te?”, le domandò.
“Sì,
l’avrò letto un milione di volte.”, fece, sorridendo, “E il film? Lo hanno dato
l’altra sera e, secondo te, me lo sono perso?”
“L’ho visto anche
io, ma solo alla fine purtroppo.”, disse Georg, “Adesso voglio controllare se
corrisponde al libro.”
“Ne rimarrai deluso come sempre.”, disse
l’altra, ridendo.
“Piuttosto, quanto costa?”
“Lascia
fare.”, disse lei, “Niente.”
Georg rimase interdetto. Non esisteva
né in cielo né in terra che lei glielo regalasse.
“Assolutamente,
voglio sapere quanto costa o non lo prendo.”, ripetè.
“Allora puoi
lasciarlo qua.”, rispose lei, tranquilla.
“Non lo farai mica
perchè sono io?”, azzardò a domandarle. Se lei rispondeva di sì, lo avrebbe
davvero lasciato sulla scrivania..
"No, ma semplicemente perchè
l’ho avuto da un signore che ci doveva un favore. Non l’ho pagato niente, quindi
non vedo perchè dovrei vendertelo. Te lo regalo come lui lo ha regalato a
noi.”
“Beh… allora non posso fare altro che ringraziarti di cuore.
E non so nemmeno il tuo nome.”
“Mi chiamo Mondenkind.”,
disse lei.
Mondenkind… che nome bizzarro, si disse
Georg.
“Allora grazie Mondenkind. Potrei offrirti un caffè uno di
questi giorni, se ti va.”, le fece.
Visto che era stata così gentile con
lui, era il minimo che poteva fare.
“Grazie ma….”, fece lei,
insicura, “Mi piacerebbe molto… però…”
“Come vuoi.”, disse
Georg.
“Ok…”, disse lei, a testa bassa.
“Ok sì o ok
no?”
“Ok… no.”
“Va bene, mi dispiace perchè non so
come sdebitarmi con te.”, le disse, un po’ interdetto.
“Mi basta
che tu legga il libro… magari torna a farmi una bella recensione. Va
bene?”
“Perfetto. Ci vediamo!”, disse lui, stringendole la mano ed
uscendo dalla libreria.
Certo che lì dentro erano tutti strani:
lasciando fare il nonno rimbambito, la nipote non era mica poi tanto regolare.
Facendosi prendere da un po’ di presunzione… cavolo! Era Georg Listing dei Tokio
Hotel! Non gli si rifiutava un caffè!
Poi abbandonò il suo ego
pompato e tornò ad essere normale.
Ad ogni modo, quella
Mondenkind era strana.
Mondenkind…
Già il suo nome era tutto un
programma!
Seduto a gambe incrociate sul suo divano, con in
sottofondo un canale qualsiasi tenuto a volume più basso del ‘muto’.
Aveva ritrovato con piacere Atreiu che, con una certa punta di
immodestia, se lo era immaginato con la sua faccia e con il suo bel fisico
prestante, dopo aver lasciato la vecchia tartaruga millenaria Morla per trovarsi
tra le grinfie di Ygramul, un gigantesco mostro formato da milioni di insetti.
Da Ygramul conobbe Fucur, un drago della fortuna.
“Ma non si
chiamava Falkor nel film?”, si domandò.
Vabeh, adattamento
cinematografico scadente.
Fattosi pungere da Ygramul, il quale gli
aveva rivelato il suo più grande segreto, cioè che il suo veleno dava la
capacità a chi era stato morso di farsi apparire in posti anche lontanissimi,
insieme a Fucur si ritrovò da Enghivuc e Ungula, due nanetti chiamati Bisolitari
che vivevano vicino all’Oracolo Meridionale, l’unico a sapere chi era in grado
di poter dare un nuovo nome all’Imperatrice e farla guarire. Enghivuc era un
grande studioso dell’Oracolo e parlò ad Atreiu di tutte le sfide che avrebbe
dovuto affrontare prima di raggiungerlo.
Mentre Atreiu si trovava
di fronte alla prima delle tre porte che conduceva all’oracolo, composta da due
altissime sfingi dorate… il suo telefono prese a squillare. Lo prese,
chiedendosi chi fosse, poi in un attimo gli tornò a mente
Helen.
Ma non era lei, era bensì Tom.
“Pronto?”,
rispose, con tono annoiato.
“Primo o secondo blocco di
appartamenti?”, gli domandò diretto.
“Terzo.”, gli rispose,
chiudendo la chiamata.
Non se lo ricordava mai, erano sei mesi
che viveva in quell’appartamento e lui, puntualmente, ogni volta che passava a
trovarlo, gli telefonava sempre per chiedergli in quale blocco
vivesse.
Non ci fu tempo per Atreiu di arrivare alla seconda porta
perchè Tom lo precedette, presentandosi a quella di Georg. Stettero un attimo a
fissarsi, prima che il padrone di casa si spostasse dall’entrata per
consentirgli di passare.
“Tieni.”, fece lui, porgendogli una
scatola di pizza.
“Oh grazie.”, fece Georg, e la aprì, “Ma c’è uno
spicchio solo!”
“Ho avuto un certo languorino mentre guidavo.”, si
giustificò Tom, passandosi una mano sulla pancia.
“Beh… grazie
comunque.”, disse Georg, lievemente disgustato. La appoggiò sul tavolino di
fronte al divano e si sedette insieme al suo amico, preoccupandosi che
Tom non lo facesse sopra il suo libro, dato che non pareva
essersi accorto. Lo tolse un attimo prima che le natiche dell'amico vi si
posassero sopra.
“Cos’hai in mano?”, gli domandò Tom, vedendolo
nascondere qualcosa dietro la schiena.
“Oh no, niente.”, disse
Georg, facendo il finto tonto.
“Va beh…”, fece l’altro, poco
convinto.
“Cosa ci fai qua?”, gli chiese Georg.
“Ero
nelle zone e… sono passato a trovarti, tutto qua.”, disse Tom, mettendosi le
mani dietro la testa ed allungando le gambe.
“Eri nelle zone?”,
sbottò Georg, “Abiti all’angolo…”
Sì, lui e suo fratello avevano
comprato un appartamento, un attico, a circa un chilometro da lì. Era la
migliore zona di tutta la città. Gustav viveva invece fuori dal centro abitato,
più vicino alla campagna, dove poteva scorrazzare felice in sella alla sua amata
bicicletta.
“Allora non posso nemmeno più venire a trovarti quando
voglio?”, fece l’altro, scocciato.
“No , tranquillo, era solo per
dire!”, disse Georg.
“Ok…”, fece l’altro, mettendosi a
picchiettare nervosamente il piede contro la gamba del tavolino di
vetro.
Georg stette un pochino a fissarlo, chiedendosi cosa
potesse essergli successo.
“Bill ti ha buttato fuori di casa.”,
disse poi, usando il suo infallibile sesto senso.
“Sì…”, fece
l’altro, sgonfiandosi ed accasciandosi sul divano.
“Che è
successo?”, gli chiese Georg, sospirando.
“Non ne voglio parlare
adesso.”, fece Tom, mugolando.
“Ok.”
Era già
successo altre volte che Tom si trovasse col culo fuori casa per la notte, di
solito succedeva dopo pesanti litigate con Bill. Lui prendeva e se ne andava da
Georg, se la rifaceva con lui per ciò che gli aveva detto Bill, poi si
addormentava ed il giorno dopo se ne ritornava a casa.
“Ehm… che
so, vuoi uscire?”, gli propose Georg, “Così magari ti distrai un
po’.”
Vide di sfuggita l’ora al suo polso, erano le undici, la
notte era ancora giovane e, benché fosse un pochino stanco per via delle
estenuanti prove, non gli dispiaceva uscire un po’. Era pure venerdì, quindi
c’era un motivo in più per andarsene da qualche parte.
“No…”,
rispose l’altro, che se ne stava ancora sfiancato sul
divano.
“Allora… guardiamo un po’ di
tv?”
“No…”
“Vuoi qualcosa da
bere?”
“No…”
“Da
mangiare?”
“No…”
Ecco, poste le rituali domande, lui
il suo dovere di padrone di casa lo aveva assolto.
“Senti, visto
che non vuoi uscire, non vuoi vedere la tv, non vuoi bere e non vuoi mangiare,
io me ne andrei anche a letto, dato che sono stanco e che domattina ci sono le
prove. Che dici?”, gli fece, attendendosi una sua reazione del tutto scoglionata
come le altre.
“Ma è presto per andare a letto.”, disse Tom,
alzando la testa.
“Non ti capisco, Tom, vuoi fare qualcosa o no?”,
gli domandò di nuovo Georg.
“Non lo so…”
“Allora
mentre ci pensi, io vado a prepararmi per andare a letto.”, disse l’altro,
alzandosi ed andando verso la cucina, per prendersi un bicchiere d’acqua. La sua
mossa ingenua ma alquanto incauta rivelò a Tom l’oggetto che l’amico si era
prontamente nascosto dietro la schiena.
Era un libro. Lo prese e
lo voltò per leggerne il titolo.
“Ma dai!”, esclamò ridendo,
“Ancora con questa storia!”
Georg spuntò dalla cucina con il suo
bicchiere, chiedendosi cosa avesse da borbottare quell’altro da solo. Ma
comprese subito, vedendogli il libro in mano.
“Non avevi detto di
averlo riconsegnato alla biblioteca?”, gli domandò Tom.
“Sì…”,
fece Georg, stizzito.
“E poi te lo sei anche ripreso!”, proseguì
l’altro, iniziando a sfogliarlo.
“Adesso ridammelo.”, disse Georg,
togliendoglielo di mano e mettendoselo sotto il
braccio.
“Un’ultima letturina per conciliarsi il sonno vero?”,
sghignazzò Tom sotto i baffi.
“Guarda che se continui ti sbatto
fuori anche da casa mia!”, lo intimidì Georg con un
un’occhiataccia.
“Sei diventato strano Georg… ”, esclamò Tom,
sedendosi normalmente. Pareva aver ritrovato il buonumore, “Tu, che sei sempre
stato una pasta d’uomo, te la vai a prendere per una
scemenza.”
Georg, accortosi del suo perseverare nell’errore,
sospirò. Era vero, aveva colto precisamente nel punto.
Il ritorno di Georgtreiu, per la felicità delle sue fans, tra cui io, ovviamente! C'era da dirlo XD
Passiamo ai ringraziamenti:
CowgirlSara: oooohhh! Vi siete piastrati i capelli insieme??? That's ammmmore!!!! XDDD Grazie per i complimenti, te l'avrò ripetuto cinquantamila volte qual è la mia incertezza su questa storia... sti ragazzetti che stanno iniziando a passare di moda! Spero di continuare ad affrontare questa situazione nel modo più realistico e verosimile possibile, sfortunatamente non ho un bagaglio di esperienze di vita in questo campo! La tipa stronza è uscita di scena, contenta? Ma tornerà? mmmhhh chi lo sa?
LaTuM: beh, spero che anche questo capitolo ti abbia preso come tutti gli altri! XD Grazie per i complimenti, anche qua lascio col fiato sospeso? Per me no, poi sai, io conosco come si evolve la storia, per me la suspence è sotto i piedi XD Ci sentiamo su msn! Ciaooo!
Picchia: viaggi surreali? mmmm, non credo di averne fatti, tranne di mentali, miei personali, che non compaiono su internet XD aspetto una recensione più lunga per questo capitolo eh! Non mi deludere!!!
Alanadepp: la signora delle due recensioni per capitolo! XD Sconclusionate come sempre! XDD L'idea tua era quella delal bibliotecaria che poi diventava la strafiga di turno? Mah... Decisamente NO XDDD Ma sarà comunque un personaggio molto presente fino alla fine della storia...
Sososisu: weeee Polly! E Giorgino vulcano, che scoppia ogni trenta secondi, non si sa controllare... ci vorrebbe qualcosa (qualcuno) che lo faccia sfogare ben bene... anche più di qualcosa (qualcuno) XDDD Io mi propongo, ti accodi al gruppo? XD ci sentiamo su msn! Ciaooo!!
Dark_Irina: sis, hai colto in pieno i miei richiami al libro anche con la storia di Mac. Diciamo che sono stati un po' involontari, soprattutto la storia del suo tatuaggio, perchè al tempo non avrei mai pensato di scrivere poi qualcosa sulla storia infinita. E poi quel tatuaggio vorrei farmelo tanto anche io, chissà se prima o poi mi marchierò a fuoco come il mio personaggio XD ma il finale di time and destiny, il 'ma questa è un'altra storia', è preso direttamente dal film, ma anche dal libro, perchè questa frase ricorre più volte anche all'interno dei capitoli centrali... vabbè, solo una spiegazione fatta al volo! Spero che anche questo capitolo ti piaccia! ciao!!!
Kit2007: Sinceramente non ho mai pensato di farlo per professione, nono, è solo un diletto che impiega il mio tempo libero dallo studio XD lascio agli altri scrivere bei romanzi, io mi limito a queste fanfic! Grazie per tutti i complimenti, ci sentiamo su msn! ciaooo!
Lidiuz93: Non sei l'unica che ha Helen in quel posto! eheheh! Grazie per la recensione e per tutto il resto! Ciaoo!
_Princess_: Helen, per il momento, è uscita di scena, quindi i tuoi dubbi amletici possono considerarsi terminati XD di incazzature tra di loro ce ne saranno diverse, più o meno pesanti. Spero di renderli realistici, o quantomeno, verosimili. Se non fosse così dimmelo, rimedierò in futuro. Ciao! E complimenti per la tua storia, mi piace davvero tantissimo! Bravissima!