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Autore: RubyChubb    31/01/2008    10 recensioni
Spinse con forza la porta di vecchio legno scuro e vetro. Una serie che pareva infinita di scricchiolii e mugolii accompagnò quel breve momento e, non appena anche l’ultimo centimetro del suo corpo fu all’interno, la richiuse. Uno tintinnio sottolineò la sua presenza: attaccati sulla porta, piccoli e di bronzo, delle piccole campanelle avevano suonato fin dal primo istante in cui la sua mano si era appoggiata sulla nera maniglia esterna.... -RubyChubb-
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 4

  

Davanti alla porta di vecchio legno tarlato e vetro opaco, stette almeno tre minuti a pensare se avesse fatto bene ad entrare oppure no. Non sapeva il motivo di tutta quella indecisione, fatto stava che la sua mano era appoggiata al pomello senza avere intenzione di spingerlo in avanti.
Alla fine prese un profondo respiro e lo fece. Di nuovo, lo scampanellio si diffuse per tutta l’angusta libreria e, tra due file di scaffali, comparvero gli occhiali color lilla.
“Buongiorno!”, esclamò la ragazza e poi, dopo qualche secondo, “Tu sei il ragazzo di ieri.”
“Sì, sono io.”, fece Georg, togliendosi gli occhiali da sole.
Lei gli sorrise e gli fece cenno che poteva dirle cosa desiderava.
“Ehm… il libro… quello che ho riconsegnato.”, prese a balbettare.
“Sì?”, fece lei, disse lei, avvicinandosi.
“Ce lo ha ancora?”, chiese.
“No. Lo abbiamo venduto.”, disse la ragazza, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
Georg rimase qualche secondo in silenzio, aspettandosi che lei gli dicesse che stava scherzando.
“No, non sto scherzando. Lo abbiamo venduto sul serio.”, disse poi ridendo, come se gli avesse letto la mente.
“Ah…”, fece Georg, mascherando la sua delusione.
“Per un attimo ci siamo anche spaventati, quando non lo abbiamo trovato in negozio, l’altro ieri.”, proseguì lei, tornando tra gli scaffali per riprendere il suo lavoro, “Avevamo in programma questa vendita da diverso tempo ormai…”
Mentre parlava, prendeva i libri, se li rigirava tra le mani, li esaminava attentamente, li catalogava su un grosso quaderno appoggiato su uno sgabello e poi li riponeva tra gli scaffali.
“Mi dispiace aver causato tutti questi danni, io non mi ero neanche lontanamente immaginato che…”, prese a dire Georg, accortosi della gravità della sua azione, ma poi lei lo interruppe.
“Oh no! Si figuri! E’ stata tutta colpa di mio nonno. Sa, è un po’ arteriosclerotico e, quando lo ha prestato a lei, non si è ricordato che lo stavamo per vendere. Poi, ovviamente, si è anche completamente dimenticato di lei. Quando mi ha riconsegnato il libro, glielo dico sinceramente, mi ha fatto resuscitare!”, gli rivelò lei.
“Ah!”, esclamò Georg, ridendo.
“Ancora non riusciamo a fargli capire che non ha più l’età per lavorare… io sono qua dentro da un anno, per aiutarlo, e a volte penso di impazzire! Sposta i libri, dimentica tutto, mi fa perdere la pazienza!”, disse lei, ridendo, mentre annotava sul suo quaderno, “Comunque, a parte questo… desidera qualcos’altro?”
“Beh… mi sarebbe molto piaciuto continuare la lettura di quel libro.”
La ragazza posò la sua penna e lo guardò un po’ straniata.
“Dice sul serio?”, gli chiese.
“Sì… a parte tutto, si è rivelato essere un bel libro.”, fece, sentendosi piccino come una mosca per l’imbarazzo.
“Beh, mi dispiace, come le ho detto non è più in nostro possesso e quella era l’unica copia che avevamo. Ma se vuole abbiamo altri capolavori della narrativa fantastica da leggere.”, disse lei.
“Ho capito… va bene, come non detto.”
“Mi dispiace… Quella era una particolare edizione, per appassionati di collezionismo. Valeva anche molto.”, gli spiegò lei, “Ho la possibilità di farle avere un’altra copia, ma sicuramente nel giro di mezz’ora, se va in un’altra libreria, lo troverà anche in edizione economica.”
“Va bene… allora arrivederci.”, le disse.
“E’ stato un piacere rivederla.”, disse la ragazza, porgendogli la mano e sorridendogli.
Nessun segno di riconoscimento sulla sua faccia. Proprio non aveva capito chi era. Meglio così, gliene importava il giusto. Dette una sistemata al suo codino, inforcò di nuovo gli occhiali da sole ed andò verso l’uscita.
L’altra volta gli era rimasta più antipatica, ora era stata più professionale e gentile con lui. Sempre nel suo maglioncino giallo a bottoni e in una gonna grigia che le arrivava al ginocchio, continuava a personificare il prototipo della bibliotecaria brutta.
“Non è poi così male.”, sentì dire dalla ragazza.
Con la mano appoggiata alla maniglia, si voltò e le chiese cosa avesse detto. Lei, in mezzo al corridoio, se ne stava con le mani congiunte.
“Intendevo… il vostro nuovo album. Non fa tanto schifo, a me piace molto. Forse, come dicono le recensioni, non è molto originale rispetto agli altri, ma è sempre bello.”, disse, aggiustandogli nervosamente gli occhiali da vista.
“Ah… pensavo che non mi avessi riconosciuto.”, disse Georg, sorpreso.
“Beh… sono cieca come una talpa, ma quando voglio ci vedo più che bene!”, fece lei, ridendo, “Mi dispiace che la stampa vi dia tanto contro.”
“Cosa ci vuoi fare, ce la dobbiamo sorbire e basta.”, le rispose.
Lei gli sorrise di nuovo, gli fece cenno con la mano e se ne tornò tra gli scaffali.
“Quando potrò tornare per il libro?”, le chiese.
Fu lei quella volta a chiedere di poter ripetere, affacciandosi di nuovo nel corridoio.
“Il libro… torno la prossima settimana?”, si specificò meglio.
“Anche dopo domani!”, fece lei, ridendo.

 
 

Quando entrò dentro la sala relax, trovò David seduto sul divano, che si massaggiava le tempie. Brutto segno.
“Buongiorno…”, gli domandò, “Cosa c’è?”
“No, niente, solo un problema da risolvere.”, rispose lui.
“Che genere di problema? Grave o no?”
“Dai, Georg, è tutto a posto, tranquillo.”, cercò di rassicurarlo David, ma non fu efficace.
“Sembra che tu non abbia dormito da un mese. Cosa c’è?”, gli fece, risoluto.
David sospirò ed appoggiò la schiena contro il divano.
“Due date in Spagna su quattro sono saltate. Non abbiamo venduto abbastanza biglietti.”, gli rivelò.
Ecco qual era la questione…
“Avevamo stabilito una soglia al di sotto della quale il concerto non si sarebbe tenuto e… è risultata essere un po’ troppo alta.”, specificò David.
“E… e adesso?”, fece Georg, mentre si toglieva annoiato la giacca e la sciarpa. Quella notizia proprio non ci voleva.
“Che cosa adesso? Quale soglia?”, esclamò Gustav, entrando sorridente nella sala relax.
“Alcune date spagnole sono saltate perchè non abbiamo venduto i biglietti che ci aspettavamo.”, gli spiegò Georg, facendo decadere il sorriso che aveva sulla sua faccia.
“Davvero? Ma siete sicuri?”, chiese Gustav, grattandosi la testa, con il giubbotto tra le mani, “Ma… abbiamo sempre fatto il sold out in Spagna.”
“Evidentemente adesso non più.”, disse Georg.
“Non capisco cosa abbiamo fatto di sbagliato questa volta.”, fece Gustav, “Non mi sembra che l’album faccia così schifo! Per me era ottimo come tutti gli altri!”
“Forse siamo passati di moda, Gustav.”, disse Georg, “Forse non abbiamo tenuto conto che un cambio di stile poteva farci più che bene…”
“Appena lo sapranno gli altri due… non voglio nemmeno immaginarmelo…”, disse Gustav amaramente.
Ed infatti, quando Bill e Tom arrivarono e lo seppero, non la presero tanto bene. Tom se la rifece inaspettatamente col fratello, accusandolo di essere il problema fondamentale del gruppo.
“Le tue canzoni fanno schifo Bill, sono sempre tutte uguali!”, gli diceva.
“Guarda che le scriviamo tutti assieme!”, gli rispondeva l’altro, giustamente perchè la sua affermazione era più che veritiera.
“Sì, ma mentre noi altri eravamo più propensi a buttarci verso melodie più rock… tu sei voluto rimanere nelle solite canzoncine!”, contrattaccò Tom.
“Non è vero, non sono stato io, è stata una decisione presa da tutti! Quindi è colpa di tutti noi se questo album fa schifo e non vende! Non prendertela con me solo perchè abbiamo già litigato una volta stamani!”, lo zittì Bill.
“Tom, tuo fratello ha ragione.”, provò a dire Gustav, “E’ il gruppo che compone le canzoni… non lui e basta. E’ colpa di tutti noi se stiamo andando male.”
“Sì, Tom, è così…”, annuì Georg.
Era quella la verità.
“Abbiamo perso un pochino il nostro smalto. Vorrà dire che ci impegneremo di più la prossima volta.”, fece Gustav, anche lui naturalmente ottimista.
“Se ci sarà una prossima volta!”, esclamò Tom, “Se l’album va così male, la casa discografica ci straccia il contratto in mano e ci troveremo col culo per terra!”
“Guarda che non abbiamo mica venduto tre copie, adesso siamo al terzo posto qua in Germania! Vorrà dire qualcosa!”, disse Bill, “E anche nelle altre nazioni… non dico che siamo al primo, ma quasi!”
“Io non sono così ottimista come voi. Anzi, la vedo piuttosto brutta. Se in Spagna abbiamo dovuto cancellare tre date su quattro, secondo me si scatenerà una specie di effetto a catena… e non saranno le uniche date a saltare.”, fece Tom, esponendo chiaramente il suo pessimistico punto di vista.
“Vedremo col tempo, adesso non possiamo pensarci. Dobbiamo provare.”, disse Georg, guardando il suo orologio.
Mentre suonavano, pensava a cosa sarebbe potuto davvero succedere… Tom poteva averci visto bene: se si fosse veramente avviato il domino, era probabile che anche nelle altre nazioni sarebbero state cancellate alcune date. Per non parlare di quello che stava per raccontare la stampa, appena lo avesse saputo! Sicuramente nei prossimi periodici già si sarebbe parlato della disfatta totale dei Tokio Hotel!
C’era da impegnarsi, da buttare fuori il sudore. Potevano fare poco, tranne che rimboccarsi le maniche, studiare per bene le canzoni e puntare tutto sui concerti. L’album non era abbastanza rock? Allora lo sarebbero stati on stage, sul palco. La pubblicità non era stata efficace a fare vendere il loro prodotto? Ci avrebbero pensato loro dal vivo.
Di solito, succedeva sempre che dopo il tour c’era un lieve incremento delle vendite. Secondo lui quella era la strategia giusta per rimettersi in carreggiata. E dovevano finirla di litigare, di prendersi a brutte parole e di accusarsi a vicenda. Quel difficile momento li stava mettendo alla prova e loro non dovevano fallire, assolutamente.
Mentre stavano provando ‘Wir sterben niemals aus’, David entrò dentro alla sala prove, interrompendoli.
“Brutte notizie?”, fece Bill, posando il microfono sulle gambe.
“No, fortunatamente ne ho una buona. Sono riuscito a contrattare con la redazione di Viva per farvi fare un’esibizione unplugged… tanto per vedere se riusciamo a tirare su un po’ l’audience dell’album… L’abbiamo fissata per la prossima settimana, esattamente per venerdì.”, disse David, sperando di far loro cosa gradita.
“Beh…  oggi è mercoledì… c’è un po’ troppo poco tempo… non ce la faremo mai a prepararci.”, fece Tom, dopo un rapido calcolo mentale.
“Vorrà dire che ci chiuderemo qui dentro e ci faremo un culo così.”, disse Gustav, contento dell’opportunità che era stata loro data.
“Sì, ma io ho una vita privata al di fuori di qua!”, sbottò Tom, poco gentilmente.
“Però sei il primo a sparare a zero su di noi, ad accusarci di essere la rovina del gruppo!”, lo riprese Bill, esasperato al massimo dall’atteggiamento inconcludente ma critico del fratello.
“Ragazzi! Ragazzi!”, esclamò Georg, prendendo le redini della situazione, “Basta litigare. Ora lavorare. Cerchiamo di non strozzarci con le nostre stesse mani.”
Deciso e sicuro, riuscì a ristabilire la calma e ben presto finirono le canzoni da provare. Nel pomeriggio, si ritrovarono di nuovo chiusi nello studio, così come il giorno successivo. Non mancarono momenti di tensione, provare per tre ore consecutive la mattina e per quattro nel pomeriggio avrebbe sfiancato anche il più stacanovista dei musicisti. Ma era bene non farsi scappare quell’occasione, quell’esibizione live in unplugged poteva segnare, anche se durava solo 45 minuti, l’inizio della fine… oppure la fine della sfiga.

 

***

 

Si rigirava il cellulare in mano, cercando di capire se era una buona idea richiamare Helen oppure no. Non la sentiva da quando avevano litigato, anzi, da quando l’aveva aggredita verbalmente, due giorni prima.
Lei non aveva chiamato, forse ancora era arrabbiata. O forse lo aveva mandato letteralmente a quel paese. Era meglio accertarsene.
“Mi fanno male le mani…”, si lamentò Gustav, mentre se le scaldava aprendo e chiudendole continuamente.
“Dai, non fare il bambino.”, gli fece Tom, “Anche noi siamo stanchi.”
“Voglio andare a casa… sono disfatto.”, riprese Bill, “Che ne dite se stasera stendiamo qui e riprendiamo domani… Abbiamo gia fatto due ore di prove, può anche bastare.”
“No, dobbiamo fare di più. Faccio questa chiamata e poi ripartiamo.”, fece Georg, prima di mettersi il telefono all’orecchio ed allontanarsi un po’ dai tre.
Attese per qualche secondo, poi Helen rispose.
“Ehm… ciao…”, le fece, non sapendo come esordire.
Ciao… che vuoi.”, rispose lei, secca.
“Volevo solo… insomma, mi volevo scusare.”
Mh… e poi?
“Beh… scusami, ho fatto una cazzata. Non ti dovevo aggredire in quel modo, ero solo molto nervoso e… ho perso il controllo, scusami ancora.”
Senti, adesso ho da fare… ti chiamo io più tardi. Ciao.”, fece lei, chiudendo ermeticamente la chiamata.
In quel momento prese una decisione: se lo richiamava, va bene, tutto a posto. Se non lo richiamava, tante grazie. Ad essere sincero non era poi così tanto pentito di averla trattata in quel modo… ma con lei, in fin dei conti, ci stava bene.
Chiuse il telefono e richiamò gli altri al lavoro.

 

 

Si rallegrò nel vedere un piccolo fascio di flebile luce oltrepassare il vetro opaco della porta della libreria. Erano le sei, le prove erano finite circa una mezz’ora prima e la punta delle dita della mano destra gli facevano un male cane. Entrò dentro, rallegrandosi del caldo che trasmetteva quell’atmosfera un po’ cupa e legnosa del locale.
La poltrona si girò si se stessa ed il vecchietto, con un libro sulle gambe, prese a scrutarlo da capo a piedi. Georg si bloccò, come se fosse stato pietrificato dallo sguardo della medusa. L’ometto, reggendosi la pipa, che emetteva sbuffi di fumo, per un attimo sembrò non ricordarsi di lui…
“Tu sei quello che entrò l’altro giorno… quando pioveva.”, fece, alternando parole a fumo.
“Sì… sono io.”, disse Georg piano, avendo quasi paura.
“Mh…”, fece l’altro, “E cosa sei venuto a fare?”
“A comprare un libro.”, fece, come un sussurro.
“Cosa?”, esclamò il vecchietto, evidentemente un po’ sordo.
“A comprare un libro, signore.”, disse Georg, aumentando il volume della voce.
“Pensavo fossi tornato a rubare!”, disse l’ometto, rimettendosi in bocca la pipa e rivoltando la poltrona.
Cazzo… altro che vecchio rimbambito come diceva la nipote.
“Nonno! C’è qualcuno?”, sentì dire proprio dalla ragazza, che doveva essere da qualche parte nello studio.
“No, non c’è proprio nessuno, parlavo da solo!”, rispose lui, indignato ma con sarcasmo, “Non sono così pazzo come credete voi!”
Un rumore di passi in avvicinamento. Sua nipote sbucò fuori dalla porta vicino alla scrivania dove stava leggendo l’arzillo nonnetto.
“Bentornato!”, disse, porgendo la mano al ragazzo.
“Adesso ho capito tutto!”, sbottò il vecchio, dopo averli osservati per qualche istante, “Tu sei venuto a corteggiare mia nipote, non è vero? Io li conosco i tipi come te! Siete tutti uguali!”
“Nonno, per carità…”, fece la ragazza, avvicinandosi a lui, “Non importunare i clienti.”
“Clienti un corno! Lo sai cosa stava facendo l'altro giorno prima di entrare qua dentro? Lo sai?!?”
“Sì, nonno, lo so cosa stava facendo.”, disse lei accondiscendente, mentre cercava di farlo calmare.
“Era inseguito da delle ragazze che volevano arrabbiarsi con lui! E’ un donnaiolo! Ascolta tuo nonno, una volta ogni tanto, noi vecchi siamo la voce della saggezza!”, continuò a sbraitare l’ometto, mentre la nipote non sapeva più che pesci prendere.
“Nonno, per favore. Questo ragazzo è un cliente. Se continuerai così lo farai scappare.”
“Mpf! Cliente! Si chiamano così oggi i fidanzati! Ma fammi andare nel mio studio… e controlla che non rubi niente!”, fece lui, scendendo dalla sua poltrona ed avvicinandosi a piccoli passi alla porta dello studio. Si voltò, dette ancora una rapida occhiataccia al ragazzo, fece sbuffare la pipa e poi chiuse l’uscio.
Georg non sapeva se scoppiare a ridere o se scappare via.
“Lo perdoni ma… ma oggi ci sta meno del solito con la testa.”, disse la ragazza, imbarazzatissima.
“Ti ho sentito!”, gridò il vecchietto da dentro la sua stanzetta.
La ragazza roteò annoiata gli occhi.
“A volte è insopportabile, altre non dà problemi.”, disse lei, abbassando il tono per non farsi sentire.
“Ma è simpatico.”, disse Georg.
“Oh sì, provi a starci insieme una giornata intera!”, fece lei, ridendo, “Comunque il suo libro è arrivato, è sulla scrivania.”
“Ah, bene!”, fece Georg, “Però, per cortesia, me lo daresti del tu?”
“Beh… come vuoi!”, fece lei, sorridendo ancora, mentre glielo porgeva “Ecco. Sono riuscita a trovare una prima edizione, ben rilegata, con ancora la copertina intatta. C’è solo un piccolo orecchio a pagina centosettatacinque.”
“Va più che bene, hai fatto anche troppo in un solo giorno!”
“Beh, non è così difficile trovare certi libri. Se mi avessi chiesto, che so, ‘I racconti di Canterbury’ nella prima edizione stampata, avresti dovuto aspettare degli anni!”
“Oh no, per adesso mi accontento di questo…”, fece Georg, che poco era interessato ad altri libri che quello.
“Fai bene, non è che qua ci siano molti bei libri come quello. Sono tutti vecchi tomi per appassionati di antichità.”
“Piace anche a te?”, le domandò.
“Sì, l’avrò letto un milione di volte.”, fece, sorridendo, “E il film? Lo hanno dato l’altra sera e, secondo te, me lo sono perso?”
“L’ho visto anche io, ma solo alla fine purtroppo.”, disse Georg, “Adesso voglio controllare se corrisponde al libro.”
“Ne rimarrai deluso come sempre.”, disse l’altra, ridendo.
“Piuttosto, quanto costa?”
“Lascia fare.”, disse lei, “Niente.”
Georg rimase interdetto. Non esisteva né in cielo né in terra che lei glielo regalasse.
“Assolutamente, voglio sapere quanto costa o non lo prendo.”, ripetè.
“Allora puoi lasciarlo qua.”, rispose lei, tranquilla.
“Non lo farai mica perchè sono io?”, azzardò a domandarle. Se lei rispondeva di sì, lo avrebbe davvero lasciato sulla scrivania.. 
"No, ma semplicemente perchè l’ho avuto da un signore che ci doveva un favore. Non l’ho pagato niente, quindi non vedo perchè dovrei vendertelo. Te lo regalo come lui lo ha regalato a noi.”
“Beh… allora non posso fare altro che ringraziarti di cuore. E non so nemmeno il tuo nome.”
“Mi chiamo Mondenkind.”, disse lei.

Mondenkind  che nome bizzarro, si disse Georg.
“Allora grazie Mondenkind. Potrei offrirti un caffè uno di questi giorni, se ti va.”, le fece. 
Visto che era stata così gentile con lui, era il minimo che poteva fare.
“Grazie ma….”, fece lei, insicura, “Mi piacerebbe molto… però…”
“Come vuoi.”, disse Georg.
“Ok…”, disse lei, a testa bassa.
“Ok sì o ok no?”
“Ok… no.”
“Va bene, mi dispiace perchè non so come sdebitarmi con te.”, le disse, un po’ interdetto.
“Mi basta che tu legga il libro… magari torna a farmi una bella recensione. Va bene?”
“Perfetto. Ci vediamo!”, disse lui, stringendole la mano ed uscendo dalla libreria.
Certo che lì dentro erano tutti strani: lasciando fare il nonno rimbambito, la nipote non era mica poi tanto regolare. Facendosi prendere da un po’ di presunzione… cavolo! Era Georg Listing dei Tokio Hotel! Non gli si rifiutava un caffè!
Poi abbandonò il suo ego pompato e tornò ad essere normale.
Ad ogni modo, quella Mondenkind era strana.

Mondenkind
Già il suo nome era tutto un programma!

  

Seduto a gambe incrociate sul suo divano, con in sottofondo un canale qualsiasi tenuto a volume più basso del ‘muto’.
Aveva ritrovato con piacere Atreiu che, con una certa punta di immodestia, se lo era immaginato con la sua faccia e con il suo bel fisico prestante, dopo aver lasciato la vecchia tartaruga millenaria Morla per trovarsi tra le grinfie di Ygramul, un gigantesco mostro formato da milioni di insetti. Da Ygramul conobbe Fucur, un drago della fortuna.
“Ma non si chiamava Falkor nel film?”, si domandò.
Vabeh, adattamento cinematografico scadente.
Fattosi pungere da Ygramul, il quale gli aveva rivelato il suo più grande segreto, cioè che il suo veleno dava la capacità a chi era stato morso di farsi apparire in posti anche lontanissimi, insieme a Fucur si ritrovò da Enghivuc e Ungula, due nanetti chiamati Bisolitari che vivevano vicino all’Oracolo Meridionale, l’unico a sapere chi era in grado di poter dare un nuovo nome all’Imperatrice e farla guarire. Enghivuc era un grande studioso dell’Oracolo e parlò ad Atreiu di tutte le sfide che avrebbe dovuto affrontare prima di raggiungerlo.
Mentre Atreiu si trovava di fronte alla prima delle tre porte che conduceva all’oracolo, composta da due altissime sfingi dorate… il suo telefono prese a squillare. Lo prese, chiedendosi chi fosse, poi in un attimo gli tornò a mente Helen.
Ma non era lei, era bensì Tom.
“Pronto?”, rispose, con tono annoiato.
Primo o secondo blocco di appartamenti?”, gli domandò diretto.
“Terzo.”, gli rispose, chiudendo la chiamata.
Non se lo ricordava mai, erano sei mesi che viveva in quell’appartamento e lui, puntualmente, ogni volta che passava a trovarlo, gli telefonava sempre per chiedergli in quale blocco vivesse.
Non ci fu tempo per Atreiu di arrivare alla seconda porta perchè Tom lo precedette, presentandosi a quella di Georg. Stettero un attimo a fissarsi, prima che il padrone di casa si spostasse dall’entrata per consentirgli di passare.
“Tieni.”, fece lui, porgendogli una scatola di pizza.
“Oh grazie.”, fece Georg, e la aprì, “Ma c’è uno spicchio solo!”
“Ho avuto un certo languorino mentre guidavo.”, si giustificò Tom, passandosi una mano sulla pancia.
“Beh… grazie comunque.”, disse Georg, lievemente disgustato. La appoggiò sul tavolino di fronte al divano e si sedette insieme al suo amico, preoccupandosi che
Tom non  lo facesse sopra il suo libro, dato che non pareva essersi accorto. Lo tolse un attimo prima che le natiche dell'amico vi si posassero sopra.
“Cos’hai in mano?”, gli domandò Tom, vedendolo nascondere qualcosa dietro la schiena.
“Oh no, niente.”, disse Georg, facendo il finto tonto.
“Va beh…”, fece l’altro, poco convinto.
“Cosa ci fai qua?”, gli chiese Georg.
“Ero nelle zone e… sono passato a trovarti, tutto qua.”, disse Tom, mettendosi le mani dietro la testa ed allungando le gambe.
“Eri nelle zone?”, sbottò Georg, “Abiti all’angolo…”
Sì, lui e suo fratello avevano comprato un appartamento, un attico, a circa un chilometro da lì. Era la migliore zona di tutta la città. Gustav viveva invece fuori dal centro abitato, più vicino alla campagna, dove poteva scorrazzare felice in sella alla sua amata bicicletta.
“Allora non posso nemmeno più venire a trovarti quando voglio?”, fece l’altro, scocciato.
“No , tranquillo, era solo per dire!”, disse Georg.
“Ok…”, fece l’altro, mettendosi a picchiettare nervosamente il piede contro la gamba del tavolino di vetro.
Georg stette un pochino a fissarlo, chiedendosi cosa potesse essergli successo.
“Bill ti ha buttato fuori di casa.”, disse poi, usando il suo infallibile sesto senso.
“Sì…”, fece l’altro, sgonfiandosi ed accasciandosi sul divano.
“Che è successo?”, gli chiese Georg, sospirando.
“Non ne voglio parlare adesso.”, fece Tom, mugolando.
“Ok.”
Era già successo altre volte che Tom si trovasse col culo fuori casa per la notte, di solito succedeva dopo pesanti litigate con Bill. Lui prendeva e se ne andava da Georg, se la rifaceva con lui per ciò che gli aveva detto Bill, poi si addormentava ed il giorno dopo se ne ritornava a casa.
“Ehm… che so, vuoi uscire?”, gli propose Georg, “Così magari ti distrai un po’.”
Vide di sfuggita l’ora al suo polso, erano le undici, la notte era ancora giovane e, benché fosse un pochino stanco per via delle estenuanti prove, non gli dispiaceva uscire un po’. Era pure venerdì, quindi c’era un motivo in più per andarsene da qualche parte.
“No…”, rispose l’altro, che se ne stava ancora sfiancato sul divano.
“Allora… guardiamo un po’ di tv?”
“No…”
“Vuoi qualcosa da bere?”
“No…”
“Da mangiare?”
“No…”
Ecco, poste le rituali domande, lui il suo dovere di padrone di casa lo aveva assolto.
“Senti, visto che non vuoi uscire, non vuoi vedere la tv, non vuoi bere e non vuoi mangiare, io me ne andrei anche a letto, dato che sono stanco e che domattina ci sono le prove. Che dici?”, gli fece, attendendosi una sua reazione del tutto scoglionata come le altre.
“Ma è presto per andare a letto.”, disse Tom, alzando la testa.
“Non ti capisco, Tom, vuoi fare qualcosa o no?”, gli domandò di nuovo Georg.
“Non lo so…”
“Allora mentre ci pensi, io vado a prepararmi per andare a letto.”, disse l’altro, alzandosi ed andando verso la cucina, per prendersi un bicchiere d’acqua. La sua mossa ingenua ma alquanto incauta rivelò a Tom l’oggetto che l’amico si era prontamente nascosto dietro la schiena.
Era un libro. Lo prese e lo voltò per leggerne il titolo.
“Ma dai!”, esclamò ridendo, “Ancora con questa storia!”
Georg spuntò dalla cucina con il suo bicchiere, chiedendosi cosa avesse da borbottare quell’altro da solo. Ma comprese subito, vedendogli il libro in mano.
“Non avevi detto di averlo riconsegnato alla biblioteca?”, gli domandò Tom.
“Sì…”, fece Georg, stizzito.
“E poi te lo sei anche ripreso!”, proseguì l’altro, iniziando a sfogliarlo.
“Adesso ridammelo.”, disse Georg, togliendoglielo di mano e mettendoselo sotto il braccio.
“Un’ultima letturina per conciliarsi il sonno vero?”, sghignazzò Tom sotto i baffi.
“Guarda che se continui ti sbatto fuori anche da casa mia!”, lo intimidì Georg con un un’occhiataccia.
“Sei diventato strano Georg… ”, esclamò Tom, sedendosi normalmente. Pareva aver ritrovato il buonumore, “Tu, che sei sempre stato una pasta d’uomo, te la vai a prendere per una scemenza.”
Georg, accortosi del suo perseverare nell’errore, sospirò. Era vero, aveva colto precisamente nel punto.

 


Il ritorno di Georgtreiu, per la felicità delle sue fans, tra cui io, ovviamente! C'era da dirlo XD

Passiamo ai ringraziamenti:

CowgirlSara: oooohhh! Vi siete piastrati i capelli insieme??? That's ammmmore!!!! XDDD Grazie per i complimenti, te l'avrò ripetuto cinquantamila volte qual è la mia incertezza su questa storia... sti ragazzetti che stanno iniziando a passare di moda! Spero di continuare ad affrontare questa situazione nel modo più realistico e verosimile possibile, sfortunatamente non ho un bagaglio di esperienze di vita in questo campo! La tipa stronza è uscita di scena, contenta? Ma tornerà? mmmhhh chi lo sa?

LaTuM: beh, spero che anche questo capitolo ti abbia preso come tutti gli altri! XD Grazie per i complimenti,  anche qua lascio col fiato sospeso? Per me no, poi sai, io conosco come si evolve la storia, per me la suspence è sotto i piedi XD Ci sentiamo su msn! Ciaooo!

Picchia: viaggi surreali? mmmm, non credo di averne fatti, tranne di mentali, miei personali, che non compaiono su internet XD aspetto una recensione più lunga per questo capitolo eh! Non mi deludere!!!

Alanadepp: la signora delle due recensioni per capitolo! XD Sconclusionate come sempre! XDD L'idea tua era quella delal bibliotecaria che poi diventava la strafiga di turno? Mah... Decisamente NO XDDD Ma sarà comunque un personaggio molto presente fino alla fine della storia...

Sososisu: weeee Polly! E Giorgino vulcano, che scoppia ogni trenta secondi, non si sa controllare... ci vorrebbe qualcosa (qualcuno) che lo faccia sfogare ben bene... anche più di qualcosa (qualcuno) XDDD Io mi propongo, ti accodi al gruppo? XD ci sentiamo su msn! Ciaooo!!

Dark_Irina: sis, hai colto in pieno i miei richiami al libro anche con la storia di Mac. Diciamo che sono stati un po' involontari, soprattutto la storia del suo tatuaggio, perchè al tempo non avrei mai pensato di scrivere poi qualcosa sulla storia infinita. E poi quel tatuaggio vorrei farmelo tanto anche io, chissà se prima o poi mi marchierò a fuoco come il mio personaggio XD ma il finale di time and destiny, il 'ma questa è un'altra storia', è preso direttamente dal film, ma anche dal libro, perchè questa frase ricorre più volte anche all'interno dei capitoli centrali... vabbè, solo una spiegazione fatta al volo!  Spero che anche questo capitolo ti piaccia! ciao!!!

Kit2007: Sinceramente non ho mai pensato di farlo per professione, nono, è solo un diletto che impiega il mio tempo libero dallo studio XD lascio agli altri scrivere bei romanzi, io mi limito a queste fanfic! Grazie per tutti i complimenti, ci sentiamo su msn! ciaooo!

Lidiuz93:  Non sei l'unica che ha Helen in quel posto! eheheh! Grazie per la recensione e per tutto il resto! Ciaoo!

_Princess_: Helen, per il momento, è uscita di scena, quindi i tuoi dubbi amletici possono considerarsi terminati XD di incazzature tra di loro ce ne saranno diverse, più o meno pesanti. Spero di renderli realistici, o quantomeno, verosimili. Se non fosse così dimmelo, rimedierò in futuro. Ciao! E complimenti per la tua storia, mi piace davvero tantissimo! Bravissima!

   
 
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