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Autore: Lils__L7    20/07/2013    6 recensioni
Ace Pugno di Fuoco desidera la testa di Barbabianca ed è pronto ad ottenerla con ogni mezzo, dovesse impiegarci una vita intera. Qualcosa - o meglio, qualcuno - gli farà cambiare idea e i suoi tentativi d'omicidio si ridurranno a nove. Anzi, dieci.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Barba bianca, Ciurma di Barbabianca, Marco, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dieci tentativi, AcexMarco
Fuoco e fiamme

E con il cuore in fiamme ed il sorriso in faccia

ci scoliamo la vita fino all'ultima goccia
~






La prima volta che Ace aveva attentato alla vita di Edward Newgate era stato piuttosto ingenuo: non si diventa uno dei Quattro Imperatori per caso e lui aveva decisamente sottovalutato il vecchio. Aveva provato ad attaccarlo mentre dormiva nella sua cabina, nell'unico momento del giorno in cui per una qualche fortunata congiunzione astrale nessuno degli uomini di Barbabianca gli gironzolava tra i piedi; aveva sollevato un braccio, stringendo nel pugno un coltellaccio da cucina rubato a Satch, calibrato la forza e affondato dritto nel petto del Capitano - o almeno, ci aveva provato. La forza dell'Ambizione di Barbabianca l'aveva respinto lontano da lui prima ancora che l'arma potesse sfiorarne la pelle ed Ace si era ritrovato sbalzato contro la parete della cabina, che non aveva retto all'impatto e aveva ceduto sotto il suo peso, facendolo capitombolare sul letto della stanza accanto.
La risata scrosciante di Newgate aveva raggiunto le orecchie di Pugno di Fuoco con la forza di cento coltelli, ferendo molto più di quanto lui avrebbe mai potuto fare col Capitano; Ace si era sentito umiliato come mai in vita sua e aveva avvertito distintamente il suo orgoglio frantumarsi in mille pezzi.
Questo, prima di realizzare che il letto sul quale stava scompostamente sdraiato apparteneva al comandante della prima flotta di Barbabianca e che il suddetto lo stava fissando divertito dall'altro capo della stanza.
«Ci sono problemi, fiammiferino?» gli aveva domandato con un ghigno piuttosto malizioso, accennando al suo sedere per aria sul letto.
Caracollando via da lì tentando invano di raccattare un po' di contegno, Ace si era premurato di incendiargli i capelli.


La seconda volta che Ace aveva attentato alla vita di Edward Newgate era stato più sfortunato che altro, e aveva continuato a sbraitare in maniera piuttosto patetica per i giorni a seguire che se non fosse stato per quell'incidente i pirati di Barbabianca non avrebbero più avuto un capo. Erano sopraggiunti nei pressi di un'isola invernale, a giudicare dal clima rigido e dai tuoni che rimbombavano nel cielo zeppo di nuvoloni neri; dopo soltanto qualche ora di navigazione era scoppiato un violento temporale: tutti gli uomini, tranne chi di vedetta, erano scesi sottocoperta mentre Barbabianca, sotto suggerimento delle infermiere, tornava nella sua cabina per riposare.
Ace aveva seguito il Capitano quasi strisciando come un serpente, acquattandosi dietro ogni anfratto disponibile per coglierlo di sorpresa una volta sufficientemente lontani dai suoi uomini; il momento propizio era sopraggiunto come un'illuminazione divina: Barbabianca stava risalendo lentamente i gradini della scala che l'avrebbe portato al piano superiore della nave e teneva entrambe le mani sul corrimano per agevolare i movimenti.
Di spalle e con le mani occupate: ad Ace era parsa un'occasione troppo ghiotta e con un balzo felino si era piantato dietro di lui a gambe larghe, una rivoltella pescata chissà dove tra le mani e un ghigno beffardo a deformargli il volto lentigginoso - in effetti, questo era ciò che doveva accadere secondo i suoi piani. Pugno di Fuoco non aveva fatto i conti però con una chiazza d'acqua piovana alla base delle scale in cui lui era saltato a pie' pari: inutile dire che aveva perso l'equilibrio ed era scivolato come un cretino, finendo a pancia all'aria sul pavimento. Paradossalmente Newgate non si era accorto di nulla e, sebbene piuttosto acciaccato, Ace aveva creduto di poter considerare intatto almeno il suo ego.
L'aveva creduto, poiché ancora intontito dalla botta non aveva fatto caso alla figura mingherlina che sghignazzava apertamente alle sue spalle.
«Non ti preoccupare, non lo racconto a nessuno» aveva sussurrato Marco facendogli l'occhiolino, chinato su di lui.
Quella volta era stata la sua camicia a prendere fuoco.


La terza volta che Ace aveva attentato alla vita di Edward Newgate era stato ad un passo dalla morte; non che a lui importasse molto della sua vita - per tutti i mari, non credeva nemmeno di meritarne una!, ma nel momento in cui il suo corpo infuocato era entrato in contatto con l'acqua gelata dell'oceano la consapevolezza di aver fallito nel suo unico obiettivo l'aveva avvolto come una spira trascinandolo giù, giù, giù.
Il piano era rischioso: aveva sgraffignato una buona dozzina di candelotti di esplosivo dall'armeria di bordo e li aveva piazzati sotto la poltrona di Barbabianca, al centro della nave; grazie ai poteri del frutto Foco Foco non aveva impiegato che un istante per accenderli a distanza e si era poi nascosto in un barile colmo di funi e cime. Così lontano dalla scena del crimine non aveva potuto comprendere le dinamiche che avevano portato al suo ennesimo fallimento: non soltanto non c'era stata alcuna esplosione - se non si conta la risata tuonante del vecchio - ma inspiegabilmente il suo cantuccio legnoso aveva preso il volo, finendo dritto dritto in mare. Soltanto in seguito gli avevano detto che era stata opera di Vista, stufo dei suoi giochetti, e più in seguito ancora gli avevano spiegato che a tirarlo sul fondo non era stato il rimorso della sconfitta ma una piovra gigante in cerca di uno spuntino.
Pallido e sfregiato da quelli che sembravano graffi di unghie, Ace si era ripreso a suon di schiaffi nella stanza del vice di Barbabianca; Marco era fradicio e furioso, e l'aveva sbattuto fuori a calci nel sedere - letteralmente. A pranzo Satch aveva servito alla sua ciurma un delizioso carpaccio di piovra, ringraziando il comandante della prima flotta per aver reso la sua cattura così semplice: accecata in quel modo dai suoi artigli, non aveva potuto difendersi; Ace non vi aveva badato, impegnato com'era a lucidare il ponte della nave per punzione.
Aveva scoperto solo qualche giorno dopo che il soprannome Fenice non dipendeva dalle inesauribili prestazioni sessuali che Marco poteva vantare. O almeno, non solo.
A riscuoterlo da quei pensieri malsani, la vista dell'orlo dei suoi calzoni in fiamme.
 

La quarta volta che Ace aveva attentato alla vita di Edward Newgate era stato astuto, eppure non abbastanza: il piano non era niente male, ma aveva fallito nell'attuarlo. Aveva notato come il Capitano si fidasse ciecamente dei suoi uomini e per questo aveva deciso di servirsi, anche se indirettamente, di uno di loro: Satch, il cuoco. Durante la prima colazione aveva trovato il modo di far scivolare una miscela decisamente letale, sgraffignata nell'infermeria della nave, nel bicchiere di Barbabianca: non appena il vecchio l'avesse bevuta sarebbe crollato stecchito con la testa tra quei maledetti pancake al caramello che Ace gli invidiava a morte.
Una volta avvelenato, però, il contenuto del bicchiere si era fatto giallino e sul fondo si era depositata una polverina per niente accattivante; Newgate era scemo ma non cieco: aveva perciò immaginato che uno dei suoi gli avesse giocato un tiro mancino servendogli dell'acqua salata e con una risata tuonante se ne era sbarazzato gettando il bicchiere in mare aperto. I suoi avevano passato l'intero pasto a sghignazzare facendo ipotesi sul presunto colpevole, noncuranti della dozzina di carpe avvelenate che galleggiavano pancia all'aria sotto di loro.
Ace era andato dall'altra parte della nave a progettare il suicidio e assordato dal proprio continuo sproloquiare imbufalito non aveva sentito Marco avvicinarsi; il comandante della prima flotta di Barbabianca l'aveva afferrato rudemente per la collana di perle rosse e se l'era strattonato contro con rabbia malcelata.
«Falla finita,» gli aveva sibilato, le palpebre solitamente pesanti completamente scomparse dietro gli occhi spalancati, «prima che io finisca te.»
Le labbra di Marco si erano mosse ad un soffio dalle sue ed Ace era rabbrividito.
Quando la collana rossa era tornata al suo posto sul collo, gli era sembrato che stavolta fosse quella a bruciare sulla pelle.


La quinta volta che Ace aveva attentato alla vita di Edward Newgate era stato avventato: non erano passati che quindici minuti dal terzo tentativo e aveva deciso di provare il tutto e per tutto; nel momento esatto in cui il vecchio si era alzato dalla sua grossa sedia, abbandonando il fazzolettone che aveva usato per la colazione, Pugno di Fuoco si era letteralmente fiondato su di lui dalla coffa nell'intento di fargli perdere l'equilibrio e farlo cadere in mare. Era un piano disorganizzato e dettato dall'impulso suicida di far infuriare ancora una volta il comandante della prima divisione - comandante che aveva seguito impassibile la parabola disegnata dal corpo lentigginoso di Ace che si librava nel cielo e poi finiva in acqua, respinto da una gioviale manata del suo Capitano. Quella volta era stato Izou a ripescarlo.
Ace si era stupito ancora una volta della libertà di cui continuava a godere sulla nave nonostante tutti quei tentativi di far fuori Barbabianca: dopo il primo, solenne invito del vecchio ad unirsi alla ciurma non era mai più stato imprigionato e i pirati gli lasciavano libero accesso a tutte le stanze; per di più, si comportavano con cui come fossero amici di vecchia data, con quell'affetto cameratesco che da sempre unisce i compagni. Quella sera, quando si era presentato a cena con la coda tra le gambe - aveva saltato il pranzo per protesta - Satch l'aveva invitato con un sorriso a prendere finalmente posto a tavola accanto a lui e gli aveva servito una generosa dose di calamari e vongole, sotto lo sguardo raggiante del vecchio Capitano.
In quel momento, Ace si era sentito a casa.
Marco gli sedeva di fronte ed era stato l'unico a non unirsi ai festeggiamenti; il suo sguardo tagliente bruciava più di mille Croci di Fuoco.


La sesta volta che Ace aveva attentato alla vita di Edward Newgate era stato ridicolo; aveva dovuto utilizzare l'espressione più minacciosa che il suo viso sbarazzino riuscisse a metter su per far promettere a Jaws e Satch che non ne avrebbero mai fatto parola con anima viva e a giudicare dalle risatine che lo accompagnavano sulla nave neppure quella era andata a segno.
Quel giorno era il compleanno del comandante della quattordicesima flotta di Barbabianca e Satch, in qualità di cuoco ufficiale di bordo nonché grande amico del festeggiato, aveva deciso di preparare una torta a strati - una torta immensa, in cui Ace sarebbe potuto entrare per intero anche in piedi. E così aveva fatto.
Ingurgitare una quantità improponibile di pan di spagna e pasta di zucchero tale da permettergli di nascondersi dentro quel monumentale colosso di lipidi non era stato difficile; sporcarsi di panna fino al midollo era stata una conseguenza inevitabile e piuttosto irrilevante ai fini del suo nobile scopo. Problematico era stato invece resistere alle temperature ghiacciate dell'abnorme cella frigorifera in cui l'avevano rinchiuso per ore.
Quando Jaws, nominato per l'occasione aiuto-cuoco, al ritirare la torta dal frigo aveva avvisato Satch che su un lato c'era una grossa crepa era stato inevitabile risalire alla presenza di un intruso al suo interno - un intruso quasi assiderato, per altro. In preda a grasse, grassissime risate avevano consegnato un gelido Ace al comandante della prima divisione poiché a detta loro avrebbe saputo cosa farne; la Fenice aveva ringhiato e l'aveva portato nella cabina delle docce per immergerlo sotto un getto d'acqua bollente.
Quella sera Ace non si era presentato sul ponte per la festa. Non avrebbe saputo reggere lo sguardo di Marco che fino a poche ore prima l'aveva toccato e accarezzato e strofinato
con forza mentre lui, contro ogni logica, si fingeva svenuto. Ogni singolo centimetro di pelle ardeva dolorosamente.


La settima volta che Ace aveva attentato alla vita di Edward Newgate era stato imbarazzante: aveva biascicato parole incomprensibili, era incespicato su ogni dislivello del pavimento, aveva scambiato Barbabianca per l'albero maestro e infine era caduto lungo lungo su un ammasso di funi aggrovigliate, finendo per imprigionarsi da solo.
In mattinata erano stati attaccati da una bagnarola di piratucoli freschi freschi del Nuovo Mondo che avevano sbaragliato mandando in campo soltanto metà della sedicesima divisione; quei poverini non avevano molto oro a bordo ma in compenso vantavano delle scorte impressionanti di sakè e vini vari che il vecchio aveva ordinato di requisire per organizzare una festa in onore della vittoria. In preda all'euforia Ace aveva ceduto all'invitante richiamo dell'alcol: in poche ore aveva finito per ubriacarsi e aveva attaccato a bottigliate l'albero maestro, confondendolo col suo grande nemico, per poi impigliarsi con un piede in una cima e crollare a terra in preda ad un attacco di ridarella selvaggia.
Quella era stata l'unica sera della sua vita in cui aveva potuto vedere ubriaco anche l'irreprensibile vice di Barbabianca: lui aveva negato più volte, ma Pugno di Fuoco non ci cascava. Era stato Marco a liberarlo
dall'intreccio di quelle maledette corde e sempre lui lo aveva fatto stendere con la testa sulle sue cosce e gli aveva accarezzato i capelli e il viso e il collo, e doveva essere lui perché Ace avrebbe riconosciuto quelle mani e quegli occhi e quell'odore tra mille proprio perché erano solo suoi, suoi, suoi. La conferma gli era arrivata quando delle labbra sottili e buone avevano sfiorato le sue e lui aveva pensato che da sobrio Marco non l'avrebbe fatto mai, perché ai suoi occhi  Ace era solo un ragazzino sfigato e un po' pestifero.
Era stata la sbronza più triste della sua vita. La testa e gli occhi e lo stomaco e le labbra gli stavano andando a fuoco, ma nel cuore aveva freddo, così freddo..



L
'ottava volta che Ace aveva attentato alla vita di Edward Newgate era stato scoperto prima ancora di uscire dal suo nascondiglio: si era rintanato in un largo baule vuoto che aveva trovato nel sottoscala tra il primo e il secondo dei piani sotterranei, di fronte alla cucina. Non poteva immaginare che Satch l'aveva fatto portare lì per riempirlo delle patate acquistate sulla terraferma che aveva intenzione di fargli pelare alla prossima punizione; a trovarlo era stato Vista e l'aveva trascinato in cucina per le orecchie.
Pelate migliaia di patate, Ace si era trascinato stanco verso il bagno degli uomini. Appena aperta la porta della cabina delle docce aveva avvertito qualcosa di strano:
«Ace» sentiva sussurrare; soltanto una doccia era in funzione e senza esitazioni si era diretto in quella direzione.
Di spalle a lui, il comandante della prima flotta di Barbabianca si insaponava con una mano la zona del bassoventre e con l'altra si reggeva alla parete del cubicolo; a tratti era scosso da lievi tremiti e non smetteva di mugugnare il suo nome in tono sommesso e sofferente.
Distogliendo con difficoltà lo sguardo dalle natiche tonde e sode del vice del vecchio, Ace era accorso in aiuto:
«Marco! Ti senti male?»
La Fenice di Barbabianca aveva lanciato un gridolino acuto, voltandosi di scatto con la faccia sconvolta e i palmi delle mani stesi verso l'altro.
«Va tutto benissimo!» aveva sbraitato poi, ringhiando e zampettando frenetico verso il suo asciugamano, «E tu affogati sotto la doccia, cretino!»
Ace era rimasto interdetto e aveva guardato Marco fuggire via in tutta fretta, senza avere il coraggio di domandargli perché s'insaponasse senza spugna cantilenando il suo nome.
La risposta gli era balenata nella testa pochi minuti dopo mentre si insaponava a sua volta senza riuscire a scacciare dalla mente l'immagine del vice accarezzato dal getto d'acqua.
Nemmeno una doccia gelata era riuscita a raffreddare le sue guance in fiamme.
 


La nona volta che Ace aveva attentato alla vita di Edward Newgate era stato fiacco, svogliato, come un soldato che combatte più per abitudine che per un'ideologia; quando anche quell'attacco era stato sventato aveva anzi riso di sé insieme a Izou, sebbene quella del compagno sembrasse più un sogghigno isterico - ma Izou era raramente non isterico e Pugno di Fuoco non aveva fatto caso alle occhiatine che gli aveva lanciato.
Il piano era simile all'originale: si trattava di fare irruzione in camera del vecchio mentre dormiva e sperare che quella sua maledetta Ambizione non lo spedisse troppo a fondo nell'oceano; quella sera, tuttavia, sembrava che nemmeno Barbabianca avesse intenzione di essere particolarmente incisivo e invece di scaraventarlo fuori bordo si era limitato a battergli una pacca sulla spalla - pacca che, per inciso, l'aveva fatto stramazzare a terra - e a dirgli di chiudere la porta quando andava via. Niente che non rientrasse nelle aspettative di Ace.
Quello che non si aspettava, invece, era di trovare il comandante della prima flotta ad attenderlo fuori dalla porta del Capitano a braccia incrociate e denti digrignati. Più che Pugno di Fuoco si era sentito Pene di Fuoco quando Marco l'aveva afferrato per la collottola, sollevato a qualche centimetro da terra e trascinato nella sua cabina; appena la Fenice aveva chiuso la porta a chiave Ace aveva capito che stava per morire e ne aveva avuto la conferma quando era stato scaraventato a pancia sotto sul letto del vice, che, salito a cavalcioni su di lui, gli aveva afferrato rudemente le spalle. Ace aveva creduto che la sua intenzione fosse quella di spezzargli il collo, e si era stupito non poco quando aveva avvertito i suoi calzoni scivolare lungo le gambe - non era sicuro fosse necessario spogliare nudo un condannato a morte - e li aveva visti volare via a far compagnia, per terra, a quelli del vice.
Soltanto allora aveva capito che quella sera non sarebbe morto. Né quella, né mai, fintantoché Marco l'avesse stretto così forte al petto.
Qualcosa gli aveva bruciato, quella sera, ma in un modo che di negativo non aveva proprio niente.
 


La decima volta che Ace aveva attentato alla vita di Edward Newgate in realtà non aveva alcuna intenzione di attentare alla vita di Edward Newgate.
Pugno di Fuoco occupava a tavola il posto alla sinistra di Barbabianca da più di una settimana e i suoi attacchi contro il vecchio erano svaniti nel nulla; aveva cominciato a stringere amicizia con i pirati sulla nave e a dare una mano alla ciurma, si trattasse di apparecchiare o lucidare i pavimenti o addirittura combattere in battaglia: ormai si sentiva segretamente parte di quella nuova, grande famiglia. Quel giorno, però, era giunto il momento di fare ufficialmente il grande passo.
Durante la prima colazione si era schiarito rumorosamente la voce tentando di attirare l'attenzione dei compagni; 
«Ho deciso di accettare la tua offerta, Barbabianca» aveva esordito, «Voglio entrare a far parte di questa ciurma.»
Il vecchio doveva aver immaginato si trattasse di un brindisi, perché aveva sollevato il bicchiere colmo di sakè e ne aveva buttato giù un sorso intero; quando si era accorto, poi, di ciò che Pugno di Fuoco aveva realmente detto, aveva strabuzzato gli occhi e sputato tutto sulla faccia di Vista e cominciato a tossire facendo allarmare le sue tre infermiere.
«Va' a vedere se è questa la volta buona che ce lo ammazzi!» aveva riso Satch.
«Benvenuto a bordo, fiammiferino» aveva aggiunto Izou con la sua voce maliziosa.
Ace aveva semplicemente sorriso, gli occhi fissi in quelli di Marco. Non c'era bisogno di dirsi nulla: in quello sguardo ardente tra loro c'erano più di mille parole.






Ehm. Salve!
Faccio il mio ingresso nel fandom con questa sciocchezza, spero vi piaccia. So che in giro c'è un'altra raccolta di flash su tutti i tentativi falliti di Ace e non vorrei si pensasse che voglio rubarle la scena ^^" ci mancherebbe altro, io volevo concentrarmi su dieci piccoli momentini fugaci tra Ace e Marco e non sulla sua ilare permanenza sulla Moby, perciò.. pace e amore! :)
La citazione in corsivo sulla destra appartiene ad una qualche traccia dell'album Fuoco e fiamme dei Finley (con tutto il rispetto per i loro fan, ma io stendo comunque un grande velo pietoso su di me); non ho mai sentito la canzone ma devo aver letto quella frase da qualche parte - insomma, non è mia xD. Comunque si addiceva troppo ad Ace per non citarla!
Colgo l'occasione per informare tutti quelli che hanno letto o anche solo sentito parlare della famosissima Forbidden Fruits di Reiki-Piratical (un pilastro delle KiddxLaw/AcexMarco) che presto comincerò a pubblicarne, d'accordo con l'autrice, la traduzione in italiano: FanFiction.net non è neanche lontanamente figo quando EFP e una storia così bella merita di essere presentata a tutti i fan delle coppie qui in Italia!
..Bene xD, a presto!

Lils

  
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