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Autore: Birdcage D Swan    21/07/2013    3 recensioni
«Ha mai sentito parlare di Lightning L-Drago?» Il suo sguardo sembrò illuminarsi.
«Ehm…più o meno.»
«Mi dica tutto ciò che sa su quel bey.»
Vi giuro, non ho mentito. Sapevo perfettamente di cosa stesse parlando…quasi.
«Dunque, è un bey proveniente…dalla costellazione…del Drago.» “You don’t say, Paschendale?”.

[…]
Affilati, circondati da folte ciglia nere.
Quelle iridi ristrette, all’interno delle cornee bianche, gli conferivano un aspetto spaventoso, quasi assatanato.
Quelle iridi dello stesso colore dell’oro, il più brillante esistente.
Tutto ciò che mi rendesse umana, ogni idea, paura, sentimento. Tutto svanì.
In quello sguardo, appena accennato.
Erano gli occhi più terrificanti e incantevoli in cui mi fossi mai specchiata.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Ryuga, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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XIX
ɨʟ ʄʊʟʍɨռɛ ƈօʟքɨֆƈɛ ɖʊɛ ʋօʟȶɛ

"Slowly I awake"


«Ah, ce l’hai fatta!».
All’affermazione di Madoka, non poté non cadere una goccia di sudore dal capo di Paschendale. “Era abbastanza ovvio che ce la facessi, altrimenti cosa te l’avrei raccontata a fare tutta questa roba!?”.
«Ma non avevi detto che non ti eri allenata per niente?».
«Ma boh, non so neanch’io come sia riuscita a passare il test. No, davvero, mi ero allenata davvero pochissimo.»

˚˚˚

Avevo davanti agli occhi un paesaggio che scorreva veloce, ma che era fermo. In fondo, il mare è sempre così monotono: un’infinita distesa d’acqua blu con qualche piccola increspatura sulla superficie, nulla più di questo.
Il gomito contro la portiera dell’auto.
La mano sinistra serrata in un pugno per sorreggere la testa.
Era tutto così noioso e triste.
«Che ha, Presidente?». Sentii una mano toccarmi la spalla. Doji sembrava preoccupato, ma non ci tenevo a comunicargli la ragione del mio turbamento.
«Sta per caso pensando alle sue compagne di stanza?».
Ruotai velocemente il capo, incontrando il suo sguardo furbo.
«Tsk! Non penserà mica che ragazze tanto in gamba ci abbiano lasciato le penne?».
Emisi un sospiro di sollievo. Non mi ero mai sentita tanto alleggerita. Grazie al cielo, i cattivi pensieri che avevo avuto notando le condizioni di quelle ragazze erano infondati.
«Certo, non sono sicuramente in buone condizioni, infatti sono entrate tutte e tre in coma profondo, ma noi dell’Organizzazione riusciremo a dare loro ottime cure, di questo può esserne certa.»
In coma? Oh no! E se non fossero più riuscite a svegliarsi?
«Comunque sia, la ragazza che al momento si trova in condizioni migliori è quell’Izumi- non ero affatto stupita di ciò -Si allenava ogni giorno per tutto il tempo, senza sosta. Era una candidata perfetta per i nostri scopi. Prometteva molto. Strano che il suo fisico non sia riuscito a sopportare il test…».
Più quell’uomo parlava, più la stessa domanda insinuatasi nella testa da settimane mi tormentava. Come diavolo, se non avevo fatto quasi niente per tutto quel periodo d’allenamenti, ero riuscita a passare quel test super-mega-ultra-arci-extra difficile??
«Eccoci arrivati.»
Oltre quella lunga strada, apparve un…un…uuuunnnnn castello?
In mezzo al mare. Sì, un castello in mezzo al mare.
Oddio, bellissimo posto; non potevo certo lamentarmi. Non era lo stesso della Disney, era molto più semplice e meno sfarzoso, comunque molto elegante.
PPPPPerrròòò…
«Ehm… Dovrò allenarmi qui?» domandai, scettica.
«So bene che potrebbe sembrare un luogo piuttosto bislacco per sottoporre dei blader a un allenamento del genere, ma le assicuro che è perfettamente abilitato a questo scopo.»
 
La cosa che mi colpì maggiormente non era esattamente il castello in sé. E lo sai perché, Madoka?
«Quando potrò visitare questo posto?» domandai a Doji mentre percorrevamo la scalinata esterna.
«Quando vuole lei. I suoi allenamenti inizieranno solamente tra due giorni. Comprendo che le scorse prove siano state parecchio stancanti per lei, senza contare che il suo lavoro è in sé parecchio stressante; per questo le daremo tutto il tempo necessario per un buon riposo, così sarà davvero pronta per questa nuova sessione d’allenamento.»
I miei occhi diventarono due cerchi.
“Cazzeggio per due giorni? OH YEAH!!”.
 
Dopo alcuni piani di scale, giungemmo a un punto che, rispetto alla totale altezza della costruzione, corrispondeva più o meno alla metà. Una serie di porte numerate davano sull’esterno.
«Ecco la sua stanza: la numero 17.»
“Bellaaaaa! La giornata inizia bene!” immaginai, superstiziosa.
Nonostante le mie considerazioni mi spingessero a pensare che quel numero dovesse portarmi sfiga, quella stanza era assolutamente la cosa più epica che avessi mai visto.
Cioè, era stupenda! Moderna, spaziosa, piena di belle piante verdi.
C’era persino la vasca con idromassaggio. “Wow! Molto attuale.” La camera da letto era una stanza a parte, ed era fantastica, con un letto enorme.
Anche il bagno era bellissimo: profumava di pulito e persino quello era spazioso!
Ah, quasi dimenticavo di parlarti della vista, Madokina.
Dava sulla bianchissima costa marina che circondava quasi tutto il perimetro del castello. Ti dico solo questo.
«Okay, dove sta la fregatura?»
«Nessuna fregatura, Paschendale. Posso darti del “tu”, vero?».
«Sì…».
Lo ammetto, ero scettica. Avanti, era impossibile che dover restare in un posto tanto figo per un mese, dopo aver trascorso una settimana in una topaia.
«Essendo questo il periodo più importante del vostro allenamento, noi di Nebula Oscura abbiamo preso in considerazione il fattore stress. A causa di quest’ultimo, i blader finiscono per rendere quasi il minimo dalle loro capacità; per questo pensiamo che, trovandosi in un luogo migliore e più rilassante, possiate dare il massimo e sfruttare al meglio tutto il vostro potenziale.»
Effettivamente, quello che diceva Doji non era totalmente stupido, tuttavia…
«È anche vero che però non siamo tutti uguali. Almeno, io sotto stress faccio schifo, ma in che modo gestirete le capacità di ben dieci blazer?».
«Dieci blader?» Doji spalancò gli occhi, stupito da tale domanda «Ah già, non potevi saperlo. In tutto, i blader che hanno passato il test sono due.»
«D-Due…!?» non ero incredula…di più! «C-Come due!? Ma…come diavolo erano organizzati quei test??».
«Beh, erano senza dubbio dei test complessi, e se vogliamo dirla tutta, anche piuttosto pericolosi; ma ora, non parliamo di questo.»
«Sì, in fondo hai ragione, Doji» iniziai di punto in bianco a dargli del “tu”, senza nemmeno chiedere il permesso «E com’è quest’altro blader?».
«Proviene dall’ala maschile. Difficile che tu lo conosca. Noi di Nebula Oscura eravamo sicuri al cento per cento che quel ragazzo passasse il test senza alcuna difficoltà. Ti avverto: è un blader molto potente, quasi perfetto per i nostri scopi.»
«Pff! Robetta. Non avrà scampo contro di me. Voglio dire, sono riuscita a superare un test per il quale non mi ero assolutamente allenata…eeeehm, volevo dire…io sono fortissima, e nessuno potrà battermi!».
Cominciai a considerarmi seriamente un genio. Dopotutto, quella era l’unica spiegazione per giustificare i miei risultati.
«Capisco…». Doji non sembrava nutrire troppa fiducia in me. Quell’altro blader era davvero così forte? «Si ricordi che la cena è alle 20.00, e sarebbe meglio per te che mangiassi qualcosa. Ecco la mappa del posto, nel caso volessi fare un giro» disse porgendomela «In seguito, sarebbe meglio andare a dormire.
Per quanto riguarda gli allenamenti, domani recati in segreteria per informarti sul tuo programma personalizzato. Ti auguro una buona permanenza». Mi mollò lì, in stanza.
«Hm… Quell’uomo è davvero strano. Fa tanto il gentile, ma ogni volta che mi parla, sembra impartisca ordini. Mah, vabbè.»
Sfregai i palmi delle mani, soddisfatta.
La prima cosa che feci fu piuttosto infantile: presi la rincorsa e mi lanciai sul letto. Era comodissimo!
«Questa stanza è perfetta!» commentai.
Improvvisamente, mi venne in mente una cosa importante da fare. Quindi estrassi il cellulare dalla tasca e composi il numero.
«Pronto?» rispose una voce dall’altro capo del telefono.
«Ehilà Benkei, come va? Sono Paschendale!».
«Eh? Ah…ahahah, Paschendale! C-Ciao! Qui tutto bene. E… E tu come stai?». Io e Benkei non c'eravamo mai visti di persona, a dire il vero non lo conoscevo neanche troppo bene, ma lo "sfruttavo" per tenere sotto controllo mio fratello.
«Alla grande, Benkei! Pensa che mi trovo in una stanza super-iper lussuosa, e dovrò starci per ben un mese!».
«Aaahhh, che bello…»strano. Chissà perché Benkei indugiasse tanto?
«Comunque, ti ho chiamato perché vorrei parlare con Kyoya. È lì con te, per caso?».
«Ehm…no. Kyoya non…non è qui come me…» rispose con notabile indecisione.
«Oooohhhh, peccato. Vabbè, potresti lasciargli un messaggio da parte mia?».
«Ehm… Ma sì, certo, perché no?».
«Grazie! Dunque, dato che tra non molto sarà il mio compleanno, vorrei venisse a trovarmi, così passiamo un po’ di tempo insieme.»
«D’accordo, glielo dirò, non c’è problema. Ehm… Scusa Paschendale, ma ora dovrei andare. Ciao!»e riattaccò senza fare una piega.
Perché era così distaccato? A tutte le mie chiamate era sempre tanto solare e aperto.

˚˚˚

-Poi seppi che in realtà Benkei parlava con quel tono perché accanto a lui c’era mio fratello, il quale non aveva alcuna intenzione di parlarmi- con grande sorpresa di Madoka, Paschendale pronunciò quelle ultime parole senza mostrare il benché minimo struggimento, nonostante avesse molto sofferto a causa del comportamento ostile di Kyoya.
«Ma… Perché non voleva parlarti?» domandò la meccanica con sguardo dispiaciuto.
«Andiamo, Madoka, lo sai benissimo. Era quel periodo in cui mio fratello mi sopportava al minimo.»

˚˚˚

Comunque non mi crogiolai troppo riguardo al comportamento di Benkei, anche perché subito dopo quella telefonata dovevo pensare a cose ben più importanti: mangiare.
Balzai giù dal letto, saltellando in direzione della porta, pronta per andare a cena.
 
 
Per raggiungere la sala, utilizzai la mappa consegnatami da Doji; in complesso il castello non era troppo arzigogolato, ma per me, che mi perdo in un metro quadrato, era come addentrarsi in un labirinto della quarta dimensione.
Una volta arrivata, feci un unico e semplice commento: “No, sono tornati alle origini! Che gran caduta di stile.” Una grande stanza spoglia, con tavoli bianchi con più coperti sparpagliati ovunque, e la ciliegina sulla torta erano i commensali che, composti, andavano col proprio vassoio dai camerieri –che poi erano cuochi- a farsi sbattere il cibo con un cucchiaio sul proprio piatto.

˚˚˚

«Ma quindi era…».
«Esatto, Madoka. Era una mensa».

˚˚˚

Storsi il naso, leggermente delusa. Mi condussi, come tutti gli altri, verso le grandi teglie metallizzate, ma non l’avrei mai fatto se il mio stomaco non avesse cominciato a brontolare.
Strisciai il vassoio lungo tutta la pedana, servita dai cuochi dagli sguardi assonnati.
Quando il “servizio” terminò, mi accomodai ad un tavolo vuoto. Sicuramente la mensa non brulicava di gente, anzi, i commensali saranno stati circa sette.
Mangiavo lentamente, intenta a osservare attentamente i presenti; molto probabilmente, l’altro blader con cui avrei dovuto misurarmi si trovava lì tra loro; peccato che non avessi idea di che aspetto avesse, né tantomeno della sua età.
 
Terminata la cena, uscii dalla mensa con pochi pensieri per la testa: lavarmi e dormire.
Ero incredibilmente tranquilla, annoiata, e direi anche parecchio assonnata, considerando che non riuscivo a smettere di sbadigliare. Avevo una voglia di andare a riposare che non se ne poteva avere un’idea.
Stavo per raggiungere la fine di quel corridoio scuro che mi avrebbe condotto nuovamente all’esterno dell’edificio. Passai di fronte all’imboccatura di un secondo corridoio che dava su quello che stavo percorrendo, ancora più tetro; non lo notai nemmeno, almeno finché non sentii uno strano rumore giungere dal suo interno. Era un suono ovattato, ritmico, molto somigliante a una serie di pugni.
“Che stiano picchiando qualcuno?” mi chiesi. Ho sempre odiato la violenza, e non permetterei mai che qualcuno si faccia male.
Percorsi quello spazio angusto, impaurita; il buio mi ha sempre spaventato molto.  Mi toccai i gomiti con le mani, infreddolita. Non c’era la benché minima illuminazione, cosa che mi spinse a tornare indietro, ma proprio mentre stavo cambiando idea, intravidi una sottile striscia luminosa provenire dallo spiffero di una porta. Sembrava proprio che quel suono provenisse da lì.
I miei passi si fecero sempre più lenti e leggeri. Il lieve rumore delle scarpe sul pavimento fu sovrastato da quei colpi ritmati. Ormai ero di fronte alla porta, tanto vicina da potermici appoggiare. Quello spiffero sottile non era sufficiente per intravedere attraverso esso ciò che accadeva in quella stanza, così osai aumentarlo, e per fortuna la porta non cigolò.
Era una stanza ampia, luminosa, con pareti bianche segnate da alcune incrostazioni. Vi erano svariati attrezzi per l’attività fisica, dai più moderni ai più decadenti. Diedi un’occhiata veloce a quasi tutti gli oggetti che occupavano quella piccola palestra: erano tutti inutilizzati, fatta eccezione per uno: il sacco della Everlast per riscaldarsi prima di un incontro a box. Quel sacco era letteralmente massacrato dal ragazzo che lo stava utilizzando. Rimasi allibita dalla forza con cui tirava i pugni. Avrà avuto più o meno vent’anni, nonostante i suoi capelli ribelli fossero di un argento spento. Dal sudore che bagnava la sua pelle olivastra, sembrava si stesse allenando ormai da ore, tuttavia il suo stato fisico per niente esausto tradiva questa teoria. Combatteva a torso nudo, mostrando il suo corpo magro ma muscoloso.
Restai nascosta, attendendo che terminasse gli allenamenti.
“E se fosse lui l’altro blader candidato?” mi domandai. Effettivamente era un fatto probabile, chi altrimenti si sarebbe messo a tirare calci e pugni a un sacco a quell’ora?
 
Continuò ad allenarsi per un’altra mezz’ora. Non smisi per un secondo di fissarlo, senza stanchezza né noia. Ammetto che mi diedi della maniaca per più volte. Insomma, non mi era mai capitato di osservare un ragazzo a torso nudo per così tanto tempo!
Al termine  degli esercizi, si sedette su una panca, affannato, strappandosi dai polsi e dalle mani le fasciature di protezione.
Ma perché diamine non riuscivo a smettere di fissarlo!? Con quel poco che vedevo, non riuscivo a comprendere nemmeno se fosse figo o no.
“Paschendale, stai calma. Adesso te e ne vai quatta quatta in camera tua. Non ti preoccupare, lo rivedrai sicuramente molto presto.” Cercai di autoconvincermi, e stranamente ciò ebbe successo.
 
Risalivo la scaletta esterna, lentamente, ripensando senza sosta a ciò che avevo visto. Quella scena mi aveva dato un senso di delusione. “Quel ragazzo si stava allenando così duramente. Invece io, che sono una blader candidata per una missione importante, non faccio un tubo dalla mattina alla sera.” Tuttavia, dovevo ammettere che in me c’era qualcos’altro, ma cosa? Cosa c’era in quel ragazzo che mi aveva spinto a fissarlo per tutto quel tempo?
Ero talmente assorta in quei complessi interrogativi che non mi accorsi nemmeno del cambio di temperatura; era precipitata. Come se non bastasse, s’alzò un forte vento, probabilmente proveniente da nord-est.
Mi strinsi le spalle, abbassai il collo e chiusi gli occhi. I capelli m’invadevano il viso, facendomi solletico.
«Che succede? Perché questo freddo improvviso?».
Alzai lo sguardo, notando un cielo nettamente più nuvoloso rispetto a qualche minuto prima. Le nuvole corpose si avvicinavano tra loro, incrociandosi, le loro ombre sovrastavano la terra che già rifletteva i colori della notte. I margini di quei grossi ammassi grigiastri rifletterono una bianca luce elettrica.
«Non mi dire che sta per venire un temporale, eh?» riflettei ad alta voce, irritata «Già ho il sonno leggero, figuriamoci col temporale. Dormirò benissimo!» conclusi con ironia.
Corsi su per le scale, onde evitare una pioggia battente; quando una forte luce non m’accecò per un pelo.
Portai una mano alle orecchie, stordita da quel suono frastornante che sembrò squarciare il cielo.  Tentai di aprire gli occhi e lo rividi: il fulmine dell’altra sera mi riapparve innanzi, ancora più luminoso, solenne e vicino.  Però l’atmosfera non era la stessa dell’altra volta; c’era qualcosa di diverso, più forte e pericoloso. Quella colonna di luce era un concentrato di malvagità, cosa che non avevo avvertito alla sede di Nebula Oscura. Mi accovacciai sullo scalino, portai una mano al petto. Il cuore mi doleva, sentivo i muscoli abbandonarmi e ogni singola cellula distruggersi.
«Ugh! Che…Che diavolo è!?» urlai con l’ultimo filo di voce che sentivo nella gola. Ero in preda al dolore che non smetteva di attanagliarmi.
Riportai lo sguardo verso di lui; proveniva dalla palestra, proprio dove vidi quel ragazzo allenarsi.  Impiegai alcuni secondi prima di riuscire affettivamente a collegare i due fatti. “E se fosse…proprio lui?”
A malapena mi accorsi della scomparsa del fulmine, riportando la notte alla sua oscurità. In quell’esatto istante, i muscoli ricominciarono a funzionare e il forte dolore al petto cessò all’improvviso.
Scossi la testa, confusa. «Devo piantarla di andare a letto così tardi.»
 
 
 
Allungai la mano verso la maniglia di metallo, e un’ondata d’acqua tiepida mi colpì la testa. Piegai il capo all’indietro, assaporando quel breve momento di relax precedente a una giornata piena d’impegni.  Mentre le mie mani passavano tra i capelli, rimembrai gli avvenimenti della sera prima; ogni cosa mi faceva pensare che quel ragazzo e il fulmine fossero in qualche modo collegati.
Se le mie supposizioni erano corrette, quel tizio era l’altro blader, e quella luce la sua energia. A tale pensiero rabbrividii; nonostante io stessa riconoscessi la mia bravura, sapevo di non poter mai competere contro un avversario tanto potente. Sperai con tutte le mie forze di non dover mai combattere contro di lui, essendo sicura che semmai avessi perso…
«Ma dai! Non posso essere seriamente così sfigata da pensare di poter morire per il beyblade!».
Chiusi il getto d’acqua e uscii dalla doccia. Afferrai il morbido asciugamano prestatomi gentilmente dall’Organizzazione e lo avvolsi introno al corpo. Mi diressi verso l’uscita del bagno, pronta per rivestirmi, ma notai con la coda dell’occhio la mia immagine nello specchio. Feci un passo indietro, volendomi assicurare che ciò che avevo a malapena visto era solo un’allucinazione.
«Ma che diavolo…!?» una striscia di un rosso scuro attraversava la spalla fino a giungere alla clavicola. Era solo una ferita superficiale, quindi niente di chissà cosa, tanto che non faceva nemmeno male. Però come me l’ero fatta?
«Dio, ci mancava anche questa!» sbraitai, dirigendomi definitivamente fuori dal bagno.
 
«Come mi vesto?» giravo in intimo per la stanza, frugando tra i vari abiti che mi ero portata. Non sono mai stata brava a fare la valigia, e anche quella volta non avevo fatto eccezione: non c’era uno, e dico UNO di vestiti sportivi o semplicemente comodi.
«Perfetto! E ora che mi metto?». Gironzolai avanti e indietro, cercando qualcosa di vagamente confortevole. La mia attenzione fu catturata da una maglietta piegata su una sedia accanto all’armadio. La presi e la guardai: maglietta blu scura con riportato il logo di Nebula Oscura, a maniche corte, larga, da indossare con una spalla di fuori.
«Questa è perfetta.» commentai mezza rassegnata. La abbinai a un paio di shorts di jeans.
Bene, ero pronta per uscire.
«Un momento…» no, invece «E se mi dovrò allenare? Con questi capelli rischio di morire dal caldo.» Tornai di fronte allo specchio per farmi una pettinatura un po’ più ordinata rispetto ai problematici capelli lunghi sciolti. Non mi è mai piaciuto farmi la coda, quindi optai per un semplice chignon sbarazzino utilizzando le ciocche laterali, lasciando gli altri capelli sciolti.
Finalmente potevo uscire.
 
“Eccolo, è lui! No, aspetta… No, non è lui.
Ah, sì!... No, nemmeno.
Eccolo!... No, neanche…”
Sembravo un cane da guardia. Fissavo con attenzione ogni persona che mi passasse davanti agli occhi. Ero talmente concentrata che non mi accorsi del saporaccio del caffè che stavo bevendo a colazione.
“Ma, insomma, dov’è? Dovrà pure mangiar qualcosa a un certo punto.”
La mensa era popolata dalla stessa gente della sera prima, forse c’era giusto qualche persona in più, ma di quel ragazzo…nemmeno una traccia.
“Ah, al diavolo! Ho ben altro a cui pensare”. Mi alzai dal tavolo e riportai il vassoio al suo posto.
 
«Buongiorno!». Dopo aver seguito con attenzione le indicazioni della mappa, mi diressi in segreteria per chiedere il mio programmino.
«Ecco a lei.» la segretaria, con aria molto assonnata, mi allungò una busta bianca sigillata. La afferrai, ringraziando.
“Strano… Non c’è stato nemmeno bisogno che mi presentassi.”
Non mi piaceva stare all’interno di quell’edificio, perciò –sempre consultando attentamente la mappa- mi diressi fuori, in riva al mare.
Era un peccato non potersi godere un panorama tanto bello; la fresca brezza marina, il cielo terso e il canto dei gabbiani rendevano il tutto più rilassante.
Mi accomodai su uno scoglio, ammirando per qualche minuto quel suggestivo paesaggio. Se fossi stata una pittrice mi sarebbe piaciuto disegnarlo, ma purtroppo disegnare non è mai stato il mio forte.
«Aaahhhh… Che bello!». Respirai a pieni polmoni quell’aria pulita, desiderando di restare lì ferma a non far nulla.
«Avanti, Paschendale. Non è il momento di distrarsi. Devo vedere che allenamenti dovrò seguire.» dissi mentre aprivo la busta.

-CHE COOOOOOSAAAA!?-.

˚˚˚

«Era il programma più monotono che avessi mai letto».
«In che senso?» domandò Madoka, incuriosita.
«In poche parole, ogni giorno avevo una di queste cose: corsa, palestra, oppure nuoto.»
Lo sguardo della meccanica parlava chiaro: Nebula Oscura, organizzazione in cui era maturato e cresciuto come blader il fortissimo e imbattibile Ryuga, aveva programmato per la provetta Paschendale Tategami un allenamento così del cavolo?
-Ma…sei sicura di aver letto bene?-.
-Sì! Cioè, in realtà c’era un’eccezione…- proseguì il Presidente.

˚˚˚

Per tre giorni di fila avrei dovuto fare una cosa contrassegnata come “sessione all’aperto”; non avevo idea di che diavolo volesse dire.
«No, cioè, basta! Sono talmente scioccata che non ho neanche più voglia di guardare l’oceano!». Appallottolai il foglio e lo spinsi all’interno della tasca. «Insomma, passi la palestra, passi anche la corsa, per quelli non ho problemi a praticarli, ma il nuoto, no. No, mi rifiuto! Quel pazzo di Kyoya mi ha sempre obbligato a nuotare e mi ha fatto venire la fobia. Se lo sognano quelli di Nebula Oscura che mi metta a nuotare. Io sono idrofoba, cavolo!».
Percorrevo il perimetro dell’edificio, calciando un sassolino a ogni passo, adirata.
Avevo assoluto bisogno di sbollire quella rabbia. Decisi allora di fare un ”tour” in giro per il castello.
 
Trascorsi tutta la giornata in avanscoperta, fuorché nell’orario dei pasti.
In generale, nonostante apparisse così decadente dall’esterno, quell’edificio era molto moderno, pieno di corridoi luminosi e puliti. L’unica caratteristica che non mi convinceva troppo di quel luogo era il fermento: in tutto il giorno, dopo aver perlustrato praticamente tutta la zona, avevo incontrato davvero pochissime persone, e ancora meno erano gli uffici e le stanze per la notte – considerando che la città distava parecchi kilometri.
Avendo a disposizione questa manciata d’informazioni, feci due calcoli: le persone che mangiavano in mensa erano più o meno una decina, poi i cuochi erano in tre, infine s’aggiungevano la segretaria, Doji, il ragazzo dell’altra sera e il blader contro il quale mi sarei dovuta misurare – a meno che gli ultimi due non fossero la stessa persona. Per un totale di diciassette persone.
-Nooooo!! Di nuovo quel numero!-. Che rottura! La sfiga mi si era attanagliata addosso e non riuscivo più a staccarla.
Bastò quella semplice considerazione che la luce si spense. Ti ricordi, Madoka, quando ho detto che i corridoi erano luminosi? Lo restavano solo fino a mezzanotte, dopodiché tutti i dipendenti se ne andavano a dormire, e se a quell’ora tu fossi stato annegato oppure ucciso, nessuno se ne sarebbe accorto.
-Sarà meglio andare a dormire- commentai, mentre sorseggiavo una bibita prelevata da una macchinetta. Feci retro front, avviandomi verso l’uscita di quel corridoio buio.
 
 
SBAAAAAMMMM!!!
 
 
-Aaahhh!!!- non potei fare a meno di urlare. Insomma, accadde l’ultima cosa che potessi immaginare: una porta blindata che dava sul corridoio, con tanto di scritta “Divieto d’accesso”, fu letteralmente sfondata dall’interno. Ripeto, era BLINDATA! E non era stata una semplice forza astratta a farla cadere, no, no, era stata una persona.

˚˚˚

«Oh cavolo! E chi era questa persona?».
«Secondo te, Madoka…?».

˚˚˚

Rimasi immobile, atterrita solo all’idea di essere notata.
Ciò che vidi accovacciato sul pavimento sembrava umano, ma non ne ero sicura. Intorno a quella cosa vi era una luce strana, tendente al viola, e aveva un’aura terrificante. Mi sentivo come quel giorno, come quando quel fulmine mi aveva quasi uccisa. Feci un passo indietro, tremando; avrei voluto scappare verso l’uscita e tornare in camera, al sicuro, ma i muscoli sembravano non rispondere ai miei comandi.
Quando quella strana aura sparì, così come la luce che dava segno della sua presenza, persi addirittura il fiato per respirare. Chi aveva sfondato quella porta era esattamente il tizio dell’altro giorno.
Accovacciato a terra, affannato. I suoi muscoli erano tesi e il viso contratto per lo straziante dolore. Indossava una canotta di pelle nera attillata, strappata in più punti. Presentava diversi graffi su tutto il corpo, compreso il viso.
Lentamente, si alzò dal pavimento, reggendosi al muro. Mi voltò le spalle e si diresse in direzione dell’uscita.
Ringraziai il cielo che non mi avesse notato. Ma, disgraziatamente per me, il mio occhio d’aquila cadde sul suo avambraccio sinistro, martoriato da una profonda bruciatura e attraversato da svariati rigoli di sangue.
Così, in quel momento, il mio lato altruista ebbe la meglio sul mio buonsenso.
«Non… Non puoi andare in giro in quelle condizioni» lo chiamai, con voce tremante e spaventata «A quest’ora non…non c’è nessuno…». Niente. Non ebbe neanche la gentilezza di rispondermi male; m’ignoro completamente.
Tirai un sospirone.
“Diavolo, che sto facendo!?” pensai distrattamente “Peserà il doppio di me! L’ho appena visto sfondare una porta! L’ho appena visto avvolto da un’aura malvagia!!”.
Le mie gambe si muovevano da sole, e quando gli fui abbastanza vicino, appoggiai la lattina fredda sulla bruciatura.
Si arrestò all’istante, gridando tra i denti. Il suo respiro divenne più rumoroso, e tutt’a un tratto le forze gli mancarono, costringendolo ad appoggiarsi alle pareti.
Rimanemmo entrambi immobili.
Avevo il cuore in gola.
Avvertivo quell’aura malvagia ancora presente in lui, e ciò mi spaventava enormemente.
“Non so che fare…”. Sentivo il freddo e il caldo sostituirsi velocemente dentro di me, segno che la mia agitazione era al massimo.
Stavo per andare in iperventilazione, me lo sentivo, ma l’idea che i miei ansimi fossero sentiti da lui, mi paralizzava ogni muscolo, ogni nervo.
Continuavo a fissargli il capo, che iniziò a ruotare lentamente.
“No. Ti prego, non mi guardare.”
Ero impaurita dal suo sguardo, uno sguardo che non avevo mai visto.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima. Quell’anima era sicuramente terribile.
Avrei voluto serrare gli occhi e abbassare il capo, onde evitare di essere vista da lui. Ma non potevo. Non potevo evitarlo.
“Chissà che sguardo avrà mai…un individuo dall’anima tanto malvagia!”
 
Affilati, circondati da folte ciglia nere.
Quelle iridi ristrette, all’interno delle cornee bianche, gli conferivano un aspetto spaventoso, quasi assatanato.
Quelle iridi dello stesso colore dell’oro, il più brillante esistente.
Tutto ciò che mi rendesse umana, ogni idea, paura, sentimento. Tutto svanì.
In quello sguardo, appena accennato.
Erano gli occhi più terrificanti e incantevoli in cui mi fossi mai specchiata.

 



Et voilà! Capitolo nuovo! Pubblicato in soli venti giorni!
Che dire, a me non dispiace. In particolare mi è piaciuta la parte finale, la trovo piuttosto suggestiva.
Dale- E così io e Ryuga ci siamo conosciuti grazie a una lattina? Devo dire che il romanticismo non è il tuo forte, Rebel…
Mah, eppure mi sembrava una grande idea. Ehi, hai appena spoilerato!!
Dale- Secondo te non l'avevano già capito tutti che quel tipo era Ryuga?????
 
A dire il vero non ho altro da aggiungere, a parte ringraziare Lady_Light_Angel per avermi aggiunta agli autori preferiti e aver inserito la storia tra le seguite e anche Milky_Love per averla aggiunta alla lista delle preferite (scusa se non ti avevo ringraziata nel capitolo precedente) :D
Okay, vi lascio stare. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che continuiate ad apprezzare il mio stile perché io non ci riesco…
Un bacione a tutti quanti!!
 
RebelYell

 
  
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