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Autore: Rubus idaeus    21/07/2013    1 recensioni
La lezione di chimica e biologia all'università era diventata particolarmente frequentata da quando l'insegnamento della materia era stato affidato al novello professore, fresco di laurea, Raymond John Andrews, un giovane intraprendente ed estremamente brillante che aveva ottenuto la cattedra senza particolari difficoltà suscitando l'invidia dei colleghi rivali più anziani.
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Mi metteva ansia l'idea che egli mi amasse, non so per quale motivo e mi pentii quasi subito di aver accettato il suo invito, dandomi mille volte dell'idiota per averlo fatto. Mi ero ripromessa che non gli avrei permesso di influire nella mia vita privata, volevo metterci una pietra sopra e invece... Comunque, ormai il dado era stato tratto.

Alle sette e quarantasei mi considerai ufficialmente pronta e mi sedetti sul divano in attesa che lui arrivasse a prendermi. Avevo passato le ultime due ore a decidermi su cosa indossare, ma alla fine ero riuscita a combinare un outfit adeguato: un sobrio, ma elegante vestito nero e corto che scendeva morbido sui fianchi sfilando moltissimo la mia figura, di stoffa leggera, perfetta per le serate estive, con scollo all'americana, e ai piedi un paio di decoltée di vernice rosse. Niente rossetto, ovviamente, eye-liner stile Marylin Monroe e capelli raccolti dietro la nuca, niente gioielli, a parte il mio fedelissimo orologio. Dovevo ammettere che il risultato finale mi piaceva non poco, anzi, ne ero decisamente soddisfatta.

Il campanello suonò precisamente alle otto, non un minuto di più, non un minuto di meno. L'ansia che fino a quel momento non si era fatta sentire, cominciò a fare capolino e il cuore prese a battere insolitamente forte. Tentai invano di rilassarmi con un gran respiro, quindi aprii la porta. Immaginate che batosta per il mio cuore già abbastanza agitato, trovar di fronte a me quest'uomo stupendo, con le mani nelle tasche dei jeans, che passeggiava nervoso davanti alla porta scompigliandosi i capelli. Appena mi vide si bloccò immobile e spalancò gli occhi come folgorato, levandosi gli occhiali con incredulità per osservarmi meglio. Non disse nulla, mi sorrise soltanto e mi porse la mano.

 

Mi portò in un piccolo e grazioso ristorantino italiano in una strada vicino alla chiesa di S. Paul e devo dire che mangiai molto bene. Naturalmente lui mi offrì la cena. In seguito pensammo di fare una passeggiata fino ad Hyde Park.

-Resta a Londra tutta l'estate?

Mi domandò ad un tratto mentre camminavamo fianco a fianco.

-Credo di si, forse ad agosto andrò a trovare una vecchia amica che abita a Dover. E lei? Va in vacanza?

-Parto per gli Stati Uniti tra quattro giorni. Ma non per diletto.

Sorrise con un tocco d'amarezza.

-Mi hanno offerto un posto in un prestigioso laboratorio di ricerca a New York.

-Complimenti, deve andarne davvero fiero, immagino.

-Si, anche se mi dispiace molto non poter più insegnare a Cambridge.

Mi mancò per un istante il respiro. Improvvisamente il pensiero che non l'avrei più rivisto mi pugnalò atrocemente il cuore.

-Perciò, visto che non sono più il suo professore, beh, potremmo darci del tu.

Continuò cercando di smorzare l'atmosfera tesa che si era creata in pochi attimi.

-Certo.

Risposi io con un filo di voce. La notizia della sua imminente partenza mi aveva infuso nell'anima una strana e profonda malinconia. Non avrei più assistito alle sue brillanti lezioni, non avrei più affondato lo sguardo nei suoi occhi di ghiaccio. Ero così vicina a lui che potevo sentire il calore del suo corpo sulla pelle delle braccia e venivo pervasa da brividi di freddo se pensavo che prima o poi non avrei sentito più quel calore su di me. Sospirai. Che mi stava succedendo? Tutto ad un tratto mi sentivo terribilmente tentata di abbracciarlo, di baciarlo. Oh, quanto avrei voluto baciarlo in quel momento! Desiderai con tutta me stessa di poter riassaporare il sapore delle sue labbra.

-Joyce.

Mormorò interrompendo il mio flusso di pensieri.

-Mi mancherai.

Quella scena mi ricordava vagamente un tratto di un qualche vecchio film in bianco e nero.

-Lo so che ti chiedi come sia possibile che io provi certi sentimenti per te, voglio dire, ci siamo parlati pochissime volte. Eppure ti giuro che fin dal primo istante io non ho pensato ad altre che a te.

Mentre diceva queste parole si era fermato e mi aveva appoggiato le mani sulle spalle fissandomi con intensità negli occhi.

-Io ti amo. Non chiedermi come sia potuto succedere, è così, basta. Non pretendo che tu ricambi, capisco perfettamente che sia categoricamente fuori questione, e non sentirti obbligata a contraccambiare. È giusto però che tu lo sappia, che tu sappia che ti amo alla follia. Sai,

Abbassò gli occhi e sorrise.

-È da più di una settimana che vengo in quella libreria sapendo che tu lavori lì, non è stata proprio una casualità l'esserci incontrati oggi. Non riuscivo a dormire pensando che sarei partito senza più rivederti. Dovevo salutarti.

Mi morsi le labbra, avrei voluto incollarmi a lui e sussurrargli all'orecchio con sensualità che lo amavo anche io. Si, io lo amavo. O per lo meno lo desideravo con ogni fibra del mio corpo. Questa volta non sarei fuggita, ma rimasi in silenzio.

-Mi permetti di baciarti, un'ultima volta prima che io parta?

Mi domandò in tono struggente. Io non reagii, non dissi una sola parola, ma acconsentii con lo sguardo e Raymond mi baciò come se non avesse fatto altro in tutta la sua vita. Gli gettai le braccia al collo e feci scorrere le dita tra le sue ciocche color cioccolato. Gustai il sapore di quella bocca, deliziosa e accattivante come un frutto esotico, conscia che probabilmente non ne avrei più avuto possibilità. Ad un certo punto avvertii le sue mani che si appoggiavano timidamente sulla mia schiena e fui attraversata da testa a piedi da una scossa di piacere. Non immaginavo che le sue mani potessero provocarmi una simile reazione.

Non ci sono parole per descrivere lo sconvolgente turbine di emozioni che quel contatto scatenava in me. La mia mente si era svuotata da qualsiasi pensiero, ora nel mio cervello c'era spazio solo per lui e per la magia di quell'istante. Lo baciai con un ardore che non avevo mai sperimentato prima in vita mia con nessun altro, con un impeto che avevo visto solo sullo schermo del cinema. Avrei voluto che non finisse più, che durasse in eterno. Fu perfino più bello della prima volta.

Ma ben presto baciarlo non mi bastò più, volevo appartenergli almeno un po', volevo che portasse con sé qualcosa di me in America. Staccai le mie labbra dalle sue e le avvicinai al suo orecchio mormorandogli:

-Conosci un bell'albergo da queste parti?

Si irrigidì all'istante, immaginavo che non se lo sarebbe aspettato da me. Appoggiai la mia fronte alla sua guardandolo dritto negli occhi, pregandolo silenziosamente di accettare il mio invito sottinteso. Lui esitò, poi sorrise insicuro ed emozionato e annuì lievemente.

  
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