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Autore: M4RT1    21/07/2013    2 recensioni
C'è stato un tempo, prima che Arthur Pendragon diventasse re, in cui era solo il principino ben voluto da tutti gli abitanti del castello.
C'è stato un tempo, prima che Merlino diventasse un mago, in cui era solo quel bimbo con le orecchie a sventola che adorava pensare.
C'è stato un tempo in cui non si conoscevano, eppure erano già vicini.
Un tempo in cui Merlino poteva domandarsi dove fosse suo padre e Arthur poteva chiedersi perché sua madre lo avesse abbandonato.
Un tempo fatto di litigi, giochi, magie inaspettate e piccoli principi a cavallo di servi troppo pazienti.
Il tempo che terminò con il loro primo incontro.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwen, Merlino, Morgana, Principe Artù, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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― Padre, dov’è la mamma?
Arthur Pendragon aveva quattro anni quando, per la prima volta, si rese conto di essere solo.
 
                                                          ― Mamma, dov’è papà?
                                                          Merlino aveva tre anni quando, per la prima volta, capì di essere un orfano.
 
Il principino si dondolò, spostando il peso del suo corpo da un piede all’altro, aspettando una risposta che tardava ad arrivare. Il visino paffuto, la fronte coperta da sottili capelli biondi un po’ corrucciata, gli occhietti celesti socchiusi nella sua espressione capricciosa preferita.
 
                                                           Il bambino restò immobile, lo sguardo fisso in quello di sua madre, in attesa di quella risposta che non giunse mai alle sue grosse orecchie. Zigomi troppo pronunciati, capelli neri tagliati male, occhi chiari troppo seri per essere quelli di un bambino che raggiungeva a stento il metro di altezza.
 
Il re, Uther Pendragon, aveva sperato di non dover mai dare quella spiegazione al bambino. Consapevole di quanto fosse una speranza vana, aveva continuato a ignorare quella domanda che, periodicamente, suo figlio gli poneva. Non poteva più farlo, lo sapeva. Ma non poteva nemmeno dirgli la verità.
 
                                                            La donna sospirò profondamente, torcendosi la veste sgualcita e cercando di mantenere un sorriso incoraggiante. Sapeva che quel momento sarebbe giunto, ma non credeva che sarebbe arrivato così in fretta. Aveva solo tre anni, dannazione! Non era pronto a conoscere la verità.
 
― La mamma è morta, Arthur ― rispose l’uomo, il tono secco di qualcuno che è abituato a rispondere a domande in maniera meccanica. Gli occhi del piccolo si riempirono di lacrime e capì di aver sbagliato, ancora una volta. Sbagliava sempre con lui, con suo figlio. Aveva compreso da tempo che poteva essere il miglior re dell’universo, ma non sarebbe mai stato un buon padre.
― So che la mamma è morta, ma ora dov’è? ― ripeté il piccolo, ostinato.
― Non lo so, Arthur. Ma l’ha fatto per te, lo sai ― lo rincuorò il padre, dandogli una pacca sulla spalla. Distratto, come sempre. Troppo impegnato per pensare davvero a suo figlio.
― Non l’ha fatto per me ― mormorò il bambino, le lacrime che scendevano lente, lasciando scie sulle sue guance pallide ― L’ha fatto perché con me non voleva starci, vero? Altrimenti non sarebbe morta!
 
                                                                 ― Tuo padre non è qui Merlino ― rispose la madre, prendendo una delle manine del bimbo tra le sue.
― E’ morto? ― chiese il piccolo, serio. Non pianse, non lo faceva mai.
La donna scosse il capo, le lacrime che premevano per uscire dai suoi occhi da adulta.
― E allora dov’è?
― Non lo so, Merlino. Ma stai sicuro che ti vuole bene.
Il bambino spinse in fuori il labbro inferiore, un gesto quotidiano che indicava che stava pensando a qualcosa.
― Lo so che mi vuole bene ― disse, infine ― Perché mi ha lasciato con te. Tu sei la mamma migliore del mondo!
 
Uther Pendragon non era fatto per il contatto fisico. Lasciò che suo figlio – il bambino per cui Igraine aveva dato la vita – scappasse via, il piccolo mantello rosso che svolazzava nell’aria. Aveva quattro anni, si disse, era arrivato il momento che se la cavasse da solo.
 
La donna accarezzò la guancia al figlio, poi si voltò per asciugarsi le lacrime. Quando tornò a rivolgersi al piccolo, il bambino era già uscito in cortile a giocare con quel suo amichetto. Gli stivaletti inzuppati, la giacchetta appena rammendata dalle mani di lei.
  
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